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Autore: elev    25/06/2014    8 recensioni
"In un mondo pieno di dolcificante artificiale, aspartame, saccarosio e derivati vari.
C'è chi ha perso la dolcezza dello zucchero e la naturale duttilità del miele."
Per quel giorno avevano previsto neve.
Erano le 7.30 di mattina e Juliet svoltava l’angolo del 142 di Portobello Road.
Genere: Romantico, Sentimentale, Slice of life | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago
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Silver and Gold
 
Ogni notte esige il proprio menù.
Honoré De Balzac
 
- 10 -
 
Juliet strizzò gli occhi per abituarli piano alla luce tenue dell’alba.
Una fitta lancinante alla testa le provocò una leggera smorfia sul viso assonnato.  – Oddio ma che ore sono? –  farfugliò guardandosi attorno. Inseguito, rendendosi conto di trovarsi sul terrazzo di casa distesa su una scomoda panca in legno, rabbrividì portandosi una mano tra i capelli spettinati.
Juliet si alzò da quel letto degno di un fachiro stirandosi la schiena. Barcollando, si affacciò al balcone riempiendosi i polmoni di quell’aria frizzante delle prime ore del mattino e ammirando il panorama sui tetti del quartiere. Staccandosi dal parapetto urtò il tavolino dietro di sé facendo tintinnare due bicchieri uno contro l’altro e una bottiglia di vino vuota rotolò in un angolo del terrazzo. La serata trascorsa le tornò alla mente: la situazione con Sean, il fatto che non sapesse nemmeno dove fosse, lo sconforto in cui si era gettata prima che Luca bussasse allegramente alla sua porta e infine la cena e la chiacchierata sul terrazzo. Sospirò massaggiandosi le tempie doloranti e pensò che effettivamente era passato diverso tempo dall’ultima volta che aveva riso e non aveva avuto dei pensieri a pesarle sul cuore, o meglio, che la presenza di qualcuno di esterno glieli avesse fatti dimenticare per un attimo e così velocemente. A dirla tutta era passato un bel po’ di tempo anche dall’ultima volta che aveva organizzato una cena con qualcuno. Poi che qualcuno l’organizzasse per lei, no, questo proprio non le era ancora successo. Sospirò di nuovo e sorrise tra sé e sé scuotendo la testa come per scacciare quel pensiero, poi varcò la soglia dell’appartamento pronta a concedersi almeno una doccia. Fece per scostare la tenda della porta finestra quando lo sguardo si posò sul divano e su un braccio che appoggiato sul bordo, pendeva radente il  pavimento. Il cuore prese a batterle velocemente: c’era qualcosa, o meglio, c’era qualcuno! Represse l’urlo che le sarebbe uscito per lo spavento tappandosi la bocca con entrambe le mani e si avvicinò cautamente. Scoprì poi che il braccio ovviamente aveva anche un corpo e che quel corpo apparteneva ad un ragazzo profondamente addormentato a pancia in giù, vestito unicamente con un paio di boxer azzurri, sul divano.  Finalmente il suo cuore, che poco prima, per il ritmo con cui aveva preso a battere, somigliava più al batterista dei metallica, poté continuare a battere normalmente. Juliet tirò un sospiro di sollievo. Inizialmente rimase in piedi a fissarlo serrando con rabbia la mascella per tutta la preoccupazione che aveva provato per colpa sua, poi si accovacciò per scostargli una ciocca di quei capelli biondo cenere dalla fronte ma desisté e si soffermò sul viso. Aveva un’espressione seria ma angelica, sembrava quasi in pace con sé stesso, come se la rabbia che si rivelava nei suoi occhi quand’era sveglio non fosse mai esistita o fosse sparita come per magia.
Sì.
Sean, forse, era tornato a casa.
Recuperò un plaid dalla sua stanza e lo coprì senza che lui si svegliasse e, prima di ritirarsi in bagno, s’imbatté per la seconda volta nella borsa del fratello abbandonata a terra.
Juliet socchiuse gli occhi e la fissò con sguardo speranzoso, come se da un momento all’altro avesse ottenuto da essa  tutte le risposte che cercava, oppure come se, aprendola, ne sarebbe uscito il genio della lampada pronto ad esaudire ogni suo desidero. Si rimproverò per un momento di aver pensato di poterla aprire, poi cedette alla tentazione cosciente di non averne propriamente il diritto. Trovò soltanto una t-shirt sgualcita, un quaderno di schizzi a  matita, un pacchetto di sigarette cominciato e una copia del  booklet  di “rattle and hum”, album di una famosa rock band irlandese. Juliet lo sfogliò incuriosita e per un momento le sembrò di aver fatto una scoperta fondamentale. Gli scarabocchi e le sottolineature che si alternavano ai primi piani su fondo nero di un allora poco meno che trent’enne Bono Vox, al suo interno, sembravano evidenziare l’importanza di alcuni versi.
Forse Sean davvero era ancora alla ricerca di “ciò che non aveva ancora trovato…”*.
Riordinò silenziosamente la tracolla posandola accanto al divano e poco dopo una pioggia tiepida le sfiorò il corpo annebbiando il vetro dello specchio del bagno.

***
Quella notte era speciale, le temperature di quell’ultima settimana si erano alzate improvvisamente e Luca si scostò i capelli dalla fronte godendo di quell’unica leggera brezza che s’infiltrava dalla finestra gonfiando leggermente le tende. In effetti – pensò – anche quella serata era stata speciale. Aveva lasciato Juliet addormentarsi sul terrazzo mentre riordinava la cucina che, dopo quella cena improvvisata, somigliava più ad un campo di battaglia. Pensò alla faccia tosta che aveva avuto con lei, a sua nonna e agli insegnamenti indelebili che gli aveva trasmesso per la sua professione, pensò cosa avrebbe detto se solo avesse potuto vederlo in questo momento e per istante gli sembrò di essere ancora in quel locale dove una sciarpa-  rigorosamente gialla e rossa- era appesa come il ritratto di una divinità sulla parete pronta ad avvertire chiunque entrasse che lì non c’era da scherzare, a Juliet e al fatto che vederla cedere alla spensieratezza era davvero una bella soddisfazione.
Sì, era stato speciale o forse era il caldo di quella sera che gli stava facendo uno strano effetto.
Ripose l’ultimo piatto nella lavastoviglie ritrovandosi poi a ciondolare in silenzio per l’appartamento agitando le braccia avanti e indietro senza una meta precisa, poi sprofondò sul divano abbandonando la testa sul bordo dello schienale fissando il soffitto e sbuffando leggermente. Avrebbe potuto fermarsi a dormire. Come sarebbe stato ritrovarsi faccia a faccia con Juliet la mattina dopo per colazione? Con quest’immagine in testa sorrise dolcemente tra sé e sé dandosi del cretino per averlo solo pensato. Come avrebbe potuto permettersi di farlo veramente? Era l’ una passata e probabilmente era colpa della stanchezza. Luca staccò svogliatamente le mani che finora erano incrociate comodamente dietro la nuca e le posò sulle ginocchia come per aiutarsi ad alzarsi da quel comodo giaciglio.
In silenzio percorse il salotto e si affacciò dalla finestra sul terrazzo.
Juliet era addormentata profondamente. Tossicchiò piano come per dare un senso alla sua presenza, le aggiustò la coperta sulle spalle e uscì dall’appartamento.

***
Juliet uscì dalla doccia in una nuvola di vapore fissando le occhiaie che le segnavano il viso allo specchio del bagno. Imprecò silenziosamente contro di esse poi afferrò lo spazzolino da denti e con una dose esagerata di dentifricio cominciò a spazzolare aggirandosi nervosamente per l’appartamento senza una meta precisa.
Si bloccò poco dopo quando notò che il divano era vuoto e che, dal rumore che proveniva dalla cucina, qualcuno stava rovesciando dei cereali.
-Sean!? - strillò con la bocca piena di schiuma affacciandosi alla porta.
Interrotto da quel saluto improvviso, Sean alzò lo sguardo dalla scodella dei cereali e con il cucchiaio in mano la fissò.
- Buon giorno eh… Non ti ho sentito rientrare… - aggiunse tornando al lavabo per risciacquare
- C’è un orario anche per rientrare adesso? - Ringhiò cacciandosi in bocca una cucchiaiata di cereali. – Sei mia sorella non mia madre! – Aggiunse ironico con la bocca piena.
- Davvero ti sto così antipatica?! – Replicò con un velo di amarezza – E che cavolo! Hai diciassette anni per la miseria, e che ti piaccia o no, sono responsabile di te fino a prova contraria! – esclamò inviperita. - Comunque io devo uscire, e anche tu di sicuro avrai qualcosa da fare … - aggiunse poi agitando una mano.
- Tipo? E comunque dovresti già saperlo visto che qui dentro è tutto programmato – rispose acido
- Tipo andare a scuola! – tuonò la sorella stizzita ed esasperata.
Sean fece spallucce sogghignando mentre Juliet, afferrata la borsa, uscì di casa sbattendo la porta.

***
- Con tutta la scelta che c’era proprio lui mi doveva capitare… piagnucolò Tea sottovoce, e, ignorando le spiegazioni del professore, si aggrappò al braccio di Stacey che le sedeva accanto. La ragazza scosse la folta chioma di ricci rossi inarcando un sopracciglio – in realtà poteva anche andarti peggio! -Replicò poi, facendo un cenno con la testa a quel loro compagno sudaticcio e brufoloso.
Tea rispose con una smorfia, gli occhi sostarono per un attimo su quel tizio per poi ri-incollarsi sulla mandibola di quel nuovo compagno interessante che sedeva poco distante.
- Ma se gli stai facendo i raggi X da quando è entrato… se continui così più prima che poi sarai costretta a venire a scuola con il maglione a collo alto per mascherare degli imbarazzanti segni rossi sul collo, senza dimenticare che mi consumerai tutto il correttore, che dovrai raccontarmi tutti i dettagli bollenti e…  - Che cooosa? Sibilò arrossendo. - Piantala “Stay”! - Rispose con piantandole una gomitata nelle costole.
- White e Anderson! Avete qualche particolare interessante da aggiungere alle mie spiegazioni?  La voce stridula del Signor Mallow interruppe le due ragazze.
- No… certocheno Signor Marsh – soffocò una risata – S-Signor Mallow! – balbettò la rossa.
- Marshmallow… - non ci posso credere lo stavi facendo veramente? - Ridacchiò Tea nascondendo il viso dietro al libro di chimica. Il Signor Mallow (o Marshmallow come Tea e Stay l’avevano soprannominato) decise di riprendere l’esercitazione a coppie, e la classe si alzò rumorosamente dalle sedie per avvicinarsi al banco del proprio “compagno di laboratorio”.
- Compagno-di-laboratorio-bollente a ore dieci! - Aggiunse la White a denti stretti prima di allontanarsi da Tea lasciandola con un leggero rossore in viso. - Tu sei matta! – Mimò Tea con le labbra.
- E lei Signorina Anderson? Le conviene ascoltare le spiegazioni a meno che lei non abbia intenzione di provocare un incendio, o peggio, un esplosione e magari… rimanerne vittima – ribadì acidamente con una nota di sarcasmo, il docente.
- Certo…. La vorrei proprio sperimentare questa esplosione - mormorò senza farsi sentire, per poi  replicare - No certo che no Signore… -.
- Anche io- fu la risposta.
Tea voltò verso quella voce e si ritrovò faccia a faccia con il “compagnodilaboratoriobollente”, per un momento rimase interdetta poi tornò in sé e rispose secca – e tu che t’impicci? – mascherando un leggero imbarazzo con una risatina.
- Non m’impiccio è solo che non ho intenzione di giocare al “piccolo chimico” con una come te – rispose il ragazzo con un sorrisetto storto sulle labbra.
Tea aprì la bocca ed inizialmente non ne uscì nessun suono, poi, stizzita rispose – Omioddio, che razza di pervertito… sei uno di quelli, certo! – Poi aggiunse – comunque sappi non sono una di “quelle” che non vedono l’ora di “giocare al piccolo chirurgo” – protestò Tea offesa – e poi, per curiosità, perché? Che ho che non va? – aggiunse  – Non sarà per i miei capelli vero? Che avete tutti contro i miei capelli?.
 – Guardati te… hai un braccio peggio di un pacco postale pieno di timbri – rise soddisfatta alludendo al tatuaggio che spuntava dalla manica. Poi finalmente poté tornare a respirare.
Il ragazzo la fissava in silenzio stravaccato sul banco con la testa appoggiata sulla mano destra, poi alzò un sopracciglio, roteò gli occhi con esasperazione e fece per ribattere ma fu interrotto dalla voce dell’insegnante che li richiamò all’ordine picchiettando odiosamente l’unghia sul quadrante dell’orologio:
- Anderson e Edwards! Vi consiglio di cominciare il lavoro se non volete essere bocciati. -
Il brusio di tutta la classe si fermò e Tea si trovò quindici paia di occhi puntati addosso, quindici più quelli odiosi dell’insegnante che la fissava lanciandole una delle sue maledizioni.
- Non hai intenzione di collaborare vero? - Sibilò poi la ragazza e, mescolando nervosamente la sostanza nel bicchiere di vetro, roteò gli occhi rivolgendosi a Sean.
- Tu parli troppo! – Fu la risposta
- E tu sei un maleducato, scorbutico e scortese e… – ribatté lei cercando lo sguardo di Stay tra gli studenti.
La lezione proseguì in silenzio, Tea portò a termine l’esperimento senza le conseguenze letali ipotizzate dal Signor Mallow e quando finalmente la campanella segnalò la fine delle lezioni Tea si precipitò fuori dalla classe cercando Stay tra la folla, che si accalcava attorno agli armadietti.
Tea spalancò con foga l’armadio cacciandoci dentro la testa alla ricerca del libro per il corso di letteratura. – fisica, matematica,… “dannata” notte di mezz’estate dove sei… - borbottò. Fu in quel momento che la ragazza, frugando tra le dispense accatastate disordinatamente sul ripiano in metallo dell’armadietto, si imbatté in un foglio di carta a quadretti piegato in due incastrato tra la “Notte di mezz’estate” e “Romeo e Giulietta”. Tea si girò su sé stessa con il foglio in mano alla ricerca di un colpevole da insultare ma, apparentemente, nessuno tra la folla che si riversava nel corridoio sembrava essere il sospetto. Afferrò quel pezzo di carta stropicciato che nel frattempo era caduto in terra, lo aprì dubbiosa, e lesse: “grazie per non avermi fatto esplodere…comunque parli troppo!”
Rimase interdetta per un attimo, con un nodo alla gola. Un puntino fermo in mezzo alla calca, poi fu raggiunta da Stay, che aggrappandosi al suo braccio la trascinò con foga verso l’uscita dell’edificio ridendo – Allora? Su com’è andata? Voglio sapere tutti i dettagli!!-
- Tesoro, guarda che non è che ogni volta che hai a che fare con un esemplare di genere maschile devi per forza combinarci qualcosa!- Ansimò Tea inarcando un sopracciglio.
- “esemplare di genere maschile” eh – rise la White mimando le virgolette - non fare tanto la professoressa che tanto ho visto come lo guardavi! –
- Ah sì? E come lo guardavo? Sentiamo? Quello è solo un antipatico, scorbutico e pervertito! Ha criticato i miei capelli e… (oltre che lasciarmi bigliettini anonimi – pensò in silenzio)
- Antipatico e scorbutico eh? Secondo i sondaggi chi si attacca ai “difetti” per parlare di qualcuno maschera un interesse… - trillò Stay - Dimmi che ti interessa… ti prego… ho già in mente un piano e…-
- Usciamo di qui, presto, prima che la tua tempesta ormonale ci risucchi tutti quanti – scherzò Tea aggrappandosi al braccio dell’amica.
- Cos’è quella smorfia – aggiunse inseguito squadrando l’amica con la coda dell’occhio.
- No… è che pensavo che se fossimo risucchiati tutti quanti improvvisamente… ci sarebbe anche il Signor Mallow e… credo che non potrei sopravvivere – rispose continuando a ridacchiare. Non riusciva a smettere, il suo stomaco cominciò a farle male e le lacrime le bruciavano gli occhi. Voleva fermarsi. Ma non riusciva.
- Credimi, dovresti farti vedere da uno bravo! - Concluse Tea di tutta risposta, guadagnandosi una gomitata nelle costole.
 
Tea era solita cercare di concludere i discorsi imbarazzanti dell’amica prima che prendessero una direzione “pericolosa” per così dire. Aveva tutta una lista di argomenti “estintore” costantemente aggiornata per tenere il passo di Stay. Questa volta però, si era trovata impreparata e il classico argomento “spegni-bollore” non era stato immediatamente a sua disposizione, anzi, probabilmente la lista stessa era rimasta vittima di un incendio.
Bruciata.
Morta.
Carbonizzata.
 
***
- Permesso… ? – una voce maschile interruppe il chiacchiericcio delle due donne nel guardaroba.
- Sono arrivate, sono arrivate! Urlò Angie precipitandosi eccitata fuori dalla porta, lasciando Liz a bocca aperta sullo stipite.
- Angie, mi vuoi dire che succede? Replicò poco dopo. Ma la giovane cameriera era già impegnata a civettare con il fattorino, che, con il carrello di scatoloni  in bilico su una gamba ricambiava a monosillabi le domande della ragazza.
- Mi dovreste firmare questo…forse dovrebbe farlo il suo aehm il tuo capo e… – aggiunse il giovane con tono contrariato, ma non fece in tempo a finire la frase poiché Angie trillò - firmo io, firmo io… strappandogli di mano il bollettino di consegna, e firmandolo in modo molto o quasi troppo leggibile “A-n-g-e-l-a O’C-o-n-n-e-l-l” senza smettere di fissarlo.
- Bisogno altro? – sbuffò il giovane imbarazzato dal silenzio che si era creato nel frattempo, cacciandosi la copia firmata nel taschino della tuta.
- Ah, sì in realtà c’era qualcosa… Oh il tuo numero magari! - Stuzzicò la ragazza arrossendo.
-  Ehm i-io dovrei… - arrossì lui facendo un cenno al furgone parcheggiato in mezzo alla strada.
- A presto! – Lo salutò lei guardandolo riprendere il posto di guida.
- La devi finire! Così lo spaventi! – Liz ridacchiò dietro le spalle della collega – ora mi spieghi cos’è tutto questo chiasso?
- Le nuove carte menu! – s’illuminò Angie.
- Belllllleeee! Vedere, vedere…. – esclamò Liz ammirando il cordoncino dorato e il cartoncino goffrato su cui erano elencati dei veri e propri manicaretti che facevano venire l’acquolina in bocca alle dieci di mattina – certo che Luca ha fatto proprio un restyling – trillò poi piena di ammirazione mista ad un’espressione stupita della serie “davvero-noi-cuciniamo-queste-cose?”.
- È arrivato babbo natale? – una voce allegra interruppe l’idillio delle due ragazze.
- Oh, buon giorno Luca – lo salutarono in coro – sono arrivate le nuove carte menu! Geniale, inserire tutti questi piatti nuovi – pigolò Angie
- Qualcuno qui dovrà insegnarmi molti trucchi – replicò Liz sorridendo
- Non ti preoccupare “Elisabetta” sicuramente sarai all’altezza – ridacchiò Luca facendole l’occhiolino. – Alcuni di questi piatti sono segreti di famiglia tramandati da mia nonna sul letto di morte,…. – precisò poi con un velo di malinconia.
-Oddio, mi dispiace… mormorò Liz sinceramente dispiaciuta.
- Scusami, ma tua nonna non era viva e vegeta? Come puoi scherzare su queste cose?! – Sbottò Juliet varcando la soglia del locale.
- Cosa sono queste? – Chi ha aggiunto questi piatti senza dirmi nulla? – Urlò inseguito inarcando un sopracciglio.
- Dai Chef, credimi sono tutte bontà divine – anche se la nonna è viva e vegeta, sono veramente segreti di famiglia! Il cibo fa miracoli ricordi? – Aggiunse sorridendo sinceramente al pensiero della sera prima.
- C-cosa? – Juliet abbassò lo sguardo arrossendo
– Sei proprio un cafone! – sibilò ironica dirigendosi verso la cucina urtandogli una spalla.
– Ehi! Questo linguaggio non è adatto ad un ristorante del nostro livello! – la canzonò lui con voce aristocratica seguendola in cucina.
– Smettila o ti declasso a lavapiatti!
Liz e Angie si guardarono per un istante inarcando un sopracciglio una e aggrottando la fronte l’altra, poi scoppiarono a ridere e contemporaneamente esclamarono
 – Quei due non la raccontano giusta!

 
 
 
* esplicito riferimento alla canzone “I still haven’t found what i’m looking for” (in realtà singolo dell’album successivo a quello citato in questo capitolo: ovvero “The Joshua Tree, 1987), presente comunque nell’album “rattle&hum” in versione Live.
Nel film Rattle and Hum, questo brano viene suonato in una versione gospel. La parte iniziale vede il contributo unicamente di Bono e The Edge, successivamente subentra il resto della band e il coro gospel. Nella parte finale il coro gospel, accompagnato da due solisti, diventano gli unici protagonisti del brano. Il brano è girato in bianco e nero dentro una chiesa di Harlem a New York.
(fonte Wikipedia e conoscenze in materia U2ica della scrivente)
 
Note (o mea culpa)
Tadaaaaaaaa….(si suggerisce alla platea di prepararsi al lancio dei pomodori) !
 Si sono ancora viva! Quindi scappate finché siete in tempo.
Prima di tutto chiedo scusa (anzi mi cospargo il capo di cenere) per il mega ritardo con cui pubblico questo (misero in realtà… visto che il concetto di lunghezza per certe super autrici non è certo uguale al mio…) capitolo! Sappiate che mi sento parecchio in colpa poiché oltre a non essere del tutto convinta di ciò che ho scritto, sono pure in ritardo da mesi…
Se siete arrivate vive fino qui può darsi che leggerete queste righe e sappiate che ce l’ho messa tutta (con l’aiuto dell’ipnosi di un certo mago può darsi che fra un anno e mezzo riuscirò ad andare avanti…. @_@), oltre a tutti i sospesi urgenti sul lavoro, passo le mie giornate con il rumore di un trapano per la demolizione di un ascensore sopra la testa, questo per otto ore… quindi se ho scritto delle castronerie pesanti perdonatemi ;)
Non faccio altri commenti…. Quelli li lascio a voi se vorrete farli….
Un abbraccio fraterno a tutte le mie seguaci
-elev-

 
  
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