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Autore: isawri    25/06/2014    0 recensioni
Da allora nessuno aveva più preso il suo posto.
Lo aspetto.
Sapevamo anche che innamorarci non era parte del nostro lavoro, che avrebbe solo complicato le cose.
Eppure è successo.
Genere: Introspettivo, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago
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Accetta le cose che non puoi cambiare.


 
 
Agitazione 
 



Quella mattina mi svegliai mattiniera, così decisi di ritirare fuori dallo scantinato la mia tavola da surf con la muta.  
La tavola era tutt'uno con le onde, riuscivo perfettamente a tenermici in equilibrio, l'adrenalina saliva sempre più. 
Avevo dimenticato quanto potesse trasmettermi il mare, in esso mi trovavo a mio agio, solo in esso trovavo quella tranquillità, come se tutto ciò che mi circondava fosse in grado di sparire in un attimo; i problemi, le preoccupazioni e le guerre nulla di tutto ciò mi sfiorava la mente. 
Era come se non avessi mai smesso di surfare, a dir la verità non so neanche cosa mi spinse a riprendere questa mattina ma ricordo bene cosa mi spinse a smettere...
A mettere alla prova le mia abilità, ormai addormentate da tempo, fu un onda pazzesca. 
«Forza Taylor, è il tuo momento, vediamo cosa ancora sei ingrado di fare.» Dissi a me stessa sfidandomi. 
Non appena fù il momento balzai in piedi sulla tavola destreggiandomi nell'onda, nè seguivo il profilo senza mai perdere l'equilibrio. Ma intravidi qualcosa sulla spiaggia, qualcuno. Buttai nuovamente l'occhio alla spiaggia distraendomi più del dovuto ed in un attimo l'onda mi travolse. 
Quando riemersi ero a pochi metri dalla riva, recuperai la tavola appoggiandomici per riprendere fiato dopo di che uscii dall'acqua dirigendomi alla cambina doccia.  
Poggiato con la schiena sulla staccionata di recinzione delle cabine vi era Logan; avrei voluto evitarlo, mi resi conto troppo tardi di non poterlo più fare. Ed ora cosa gli avrei detto? 
Su non fare la codarda, affrontalo e digli le cose come stanno. Oh certo, che bei incoraggiamenti che mi davo. Già potevo immaginare cosa avrei detto: 'Ciao Logan, ho deciso di evitarti per poter riuscire a togliermiti dalla testa!'
Questi discorsi tra me e la mia coscienza erano diventati troppo frequenti per i miei gusti. 
Sospirai. Ormai lo avevo raggiunto e non avevo uno straccio di spiegazione da fornirgli per giustificare il fatto che lo evitavo ormai da due giorni.
«Ciao straniera!» Disse con un intonazione che non gli avevo mai sentito prima. «Non credi dovremmo parlare?» Aggiunse andando dritto al punto. 
«Che ci sarebbe da dire?» 
«Non so che dopo esserci baciati sei sparita per due giorni forse? Ancora meglio del semplice fatto che ci siamo baciati?» Ribbatté bloccandomi la strada.
«Non vedo di cosa dovremmo parlare; e' stato un errore, lo abbiamo constatato. Nulla di più, un semplice avvicinamento involontario.»
«Ed è qui che ti sbagli Taylor.» 
Non mi aveva mai chiamato per nome, di solito si limitava a chiamarmi per cognome o addirittura utilizzava il mio numero di matricola. Lo vidi esitare per un attimo, poi riprese.
«Non e' stato involontario. E questo lo sai.» 
Ormai mi aveva messa con le spalle al muro; non osai replicare, aveva ragione ed anche se avrei voluto negare con tutta me stessa non lo feci.
Alzai lo sguardo, e con mia sorpresa mi resi conto che il suo sguardo era fisso sul mio. 
Quei suoi occhi speranzosi che si riflettevano nei miei. Spostai nuovamente lo sguardo, non potevo lasciarmi andare.
«Cosa vuoi che ti dica? Che avrei voluto accadesse? Che volevo baciarti? E'stato un errore, non sarebbe dovuto accadere.»  Sbottai.
Non aggiunsi altro, non avevo maggiori scusanti, si perchè era quello che stavo cercando, solamente scusanti per cui lasciar stare sin dall'inizio. Ma forse non mi ero soffermata abbastanza invece sul motivo per cui avrei dovuto lasciarmi andare. 
Logan non rispose, quel silenzio era angosciante. In quell'esatto momento nonostante sapessi fosse sbagliato desideravo avere nuovamente il contatto avuto qualche sera prima, desideravo provare quelle sensazioni che solo lui era riuscito a farmi provare, desideravo prendere posto tra le sue braccia dimenticando per un attimo quale fosse la realtà. Alzai il volto, in cerca dei suoi occhi, di un suo sguardo, avevo bisogno di capire cosa lo avesse fatto ammutolire così, se l'essersi reso conto che fosse stato un errore o la mia ostinatezza a non voler sentir null'altro. 

Lasciai la tavola con la muta sul cortile ad asciugarsi e andai al piano di sopra, avevo proprio bisogno di una bella doccia calda. 
Dovevo scacciare via dalla mia mente quei pensieri, non facevo altro che ripensare a quel bacio o a quello che sarebbe potuto succedere non avessi insistito che fosse stato tutto sbagliato. Tolsi il costume e lo lasciai cadere a terra per poi entrare nella doccia. 
L'acqua mi scorreva indisturbata sul volto, la stanza fu come avvolta nel profumo del mio bagnoschiuma, una dolce fragranza di vaniglia e pesca, per quei pochi istanti riuscii a liberare la mia mente da ogni tipo di pensiero. La beatitudine però durò poco, non appena uscii dalla doccia mi torno in mente Logan. Dopo essermi rivestita mi stesi sul letto in attesa che quei pensieri passassero, in attesa di avere un po' di pace


 



Riaprii gli occhi ancora impastati dal sonno. 
La sveglia segnava ormai le due di notte. Evidentemente durante la mia attesa invece di arrivare la pace arrivò il sonno. 
A risvegliarmi furono dei rumori prorompenti provenire dal piano di sotto. Mi alzai e cautamente scesi le scale. 
Possibile che Kate fosse tornata a quest'ora?  
Un ombra bussava alla porta insistentemente. Ma chi diavolo poteva essere a quell'ora? 
«Chi è?» Gridai ormai giunta alla porta.
«Logan» Rispose  un sussurro.
Mi affrettai così ad aprire. 
«Che hai fatto?!» 
Aveva un'occhio nero, il labbro spaccato,  si premeva la mano su un fianco... Non feci in tempo a spalancare  la porta che Logan mi cadde letteralmente tra le braccia. 
«Chi ti ha ridotto così?!» Le parole uscirono stupidamente dalla mia bocca. Lo aiutai a stendersi sul divano. Si lamentava anche solo a stare sdraiato, lo vedevo premersi sempre  più sul fianco.  «Togli questa mano, fammi vedere che hai.» Quasi ordinai preoccupata, la maglia traspariva un'evidente macchia di sangue. Lo aiutai a toglierla. Aveva un taglio che gli prendeva gran parte del fianco. 
«Devo medicarti.» Non aggiunsi altro, non volevo farlo agitare più di quanto non fosse già. Tornai dopo poco con garze e disinfettante. Ne disposi alcune sulla ferita aspettando che il sangue si coagulasse, per poi disinfettare. Nel frattempo mi dedicai al viso, gli tamponai lievemente l'occhio con un asciugamano imbevuto d'acqua e feci poi lo stesso con le nocche completamente sbucciate. Tornai poco dopo sulla ferita che non appena disinfettata ricoprii con cerotto di quelli che si trovavano nei kit di suture.  
«Scusa... non, non potevo tornare...» 
«Shh. Mi spiegherai più tardi che diavolo ti è successo. Adesso l'importante è che tu non faccia sforzi!» Nella mia voce era presente una velatura di rabbia, che a stento riusciva a nascondere la preoccupazione che avevo. 
Logan finalmente parve addormentarsi, si era da poco tranquillizzato, delicatamente gli misi un cuscino sotto la testa. 
Uscii nel cortile sul retro. 
L'agitazione si stava facendo sentire. 
Mi sedetti sulle scalette della veranda. Alzai una delle assi di legno che si trovavano a terra, tirandone fuori un pacchetto di Marlboro gold che nascosi lì anni prima. Dopo averne accesa una riposi il pacchetto al suo posto.  
L'odore del tabacco appena acceso mi riporto alla mente diversi ricordi. 
Primo tra tutti la sera in cui mio padre mi sorprese a fumare nel cortile stesso, e non volle credere a suoi occhi.  Ricordo ancora le sue parole: 'Se credi che questa sia la cosa giusta da fare continua, non te lo impedirò.' Mi disse per poi voltarsi e rientrare in casa. 
Dal quel giorno deposi il pacchetto sotto l'asse del portico e non toccai più una sigaretta. Quattro anni, quattro fottutissimi anni buttati al vento per l'ansia di un momento. E neanche così riuscivo a calmarmi.
Passarono svariati minuti, il tabacco ormai si consumava solo, dopo un paio di aspirate lasciai stare. 
Improvvisamente sentii un rumore alle mie spalle. Logan. Velocemente buttai a terra il mozzicone della sigaretta che ancora ostinavo a tenere tra le mani. Mi alzai di scatto e lo raggiunsi. Gli feci passare un braccio sulle mie spalle, in modo da sorreggerlo. 
«Ma che diavolo fai?! Ti fai venire un emorragia!» Quasi ulrai scordandomi completamente del fatto che ai suoi occhi avevo fatto apparire la ferita innoqua. 
Lo aiutai a tornare sul divano. Scostai la maglietta e alzai il cerotto per controllare la ferita, fortunatamente non vi erano fuori uscite. 
«Mi hai fatto spaventare a morte.» Ammisi poi con un tono di voce più dolce, cercavo di nascondere al meglio le mie sensazioni ma anche lui si era accorto della mia evidente agitazione. 
«Non volevo.» Riuscì a stento a sussurrare. 
I suoi occhi erano leggermente socchiusi e privi di forze, non lo avevo mai visto in quello stato. Mi sedetti accanto a lui sul divano. Gli poggiai lievemente una mano sul viso, spostando dolcemente il pollice su uno dei suoi zigomi. 
«Lo so.» Sussurrai poi a mia volta.  
Mise la sua mano sulla mia, portandosela poi al petto e stringendola. Sorrisi lievemente. 
Quel ragazzo mi avrebbe fatto perdere la testa. Ero fottuta.

  
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