Fanfic su artisti musicali > One Direction
Segui la storia  |       
Autore: EgoBrain    25/06/2014    12 recensioni
In un universo in cui le ore durano pochi istanti e millesimi di secondo appaiono a nostri occhi come frammenti d'eternità, scoprire di poter amare in un battito di ciglia spaventa più del solito. Eppure succede. Accade, ogni tanto, che in seguito ad un fugace incontro di sguardi, ci si accorga di non di non bastare più. Succede in luoghi come altri e non ci si accorge quasi mai della magia. Capita che gli universi che ruotano attorno a due persone, per ciò che potremmo definire un momento, si confrontino e si confondano. Non è una cosa da tutti i giorni, no.
Fu per un pretesto futile che si incontrarono.
Uno era un tatuatore, niente di così esilarante, pensandoci bene.
L’altro si limitava ad andare a scuola ogni mattina; una persona come tutte.
Ma le storie non sempre partono da particolari esilaranti per trasformarsi in qualcosa di indimenticabile.
A metà tra un ragazzo incasinato che ha un aspetto che gli chiude molte strade ma che ti mozza il fiato e un secondo ragazzo incasinato che si ostina a indossare una stupida coroncina di fiori fra i capelli c’è un abisso. Ma i ponti servono per questo.
Larry
Genere: Fluff, Introspettivo, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Slash | Personaggi: Harry Styles, Louis Tomlinson, Nuovo personaggio, Un po' tutti
Note: AU, Lime, OOC | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
 <<    >>
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A

TRAILER

 

 

«Non ti vorrà più».

Piangeva.

«Hai rovinato tutto».

Le lacrime non avevano intenzione di fermarsi.

L'aria gli sbatteva in faccia con tanta intensità da farlo cadere a terra.

Milioni di scalini, nessuna destinazione, neanche una porta. Una salita infinita o una discesa insensata? Cadde in ginocchio.

«Le cose si possono ancora sistemare!»

«La vita non è una favola a lieto fine, Harry».

 

«Ma sono io a decidere il mio destino!»

«Tu pensi di poterlo fare».

«So di poterlo fare».

«Non sai niente. Non sei niente».

«Louis non la pensa così...».

«La gente mente».

«Louis non è come tutti».

«Non sembra esserlo».

«E tu chi saresti?»

«Zayn».

«Zayn mi vuole bene».

«Harry, forza».

«Smettila!»

«HARRY!»

«Louis mi ama ancora!»

 

***

 

«Buongiorno, Lou» sussurrò con dolcezza una voce femminile, una voce amichevole, una voce che Louis sentiva troppo raramente, una voce materna.

Il ragazzo dagli occhi azzurri non era certo felice di esser stato svegliato alle—come constatò più tardi—6:30 del mattino, e inizialmente ebbe l'impulso di grugnire esasperato, ma il sorriso sul suo volto non si affievolì nemmeno per un istante dal momento in cui si rese conto della persona a cui apparteneva quella voce. «Mamma!» urlò aprendo gli occhi e immergendosi fra le braccia di sua madre, sorridente come non mai. 

 

Bisogna sapere che Johannah lavorava in un famoso ristorante di un albergo cinque stelle nel centro della città. Era una cuoca, tra le più importanti, e in quanto tale ogni giorno era costretta a svegliarsi molto presto per giungere sul posto di lavoro in orario, predisporre gli strumenti per i pasti e cominciare a cucinare. Inoltre la sera tornava spesso molto tardi, stanca e spossata. Aveva sempre fatto quel mestiere, e lo faceva non solo perché le permetteva di guadagnare abbastanza soldi per mantenere la famiglia, ma anche perché adorava cucinare ed era piuttosto conosciuta nel settore. A dire il vero le dispiaceva molto non vedere quasi mai i propri figli o vederli sempre molto di corsa, senza mai avere il tempo per dimostrare loro quanto ci tenesse e quanto fossero importanti per lei. Non era sempre stato così, comunque. Prima del divorzio con Mark, il patrigno di Louis, erano stati una famiglia più unita sotto tutti gli aspetti. Ma era andata così. La separazione era comunque stata piuttosto tranquilla. Un giorno come molti altri (destinato però a non rimanere definito così per molto tempo ancora) tornando tardi dal lavoro aveva ritrovato Mark ad aspettarla dentro casa. Era sempre stato un uomo sincero, trasparente; non le aveva mai mentito. Neanche quella volta. Ma si sa che a volte la verità fa più male di quanto ci si aspetta. Lui le aveva rivelato di essersi innamorato di un'altra donna, di provare qualcosa di più forte di ciò che provava per lei in presenza di quella donna, per quanto il suo fosse un sentimento già in partenza di un'intensità enorme. L'aveva abbracciata e avevano parlato per tutta la notte. Erano fatti così. Dal primo momento in cui erano usciti insieme si erano detti che ci sarebbero stati l'uno per l'altra a prescindere da ciò che sarebbe successo. Johannah l'aveva presa indubbiamente male, perché non se lo sarebbe mai aspettata, e temeva per la reazione dei suoi figli, ma aveva accettato la decisione di Mark e l'aveva appoggiato anche economicamente quando aveva dovuto comprarsi una casa.  I loro figli non avevano potuto far altro che accettarlo ed abituarcisi, ma l'avevano fatto con molta serenità visto che Mark aveva sempre dimostrato loro di amarli alla follia. Lui e Johannah avevano continuato a parlare, a sentirsi, a volersi bene, ma ciò per cui più di tutto Johannah aveva sofferto era che lei lo amava ancora, oltre al fatto che da lui erano andate a vivere le sue tre figlie Felicitè, Daisy e Phoebe. Avevano deciso così, per quanto entrambi ne fossero addolorati, perché la donna di cui Mark era innamorato si era scoperta essere sterile, e Johannah sapeva che Mark non ce l'avrebbe fatta a vivere senza bambini. L’uomo aveva sempre amato con tutta la sua anima anche Louis e Lottie, ma loro erano già abbastanza grandi per poter vivere praticamente da soli in casa (preso in considerazione il lavoro della madre). Detto ciò Johannah con l'avanzare del tempo era sempre stata più assente, sovraccaricata dal lavoro, e il riuscire a vederla anche solo per pochi minuti era per Louis una delle cose più belle che gli potessero succedere (insieme allo stare vicino ad Harry, da ormai un giorno a quella parte). Il ventiduenne non voleva ammetterlo, ma era decisamente affezionato a sua madre. Riusciva spesso a dimostrarglielo, in ogni caso. 

 

«Mamma! Non posso crederci, mi sembra passata un'eternità dell'ultima volta che ci siamo salutati come si deve!» sorrise triste, abbracciando la madre. 

 

«Lo so tesoro, e sai quanto mi dispiace» gli posò un bacio sulla guancia. «Ma 'sta mattina ti ho svegliato presto proprio per questo! Ti ho preparato la colazione!» esclamò entusiasta. 

 

«Non puoi proprio fare a meno di cucinare, eh?» ridacchiò. 

 

«No, a quanto pare no. Oggi ho un'ora libera e esco tra mezz'ora. Ho pensato che sarebbe stato carino passare questi minuti con te e tua sorella» si allontanò un po' da lui. «Vorrei anche sapere cosa mangiate voi due, visto che il frigo era completamente vuoto, tolto qualche barattolo di Nutella—che tra l'altro non va messa in frigo—e del cibo preconfezionato» aggrottò le sopracciglia. «Scaduto».

 

«Io di solito mangio con Niall» ammise, grattandosi dietro la nuca.

«Ah già, allora va bene. Sono sicura che a mangiare con lui il cibo non te lo fai mancare» rispose, ironica. Per quanto stesse poco con Louis, ogni volta che si vedevano lui le raccontava tutto per tenerla informata, perché sapeva quanto ci tenesse. (Beh, non le raccontava proprio tutto tutto. Solo il necessario. Del periodo in cui, caduto un po' in crisi, aveva cominciato a frequentare centinaia di club e a scoparsi ogni notte una persona diversa lei non sapeva niente. Doveroso).

 

«Sulla lista delle tante cose che mi mancano il cibo non è segnato» commentò abbassando lo sguardo, con aria triste. Poi si rese conto che quella era la classica frase che non si dovrebbe dire di fronte ad un genitore se si vogliono evitare gli interrogatori, e cercò di mascherare quell'aria mogia con un ghigno ironico. Non funzionò. Il dado era tratto. 

 

«Cosa c'è che sulla lista delle cose che ti mancano, Louis?» chiese, per l'appunto, lei.

 

Gli occhi di Harry, le sue labbra, il sorriso di Harry, le sue mani, le divagazioni di Harry, la sua confusione, le parole di Harry, i suoi piccoli gesti, le debolezze di Harry, la sua forza, i ricci di Harry, la sua coroncina di fiori, la voce di Harry, Harry. Harry. Harry. Gli mancava Harry. 

Dio, se gli mancava.

 

«Una persona che vale più di tutto il resto».

 

Johannah sorrise. Decise di non chiedergli chi fosse. Sapeva quanto Louis fosse riluttante nell'aprirsi su questioni così personali. 

 

«Perché ti manca?» chiese invece.

«Perché non l'ho seguita, perché non l'ho fermata, perché me la sono lasciata scappare».

«Le persone non si perdono se non le si vuole perdere».

«Ma non so cosa fare».

«Quello che ti senti di fare, quello che vuoi fare».

«Non so cosa voglio».

«E invece sì».

«Cosa?»

«Vuoi ritrovare questa persona».

«Sì».

Sospirò, soddisfatta.

«Vuoi stare con lui» azzardò.

«Più di ogni altra cosa». 

 

***

 

Zayn Malik quel martedì mattina non sarebbe andato a scuola. E Liam Payne neanche, s’è per questo. Aveva affermato con decisione che non avrebbe sprecato del tempo inutile in quella scuola dopo sei mesi di studi all'estero e soprattutto senza Zay

 

Le loro motivazioni non erano evidentemente le stesse, o meglio, non del tutto. Il ragazzo dalla pelle olivastra e dagli occhi luminosi e scuri aveva deciso che non sarebbe andato a scuola perché se tutto fosse andato secondo i suoi piani Louis si sarebbe presentato al loro appartamento nell'arco della mattinata, chiedendo di Harry, di come stesse, di dove fosse; chiedendo di poterlo aspettare al suo ritorno da scuola. E Zayn non voleva perdersi quella scena, né voleva privarsi della possibilità di conoscere il fantomatico Louis Tomlinson, che a quanto pareva (da ciò che aveva colto dalle parole di Niall e Harry) era una persona meravigliosa. Ridacchiò, seduto mollemente sul divano, indeciso sul da farsi. Aveva svegliato Harry quella mattina ed era indubbio che quello stesse facendo una sorta di incubo sulla sua relazione con Louis. Era rimasto intenerito, se così si può dire, dall'attaccamento che l’altro aveva sviluppato nel corso di così poche ore, nel confronto del ragazzo dagli occhi azzurri. Ne era contemporaneamente spaventato. Era perfettamente consapevole del fatto che Harry si affezionasse incredibilmente in fretta alle persone, per quanto non volesse ammetterlo. Harry Styles era così. Ammirava e osservava le persone in silenzio, senza battere ciglio, da una dovuta distanza, sorridendo sommessamente nella paura di essere notato, con gli occhi che brillavano per la felicità; perché Harry Styles amava le persone in generale, ma poi non aveva quasi mai il coraggio di fare quel passo avanti e mostrarsi per ciò che voleva essere. Quella volta l’aveva fatto. Quella volta si era esposto e dopo ore di felicità immensa già ne era rimasto ferito, ma non era colpa di Louis, e questo era ciò che spaventava molto Zayn; proprio questa cosa inaspettata. Soffriva da solo. Era come un suicidio, una lenta morte causata dalle proprie azioni; era difficile. Non riusciva a capire quale meccanismo si fosse messo in moto nella testa del riccio, che si era ritrovato ad amare nell’arco di così poche ore un ragazzo, e dopo aver passato un’intera giornata con lui era scappato. L’aveva fatto, senza motivo, senza apparente ragione, senza lui stesso capire. Poi aveva pianto per tutta la notte, aveva scritto, si era sfogato, era stato male e si era incolpato di tutto. Si era piantato un pugnale nel petto, metaforicamente parlando e Louis in una situazione del genere non poteva aver fatto altro che rimanere ferito a sua volta. Zayn non voleva quello per Harry, non lo voleva per Louis. Il riccio era un ragazzo che aveva tantissimo da dare, ma non riusciva a farlo per paura di essere giudicato forse, per paura di non essere all'altezza, per paura che le persone che tanto ammirava potessero odiarlo o disprezzarlo. In realtà Zayn non era ancora riuscito a inquadrare bene l'attitudine di quel ragazzo. Era troppo complesso, terribilmente affascinante, drammaticamente chiuso, mostruosamente limpido. Ecco quale si dimostrava essere la maggiore stranezza di Harry Styles. Il suo essere bianco e nero. Contemporaneamente. Se guardandolo dall'esterno lo si sarebbe potuto definire insicuro, timido, chiuso e sulle sue, se ti porgeva la chiave per accedere al suo cuore e alla sua essenza e tu eri in grado di afferrarla, scoprivi un mondo nuovo. Era incredibilmente forte, determinato, preciso, solare, ironico, estroverso. Sì, la sua era un'estroversione interiore. Non ha senso. Ma Harry neanche ce l'aveva, senso. Era la cosa più folle e meravigliosa che gli fosse capitata, e Zayn ringraziava la vita per avergli dato la possibilità di ricevere, proprio lui, quella chiave così rara che avrebbe permesso a chiunque di vedere anche quel lato del ragazzo dagli occhi verdi. Che poi lui, riusciva a rimanere insicuro, incasinato e confuso sempre, anche quando si dimostrava forte, meticoloso e concentrato. Era un ossimoro. 

 

Tornando ai motivi per cui quella mattina non sarebbe andato a scuola, quello non era l’unico. In realtà sapeva che se avesse deciso di rimanere a casa sarebbe rimasto con lui anche Liam, e Zayn in qualche modo bramava il tempo passato insieme a lui, il tempo che avrebbe passato insieme a lui. Quella mattina però era confuso, e Zayn confuso non era una cosa da tutti i giorni. Era sempre stata una persona decisa, che sa quello che vuole, che sa sempre cosa dire, per quanto non parlasse molto nella maggior parte delle situazioni. Però quando parlava aveva la capacità di dire sempre la cosa giusta al momento giusto. Ed era strano che le uniche cose che lo confondevano fossero le uniche due persone con cui poteva sentirsi davvero se stesso. Harry e Liam. Liam era davvero un punto interrogativo. Lo conosceva come le setole dei suoi pennelli, ma c’era qualcosa che gli sfuggiva. Doveva esserci qualcosa. Qualcosa nel modo in cui pensava a lui era bizzarro e stravagante, qualcosa nel modo in cui il suo corpo si agitava o si tendeva impercettibilmente quando gli stava intorno. Ma cosa? Cosa? Doveva essere qualcosa di nuovo, di diverso, perchè non gli era mai capitato prima del semestre che aveva passato lontano da lui. Era da quando lo aveva abbracciato con così tanta intensità, quel giorno che l’aveva ritrovato nella sua camera, che si sentiva diverso. Strano. Cercava di non darci troppo peso, in ogni caso.

 

«Harry è migliore di me, dici?» si alza dal divano, la bottiglia di birra ancora in mano. Si avvicina prepotentemente al suo viso e poggia la sua fronte su quella dell’altro. «Vedremo».

 

«Che facciamo?» chiese improvvisamente Liam, uscendo dal bagno. 

 

Harry era andato a scuola da ormai una buona mezz’oretta. Zayn l’aveva convinto ad incamminarsi da solo dicendogli che la sua insegnante di storia non ci sarebbe stata per le prime due ore e che non aveva voglia di partecipare alle misere lezioni che sarebbero rimaste in quella giornata. Harry si era limitato ad uscire, guardandolo strano, leggermente accigliato, la coroncina di fiori in testa che lo faceva sembrare un essere etereo, gli occhi che lo facevano sembrare un dio triste e le mani che fremevano di agitazione. Agitazione.

 

«Aspettiamo Louis».

«Hm».

«Che c’è?»

Liam si buttò sul divano accanto a lui, distendendo le braccia sullo schienale, a gambe aperte.

 

E poi? Il vuoto. No. «È dieci volte meglio di te» ghigna osservando l’altro negli occhi.

 

«Odio il fatto che nonostante tutto tu continui a pensare ad Harry».

«Nonostante cosa?»

 

«Ripetilo».

«Harry è dieci volte meglio di te».

 

«Cos’ha Harry che io non ho?»

«È diverso» Zayn non sapeva davvero cosa dire, e non capiva perchè Liam fosse così ostinato a portare puntualmente tutte le loro discussioni sulla questione “Harry”. Davvero non capiva.

«Allora come fa a essere migliore?»

 

«Perchè? Dimmi il perchè!» i loro nasi quasi si sfiorano, ma nel loro universo brillo la vicinanza non è una cosa che spaventa. «Cos’ha che io non ho?»

 

«Scherzavo, Lee, scherzavo santo cielo».

«Dici di scherzare ma poi lo pensi davvero» strinse i pugni, si voltò di lato e si avvicinò al volto di Zayn, che lo guardò con stupore e un po’ d’incertezza. I loro nasi quasi si sfiorarono, e in quell’universo indubbiamente più sobrio l’effetto era decisamente più spaventoso.

 

«Cosa vuoi sentirti dire?» chiede Zayn facendo vibrare inconsciamente le ciglia. La bocca di Liam è a pochi centimetri dalla sua e in quel momento la curiosità di assaggiarla, mista alla consapevolezza che nell’eventualità avrebbe la scusa di essere ubriaco per giustificare quel gesto, lo spinge a protrarsi con lentezza in avanti. 

 

«Ieri abbiamo bevuto troppo, vero?» chiese tutto d’un tratto.

«Evidentemente non abbastanza».

 

E dopo? Cosa? 

È tutto nero e sembra impossibile che la sua mente non riesca a rintracciare dei miseri ricordi. 

È tremendo.

 

«Ero ubriaco».

«Tu sì».

«Tu?»

«Io pure».

 

Non l’ha fatto. Non l’ha baciato. 

 

«Voglio dire, io ero ubriaco».

«Lo so».

«No, solo per ricordartelo» spostò lo sguardo a terra. 

 

Non l’ha fatto. Non l’ha baciato. Vero?

 

***

 

Ad Harry venivano sempre in mente un sacco di cose. Sempre nel momento più sbagliato, sempre nel momento più opportuno, sempre nel momento più inutile, sempre nel momento più ingiustificato, sempre nel momento più esatto. Ad Harry venivano sempre un sacco di pensieri. Sempre mentre camminava, sempre mentre si fermava e chiudeva gli occhi. Sempre quando il fruscio delle foglie gli risuonava nelle orecchie, solo quando la pace lo turbava. C’erano cose nella sua mente che non funzionavano come avrebbero dovuto. Le sue sinapsi impazzivano di minuto in minuto, sempre di più, in un climax mortale per lui stesso e per gli altri. Principalmente per lui stesso, però. Dai suoi gesti lasciati al caso (molto più del solito) un acuto osservatore avrebbe potuto dedurre la sua fretta di arrivare, ma la sua titubanza nel farsi vedere. Avrebbe anche potuto notare che le sue mani vagavano senza sosta nelle tasche della sua giacca, in cerca di qualcosa che le tenesse occupate. I suoi grandi occhi verdi si guardavano intorno con frustrata incertezza, furtivamente, ma allo stesso tempo pieni di speranza e di grande desiderio di libertà. 

 

 

Il riccio, abbassata la guardia per qualche minuto, rivolse la testa al cielo e chiuse gli occhi, incurante dei passanti che l’avrebbero fissato facendosi troppe domande, incurante per una sola, singola volta, del pensiero della gente. Pensò a Louis, scontato. Pensò che se il cielo fosse stato del colore dei suoi occhi probabilmente l’avrebbe guardato più spesso. Pensò che se il sole fosse stato brillante come il suo sorriso, si sarebbe più spesso permesso di rivolgergli delle spericolate occhiate. Pensò che se il suono del vento fosse stato dolce come la sua voce, avrebbe passato ore intere ad ascoltarlo. Pensò di essere pazzo. Fece l’errore di abbassare lo sguardo sul marciapiede.

 

Keep your face to the sunshine and you cannot see a shadow.

 

Un’ombra. C’era sempre un ombra ad incombere su di lui. Bastava che guardasse a terra, bastava che si concentrasse su qualcosa che non fosse Louis. Ora capiva anche perchè la sua vita fosse stata così buia prima. Si sfiorò la mascella, fremendo leggermente ai ricordi che fece scaturire quel gesto.

 

Eric. 

 

Come aveva fatto a dimenticarsi di lui? Come si era ritrovato a camminare da solo per strada, un’altra volta? Non avrebbe mai dovuto, aveva troppi timori. Perchè non aveva supplicato Zayn di accompagnarlo? Perchè non l’aveva fatto? Nessuno era lì con lui, per sostenerlo. Non Louis, non Zayn, non Gretchen, solo le parole di quel ragazzo che l’aveva picchiato senza ritegno che, però, non erano lì per sostenerlo, bensì per distruggerlo.

 

Gli occhi gli pizzicavano a causa della crescente agitazione e sentì il profondo bisogno di sorridere pensando ad altro, per alleggerire quella infinita camminata snervante. Si ritrovò a pensare a quel Luna Park in cui ogni cosa, per una notte, gli era sembrata possibile, dal camminare mano nella mano con un ragazzo meraviglioso al regalargli una stella, dal poterlo guardare con gli occhi lucidi e i fari colorati ad infastidirgli il viso al sussurrargli sulle labbra quanto lo amasse. 

 

Poi quel bacio. 

 

Quale bacio Harry?

 

Finalmente, dopo aver fatto sfregare la punta arrossata dei loro due nasi, tornò a baciare quelle labbra che mai si sarebbe aspettato che potessero amarlo tanto quanto avevano fatto in quegli ultimi minuti. E ogni volta che il contatto si intensificava Harry sentiva una scossa attraversargli la schiena, e ogni volta che Louis lo schiacciava maggiormente contro la parete Harry sorrideva di più, nel bacio, nella mente, nei gesti. Perchè quei sospiri, quella melodia che ancora risuonava rimbombando nelle loro menti, quelle mani in cerca di passione, quelle ginocchia che non avrebbero retto altre emozioni, quei corpi che non ne avevano mai abbastanza di volersi stringere, quella ruota panoramica che continuava a girare e quei loro cuori che continuavano a battere, erano vita. Vita vera. Come chiudere gli occhi e rendersi conto di aver fissato per così tanto tempo una persona da non sentirne nemmeno una mancanza, tanto è fresco il ricordo, tanto arde la mente.

 

«Questo bacio».

 

Quale bacio, Harry?

 

La cosa che più di tutte lo faceva stare male non erano le botte, non era l’impotenza di fronte al dolore, non era niente di tutto quello. La cosa che più di tutte lo faceva stare male era il fatto che ogni volta che stava per lasciarsi cadere mollemente sulle sue gambe tremanti e deboli, Eric lo afferrava per il colletto della maglietta e lo baciava. Mai qualcuno, con le parole, o con le azioni era riuscito ad umiliarlo e annullarlo così come stava facendo in quel momento lui. Mai nessuno l’aveva fatto stare così male. Mai nessuno lo aveva annullato completamente come se la sua vita fosse così inutile da poterla frantumare senza neanche sbattere ciglio. Si sentiva sempre più debole, si sentiva sempre più invisibile, non provava neanche più dolore fisico, perchè quello psichico aveva invaso ogni atomo del suo corpo sempre più arrossato dai colpi violenti che stava subendo.

 

La scuola era lì, di fronte a lui, imponente come non mai, spaventosa come uno tzunami, feroce come una belva e le sue mani tramavano, e i fiori sulla sua testa vibravano, e le sue gambe cedevano, ed era ancora notte. 

 

***

 

«Zayn, finalmente hai risposto!» esclamò Niall, mettendo il vivavoce. 

«Eh».

«Io e Aga abbiamo una super proposta da farti!» si girò verso di lei e le sorrise.

«Aga?»

«Agnieszka».

«Ah, la rossa».

«Proprio lei!» urlò la ragazza intromettendosi nella conversazione.

Zayn alzò gli occhi al cielo. 

 

«La cosa promette bene» commentò, ironico.

«Aspetta di sentirla!»

«Vai».

«Stiamo scrivendo un libro!»

«Ma bravi» ridacchiò, per sfotterli.

«Seriamente». 

«Ma bravi» non rise nemmeno.

«Uffa, se non la smetti io ti-»

«Non capisco cosa centri io con tutto questo».

«Un bel po’».

«Ok, ma spicciati, mi sto rompendo i coglioni di aspettare».

«Uhh, che-»

«Muoviti, biondino».

«Tu farai le illustrazioni!».

«Ma questa non è una proposta, questo è un ordine, mi pare».

«Esatto».

«Zayn non prende ordini da nessuno. Grazie, arriveder-».

«Ma il bello deve ancora arrivare».

 

«Zayyy metti il vivavoce, sono curioso, dai» si lamentò Liam, in sottofondo. 

«E va bene. Che rompicazzo che siete però, ‘sta mattina» sbuffò. 

 

«Il libro non è un libro qualsiasi».

«Ma perchè devi perdere tempo inutile a raccontarmi cose di cui non me ne può fregar di meno?» Niall si segnò mentalmente che in nel caso avesse di nuovo dovuto chiamare Zayn non l’avrebbe fatto a quell’ora del mattino. Era incredibilmente scontroso. 

«Anche tu stai perdendo tempo» intervenne Liam. 

 

«Zitto, Lee».

«Ciao Liam!»

«Ma cosa lo saluti se non lo conosci neanche?»

«Per educazione. E poi ieri sera quando tu l’hai abbandonato per seguire Harry» fece l’occhiolino ad Agnieszka «Lui è rimasto qualche minuto con noi». Sospirò. «Siamo stati la sua casa!» aggiunse infine in tono teatrale. 

 

«Tsk».

«Ciao Niall» si risvegliò Liam.

«Che, si era addormentato?»

«No, ero troppo impegnato ad osservare il profilo imbronciato e sdegnoso di Zayn» gli tirò una gomitata. Il ragazzo dalla pelle olivastra sorrise sotto i baffi. 

«Passiamo oltre, che è meglio».

«Uffi».

 

«Il libro».

«Sì».

«Eh, dimmi qualcosa di più».

«È una specie di fan fiction... però-»

«E mi staresti chiedendo di fare delle illustrazioni per una fan fiction? Addi-»

«Aspetta-»

«Credi davvero che riuscirai a convincermi?»

«È una fan fiction su Harry e Louis».

«Cosa?» scoppiò a ridere. «Ma che cazzo c’avete in quella testa?»

«Zayn, non sfottere».

«Non stavate scherzando, quindi?»

«No».

«Valli a capire» sbuffò.

«Alcune idee vengono e basta» assunse l’aria da grande poeta «Alcune crescono negli antri della tua mente senza che tu ne sia consapevole, e sono spesso le idee migliori» ridacchiò.

«C’è sempre un’eccezione alla regola, si sa» borbottò Zayn. 

 

«Ma no, è un’idea fantastica!» se ne uscì Liam, sorprendendo tutti.

«Batti virtual-cinque bro!» rispose Niall, sorridendo. 

«Grande!» urlò Aga.

 

«Liam, perchè?» 

«Dai, dillo che non ti sembra così malaccio come idea!» 

«Ok, l’idea non è poi così tremenda...» sorrise. Zayn Malik in fondo era un romanticone. O meglio, non quando si trattava della sua vita. Solo in tutti gli altri i casi. Beh, non in tutti. Solo in alcuni. Zayn Malik non era affatto un romanticone a dire il vero.

«Quindi è un sì?»

«Per cosa?»

«Le illustrazioni».

«Lo sai che non sono affidabile quando si tratta di commissioni».

«Fallo per Harry».

«Lo sto già facendo per lui».

«Eccolo, appunto» mugugnò Liam, a denti stretti.

 

«Ma avete intenzione di regalarglielo, il libro, vero?»

«L’idea era quella...»

«Quando?»

«Quando l’avremo finito».

«Idiota».

«Per il compleanno».

«Ma è il primo febbraio».

«Quanti ne abbiamo?»

«Ventotto. Di gennaio».

«Dannazione».

 

«A puntate!» esclamò Liam, dopo averci pensato su per qualche minuto.

«Che?!»

«Regalateglielo a puntate, dico!»

«A puntate?»

«Il giorno del suo compleanno gli regalate il prologo (o quel che volete), e via via che riuscite a scrivere i capitoli glieli consegnate. Magari infilandoglieli sotto la federa, o nelle tasche dei pantaloni».

«Mh..

«Che ne pensi, Aga?»

«È una figata! Pensa la faccia di Harry mentre legge il capitolo!» iniziò a saltellare producendo suoni strani come “asdfghjkl” e “awawawaw”. Niall rise. 

 

«Allora, Zayn, tu che pensi?»

«Ebbravo il mio Liam».

«Tuo?» chiese quello, felice.

«Mio».

«Meow».

 

***

 

«Harry, Harry! Grazie al cielo sei sveglio, non sai che colpo mi hai fatto prendere».

 

È tutto nero, solo un bagliore sottile, in fondo alla strada buia, solo uno spicchio di luce a indicarmi la via. Non riesco a raggiungerlo. Cammino da ore. 

 

«H, che ti è successo?»

 

Gret? Gret, aiuto. Dove sei? Sei là fuori? Chi c’è? Chi parla? Sei tu? 

 

«Harry?»

«G-Gret...». 

 

Ancora qualche passo, forza; la vado l’uscita, è sempre più vicina, è sempre più viva, è sempre più luminosa. È qui.

 

«Gretchen!» aprì gli occhi di colpo e la ragazza dovette ammettere che l’impatto con i suoi occhi verdi e brillanti la fece fremere. Che cos’erano quegli occhi? Cos’avevano di così potente da riuscire ad incastrarti nella loro magnificenza?

 

«Harry!» lo abbracciò. Lui si guardò intorno. 

«Dove siamo?» si guardò intorno, poi abbassò lo sguardo sul suo orologio e i suoi occhi si allargarono a dismisura. «Oddio sono le otto e mezza passate! Sbrighiamoci!» Fece per alzarsi ma la ragazza lo fermò.

«Sei così iperattivo pure appena sveglio? Voglio dire, sei appena svenuto e fai finta di nulla!» ridacchiò. «Ormai la prima ora è praticamente andata» continuò, sorridendogli. «Facciamo che entrare direttamente alla seconda».

Il riccio sembrò pensarci su un instante, per poi annuire «Va bene». Era in modalità risposte confuse evidentemente.

«Senti, ora mi spieghi cos’è successo?»

«Quando?» fremette.

«Oggi. Anche se devi ancora raccontarmi che avete fatto tu e Louis ieri sera» rise e tirò una gomitata al ragazzo, che arrossì, per poi abbassare lo sguardo, che si fece scuro. 

«Non lo so» mentì. Non voleva raccontarle di esser stato picchiato il giorno prima, per strada. Era più o meno quello il motivo per cui era svenuto, a quanto pare. Eric. Quei baci. Essersi sentito una nullità. Non essersi sentito. Non voleva raccontarglielo perchè si sarebbe sentito debole. Era una cosa sua. Sua e di nessun altro. Lui non era debole. Non era una nullità. Lui era una persona, come le altre. Una persona, dannazione. Non era debole.

 

«Ok» Gretchen sapeva che Harry le stava tenendo nascosto qualcosa, ma da amica, sapeva anche che se l’avesse forzato a confessarle ogni cosa il loro legame avrebbe cominciato a cedere, mattoncino dopo mattoncino, granello dopo granello. Lei stessa aveva dei segreti dei quali non parlava con nessuno—non una mosca. Era perfettamente consapevole di cosa volesse dire privacy e cosa significasse rispettare gli spazi degli altri, non invaderli prepotentemente. Se le avesse voluto raccontare qualcosa l’avrebbe fatto, e basta. 

 

«Allora, com’è andata con Louis?» la prima reazione di Harry fu quella di sorridere, sollevato perchè Gret aveva cambiato discorso, e al settimo cielo dall’eccitazione al solo ripensare a quel bacio che si erano scambiati lui e Louis sulla ruota panoramica. Era talmente imbarazzato al solo pensiero di raccontarle ogni cosa che la lingua sembrava non voler reagire agli impulsi che le mandava il cervello. Alla fine con un po’ di forza di volontà, e spinto da quel desiderio che c’è in ogni uomo di raccontare le proprie esperienze eccitanti agli altri per il gusto di farlo e per essere un po’ al centro dell’attenzione, giusto il tempo per far capire che ciò che era successo era vero e vissuto sulla propria pelle, parlò.

 

«Ci siamo baciati» sorrise, abbassando lo sguardo. Aveva appena scoperto che non gli piaceva essere al centro dell’attenzione. Nemmeno trattandosi dell’attenzione di due meri occhi marroni, che neanche lontanamente aspiravano ad assomigliare a quelli di Louis. L’aveva sempre saputo in realtà. «Baciati baciati» ridacchiò. «È stato meraviglioso». 

 

Gretchen non sapeva cosa dire. Era immensamente felice. Il riccio sembrava talmente gioioso ed eccitato che lei non poteva che seguire il suo esempio. Se quel ragazzo era in grado di farla sorridere già in qualsiasi situazione, in quel momento quel suo potere era centuplicato. 

 

Da come Harry aveva descritto Louis e da ciò che gli aveva trasmesso, tramite le sue parole, del loro amore “inconscio”, sapeva benissimo che quella sera si sarebbero baciati, e che sarebbe stato un bacio perfetto. Si sporse per abbracciare Harry, felice come non mai, ma quello si ritrasse dopo qualche istante, evidentemente sofferente a causa dei lividi del giorno prima, per quanto Gretchen non potesse affatto saperlo. Lo guardò di sottecchi, stranita, per poi far finta di niente e continuare, sorridendo. «Te l’ho detto che vi sareste baciati» prese fiato. «È fantastico».

 

«E lo sai cosa mi ha detto?» i suoi occhi si fecero umidi, un enorme sorriso gli si dipinse sulle labbra rosse (non quanto lo erano la sera prima, come Louis aveva potuto notare con soddisfazione), e le sue meravigliose fossette si fecero strada sulle sue guance impreziosite dall’imbarazzo. Sentì una lacrima tracciare una linea imprecisa sulla sua pelle, fermandosi sul mento. Harry decise che quella volta lo sguardo l’avrebbe alzato, che sarebbe stato forte, che non gli interessava l’eventualità di poter essere giudicato per ciò che provava. Decise che avrebbe guardato dritto negli occhi la ragazza che si supponeva essere la sua migliore e le avrebbe parlato con il cuore in mano. La trafisse con lo sguardo. Lei inizialmente abbassò il suo, ma constatò che se il riccio per una volta era stato così diretto, lei non doveva essere da meno. Lo affrontò. «Cosa?»

 

Le lacrime continuavano ad accarezzare la pelle pallida del riccio, e il sole continuava a baciare quei fiori bianchi sulla sua testa. Era tutto così perfetto. «Ha detto che mi ama» fece un profondo respiro, coprendosi il volto con le mani, poi sussurrò, quasi incredulo: «Mi ama».

 

***

 

«Liam, vai ad aprire, è Louis».

«Ma come...?»

«Fidati che è lui».

 

«Chi è?»

«Ehm... sono Lou-»

«Entri pure, la stavamo aspettando». rispose Liam fingendo di trovarsi in qualche film Horror di cui Louis era lo sventurato protagonista. Ghignò. Louis lo guardò accennando ad un sorriso, ma poi il suo sguardo tornò serio. Abbassò gli occhi. 

«Cazzo, è vero, Harry è a scuola» si guardò alle spalle. «È stato bello, arriv-»

«Puoi aspettarlo qui. se vuoi» gli sorrise Zayn, che si era alzato per avvicinarsi al ragazzo dagli occhi impossibilmente azzurri. «Sarebbe una bella sorpresa per lui, ne sono certo».

Louis sembrò essere titubante, fremendo sulla soglia della porta, come se quella decisione fosse stata una questione di vita o di morte. Infine sospirò. «Va bene». 

 

A dire il vero il ragazzo era piuttosto imbarazzato a causa di Zayn. Non che fosse solito farsi così tanti problemi, ma sentiva un’aura strana attorno all’amico di Harry, quasi fosse stata una figura materna per il riccio. Si sentiva a disagio come se quello fosse stato il primo incontro con la famiglia, sentiva di dover essere approvato in qualche modo da quel ragazzo dagli occhi così luminosi e scuri. Era Niall che gli aveva fatto tutti i tatuaggi, quindi non aveva mai avuto molte occasioni per parlare con lui. Se non si fosse trovato in quella situazione però, si sarebbe probabilmente avvicinato a lui per altre vie. Sembrava un tipo interessante. Quel tipo di persona che gli si addiceva, in qualche modo. Quel pensiero lo fece rilassare almeno un poco. 

 

Zayn d’altra parte non sapeva bene cosa fare. Ci aveva pensato su tutta la mattina; ci aveva provato. Ma non era mai stato così, lui. Non gli piaceva avere la giornata programmata. Era piuttosto spontaneo e versatile—aveva imparato a esserlo col tempo. Sapeva modellare gli atteggiamenti e le parole a suo piacimento, con il risultato di poter avere la certezza di dare l’immagine di sè che voleva gli altri vedessero. Comunque quel particolare era piuttosto irrilevante, in quanto lui non se ne rendeva propriamente conto. Alcune cose succedevano e basta. 

 

Decise di invitarlo a sedersi sul divano. Louis lo fece, sospirando poi, frustrato. 

 

«A che ora torna?»

«Oggi penso che torni alle-»

«Ehi, ma non dovresti essere a scuola anche tu?»

«Sai quando uno non c’ha sbatta? Ecco».

«Lo so fin troppo bene, credimi» ridacchiò. 

«Immagino. Non sembri il classico tipo che segue le lezioni, tutto secchione e ben preparato».

«Più che classico direi l’inesistente».

Zayn ridacchiò. «Non ti posso dar torto».

«Ma perchè mi aspettavate?»

 

«Ma stavo scherzando! Si chiama umorismo, pagina duemilaottocentotrenta del vocabolario, terza colonna, riga quarantasette» urlò Liam, che se n’era andato nella sua camera, senza nessuna voglia di sprecare troppo fiato a parlare di Harry e senza nessun desiderio di sentire le sue orecchie riempirsi di inutili discorsetti romantici sull’amore a prima vista. Essendo però l’appartamento piuttosto piccolo, riusciva comunque, suo malgrado, a sentire ogni parola. 

 

Louis corrugò la fronte, poi sussurrò a Zayn, «Che, si è studiato il vocabolario a memoria?»

Zayn sogghignò. «Macché, fa sempre la stessa battuta da quarantacinque anni ormai».

 

Louis rise. Zayn riprese il discorso. «Pft, comunque ti stavo aspettando davvero. Io, quanto meno».

«Perchè?» chiese nuovamente.

«Watson, usa quella testa bacata che ti ritrovi!»

«Sai quando uno non c’ha sbatta? Ecco».

«Dai, era ovvio che saresti venuto».

«Sono così scontato?» 

«Sono i tuoi sguardi a esserlo. E il modo in cui Harry mi parlava di te, già ieri. E i ragionamenti infantili di Niall e della sua pollastrella» aggiunse ironicamente. 

Louis lo guardò, quasi con affetto. Gli piacevano la sua schiettezza e quel suo modo di fare il cazzone, pur riuscendo a rimanere sensibile e dolce, in qualche modo. Fu quel suo atteggiamento a spingerlo a sciogliersi, a sua volta. 

 

«Sai, ieri sera ho capito una cosa». Si sarebbe aspettato una presa in giro o una puntualizzazione sulla mielosità del nascente discorso, ma fu preso alla sprovvista dallo sguardo diretto dell’altro,  che lo invitava silenziosamente a proseguire. Sorrise. «Ero disperato quando l’ho visto allontanarsi, mi si sono appannati gli occhi e mi sentivo morire. Ho pianto. Non piango mai» teneva lo sguardo basso, sentendosi comunque parecchio vulnerabile e imbarazzato. «Penso che quella serata al Luna Park sia stata una delle cose migliori che mi siano capitate. Dopo aver incontrato Harry...» rise. «Mi scuso nel caso ti dovesse venire un infarto da diabete pesante, che non esiste nemmeno tra l’altro». 

 

«Vai avanti» gli concesse Zayn, con un sorriso stampato sul volto. Non c’era bisogno di tutte quelle parole per fargli capire che Louis ci teneva veramente, ma lui voleva il meglio per Harry e non restava che accertarsi che Louis potesse in qualche modo rientrare nella categoria di persone che non avrebbero fatto soffrire il riccio. 

 

«So solo che, vaffanculo, mi dispiace così fottutamente tanto che sia finita così!». Louis aveva quella caratteristica: in situazioni in cui era agitato o nervoso iniziava a sboccare, inserendo imprecazioni su imprecazioni nelle frasi. Non gli dispiaceva neanche essere così. Si addiceva al suo essere (la parte di lui che si sentiva più vicina al bad boy che al ragazzo dal cuore d’oro, che in realtà rimaneva e sarebbe sempre rimasto) e fungeva da condotto di sfogo. «Voglio dire, mi sento in dannatamente in colpa. Avrei potuto rincorrerlo e dirgli che...» pensò che dire di amare il migliore amico di una persona di fronte a lei* fosse decisamente più imbarazzante che dirlo alla persona stessa. E se Zayn avesse reputato le sue parole prive di senso, di significato e dettate da pura mancanza di senno? E se avesse pensato che erano esagerate? Non conosceva abbastanza quel ragazzo per poterlo giudicare. E si stava facendo decisamente troppe pippe mentali. «Avrei potuto prenderlo per mano e dirgli che lo amavo—che lo amo. Forse si sarebbe fermato e mi avrebbe baciato ancora una volta, con quelle labbra così—ehm sì, perchè devi sapere che potremmo anche esserci baciati ieri... cioè, forse».

 

«Come minimo». 

Ci fu un minuto eterno di silenzio in cui Zayn pensò che Harry e Louis fossero apparentemente davvero fatti l’uno per l’altro, come se Dio o chi per lui avesse creato due diverse entità partendo da una sola. Due persone che in origine erano parte dello stesso tutto. Ironico. 

 

«Ho bisogno di fumare, cazzo» borbottò Louis fra sè e sè, poggiandosi con i gomiti sulle ginocchia e portandosi la testa fra le mani. 

«Siamo in due» rispose prontamente Zayn, che l’aveva sentito. Era felice di aver trovato un appetibile compagno di fumata. Non gli piaceva fumare solo. Aveva voglia di parlare di quelle quattro cazzate che lo facevano sentire più libero, di borbottare quei discorsi insensati, giusto per il gusto di poter mordicchiare la sigaretta rigorosamente rollata da lui e espirare, abbassando la testa a terra e sentendosi un dio. Zayn aveva cominciato a fumare per puro gusto artistico.

 

Louis alzò la testa, puntando i suoi occhi dritti in quelli dell’altro. «Pensavo che mi avresti sbattuto fuori di casa perchè il ragazzo giusto per Harry non dovrebbe fumare» scoppiò a ridere, decisamente più rilassato. 

«Ti sembro il tipo da dire una cosa del genere?»

«Nah» lo squadrò. «Non direi, no».

 

«Andiamo fuori però» cambiò argomento, alzandosi dal divano.  

«Sì, fumare in casa è da sfigati».

«Soprattutto se si ha una terrazzo della madonna al piano superiore».

«Piano superiore? Pensavo che fosse un appartamento ad un piano».

«Il secondo piano è il terrazzo».

«Una sorta di tetto?»

«Una sorta».

 

***

 

«Te la rolli tu?»

«Privare un fumatore del gusto di rollarsi la sua sigaretta è come privare Rocco Siffredi del suo cazzo».

Zayn aggrottò le sopracciglia per poi scoppiare a ridere, poggiandosi alla ringhiera che delimitava  i lati del tetto. Poi si sfilò una busta dalla tasca posteriore dei jeans e ne estrasse le cartine. 

«Se sei così di tuo non voglio sapere come sei dopo esserti fatto una canna».

«Ti divertiresti».

«Oh, questo lo davo per scontato». Finì di arrotolare la cartina attorno al tabacco e si portò la sigaretta alla bocca, prima di passarci lentamente contro la lingua. Poi lanciò il pacchetto a Louis,  che lo afferrò al volo e ci mise meno di un minuto a fare lo stesso, con meticolosità, muovendo velocemente le sue dita piccole e sottili, le unghie mangiucchiate e corte, la vene sul dorso leggermente il rilievo. Si portò anche lui la sigaretta alla bocca, leccandone un lato ad occhi chiusi, per poi allungare il braccio verso Zayn, che la accese. Se la portarono entrambi alla bocca, ma avevano chiaramente due stili di fumata diversi.

 

Louis teneva la sigaretta tra l’indice e il medio. La presa non era ferrea; anzi, era piuttosto leggera, tanto che la sigaretta tremava leggermente al contatto con l’aria. Quando se la portò alle labbra lasciò che quelle si schiudessero leggermente, concedendogli giusto lo spazio per aspirare poco e poi allontanarla e soffiare fuori una nuvola di fumo grigiastro. Poggiò l’avambraccio sulla ringhiera, lasciando la sua piccola mano si rilassasse, allentando maggiormente la presa sulla sigaretta, che sembrava riuscire a non cadere per puro miracolo. 

 

Zayn invece teneva la sigaretta fra pollice e indice. Lo faceva perchè trovava il gesto più raffinato, più artistico, più ricercato, ma allo stesso tempo estremamente mondano e... sensuale? Se la portava alle labbra e la allontanava, facendo scivolare il braccio lungo il fianco, per poi appoggiarsi alla ringhiera e buttare fuori il fumo, osservandolo librarsi pesantemente nell’aria. Avrebbe voluto dipingerlo.

 

«Sai, quando mi fumo una sigaretta mi piace pensare che sia una canna, quindi sembro fatto allo stesso modo. È tutto nella mente» commentò Louis, la voce leggermente più roca del solito.

Zayn rise, poi guardò l’altro negli occhi. 

 

«Pensi di farglielo vedere questo tuo lato ad Harry?»

«Immagino di sì» sospirò. «Ma suppongo che se lo aspetti».

«Immagino di sì».

 

Fumare quella sigaretta era, per Louis e Zayn, uno dei modi migliori per cominciare un’amicizia, per stringere un legame, per lasciare da parte la tensione e lasciarsi andare. Ed entrambi sapevano quanto, fumando, i silenzi a volte valevano più di discorsi inutili e troppe parole. Ma entrambi sapevano anche quanto le parole a volte fossero necessarie, come l’acqua, come l’aria, come il fumo.

 

«Sai, ieri Harry non mi ha più parlato dopo quel che è successo». 

Il tacere di Louis portò Zayn a continuare.

«Ci tiene davvero a te, Louis».

Lo sguardo del ragazzo si illuminò, perchè per quanto ne fosse in fondo consapevole, sentirselo dire dal suo migliore amico era tutta un’altra storia, e significava anche che non era del tutto colpa sua se Harry era scappato.

 

«Sai, sono stato io a convincerlo a farsi un tatuaggio» si zittì un attimo, fece un tiro e poi borbottò: «Tra l’altro non me l’ha voluto far vedere il tatuaggio». Louis arrossì. Zayn si ricompose. «In ogni caso ti avevo adocchiato e sapevo che Harry sarebbe rimasto colpito da te, fin da subito».

«Oddio» sussurrò Louis, ridacchiando.

«Ma non pensavo così in fretta».

Louis scoppiò a ridere. «Cazzo, praticamente avevi organizzato tutto!»

«Tipo».

«Credevo fosse stato Niall a dire il vero. Sai lui è una fottuta fangirl e tutto il resto».

«Diciamo che ci siamo alleati».

«Oh, ora capisco».

«Ma penso che Aga mi abbia rubato il posto» rise. «Siete nelle loro mani, praticamente. Buona fortuna» mimò un bacio.

Ci fu silenzio per un istante.

 

«Ricapitolando: mia madre mi ha preparato la colazione—è una cuoca, sai—tra un po’ arriva Harry e lo posso stritolare di baci—oh non vedo l’ora—mi sto fumando una sigaretta col suo migliore amico—dovremo farlo più spesso—Niall e Aga shippano me e H come dei forsennati e la vita è bella» il suo volto si accese in un meraviglioso sorriso. «AAAH HAPPY DAYS».

 

Zayn lo guardò con affetto, quasi. Gli piaceva proprio il suo modo di fare. Era così diverso da Harry, così perfetto per lui. «E non è tutto».

«Che?»

«Sai, stamattina sono andato a svegliare il tuo caro Harry».

«Hm».

«E l’ho trovato addormentato, sulla scrivania».

«Io l’avrei abbracciato» commentò Louis facendo un tiro di quella sigaretta ormai quasi terminata.

«Ti do il compito di farlo appena torna».

«Sì signor capitano».

«Non ho sentito bene!» ridacchiò.

«SI SIGNOR CAPITANO!»

«OOOH» mimò una voce da marinaio. Tossì; cercò di ricomporsi.

«Comunque, quando è andato a scuola sono rientrato nella sua camera. E ho trovato questo» disse, e   sfilò un un foglio di carta dalla tasca interna della giacca di jeans che stava indossando. Lo porse a Louis. «L’ha scritto lui. Ieri sera. Mi sono permesso di leggerlo, e di dartelo, solo perchè sono sicuro che se non lo facessi adesso non lo riceveresti mai più». Louis lo afferrò, lo aprì (era piegato in quattro) e squadrò quelle parole per qualche minuto, senza mai leggerle, limitandosi a guardarle. 

 

Poi iniziò a leggere, tutto d’un fiato, lasciandosi scivolare di schiena contro la ringhiera, agitato, emozionato, innamorato

 

Louis, sono Harry. Sono quel ragazzo inutile che dopo averti detto che non ti avrebbe mai lasciato solo, lo ha fatto. 

 

Non ti preoccupare Harry. Non farlo.

 

Mi odi, vero? 

 

Non ho mai smesso di amarti.

 

Quando hai detto di amarmi io me lo sentivo dentro che sarebbe stato troppo bello per essere vero, sapevo che sarei riuscito anche questa volta a rovinare tutto. Ma perchè la mia stupidità non ha limiti. Che giorno è oggi? Voglio dire, il giorno in cui stai leggendo questa lettera? Sono proprio curioso di sapere quanto tempo è passato do quando l’ho scritta, sono proprio curioso di sapere quanto sono codardo. Oggi è lunedì 27 gennaio 2014. Ho scritto anche l’anno perchè non si sa mai. Magari sono passati due anni ora che la stai leggendo. 

 

Oggi è martedì 28 gennaio 2014. Penso dovresti ringraziare Zayn per questo. Ti amo.

 

Sai che oggi Zayn mi ha detto che avrei potuto mettermi una maglietta maniche corte perchè non era ancora primavera ma faceva già caldo? Sul momento non ci ho pensato, ma ora capisco perchè avevo freddo. È gennaio. Certo, fa abbastanza caldo per essere gennaio, lo devo ammettere, però Zayn non ha senso. Neanche io. Riesco a divagare anche scrivendo. Grandioso. 

 

Amo il tuo modo di essere fottutamente confuso.

 

Stavo dicendo: non so cosa mi sia preso (forse non stavo dicendo questo in realtà, ma va bè) quando sono corso via dal luna park senza salutarti. Perchè a dire il vero non me ne frega niente di non aver salutato gli altri, se ho pianto è perchè non ho salutato te, e perchè sei la cosa più importante del mondo, e probabilmente ti ho perso. Scusa. Scusa. Scusa. Non è colpa tua, ricordalo. 

 

Harry... ti amo.

 

Sono io quello idiota ad essermi comportato così. Il modo in cui... mi hai baciato mi ha fatto capire quanto veramente tenessi a me e tuttora non riesco a credere che un ragazzo come te, così dolce e così perfetto, possa essersi innamorato di me. E non c’è bisogno di aggiungere aggettivi a “me” perchè li contiene già tutti da solo. 

 

Ti amo.

 

Non credevo che fosse possibile innamorarsi di una persona in un giorno (in uno sguardo) prima di incontrare te. Se da un certo punto di vista ho paura che non mi perdonerai e credo di meritarmi, nel caso, la tua rabbia, dall’altro lato spero tanto che potremmo baciarci ancora, perchè sei la persona più magnifica che esiste (so che non si dice “più magnifica” ma penso che se chi ha inventato la grammatica ti avesse conosciuto avrebbe scritto sui libri “Louis Tomlinson è l’unica eccezione alla regola”)

 

Cazzo, cazzo, cazzo! Harry torna da scuola in fretta, ti prego. Ho bisogno di te e delle tue labbra. Ti amo.

 

Lesse l’ultima parte della lettera in assoluto silenzio, smettendo persino di respirare a causa del battito del suo cuore e dal pulsare insistente della sua testa. 

 

Spero tanto anche che potremmo ancora tenerci per mano perchè... non so descrivere quello che ho provato, ed è tardi, e devo ancora piangere un po’ stringendo BooBear e pensando a te prima di andare a dormire, però sono stato felice. Che giorno è il tuo oggi? Te lo chiedo ancora perchè spero che non sia troppo tardi per perdonarmi. Scusa scusa scusa scusa scusa scusa scusa scusa scusa scusa scusa scusa scusa scusa scusa scusa scusa scusa scusa scusa scusa scusa scusa scusa scusa scusa scusa scusa scusa scusa scusa scusa scusa scusa scusa scusa scusa scusa scusa scusa scusa scusa scusa scusa scusa scusa scusa scusa scusa scusa scusa scusa scusa scusa scusa scusa scusa scusa scusa scusa scusa scusa scusa scusa scusa scusa scusa scusa scusa scusa scusa scusa scusa scusa scusa scusa scusa scusa scusa scusa scusa scusa scusa scusa scusa scusa scusa scusa scusa scusa scusa scusa scusa scusa scusa scusa scusa. Mi fa male la mano, ma devo resistere, lo faccio per te, Lou. C’è ancora una cosa che volevo scrivere. Ti amo ti amo ti amo ti amo ti amo ti amo ti amo ti amo ti amo ti amo ti amo ti amo ti amo ti amo ti amo ti amo ti amo ti amo ti amo ti amo ti amo ti amo ti amo ti amo ti amo ti amo ti amo ti amo ti amo ti amo ti amo ti amo ti amo ti amo ti amo ti amo ti amo ti amo ti amo ti amo ti amo ti amo ti amo ti amo ti amo ti amo ti amo ti amo ti amo ti amo ti amo ti amo ti amo ti amo ti amo ti amo ti amo ti amo ti amo ti amo ti amo ti amo ti amo ti amo ti amo ti amo ti amo ti amo ti amo ti amo ti amo ti amo ti amo ti amo ti amo ti amo ti amo ti amo ti amo ti amo ti amo ti amo ti amo ti amo ti amo ti amo ti amo ti amo ti amo ti amo ti amo ti amo ti amo ti amo ti amo ti amo ti amo ti amo ti amo ti amo ti amo ti amo ti amo ti amo ti amo ti amo ti amo ti amo ti amo ti amo ti amo ti amo ti amo ti amo ti amo ti amo ti amo ti amo ti amo ti amo ti amo ti amo ti amo ti amo ti amo ti amo ti amo ti amo ti amo ti amo ti amo ti amo ti amo ti amo ti amo ti amo ti amo ti amo ti amo ti amo ti amo ti amo ti amo ti amo ti amo ti amo ti amo. Scusa se sto andando storto ma mi sto addormentando, e la mano ora mi fa davvero male, e sto piangendo perchè vorrei dirtelo a voce (non che la mano mi fa male, che ti amo!). Vorrei tornare indietro nel tempo e dirtelo a voce. Ti amo ti amo ti amo ti amo ti amo ti amo ti amo ti amo ti amo ti amo ti amo ti amo ti amo ti amo ti amo ti amo ti amo ti amo ti amo ti amo ti amo ti amo ti amo ti amo ti amo ti amo ti amo ti amo ti amo ti amo ti amo ti amo ti amo ti amo ti amo ti amo ti amo ti amo. Ci credi? Credici. 

-Harry xx

 

Louis era rimasto lì, la sigaretta fra le labbra tremolanti, gli occhi azzurri fissi su quel foglio di carta  che non avrebbe mai potuto dimenticare, il suo cuore in qualche modo incatenato a quel ragazzo riccio che nascondeva dentro di se l’unico mondo in cui Louis aveva deciso di voler vivere, la sua mente completamente bianca, apparentemente vuota, irrimediabilmente scossa, dannatamente felice.

 

E poi il citofono, e con il suo suono metallico la consapevolezza che quegli occhi verdi che tanto si erano impegnati la sera prima a rimanere aperti sarebbero stati puntati di nuovo su di lui, che quelle mani che avevano retto la stanchezza e il dolore pur di lasciare un segno del suo amore sulla carta sarebbero state aggrappate alla sua vita, che quel sorriso che si era spento in un attimo di inconsapevolezza ma che Louis era sicuro si fosse risvegliato prima di chiudere gli occhi sarebbe stato meraviglioso come sempre, ma molto di più. Un brivido percorse la schiena del ragazzo quando si rese conto che sì, le loro labbra si sarebbero ancora amate. 

 

«Corri, idiota; sbrigati» gli urlò dietro Zayn non appena le sue gambe scattarono alla velocità della luce verso la porta della casa. I capelli gli si erano arruffati sul viso, ma seriamente, non gliene fregava un cazzo. Tutto ciò che importava era aprire quella dannatissima porta e...

 

«Harry cazzo, ora vieni qui e ti fai baciare, ok?!» gli saltò addosso, letteralmente, sulla soglia dell’appartamento, incurante di chi avrebbe potuto vederli, senza rendersi conto della ragazza che stava in piedi dietro Harry, senza neanche posare lo sguardo su di lei, senza lasciare che la sua mente fosse distratta dalla mostruosa somiglianza tra quella ragazza ed Eleanor, senza smettere di pensare ad Harry, ai suoi capelli, al suo sorriso, al suo odore, ai suoi occhi, alle sue grandi mani e alla sua stupida coroncina di fiori. 

 

Lo strinse in un abbraccio e nascose il viso nell’incavo del suo collo.

 

Il ragazzo fu preso alla sprovvista da quell’assalto improvviso, fremette a causa dei lividi, strinse i denti, ma riuscì mantenersi in piedi, saldo sulle converse nere che portava, per quanto normalmente fosse piuttosto goffo e impacciato, tendente alla caduta in ogni situazione. Sarà stata la forza di volontà delle labbra di Louis a mantenerlo vivo e scattante, saranno state le sue mani piccole e veloci, o le sue gambe corte e sottili che si erano avvolte intorno ai suoi fianchi in una morsa tremendamente piacevole, incredibilmente stretta; saranno state le sue braccia tatuate, o il suo petto che batteva veloce, o i suoi respiri innamorati. 

 

Harry lo strinse con così tanto affetto e sentimento che le loro anime fecero l’amore e i loro visi, immersi l’uno in quello dell’altro, dichiararono esplicitamente di appartenersi, senza rimorsi, senza rimpianti, senza fremiti. Le labbra del ragazzo dagli occhi azzurri continuavano a poggiarsi su quelle dell’altro; prima con dolcezza, poi con foga, poi lentamente, poi insaziabilmente. La luce del sole non avrebbe potuto sembrare più livida e apatica, se confrontata a quel momento in cui niente esisteva se non loro due, e le loro bocche, e le loro mani, e i loro abbracci, e le loro parole insignificanti, e i loro respiri affannosi. 

 

«Lou—» 

«Zitto, ti amo».

 

Harry si appoggiò di schiena contro il muro, scostandosi dal volto dell’altro giusto il tempo di respirare, di sorridere e di tornare a baciarlo. Le sinapsi no, non volevano funzionare. E la razionalità, che già era sopravvalutata in Harry, era andata letteralmente a farsi fottere. Le mani del maggiore erano dappertutto, ad accarezzargli le guance, a scostargli i ricci iperattivi dalla fronte, a stringergli i fianchi e a esplorare i suoi lineamenti, come a volerli memorizzare. Nonostante tutta quella passione, tutta quella foga, tutta quella grinta, quel bacio era frutto solo dell’amore, niente malizia, nessun secondo fine, ed era per quel motivo che le labbra sottili di Louis, che sapevano, come constatò il riccio, di fumo e cheesecake, non abbandonavano mai quelle di Harry, rosse, gonfie e forse un po’ inesperte. Perfette. 

 

«Dopo mi spieghi perchè sai di aceto e sale» biascicò Louis sulle labbra dell’altro. Harry fece per rispondere, allontanandosi appena e aprendo la bocca, ma il maggiore gli poggiò un dito sulle labbra. «Taci. Dopo» ridacchiò, raggiungendo una tonalità piuttosto femminile, che fece arrossire Harry. «Hai già parlato abbastanza» aggiunse. 

 

Poggiò la fronte contro quella dell’altro, i loro capelli, intrecciati in un disastro spettinato e le loro anime in subbuglio. Lasciò che i loro nasi sfregassero leggermente, arrossandosi un poco. «Harreeh» lo richiamò in tono scherzoso, mordicchiandogli poi il labbro inferiore. Il riccio teneva le mani poggiate sul suo sedere—per forza di cose, s’intende—e Louis sorrideva, come non aveva smesso di fare da quando Harry aveva citofonato—ignaro dell’attacco che avrebbe subito

 

Si morse il labbro. Louis spostò lo sguardo ai suoi occhi, cercando di non farsi tentare troppo dall’innocenza—forse solo apparente—dell’altro. Rimase incantato qualche istante, poi: «Sai, no? Lo sai vero?» cercò le sue mani con le proprie e quando le trovò arricciò il naso. Quel momento era terribilmente perfetto, come l’incastro tra le sue mani piccole e scattanti e quelle grandi e morbide di Harry. Il riccio gli posò un bacio leggero sul naso, scuotendo la testa. 

 

«Sei la mia persona preferita, H».

 

 

 

Capitolo dedicato a Francesca xx

——————————————————————————————————————————

Angolo dell'sdhadfkasf

Scusate sono un'irrimediabile ritardataria. Davvero. 

Non lo dico neanche più ma, scusate. SCUSATE.

 

Ora passiamo senza rancori (spero) alla storia.

1. Zouis! Io li adoro, e dovevo metterli. Quindi siccome adoro sia Zarry che Zouis anche il rapporto tra questi ultimi due si svilupperà!

 

2. I Naga sono all'incirca riusciti a convincere Zayno (grazie all'aiuto di Leeyum) a fare le illustrazioni del libro e vi ho dato un grande indizio sulla sorpresa di cui vi accennavo nello scorso capitolo. Sono seria. La sorpresa è praticamente sotto i vostri occhi! Facciamo così: la prima persona che indovina la sorpresa diventerà una sorta di comparsa nel prossimo capitolo. Voglio dire, avrà l'onore (?) di immergersi nella storia dall'interno. E probabilmente anche di conoscere i Larry di questa storia (con la speranza di riuscire ad incontrare anche quelli veri un giorno!) Per chi si sentisse troppo timido o non so che per tentare di indovinare: beh, ricordatevi che al massimo mi darete spunti per eventuali prossime sorprese! Se non ci fosse nessuno ad indovinare, beh, pace, ma io credo in vuoi! Love ya all 

 

3. Ho assoluto bisogno di un nome per lo ship DonniexLouis (bromance o romance che sia). Solo che boh, non sono molto sicura. Lonnie (Lounnie) o Douis? Perchè fanno un po' schifo tutti e due ahah 

 

4. Larryy: spero che vi piacciano perchè ho sempre paura che il modo in cui li descrivo non vi soddisfi  

 

5. Svelato uno spicchio di passato di Louis. Keep calm. Questa non sarà una di quelle storie in cui ai protagonisti è morta mezza famiglia. Yayy

 

6. And now: mi piacerebbe lasciarvi la possibilità di farvi un po' di pubblicità senza essere segnalate per spam se vi va. (Dafuq?!)

La mia domanda è: avete scritto anche voi fan fiction (anche su Wattpad)? Avete intenzione di pubblicarne? Fate fan art o fan video? Siete famose registi e io non lo so? Suvvia, parlate. Ve lo chiedo perchè spesso non ho molto tempo per andare a frugare nei vostri profili. Cioè, quando vi mando il messaggio di aggiornamento li faccio, ma è una cosa di passaggio. Ho visto che alcune di voi hanno scritto delle fan fiction, ma se siete voi a dirmelo ci tengo anche ad andarle andarle a leggere. Sono un po' sbadata, ecco. 

 

7. Scusate ma la gif del banner dovevo metterla. È troppo bella! Awwww

 

Se volete contattarmi:

TWITTAH— Personal TumblrWattpad

ARTE: Art Tumblr (Nwalmaerx) —DeviantART

 

 

Vi virtualAmo tutti!

 

 

 

 

 

 

 

  
Leggi le 12 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<    >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Fanfic su artisti musicali > One Direction / Vai alla pagina dell'autore: EgoBrain