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Autore: nonezero    25/06/2014    1 recensioni
Che senso aveva circondarsi di persone, dopotutto? Anche se si impegnava a pensarci, Tsukishima non riusciva a trovare alcuna ragione per la quale valesse la pena di aprire il proprio cuore al prossimo. L'unica volta che lo aveva fatto, anche se allora era solo un bambino, l'amarezza che aveva provato trovandosi di fronte alla verità era stata tale da segnarlo per tutti gli anni a venire.
[Elucubrazioni mentali di Tsukishima in merito al suo rapporto con gli altri, con, come colonna sonora la canzone "Naked" degli SPYAIR]
Genere: Introspettivo, Song-fic | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Kei Tsukishima, Tadashi Yamaguchi
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
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[Premessa doverosa e dolorosa: non conosco il giapponese, quindi, per tradurre il testo della canzone degli SPYAIR, mi sono basata sulle varie traduzioni in inglese che ho trovato in giro per quel dell'internet. Non sono una brava traduttrice, quindi il meglio che sono riuscita a fare è stato cercare di rendere le parole della canzone quanto più decenti possibili in italiano, cercando di mantenere il senso generale che ho tratto dalle varie traduzioni inglesi e bla bla bla. Se qualche buon'anima passando di qui notasse il mio scempio di ""traduzione"" e, scandalizzandosi, volesse fornirmene una decente, sarò bel lieta di editare questa fic. Graziemillearrivederci.]
 
Naked

Tsukishima approfittava di qualunque momento libero per ascoltare musica. Non sembrava il tipo che faceva certe cose, ma spesso gli capitava di fantasticare di essere il protagonista del video musicale della canzone che stava ascoltando, oppure di essere in un film durante una di quelle scene senza dialogo nelle quali si può sentire chiaramente la colonna sonora.
La sera, chiuso nella sua stanza, a volte cantava. Era convinto che i suoi genitori non lo avessero mai sentito farlo, ma si sbagliava di grosso. Sua madre spegneva la televisione proprio per poterlo ascoltare, non che fosse un cantante provetto, ma era così raro vederlo dare sfogo a certi istinti che era inevitabile per lei considerare quei momenti davvero preziosi.
La musica era un rifugio sicuro che non lo avrebbe deluso mai. Trovò in essa un luogo protetto nel quale fermarsi a riflettere fin da quando era molto piccolo, poco dopo essere andato a vedere la partita di pallavolo di suo fratello Akiteru e aver scoperto che lui, che era il suo modello, il suo più grande mito, gli aveva mentito e gli aveva nascosto che da tempo non giocava più da titolare, ma era stato messo in panchina costretto a sostenere la squadra solo moralmente senza poter più stare sul campo.
Era rimasto profondamente deluso, si era vergognato per suo fratello e anche per se stesso per essere stato così ingenuo da credere ad una manciata di menzogne ed aver guardato con occhi adoranti una persona che era solo l'ombra di quella che lui tanto ammirava.
La musica non avrebbe mai potuto fargli un tiro mancino del genere. Poteva capitare che qualche gruppo che amava ascoltare facesse dei brani non all'altezza dei precedenti, ma la delusione che si provava in quei casi non era neanche lontanamente paragonabile a quelle che venivano causate dalle persone.
Che senso aveva circondarsi di persone, dopotutto? Anche se si impegnava a pensarci, Tsukishima non riusciva a trovare alcuna ragione per la quale valesse la pena di aprire il proprio cuore al prossimo. L'unica volta che lo aveva fatto, anche se allora era solo un bambino, l'amarezza che aveva provato trovandosi di fronte alla verità era stata tale da segnarlo per tutti gli anni a venire.
Era piccolo, non sapeva a cosa andava incontro, ma ora era cresciuto e non si sarebbe lasciato prendere in giro di nuovo, da nessuno. Nessuno.
Dopo gli allenamenti aveva messo le cuffie, acceso il letto mp3 e impostato la modalità “canzone causale”.
Era stata una giornata stancante, soprattutto perché da qualche tempo aveva deciso di dedicare più energie alla pallavolo e, non essendo abituato a fare più del minimo indispensabile, il suo corpo sembrava proprio non essersi ancora abituato a sostenere certi ritmi. L'unico suo desiderio era lasciarsi cullare dalla musica durante il tragitto verso casa, per poi fare un bagno, mangiare qualcosa e buttarsi sul letto, ma...Non era solo, c'erano le persone con lui, una in particolare.
Nei suoi momenti di cinismo era arrivato a pensare che quel ragazzo che lo stava rincorrendo chiamando il suo nome (o meglio il suo soprannome,“Tsukki”, che proprio non riusciva ad abituarsi a sentire, nonostante gli fosse stato affibbiato da anni) a gran voce, più che un “corvo” fosse un avvoltoio, di quelli che si appollaiano sui rami degli alberi nei pressi delle carcasse degli animali.

La persona in questione era Yamaguchi Tadashi, suo compagno di squadra e amico di infanzia. Amico...Poteva davvero considerarlo tale? Era difficile per Tsukishima dare una definizione al loro rapporto. Quel ragazzo aveva cominciato a seguirlo ovunque quando erano ancora alle medie, quando era intervenuto, senza neanche pensarci troppo o essere intenzionato a fare l'eroe, per liberarlo da dei bulli che lo avevano preso di mira, ma Kei non era mai riuscito a pensare a lui come ad un amico, per quanto non avesse neanche mai cercato di allontanarlo.

Non voglio stare con nessuno...
Sono passato attraverso questo tipo di notti.
Non è che ami stare da solo
è solo che ogni volta che sono con qualcuno mi sento come se non ci comprendessimo.

Perché,mi chiedo, bramo gli altri così ed ancora
all'interno della solitudine sento la libertà.

Si era fermato e aveva tolto le cuffie lasciandole attorno al collo, senza però spegnere il lettore mp3, così da sentire, seppur fievole, la musica che proveniva da esse.
“Hey” salutò il compagno di squadra con un cenno della testa, mentre l'altro lo raggiungeva rivolgendogli un largo sorriso:
“Perché non mi hai aspettato?” Chiese. Perché non lo aveva aspettato? Non lo sapeva, semplicemente, non gli veniva naturale fare certi piccoli gesti per gli altri. Yamaguchi, ad esempio, gli scriveva spesso delle mail verso sera, chiedendogli se aveva finito di studiare o se aveva fatto qualcosa di interessante durante quelle giornate in cui non si vedevano a scuola, ma a Tsukishima non era mai passato per l'anticamera del cervello di fare altrettanto e a stento aveva voglia di rispondergli, tanto che spesso lo faceva soltanto perché non voleva sembrare eccessivamente stronzo, non nei confronti di Yamaguchi almeno.
Yamaguchi gli chiedeva spesso come stava, chiedeva il suo parere a proposito delle più svatiate cose e Tsukishima finiva puntualmente con il domandarsi se dovesse sentirsi un bastardo per il fatto che non provava alcun interesse a ricambiare quelle attenzioni.
Nessuno gli mancava, nessuno gli interessava, nessuno appariva in qualche modo affascinante ai suoi occhi. Nessuna persona era andata a sostituire il ruolo che aveva ricoperto sui fratello anni prima e probabilmente le cose non sarebbero mai cambiate.
Nell'ultimo periodo gli era capitato addirittura di ricevere numerose dichiarazioni da parte delle sue compagne di scuola, che, per quanto fossero carine, non avevano mosso alcun tipo di sentimento in lui.
Non si era sentito neanche turbato all'idea di averle rifiutate tutte, l'unico che aveva reagito emotivamente alla faccenda era stato Yamaguchi che, con aria inquieta, aveva rivolto una serie di espressioni più che scocciate a tutte le ragazze che si erano avvicinate al suo amico, facendo la figura della fidanzatina gelosa. Chissà per quale ragione poi.
Yamaguchi era più che cosciente del fatto che se Tsukishima si fosse trovato una ragazza, le sue occasioni di spendere del tempo con lui sarebbero diminuite drasticamente e si sentiva in dovere di difendere la sua posizione di “fan numero di Tsukki”, ma il biondo non si era mai soffermato a pensare davvero a certe cose, aveva soltanto continuato a vivere la sua vita e le sue relazioni con gli altri senza curarsi davvero di nulla, come aveva sempre fatto.
Quella sera però, mentre camminava a fianco di quel ragazzo, le parole delle canzone che la riproduzione casuale aveva scelto come colonna sonora di quella passeggiata, avevano generato una fiumana di pensieri ai quali non era in grado di porre un freno.

Quando vivi la tua vita nuda così com'è
hey, sono sicuro che anche le lacrime saranno un po' più consolatorie.
Non essendo andata bene, anche tu che sei stato ferito,
a poco a poco, mi chiedo se potrai capire il mio cuore.

Ad esempio, adesso, come un marmocchio
tutto quello a cui pensi, quanto li trovi, immediatamente
ah, un'altra cosa fastiosa
la tua faccia lo dice, ma non sembra mostrare le tue vere intenzioni.

“Ho notato quanto ti stai impegnando di recente agli allenamenti! Sai, non credevo che potessi metterci davvero così tanta dedizione, lo ammiro molto!”
“Dici?” Conciso.
Il ritiro di allenamento a Tokyo gli aveva davvero aperto gli occhi, anche se all'inizio non aveva provato altro che fastidio. Perché tutti si impegnavano così tanto? La cosa lo infastidiva.
Che motivo avevano di faticare a quel modo, di continuare ad insistere come se fossero cani che cercano di mordersi la coda, di arrivare a sera stanchi come se avessero passato la giornata a lavorare in miniera? Non lo capiva.
L'odore del sudore lo infastidiva. Acre, penetrava nelle narici e sembrava venire enfatizzato dall'ambiente della palestra. Le gocce di sudore che cadevano sul pavimento parevano quasi essere assurbite al suo interno prima di evaporare ed andare ad appestare l'aria. C'era puzza in quel luogo, una puzza insopportabile, alla quale in teoria sarebbe dovuto essere abituato, ma che in quella circostanza lo faceva sentire terribilmente a disagio. Quell'odore era il frutto di una fatica che non riusciva a spiegarsi, che dal suo punto di vista non aveva alcuna ragione di esistere.
La pallavolo era solo uno sport, quello era solo un club. Finiti i tre anni di superiori non sarebbe rimasto nulla di tutte quelle esperienze, solo il ricordo di tante ore perse a fare fatica.
Quanti di loro sarebbe riusciti a fare della pallavolo un mestiere? Quanti, arrivati all'università, avrebbero continuato a giocare? Probabilmente meno della metà, lui quasi sicuramente no.
In quel momento, circondato da quella quell'aria intrisa di “pallavolo” che era impossibile evitare di respirare, Tsukishima si era trovato a riflettere su cosa realmente volesse e cosa stesse facendo lì, assieme a tutti quei ragazzi che sudavano sette, dieci, cento camicie ogni giorno.
Yamaguchi era stato davvero figo in quell'occasione, aveva sfoggiato il suo lato più tosto prendendo l'orgoglio di Kei e sbattendoglielo in faccia.
Kei non capiva che cosa spingesse quei ragazzi ad impegnarsi tanto per migliorare e Yamaguchi gli aveva dato la risposta più semplice di questo mondo:
“Motivazione? Cosa ti serve in più dell'orgoglio?” Lo aveva detto con violenza, con una forza nella voce che mai aveva sentito prima provenire da lui. Lo aveva afferrato per il collo della maglietta e tirato verso di sé a qualche centimetro dal suo volto e nonostante la differenza di altezza (Kei era quasi dieci centimenti più alto rispetto all'altro), il biondo si sentì dannatamente piccolo, anche se solo per un istante.

L'orgoglio.

Davvero per orgoglio qualcuno poteva dedicare ogni attimo libero del suo tempo a migliorare se stesso, anche se non poteva essere certo di diventare il migliore? Anche se il fallimento poteva essere dietro l'angolo ad ogni passo?
Lui non credeva che sarebbe mai stato capace di faticare così tanto per orgoglio, anche perché non c'era nulla della pallavolo che lo facesse sentire orgoglioso, dopotutto, quello era solo un club, nulla di più, nulla di meno.
Poi, un altro ricordo di quella serata gli venne alla mente. Bokuto aveva detto che per tutti c'era un “momento”, quel Momento, con la “M” maiuscola, che ti fa scattare qualcosa dentro e che ti fa capire che stai amando quello che fai, che è davvero valsa la pena sforzarsi tanto e lottare.
Guardando con la coda dell'occhio il profilo di Yamaguchi mentre camminavano verso casa, gli sorse spontaneo domandarsi se quel “momento” potesse essere applicato anche alla vita in generale.
Se si fosse impegnato a smantellare il muro che aveva costruito tra lui e le altre persone, sarebbe stato in grado di vivere un Momento che gli avrebbe fatto dire che valeva davvero la pena di abbassare la guardia e mostrarsi per come davvero si è? Un Momento prezioso che gli facesse capire che valeva la pena di avere degli amici.

Perché è così? Sono così vicino a te eppure sono così solo.
Tutte le volte che ci scambiamo delle parole, io divento solo.

Vivendo la tua vita nuda così com'è,
hey, capisco che non sia facile...
Piangenre le stesse lacrime assieme è consolatorio
così, voglio che tu capisca il tuo cuore un po' di più

“Che hai da ridere?” Yamaguchi guardò Tsukishima inclinando la testa di lato. Il biondo si era messo di punto in bianco a ridacchiare con aria assorta.
“Niente, niente...Stavo pensando ad una cosa stupida” liquidò la domanda senza perdersi in particolari, anche perché non aveva alcuna intenzione di raccontare che cosa gli stava balenando nella mente in quel momento influenzato dalla musica che continuava a provenire dalle cuffie.
Aveva pensato che Yamaguchi fosse simile a Kirby. No, non era rotondo e rosa, però aveva la stessa aria positiva e la stessa determinazione...In fin dei conti, chi si sarebbe mai immaginato che una palla gommosa potesse salvare la terra di  Dream Land? Bene, Tsukishima era convinto che molti suoi compagni di squadra, non si sarebbero mai aspettati che Yamaguchi potesse migliorare così tanto in breve tempo, e soprattutto che dentro a quell'involucro timido e silenzioso, potesse nascondersi una tale forza di volontà. Tadashi non era un tipo “figo” come lui, anzi.
Aveva l'aria da gregario, passava sempre in secondo piano restando nell'ombra di Tsukishima, che, con la sua aria schiva e menefreghista, finiva con l'attirare molta più attenzione di quanto facesse il suo compagno di squadra.
Ma lui non voleva quell'attenzione, non ne aveva alcun bisogno, anzi. L'interazione con il prossimo lo infastidiva.
Yamaguchi era un ragazzo molto più amichevole di lui e si sarebbe meritato molto di più, da parte di tutti. Kei pensò che si meritasse molto di più anche da parte sua.

Dall'altro lato della porta,
nel monolocale del cuore,
se tu escludi te stesso nessuno verrà ferito...
Ma io non potevo sopportare
il fatto che non potessi dire “ti amo” o “ti odio”.

Quando vivi la tua vita nuda così com'è
hey, sono sicuro che anche le lacrime sembreranno un po' più confortevoli.
Non essendo andata bene, anche tu che sei stato ferito
a poco a poco, io voglio raggiungerti con le mie parole.

Di punto in bianco Tsukishima si fermò. Yamaguchi proseguì per qualche metro, per poi accorgersi di essere rimasto da solo. Il biondo si stava guardando i piedi, sembrava stesse pensando intensamente a qualcosa, ma l'altro non poteva esserne sicuro, dal momento che non lo aveva mai visto fare così. Aveva aperto e richiuso la bocca un paio di volte, come se stesse per dire qualcosa, ma non riuscisse a farlo.
Il ragazzo più basso sorrise e tornò indietro per raggiungerlo:
“Tutto bene?” gli rivolse uno sguardo interrogativo e inclinò la testa di lato. Si era piazzato di fronte a Kei come a volergli impedire di riprendere a camminare eludendo la domanda, dal momento che Yamaguchi sapeva bene che quando Tsukki trovava che una domanda fosse troppo scomoda per ricevere una risposta, tendeva ad evitarla allontanandosi fisicamente dalla sua fonte.
Una volta, durante gli allenamenti, aveva ascoltato un rimprovero del coach Ukai, guardandolo senza fiatare e poi, nel momento in cui gli era stata posta una domanda a riguardo, anziché rispondere, si era auto-congedato tornando in campo, chiudendo la conversazione con un “mi scusi”, che sembrava proprio non voler ammettere obiezioni.
E poi, quante volte se l'era data a gambe nel momento in cui Daichi, da buon capitano, ammoniva i suoi compagni di squadra nel momento in cui facevano qualche cretinata? Ormai Tadashi aveva perso il conto.
“Oh, sì. Certo, tutto ok. Camminiamo” provò a superare Yamaguchi, ma quest'ultimo gli si mise davanti di nuovo.
Scosse la testa, incitando l'amico a parlare. Sembrava quasi divertito da quella situazione e questo non faceva altro che aumentare la tensione che aveva pervaso la mente di Tsukishima.
Perché? Perché era cosi difficile fare uscire quelle parole in quel momento? E perché provava la necessità di dirle? Avrebbe voluto tirare un pugno a qualcosa che potersi sfogare. Detestava qualunque tipo di sentimentalismo, odiava dover esprimere quello che provava e a volte credeva di odiare addirittura l'idea che il provare dei sentimenti facesse parte della natura umana.
Non gli capitava da anni di rendersi conto di essersi affezionato a qualcuno e stava maledicendo il formicolio che provava alla bocca dello stomaco che era unchiaro indice del fatto che, davvero, tenesse a Yamaguchi più di quanto poteva immaginare.
Che fosse quello il Momento al quale aveva pensato poco prima? Forse. Non credeva sarebbe stato così facile, non credeva che sarebbe potuto accadere tutto così all'improvviso, che gli sarebbe bastato pensare a quanto fosse bella le persona che gli stava accanto per concludere che, sì, poteva valere la pena di lasciarlo entrare un po' di più nel suo mondo.
“Volevo dirti che...- No, non ce la poteva fare. Non era da lui. Che cosa avrebbe pensato Yamaguchi se gli avesse detto una cosa del genere? Era da idioti fare certi commenti. Era molto più semplice lanciare in faccia alle persone delle considerazioni acide sui loro comportamenti, piuttosto che riuscire ad articolare un complimento sincero. Deglutì.
Stava quasi comprendendo il disagio che provava Kageyama quando cercava di complimentarsi con i suoi compagni di squadra dopo qualche bella azione durante le partite (e trovare un punto in comune con Kageyama era ancora più avvilente di tutta quei pensieri che gli erano balenati nella mente fino ad allora) -...che. Niente lascia stare”.
Yamaguchi sembrava davvero deluso.

In una stanza dove non c'è abbastanza spazio per la mia voce per balzare fuori
dentro uno specchio rotto, c'è un piccolo me.

Vivendo la tua vita nuda così com'è,
hey, ho capito che non sia facile...
Piangenre le stesse lacrime assieme è consolatorio
così, io voglio che tu capisca il tuo cuore un po' di più

NO. NO, NO. Non era possibile sentirsi a disagio per essere la causa di quello sguardo deluso.Non era nelle sue intenzioni far reagire Yamaguchi così, lui stava solo cercando di dire qualcosa di buono...Dannazione. Ecco perché non sopportava le relazioni interpersonali: così fragili, impegnative, così difficili da gestire, così...Spaventose, alle volte.
“Ascolta, io...Volevo dirti che sei davvero diventato un tipo figo. Il tuo servizio è migliorato tantissimo. Hai notato che anche Nishinoya ha visto dei grandi miglioramenti? L'ultima volta che ha ricevuto una tua battuta sembrava davvero essere stupefatto. Stai facendo un ottimo lavoro, sono colpito”.
Ok, ce l'aveva fatta. E non era neanche stato così difficile come credeva e, questo proprio non se lo aspettava, il largo sorriso che Yamaguchi gli rivolse, mentre era leggermente arrossito, gli scaldò il cuore.Il cuore, dannazione. Per quanto tempo era stato convinto di non averlo neanche più? Sospirò e fece un cenno con la testa per indicare all'altro di ricominciare a camminare.
Yamaguchi non aveva mai sentito l'amico dire certe cose, avrebbe voluto ringraziarlo, ma aveva la netta sensazione che l'altro si sarebbe ulteriormente imbarazzato e si limitò a continuare sfoggiare un'espressione contenta.
Una delle cose più belle di avere persone alle quali voler bene è il poter essere al loro fianco nel momento in cui sono felici, o addirittura essere il motivo della loro felicità, ma quando si rimane bruciati dalle delusioni è difficile far rimarginare la ferita e ributtarsi nella mischia con la consapevolezza di potersi fare del male di nuovo.
Il cielo si era fatto progressivamente più scuro, la luna spiccava nel cielo in tutta la sua imponenza. Tsukishima alzò lo sguardo verso di lei e la guardò per un po', chiedendosi se potesse esserci panorama migliore per coronare quel “Momento”. Sicuramente non avrebbe abbassato la guardia con tutti, avrebbe continuato a starsene sulle sue la maggior parte del tempo, ma Yamaguchi si meritava di essere tenuto più in considerazione di quanto non avesse fatto fino a quel momento.

  
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