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Autore: BecauseOfMusic_    25/06/2014    1 recensioni
Siamo nell'anno 1215.
L'assalto delle truppe francesi a Dunchester ha avuto successo e il barone Geoffrey Martewall ha ripreso possesso del suo feudo. Ian, alias Jean Marc de Ponthieu è finalmente riuscito a tornare a Chatel-Argént e ha potuto riabbracciare Isabeau, ormai prossima al momento del parto.
Dopo alcuni giorni viene convocato da Guillame de Ponthieu, che gli affida una delicata missione per conto del re.
Per portarla a termine avrà nuovamente bisogno dell'aiuto del barone inglese: ma cosa accadrà se la dama che deve proteggere e di cui Martewall è segretamente innamorato, si trova nelle mani di Giovanni Senza Terra?
p.s. questa storia è solamente frutto della mia fantasia e riferimenti a fatti realmente scritti o accaduti sono PURAMENTE casuali.
Genere: Avventura, Drammatico, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Altri, Geoffrey Martewall, Ian Maayrkas aka Jean Marc de Ponthieu, Nuovo personaggio
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Eccomi di nuovo qui!
Devo farvi davvero mille scuse, perchè avevo detto che avrei aggiornato più spesso, ma anche in vacanza ho dieci milioni di cose da fare D:
Non sono ancora arrivata al punto che sto morendo dalla voglia di scrivere, come vi avevo già anticipato, ma vi assicuro che ci siamo quasi, manca davvero poco e sono sicura che, quando lo pubblicherò, capirete subito qual'è :)
Basta parlare: buona lettura. ci vediamo a fine capitolo :3




Lasciarono i soldi che bastavano per pagare la consumazione sul tavolo, poi uscirono dalla locanda e la frescura della sera li avvolse, portando loro i rumori del borgo che lentamente si spegneva.
Le guardie cominciavano a vigilare le strade: arrivare al molo piccolo non sarebbe stato facile.
-Ho incontrato la figlia di un marinaio che lavora a bordo, per un paio di monete d’oro per lei e per il genitore ha garantito che ci farà salire a bordo senza fare domande.- spiegò l’inglese mentre si dirigevano verso la banchina, mantenendosi nelle vie laterali.
-Sei sicuro che possiamo fidarci?- gli chiese Ian.
-No, ma era l’unica soluzione possibile per rimediare un passaggio verso la Francia.- nessuno poteva dargli torto.
Li guidò attraverso uno stretto intreccio di stradine, fino ad arrivare ad una piccola porticina inserita nel muro di una casa che era affacciata direttamente sul molo: si vedeva che era stata aggiunta di recente, non apparteneva alla struttura originaria dell’edificio, che mostrava i segni dell’erosione della salsedine in più punti. Era stata costruita in modo da mimetizzarsi il più possibile nel muro, anche se, pensò Lilyth, non era certo un lavoro fatto a regola d’arte.
Martewall bussò tre volte, fece una pausa di due secondi e bussò di nuovo tre volte.
Ad aprire la porta fu una ragazza pressappoco dell’età di Lilyth: portava i capelli raccolti in una lunga treccia nera, aveva gli occhi piccoli scuri, il naso schiacciato e la bocca piccola e carnosa; accolse i nuovi arrivati con un sorriso sornione e li fece accomodare.
Appena furono entrati tutti e tre chiuse la porta di scatto, e il trio si ritrovò minacciato da due uomini armati, e la ragazza estrasse un pugnale da sotto la gonna.
-Fareste bene a darci tutti i vostri averi, non vi sarà fatto alcun male.- disse loro uno dei due aggressori.
Lilyth scoppiò in una risata isterica, spingendo la popolana a puntarle il coltello alla gola.
-Sappiamo usare perfettamente le armi, signori, vi sconsiglio vivamente di opporre resistenza.- aggiunse l’altro.
-Ho fatto bene a chiamare i miei fratelli, sir?- chiese la donna al barone, continuando a tenere gli occhi puntati sulla protetta del re di Francia –del resto voi siete ricchi, che differenza può fare qualche soldo in più o in meno?-
L’inglese non riusciva a credere di essere cascato nella trappola di una semplicissima contadina o popolana che fosse: avrebbero potuto battere facilmente i due uomini, ma usare le spade avrebbe significato attirare l’attenzione delle guardie che facevano la ronda. Non avevano tempo per queste complicazioni: avrebbero perso il battello se non avessero trovato in fretta una soluzione.
I due uomini presero il sacchetto di monete dalle tasche di Martewall e cominciarono a contare il denaro, lasciando i prigionieri in custodia alla sorella.
-Signore- disse Lilyth rivolta a Ian –ricordate cosa vi ho promesso poco fa?-
-Certo che me lo ricordo.- le rispose.
-Ora dovrete fare voi una promessa a me…-
-Non mi sembra il momento, madame…- cercò di interromperla lui.
-Promettete: niente domande.- insisté la ragazza.
-Cosa significa?- chiese lui confuso.
-Voi promettete e basta.- gli occhi grigi della dama sembravano scrutargli l’anima: sapeva che non si sarebbe mai potuto rimangiare la parola. Aveva conosciuto solo altre due persone con quel potere nello sguardo.
-Lo prometto.-
-Cos’è questo giochetto? E’ forse la vostra donna questa?- chiese con tono di scherno la ragazza che impugnava il coltello e teneva ancora Lilyth sotto minaccia.
-Cara- le rispose l’ostaggio –non mi sono mai piaciute le ragazze impiccione.-
Le diede una gomitata nello stomaco, liberandosi del pugnale puntato alla gola, che cadde sul pavimento.
Nel tempo che la ragazza impiegò a riprendersi dal colpo Lilyth le puntava l’arma contro.
-Non pensate di minacciarmi con quell’arma, stupida nobile, non sapete nemmeno da che parte si comincia.- Esclamò la sua avversaria.
-Sono scampata a ben due attacchi dei briganti, sono fuggita dalla cella di una torre di guardia dove ero stata rinchiusa insieme ai miei compagni di viaggio e ho cavalcato per ore nella foresta più fitta per sfuggire ai soldati, ma ora sono stufa dei contrattempi e degli ostacoli. La nave diretta in Francia salperà fra poco, se pensate di frapporvi tra noi e il molo vi avviso: non mi farò scrupoli a trapassarvi con la spada.- rispose Lilyth.
L’altra rise sguaiatamente. –Quello è un pugnale, non una spada.-
La dama inarcò un sopracciglio, seccata: -Invece di trapassarvi ve lo pianto nel cuore, ma cara l’effetto non cambia: voi morite ugualmente.-
Martewall faticò a reprimere i brividi lungo la schiena: il modo in cui quella donna cambiava quando maneggiava un’arma lo affascinava.
-Cavalieri, vi suggerisco di restituire il denaro.- Intimò Ian ai due ladri, sguainando la spada insieme all’inglese –varrà certamente molto meno della vita di vostra sorella.-
Riavuto indietro il denaro e privato i tre delle armi Martewall, Lilyth e Ian abbandonarono il piccolo scantinato e si diressero verso il mercantile, avvolto dalle ombre scure della notte.
Man mano che si avvicinavano sentivano le voci dei marinai a bordo che urlavano comandi e indicazioni.
-Sta salpando, presto!- Intimò l’americano.
Non voleva perdere anche questa occasione di tornare a casa. Era stanco di stare lontano da Isabeau e da Marc.
Con un ultimo immane sforzo riuscirono a entrare nel ventre della nave e a nascondersi tra la merce.
Ian si abbandonò con la schiena contro una cassa, cercando di regolarizzare il respiro, imitato dal barone e da Lilyth.
-Madame?- chiamò nel buio.
-Mi avete fatto una promessa, monsieur, mostratemi che siete un uomo di parola.- gli rispose lei.
 
 
tre giorni dopo
 
I tre compagni di viaggio approdarono finalmente sul continente, dove il prestigio di Ian permise loro di trovare subito delle cavalcature abbastanza veloci e raggiungere Chatel-Argent molto in fretta.
Avendo mandato avanti un messaggero per avvisare del suo ritorno, il conte cadetto non si stupì di trovare suo fratello Guillame ad attenderlo nel cortile.
-Bentornato, Jean.- gli disse con un sorriso teso –avevamo quasi perso le speranze che tu e sir Martewall tornasse insieme alla protetta del re. Io e tua moglie abbiamo pregato tanto.-
-Allora adesso dovremo ringraziare il Signore, perché siamo tornati sani e salvi, tutti quanti.- gli rispose l’americano. –Come mai Isabeau non è qui con te?- chiese poi cercandola lì intorno con lo sguardo.
-E’ arrivato il momento che tutti aspettavano da quando ha avuto la certezza di essere gravida.- disse allora il conte di Ponthieu, serrando la mascella.
Gli occhi dell’americano cominciarono a brillare di gioia: -Isabeau sta partorendo?-
-Si, la levatrice è già con lei.-
Ian fece per correre verso le scale ma il fratello lo fermò: -Non possiamo andare da lei, dovremo attendere nella stanza attigua, ci convocherà appena sarà nato.-
L’americano pensò di allontanarlo con uno spintone e di correre da sua moglie, poi si ricordò che le regole del medioevo che riguardavano il parto erano molto ferree, così si rassegnò all’idea di aspettare insieme agli altri.
-Ancora una cosa - li interrupe Ponthieu prima che arrivassero alle porte del castello –da ora mademoiselle De La Crois passa sotto la mia sorveglianza. Ordini del re.-
Ian guardò perplesso il fratello e poi la fanciulla.
-Non è un problema, monsieur, non sono più io la vostra priorità. Andate ad aspettare la nascita di vostro figlio.- gli disse lei per rassicurarlo. Poi sorrise: - vi avevo promesso che saremmo arrivati in tempo, no?-
Il conte di Ponthieu la scortò verso un’altra ala del castello mentre il Leone e il Falco facevano il loro ingresso a Chatel-Argent.
Il primo suono che giunse alle loro orecchie furono le urla disperate della padrona di casa: Ian dovette reprimere nuovamente l’impulso di correre da lei.
Martewall gli posò una mano sulla spalla: -Falco, questa è la sfida più difficile che tu abbia affrontato, ma ce la farai.- 
 
 
La levatrice cercò di concentrarsi unicamente sul figlio della partoriente, senza permettere alle sue urla di penetrarle le orecchie.
Il servo bussò nuovamente alla porta: -Quanto tempo manca ancora?-
La donna sollevò gli occhi al cielo: -Ancora un paio d’ore, riferiscilo pure al tuo signore.-
Non capiva l’impazienza degli uomini, quando c’era in ballo una nascita: erano le madri a soffrire, non loro.
Isabeau cercò di risollevarsi dai cuscini: -Vi prego fermatelo, non fatelo uscire vi prego.-
Lei le asciugò la fronte dal sudore: -Ma che dite, madonna, per il vostro bambino è arrivato il momento di nascere, non si può più aspettare. Quando sentirete che dovete spingere avvisatemi, così vi aiuto.-
-No.- rispose la partoriente scuotendo la testa freneticamente.
-Bimba mia, se ostacoli il tuo bambino rischiate di morire entrambi.- cercò di dissuaderla la levatrice.
-Ma io non voglio che nasca, suo padre non è ancora qui, non possiamo aspettare?- supplicò Isabeau.
-Quando vostro marito tornerà, troverà un meraviglioso erede maschio, state sicura.- le sorrise.
-Vi prego, mandate il servo a vedere se è tornato.- insistè la padrona di casa.
La levatrice si avviò sospirando alla porta e comandò al servo di vedere se fosse tornato il marito della signora.
Il ragazzetto scese le scale a precipizio e si fermò nella stanza dove stavano riuniti i due cavalieri e Guillame, che si era unito a loro subito dopo aver rinchiuso Lilyth in una delle stanze del castello.
Gli uomini balzarono in piedi: -Allora?-
Il servo scosse la testa: -Non è nato, mio signore, ma madonna Isabeau vuole sapere se suo marito è tornato, altrimenti si rifiuta di aiutare la levatrice, mettendo in pericolo la vita sua e del figlio.-
L’americano si rivolse a Guillame de Ponthieu: -Lasciami andare da lei, non rimarrò ad assistere al parto, ma lei saprà che sono qui, nel giorno più importante della nostra vita. Non voglio che pensi di essere sola.-
Rimasero a fissarsi per alcuni istanti: poi Guillame cedette.
-E sia.- soffiò –rassicura pure tua moglie del fatto che sei a casa e non ti muoverai da qui per i prossimi dieci o vent’anni.-
Ian corse nella stanza di Isabeu prima che il conte cambiasse idea.



ANGOLO AUTRICE
Allora? Spero che il capitolo vi abbia intrigato e che vi spinga anche a lasciare una recensione (come sempre ripeto: anche una recensione negativa è beneaccetta, perchè devo sapere se la mia storia ha dei punti deboli, quindi non fatevi problemi a scrivermi)
Invito anche chi non lo ha mai fatto a darmi il suo parere: più siete, meglio è!
Ci vediamo al prossimo capitolo, un abbraccio.

BecauseOfMusic_
  
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