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Autore: bellamysguitar    26/06/2014    0 recensioni
Elettra Settimi si trasferisce dal Veneto alla Sardegna non si sa bene per quale motivo. La sua vita è un disastro. Si ritrova a ventisei anni senza un soldo, senza un lavoro, senza un fidanzato e a vivere con i nonni materni in quell'isola esclusa dal resto del mondo. In Veneto Elettra era abituata alla bella vita: shopping, aperitivi, discoteca a più non posso. Si ritrova perciò ad accudire i suoi due cuginetti pestiferi per guadagnare cinquanta euro, soldi che non le permettono di mantenere nemmeno quel catorcio di macchina che si ritrova.
Quando capisce che la cosa più importante di cui ha bisogno è qualche spicciolo, decide di cercarsi un lavoro.
Viene assunta per pietà in un bar non molto lontano dalla casa dei nonni. La sua totale inesperienza le fa combinare un guaio dopo l'altro e procura continue risate al titolare, Federico. E' proprio in quel bar che conosce Mauro, amico del capo. Mauro ha trentuno anni e la sua vita è incasinata quanto quella di Elettra, ma prende il tutto alla leggera.
Sigaretta dopo sigaretta, tra i due nasce un'amicizia "da aperitivo". Che poi possa diventare qualcos'altro, nessuno lo sa. Sta al destino deciderlo.
Genere: Comico, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: Tematiche delicate | Contesto: Contesto generale/vago
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Mauro era stanco, forse fin troppo. Aveva bisogno di un caffè, ma anche una birra sarebbe andata più che bene. Da ore ormai se ne stava chiuso dentro al kartodromo, a provare e riprovare con il suo kart, a cercare di essere il più veloce di tutti. Sì, con un altro po' d'impegno ci sarebbe potuto riuscire benissimo. In fondo quella della velocità era sempre stata la sua passione. 
Ma quel giorno era arrivato al punto di rottura: non sentiva più le braccia, le sentiva deboli, ogni muscolo dolorante, la testa che scoppiava. 
Si tolse velocemente i guanti e corse a prendersi un bicchiere d'acqua, continui spasmi colpivano ogni muscolo del suo corpo, era sfinito, aveva semplicemente bisogno di riposare. 
Si mise tranquillamente  a sedere su una panca, guardando i suoi compagni che nel frattempo correvano in pista. Non ce la faceva più. Era seriamente convinto che non sarebbe nemmeno riuscito a togliersi la tuta!
Si abbandonò totalmente, buttandosi indietro, facendo aderire perfettamente la schiena al muro, esausto. 
-Mauro, penso che tu debba seriamente andartene a casa. Non hai una bella cera. 
a parlare fu Alberto, colui che gestiva il kartodromo. Se Mauro avesse avuto la forza di parlare, probabilmente avrebbe detto e te credo. 
Annuì, cercando di riuscire a reggere la testa in una posizione normale. 
Sì, sembrava che fosse fatto, ma non lo era. La stanchezza, a volte, era peggio di una canna, e questo Mauro lo sapeva molto bene. 
Il problema fondamentale in quel momento era arrivare a casa, cosa che sembrava quasi impossibile, poiché di guidare non se ne parlava minimamente.
Come cazzo faccio ora? Mauro stava ancora lì, sulla sedia, a guardare il nulla ed a cercare di pensare il meno possibile alla stanchezza. 

Il telefono di Federico squillò, era situato in qualche angolo remoto del lungo bancone, ma il suo capo era troppo lontano per poter rispondere. 
-Elettra, rispondi al mio cellulare!
ordinò Federico, nascosto chissà dove. Elettra sbuffò, non le era mai piaciuto rispondere al telefono: ricordava infatti quando, da bambina, ogni volta che il telefono della grande casa veneta squillava e toccava a lei rispondere, diceva sempre di essere "la badante", anche se effettivamente a chiamare erano gli zii. 
Afferrò il cellulare e velocemente rispose "pronto". 
La voce dall'altra parte era maschile e con un forte accento sardo, a volte dimenticava di essere in Sardegna. 
-Chi sei?
chiese la voce, in maniera un po' sgarbata. 
-Potrei farti la stessa domanda!
rispose Elettra per le rime. 
-In realtà io avrei chiamato Federico...
-Ah, giusto. Federico ora è impegnato, cosa vuoi? 
-Digli che Mauro ha bisogno di una mano per tornare a casa!
Elettra scattò sull'attenti. Quel tizio aveva per caso detto... Mauro? Quel Mauro?
Improvvisamente fu contenta di aver risposto al telefono, insomma, quel Mauro era veramente un bel bocconcino. 
Sorrise fra sé e sé, facendo passare per la sua mente balorda i pensieri più strani (e giusti, uno con un fondoschiena così, a suo parere, meritava). 
-Ok, glielo dirò. 
acconsentì lei, annuendo, anche se sapeva benissimo che stava annuendo al muro. Molto bene. 
-Ma chi saresti tu? 
chiese poi Elettra, stupidamente in effetti. 
Aspettava con ansia la risposta, dall'altra parte silenzio. 
-Come chi sono? Sono Mauro! Dì a Federico di venirmi a prendere il prima possibile al kartodromo di Cagliari, che non riesco nemmeno a guidare. 
-Ma... - non riuscì nemmeno a finire la frase che il ragazzo chiuse la chiamata. 
Che impertinente, accennò Elettra, sbuffando. 
-Fede! 
urlò la veneta, due o tre volte, senza ricevere risposta. 
Tutte a lei capitavano.
Quel giorno faceva veramente caldo ed era sicura di avere un pessimo aspetto, oltre che puzzare di sudore. I suoi capelli lunghi le si appiccicavano sulla parte nuda della schiena, procurandole un fastidioso prurito. 
Si decise finalmete ad andare a cercare Federico negli angoli più "remoti" del piccolo bar e con grande sorpresa lo ritrovò in magazzino, di spalle. 
-Fede... - lo chiamò lei, ma solo quando il ragazzo si girò si rese conto che davanti a lui c'era la fidanzata, molto probabilmente erano sul punto di combinare qualcosa - oh scusate, non volevo interrompervi - cercò di spiegarsi lei, un po' imbarazzata ma contemporaneamente stressata - è solo che ha chiamato quel tuo amico, Mauro, ha detto che non riesce a guidare e che dovresti andarlo a prendere a Cagliari. 
spiegò Elettra, mentre guardava Alessandra sbuffare, forse l'aveva interrotti sul più bello e starsene lì a fissarli non era certamente in loro favore. 
-Che palle! - sbuffò Federico, poi prese a guardare Elettra - aspetta un attimo, non è che potresti andare tu a prenderlo? 
Elettra sbiancò di colpo e con l'indice della mano destra prese ad indicarsi. 
-Io?
-Vedi nessun altro? 
chiese Alessandra, stanca. 
-E va bene, ci vado. 
si arrese lei, in fondo non è che le dispiacesse così tanto andare a prendere Mauro.  
Magari ne avrebbe anche approfittato. 
Sì, approfittarne era la soluzione migliore. 
Sorrise ancora, o forse rise. Sì, rideva della sua stessa stupidità. 
Ma il problema sostanziale in quel momento era un altro: raggiungere il kartodromo. 
Uscì dal bar in fretta e furia, insomma, prima sarebbe arrivata a Cagliari e prima avrebbe dato inizio ai suoi pensieri decisamente perversi!
Non era sicura che il catorcio l'avrebbe portata a Cagliari, ma tuttavia valeva la pena provare. 

Mauro se ne stava ancora buttato lì, senza muoversi, aspettando Federico. 
Ormai era più di mezz'ora che l'aveva chiamato - o meglio, che quella lì aveva risposto -, ma dell'amico nemmeno l'ombra. 
Pensava che l'avesse abbandonato ed era già pronto a riempirlo d'insulti, se mai fosse arrivato vivo a casa. 
Mauro era troppo preso dai suoi pensieri per rendersi conto di avere una figura femminile che gli si era parata davanti, guardandolo con una faccia che la diceva lunga. 
Mauro socchiuse leggermente gli occhi e la fissò, per rendersi conto chi fosse e dopo un paio di calcoli mentali si ricordò. 
Ma certo, era la ragazza del bar, quella con l'accento strano. L'accento veneto. 
Se c'era qualcuno che Mauro odiava, erano certamente le persone del nord Italia. 
-Tu sei Mauro?
cominciò lei, stando sull'attenti. Sembrava un generale dell'esercito, a Mauro venne quasi da ridere, ma non aveva la forza di ridere. 
-Sì bambina, ti ha mandato Chicco? 
ciò che caratterizzava Mauro era certamente il suo carattere, sempre con la battuta pronta, sempre ironico. 
Ad Elettra quel "bambina" diede fastidio, quasi che le venne voglia di mollargli un ceffone. 
-Sì, e bambina lo dici a tua sorella. Ah, e per giunta devi tornare con me, ergo, se non vuoi che ti molli sulla 131, ti conviene fare come dico io. 
rispose Elettra con tono pacato e tranquillo, tanto che a Mauro venne ancora da ridere. 
-Oh che caratterino!
Elettra lo guardò male, lui rise ancora. 
In fondo Mauro sapeva che quello sarebbe stato solo il primo di tanti battibecchi. 

Elettra aveva sperato in chissà cosa, per poi scoprire che Mauro era un completo imbecille. Sì, le stava dando ai nervi, nonostante fosse forse il sardo più attraente che avesse incontrato fino a quel momento. 
Ma restava un imbecille. 
-Ma perché non potevi tornare da solo?
cominciò a parlare lei, mentre vedeva il sardo completamente abbandonato sul sedile sul suo catorcio. 
-Perché probabilmente ho esagerato con il karting oggi, sai com'è tesoro. 
tesoro. Sentiva i nervi salirle alle stelle e la voglia di mollargli una sberla sempre più forte. 
Sì, sarebbe stata un'idea geniale mollargli una sberla in pieno viso, staccandogli magari anche quella sottospecie di piercing che si ritrovava. 
Elettra si rese conto di pensare cose strane e forse anche discordanti fra loro. 
Un minuto quel Mauro era il figo di turno, quello che si sarebbe fatta volentieri, l'altro diventava peggio dei suoi cugini, odioso. 
Con la coda dell'occhio lo vide maneggiare con un pacchetto di sigarette, molto lentamente. 
Ogni suo movimento era estremamente sexy. 
-Amore, non è che hai da accendere? 
Elettra lo fulminò con lo sguardo per poi lanciargli un accendino pescato da chissà dove. 
-Su, non fare la scontrosa! 
disse Mauro, mentre con movimenti lenti e sensuali si portò la sigaretta alla bocca, accendendola. 
Elettra rimase ipnotizzata da come buttava fuori il fumo, da come poi si riportava la sigaretta alle labbra. 
Probabilmente gli sarebbe saltata sopra, dopo averlo picchiato. 
  
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