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Autore: AndreaMesso45    26/06/2014    0 recensioni
Siamo in una piccola cittadina, un gruppo di amici viene colpito da un grosso lutto.
Dopo diversi mesi tornano a frequentarsi e sembra tornare tutto alla normalità quando iniziano a manifestarsi delle misteriose apparizioni.
Una ragazza, con l'aiuto di uno dei suoi amici, indagherà su queste presenze.
La storia è suddivisa in quattro parti generali. Ogni parte è narrata da un narratore diverso ed è suddivisa anch'essa in capitoli.
Nella prima parte a narrare è Dario, nella seconda parte è Federica, nella terza parte è Silvia mentre nella parte conclusiva è un narratore segreto!
Genere: Malinconico, Mistero, Sovrannaturale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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L'OMBRA DELL'ANIMA

TERZA PARTE (SILVIA)

 

XIV
TUTTE SCEMENZE

 
 
 

Era spettinato, si guardava intorno e roteava gli occhi freneticamente. Aveva un leggero tremore alle dita della mano destra e sussurrava costantemente qualcosa simile a formule matematiche ed espressioni.


Barba incolta, lunga e molte rughe solcavano il suo viso. Alfredo Ruffini. Il dottor Alfredo Ruffini.
Io e Dario eravamo davanti a lui, controllati dalle guardie di questo “carcere” mentale di massima sicurezza, in cui le visite erano quasi del tutto vietate.
Come riuscimmo ad arrivare a parlargli? Non fu una cosa facile.
Quando arrivammo all’istituto e dissi alla ricevitoria principale chi volevo vedere, mi dissero subito che non era permesso. Io spinsi con la mia richiesta aggiungendo al contesto che si trattava di una emergenza, ma la signora con cui parlavo era irremovibile.
Dario cominciava ad agitarsi, quel posto non gli piaceva per niente. Tutto bianco. Muri grigio chiaro. L’aria pareva di gomma. Anche a me dava molto fastidio quel luogo … un posto dove è facile perdersi nella propria mente, pensai.
Non ci fu verso, non saremmo stati capaci di incontrarlo … e proprio quando mi voltai per andarmene, Dario prese ad urlare forte e ad attaccare la signora che ci aveva appena negato la visita al dottore.
Le urlava di tutto cercando di farle cambiare idea e … non ci credetti immediatamente ma fu così, ci riuscì.
Insomma … ci riuscì a metà poiché la signorina ci spiegò che poteva esserci una remota possibilità di vederlo, infatti ci spiegò che fu una precisa scelta del dottore quella di essere ricoverato nel centro malattie mentali, non fu obbligato da nessuno.
Così, il piano divenne molto più semplice. La signorina si prese il compito di andare ad informarlo che vi erano due persone che volevano vederlo per una emergenza. Se il dottore si dimostrava interessato al colloquio, allora poteva avvenire l’incontro … solo per pochi minuti però e in modo ufficioso.
Decisi di accettare il compromesso e vidi che la signorina fece un bel sospiro di sollievo, così come Dario che annuì calmandosi e riprendendo un colorito più sano in viso.
Non seppi precisamente cosa disse la signorina per convincere il dottore a presenziare al nostro incontro, però funzionò perché lui accettò.
Ma quando lo vidi, seduto e completamente assente, forse era sotto medicine, un po’ rimasi delusa e mi sentii triste, decisamente triste. Stavamo perdendo tempo.
Provai a fargli qualche domanda, cercai di attirare la sua attenzione, ma lui non mi guardò nemmeno una volta.
Continuava a fissare il soffitto parlando tra sé e sé, rimuginando qualcosa.
Cercai lo sguardo di Dario che mi fece capire che non vi era niente da fare, quell’uomo che una volta era uno scienziato brillante, ora era un vegetale.
Decisi di tentare un ultima volta e gli lanciai una occhiataccia delle mie peggiori e diedi un pugno con forza contro il tavolo per fare del rumore.
Niente.
Nessuna reazione.
Così, decisi di alzarmi e in contemporanea lo fece anche Dario.
Fu proprio in quel momento che il dottore si attivò e prese a parlare ad alta voce “Come mai volevate vedermi voi due?
Rimasi incredula. Non pensavo che quell’essere potesse formulare una frase di senso compiuto in quelle condizioni; mi rimisi a sedere e così fece Dario che rispose “Abbiamo trovato un suo libro e ci necessita il suo aiuto
Quale libro avete trovato?” chiese e io glielo dissi … e glielo mostrai pure tramite una foto scattata con il mio cellulare.
Il dottore sembrò più interessato al cellulare che alla foto, d’altronde lui era internato da venti anni, immagino che non fosse a conoscenza di tali tecnologie moderne.
Perché vi serve il mio aiuto?” domandò e così io gli spiegai la situazione a grandi linee.
Quando mi ritrovai a parlargli di quello che stava succedendo, per un momento credetti di stare sognando. Solo qualche tempo prima non avrei immaginato nemmeno lontanamente di potermi trovare in una situazione del genere, come è strana ed illogica la vita … a volte.
Non mi diede il tempo di finire il mio racconto che sbuffò sonoramente, distogliendo lo sguardo “Cazzate” affermò ad alta voce.
Come scusi?” fece Dario inorridito dal dottore.
Avevamo capito bene. Quel pazzo signore si stava dando del bugiardo. “Sono tutte cazzate. Quel libro è un cumulo di scemenze
E quello che ci sta capitando?” domandò Dario con una voce tremante e sorpresa.
Sono tutte scemenze. Avete visto troppi film, ecco velo spiegato. Ora lasciatemi in pace
Non ebbi parole. Non riuscivo a crederci. Avevamo buttato via una grossa occasione. Sembrava sapere molto di più di quello che ci aveva detto, come mai si mise così tanto sulla difensiva? Perché non voleva aiutarci?
Andiamo Silvia, questo stronzo non può esserci d’aiuto” sentenziò Dario alzandosi e voltando le spalle al dottore che annuì sorridendo.
Era un pazzo. Era un sorriso da pazzo.
E giuro … giuro che quando uscii dalla stanza dove avevamo tenuto il colloquio lo sentii ridere, giuro che lo sentii ridere. Ebbi i brividi.
 

Uscimmo dal penitenziario che pioveva … o per lo meno, piovigginava.
Il freddo calzava la pelle, solcava le cellule, mordeva le ossa.
Sentivo un brivido lungo tutto il corpo, un odore … quel posto mi aveva lasciato addosso un odore inumano, che assomigliava all’odore del vuoto. Non so come descriverlo meglio. Era l’odore del nulla assoluto.
Tremendo, viscido e particolare.
Ero rimasta senza idee, questa era l’unica pista che avevo in testa e speravo con tutta me stessa in un successo, ma invece si rivelò un buco nell’acqua … o almeno, lo pensavo all’inizio.
Ma una idea … una curiosità … una lampadina che si accende in una mente dislocata, danneggiata ma pur sempre brillante e libera può causare diversi effetti collaterali … Il dottore non rimase indifferente alla nostra visita e cominciò le sue ricerche per conto suo.
Portai a casa Dario mentendogli … gli dissi che avevo altre idee su come risolvere il problema.
Penso che lui capii che gli stavo dicendo una bugia, ma in quel momento fece buon viso a cattivo gioco, aveva bisogno anche lui di una speranza, di qualcosa a cui credere, di una nuova avventura. Tutti ne abbiamo bisogno al giorno d’oggi.
Pensavo a Federica, al suo dramma. Pensavo a Stefano, a quello che poteva significare la sua presenza. Forse pensavo troppo. Forse era qualcosa che si sarebbe risolto da solo.
Forse stavo solamente sognando … un sogno che dura da anni … “vorrei svegliarmi … vorrei svegliarmi”.
 

Era necessario staccare la spina. Mi diressi a casa. Avevo bisogno di una doccia per togliermi quell’odore e quei brividi sulla pelle.
Accesi l’acqua … e in un batter d’occhio cominciò ad uscire del vapore acqueo … volevo che fosse bollente, avevo bisogno di caldo … sentivo un freddo atroce su tutto il corpo.
Mi tolsi tutti i vestiti, con una calma e una lentezza impressionante, fissavo il muro mentre mi spogliavo senza pensare a niente. Ascoltavo il rumore dell’acqua che scendeva … il tintinnio della pioggia sulla finestra, le lancette dell’orologio sul muro … il tempo che scoccava inesorabile e continuava la sua marcia infinita.
Quando fui completamente svestita mi fermai di colpo … sentivo il calore del vapore uscire dalla doccia e percorrere il bagno in cerca di qualcuno da riscaldare, mi trovò subito.
Fissai lo specchio e mi osservai lì davanti riflessa, portai la mano sui capelli e li accarezzai dolcemente.
Non ero pronta per una situazione del genere, mi ritrovai bambina davanti a quello specchio; non ero pronta a quelle situazioni, non ero pronta per quel mondo spietato ed alle sue regole feroci e crudeli.
Mi guardavo allo specchio, guardavo nei miei occhi e trovai paura, terrore … silenzioso … un terrore silenzioso nei miei occhi … la mia anima stava soffrendo … ed i miei capelli pulsavano di malinconia.
Con la mano destra scesi dai capelli al collo fino alla mia spalla sinistra e cominciai ad accarezzare la pelle … sentivo la tensione sul mio corpo, sentivo che ero un pezzo di legno inanimato, ero fredda, ero sola … ero a pezzi; con l’altra mia mano mi soffermai sul seno ed alzai la testa dolcemente fino a fissare il soffitto.
Il muro del suono … il soffitto bianco … potei scorgere in un momento le stelle, come se stessi vedendo attraverso il cemento e le tegole del tetto … vedevo il cielo, lo spazio infinito ed aperto … un miliardo di costellazioni, un infinito viaggiare tra gli universi … lasciai la mia mente, chiusi gli occhi ma solo fisicamente perché ormai viaggiavo.
Le mie gambe divennero leggere ma mantenni il mio equilibrio tanto da restare in piedi senza problemi, la mia mente volava nei più grandi deserti spaziali della galassia … vedevo costellazioni azzurre implodere e sfociare nell’arancione acceso, lanciando comete che nell’atmosfera bruciavano e lasciavano scie brillanti e scintillanti dietro di loro.
Un vento caldo mi percosse le gambe fino al bacino, tenni gli occhi saldamente chiusi, spostai la mia mano destra dalla spalla fino alle cosce, senza mai staccare il contatto tra le dita e la pelle.
Le stelle ora erano color celeste … vidi quello che poteva essere Saturno, vidi Plutone, il pianeta rosso … il mio respiro divenne più affannato e mi sentii leggerissima come non mai.
Il calore della doccia mi abbracciava dolcemente ed affettuosamente, quanto avrei voluto qualcuno o qualcosa in quel momento per darmi sollievo, per abbracciarmi e sussurrarmi all’orecchio parole rassicuranti … quanto avrei voluto sentire su di me l’amore di quelle stelle che mi passavano davanti agli occhi.
Il mondo stellato diceva di amarmi con i suoi corpi celesti … ed io divenni sua in quel momento, divenni una delle sue figlie, delle sue stelle.
Fu proprio nel momento che sentii una voce calda parlarmi, per un solo momento … mi disse “Non ti arrendere”.
Una ondata di calore mi invase il corpo partendo dai piedi a fermandosi sul mio petto, io ansimavo dolcemente e potevo sentire il mio torace muoversi al ritmo del mio respiro; fremevo dalla voglia di volare, di viaggiare via da questo mondo “Non ti arrendere mai. Ricordati di quanto forte sei” disse quella voce … potei scorgere nel cielo stellato due stelle così vicine trasformarsi in due occhi verdi, pieni di emozione … il volto del cielo, il volto del mondo, il volto dell’anima. “Ricorda … di ricordare … le stelle” affermò quelle voce e poi svanì portandosi dietro tutto l’universo ed il mondo con sé, soffiando via le mie paure e le mie ansie, lavando via i miei tormenti, lasciandomi libera di volare …
In un attimo riaprii gli occhi e mi fissai di nuovo allo specchio.
Nuda, così diversa, così fragile … ma così libera.


TO BE CONTINUED...
   
 
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