Serie TV > Sherlock (BBC)
Segui la storia  |       
Autore: marthiachan    26/06/2014    3 recensioni
"Molly Hooper era un'affermata professionista, stimata e amata da chiunque avesse avuto la fortuna di conoscerla. Era competente, precisa, gentile e simpatica. Non sparlava mai dei colleghi e nessuno le aveva mai mosso una critica, professionale o non.
Ovviamente, a tutto c'è un'eccezione e, nel suo caso, l'eccezione si chiamava Sherlock Holmes.
Molly Hooper non aveva mai veramente odiato qualcuno in tutta la sua vita.
Non sino a che non aveva incontrato Sherlock Holmes."
Genere: Commedia, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: John Watson, Mary Morstan, Molly Hooper, Quasi tutti, Sherlock Holmes
Note: AU, OOC | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
 <<    >>
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
Hello!
Eccoci al terzo capitolo, dove la storia si discosta un po' dall'opera. Per rendere la storia credibile con i nostri personaggi e la nostra epoca, ho aggiunto qualcosa. Insomma, è bello pensare al colpo di fulmine e al “vissero felici e contenti”, ma siamo onesti, quando mai capita? E, il Bardo non me ne voglia, ma ho preferito aggiungere qualche passaggio che rendesse credibile un vero innamoramento. Non basta l'attrazione, lo sappiamo tutti, deve esserci anche dell'altro. Quindi, in questo terzo capitolo, assisterete a un vero e proprio corteggiamento da parte di Sherlock. Lo so, è un po' surreale, ma ve lo avevo detto che era OOC. Spero cmq di essere riuscita nell'intento di rendere il tutto realistico. In questo capitolo c'è anche una parte in stile textfic.
Suppongo di avere anche detto troppo. Vi ringrazio per essere arrivati sino a qui.
Buona lettura.
 
 
 
 
Act 3
 
Sherlock era stato strano per giorni. John lo vedeva passare dal violino al microscopio in continuazione, per poi lasciare entrambi, afferrare il cappotto e uscire di casa in piena notte.
Certo, in realtà, trattandosi di Sherlock, non era poi così strano, ma normalmente questo atteggiamento aveva senso se stava seguendo un caso, ma non ne aveva uno da giorni.
Vista la situazione, sarebbe stato più da lui lamentarsi di essere annoiato, far esplodere la casa, sparare al muro e cose simili. E invece sembrava essere entusiasta, impaziente, eccitato.
Una sera era tornato a casa con un mazzo di fiori. John aveva aperto la bocca per fare domande, ma l’amico l’aveva zittito con lo sguardo.
“Stai facendo qualche esperimento?” aveva chiesto infine dopo un momento di esitazione.
“Linguaggio dei fiori.”
“Ti serve per qualche caso?”
“Può sempre tornare utile.” Aveva detto lui afferrando un libro di botanica e chiudendosi nella propria camera da letto.
John aveva scosso la testa perplesso.
Un’altra sera era tornato a casa con un gattino. John aveva quasi fatto cadere la propria tazza di tè per la sorpresa. Sherlock teneva la bestiolina nel palmo della mano e la grattava sotto il collo, ricevendo in cambio delle sonore fusa.
“Hai preso un gatto?”
“Solo in prestito.”
“Come si fa a prendere un gatto in prestito?”
“John, non fare domande sciocche.”
“Ma allora di chi è?”
Sherlock non aveva risposto e si era chiuso in camera da letto con il suo nuovo amico peloso.
Un’altra sera, appena rientrato a casa dal supermercato, John si ritrovò nella imbarazzante situazione di vedere il proprio coinquilino in mutande in salotto.
“Cosa diavolo...”
“John, aiutami a scegliere questi abiti. Non riesco ad abbinarli.” Aveva spiegato il detective indicando dei vestiti appena acquistati sparsi sul divano.
L’ex medico militare si avvicinò perplesso e notò che c’erano dei jeans, delle camicie colorate e delle t-shirt sportive. Decisamente non il genere di Sherlock.
“Hai qualche caso?”
“Ho bisogno di sperimentare nuovi stili per passare inosservato quando lavoro.”
“Ma...”
“John, andiamo. Jeans neri e camicia a quadri azzurri? O è meglio quella color salmone?”
L’uomo boccheggiò completamente confuso, con il risultato che l’amico si infastidì e raccolse i suoi nuovi abiti e si rinchiuse nella propria camera da letto.
Quando raccontò tutto a Mary, lei scoppiò a ridere sonoramente.
“Ma non capisci? Fiori, un cucciolo e nuovi abiti... Non riguarda il lavoro. È per Molly!” esclamò lei come se fosse la cosa più ovvia del mondo.
“Tu dici che ha abboccato all’amo?”
“Oh, sì... E molto più in fretta di quanto credessi!”
“Ma se è così... Allora è innamorato?”
“Probabile.” commentò lei con un sorriso entusiasta.
“E Molly?”
“Molly ha ricominciato a truccarsi quando va a lavoro. E ogni volta che qualcuno nomina Sherlock sembra essere stata morsa da una tarantola e scappa via.”
“Ma è fantastico!”
“Esatto! Altro che Cupido, siamo noi gli Dei dell’Amore!”
“Dobbiamo festeggiare. Perché non organizziamo un’uscita a quattro?” propose John sulla scia dell'entusiasmo della sua fidanzata.
“Sarebbe troppo ovvio, non credi?”
“Ok, allora potremmo organizzare un altro tipo di festeggiamento. Potremmo dare una festa con tutti i nostri amici.” disse mentre cominciava a maturare un'idea.
“Un’altra festa? Casa mia è off-limits.”
“No, intendo qualcosa di più classico... tradizionale.”
“A cosa stai pensando, John Watson?” chiese lei sospettosa mentre tratteneva un sorriso.
“Sto pensando a un party di fidanzamento. Con le nostre famiglie e amici.”
“Credo che non si organizzino più cose del genere da almeno trent’anni.”
“E noi siamo vecchio stile e ne organizziamo una.”
La donna scoppiò a ridere felice, ne era chiaramente entusiasta.
“Mi piace. Sarà una prova generale per il nostro matrimonio!”
“Esatto. E non vedo l’ora di presentarti alla mia famiglia.”
“Anche io. E sarà una bella occasione per mettere Sherlock e Molly nella stessa stanza.”
I due si guardarono con complicità e si baciarono soddisfatti della loro idea.
 
Molly si rigirò l’invito tra le mani. Non un cartoncino colorato come la volta precedente, ma un vero invito. Somigliava a una partecipazione di nozze ed era incredibilmente elegante. Le lettere erano stampate con inchiostro dorato. Il luogo del party era un vecchio monastero riconvertito in una sala ricevimenti ed era richiesto l’abito da sera.
Si chiese chi avesse pagato per tutto ciò visto che né Mary né John provenivano da famiglie ricche. Forse avevano avuto un aiuto da qualcuno, magari da parte di Mr Governo Britannico.
Pur non avendo pensato direttamente a Sherlock, si sentì avvampare. Qualsiasi connessione con quell’uomo le faceva accelerare i battiti. Sospirò mettendo via l’invito dentro la sua borsa e riprese la sua analisi al microscopio.
La porta si spalancò all’improvviso, facendola sussultare. Con terrore si voltò, sapendo con certezza chi avrebbe visto sulla soglia.
“Sh-Sherlock.” Balbettò incrociando lo sguardo del detective.
“Molly, potresti controllarmi questo campione... per favore?”
“Ehm, sì, certo...” obbedì lei ruotando lo sguardo per la stanza alla ricerca di un punto da guardare che non fosse lui. “Di cosa si tratta?” chiese cercando di distrarsi dal desiderio di fissare quegli occhi meravigliosamente affilati e quelle labbra disegnate.
“Tracce sotto la suola di un assassino.”
“Puoi anche usare il secondo microscopio, se vuoi.” Lo invitò con il tono più gentile che aveva.
“Ehm... Grazie.” Accettò lui sedendosi accanto a lei.
Passarono diversi minuti in un pesante silenzio. Molly sentiva l’aria così rarefatta per l’elettricità che si respirava che le mancava il fiato.
“Ti piacciono i gatti?”
La domanda la colse di sorpresa. Alzò il viso dal microscopio e si voltò a guardarlo. Lui sembrava serio e compassato, ma c’era una certa luce nei suoi occhi che non aveva mai visto prima.
I gatti?”
“Sì. Credi che siano dei piacevoli animali da compagnia? Sai, sono molto intelligenti.”
“Lo so. Ho avuto dei gatti quando ero bambina.” Replicò lei ancora confusa. “Mi piacciono, ma non ho il tempo per accudire un animale.”
“I gatti sono quasi completamente autosufficienti.”
“Perché me lo chiedi?”
“Ho trovato un gatto. Avrà un mese. Io non sono bravo con gli animali, ma magari a te potrebbe piacere...”
“Dove lo hai trovato?”
Lui non rispose tornando al proprio microscopio. Sembrava non voler rispondere.
“In che senso tu non sei bravo con gli animali? Temi di poterlo uccidere per sbaglio?” riprovò con una domanda ironica.
“No, non per sbaglio. Più probabilmente per qualche esperimento.”
“Quindi, ti sei preso l’incarico di trovare una casa a questo cucciolo smarrito e hai pensato a me? Perché? Pensi che sia un animale adatto a una zitella?”
No!” esclamò lui con tono offeso. “Ho semplicemente dedotto che fossi una persona che ama gli animali. E ho pensato che avresti trattato bene il piccolo Horus.”
Horus?”
“Sì, non ti piace? È il nome di una divinità egizia.”
“Lo so, ma non è un nome che avrei dato a un gatto.”
“Cosa avresti scelto?”
“Non so, qualcosa di più semplice e affettuoso. Qualcosa come Toby.”
Toby?” chiese lui accigliandosi. “Lo chiameresti davvero così?”
“Perché no?”
Il detective sospirò con aria rassegnata e tornò al proprio lavoro.
“Allora, posso portarti il gatto?” chiese un minuto dopo senza alzare lo sguardo dal microscopio.
“Non mi dai nemmeno qualche ora per pensarci?”
“Hai bisogno di così tanto tempo per decidere una cosa così semplice?” si stupì lui. “D’accordo. Fammi sapere quando hai preso una decisione. Puoi chiamarmi. O mandarmi un messaggio. Hai il mio numero, giusto?”
Molly si voltò nuovamente verso Sherlock. Lui continuava a non guardarla e sembrava essere preoccupato. Il suo tono di voce era esitante e timido.
“Certo.”
“Allora, forse, dovresti darmi il tuo numero per... accordarci.”
Molly sorrise, afferrò un foglietto e scrisse il suo numero personale, quello di casa e quello del cellulare, e poi glielo passò.
“Sia chiaro che non voglio essere chiamata in piena notte.”
“Solo in caso di vita o di morte.”
“Ti conviene, oppure lo diventerà perché sarò io a ucciderti.”
Risero entrambi scambiandosi uno sguardo complice, e poi tornarono al loro lavoro.
 
Sherlock rientrò in casa dopo aver risolto il caso. Omicidio passionale. Noioso. Si chiuse nella sua stanza e si sdraiò nel letto. Subito dopo una piccola palla di pelo si avvicinò al suo viso e miagolò.
“Ehi, ciao, piccolo.” Salutò il felino prendendolo fra le mani e tenendolo sospeso a pochi centimetri dai propri occhi. “Sai, ti ho trovato una nuova casa. Cioè, lei non ha ancora accettato ma lo farà. Le ho letto negli occhi che voleva farlo, ma ha pensato fosse più serio prendersi qualche ora per riflettere. Lei è fatta così.”
Il gatto continuava a fissarlo e sembrava quasi capire le sue parole. Quando miagolò, Sherlock lo prese come un invito a continuare.
“Ti piacerà Molly, vedrai.” iniziò con un sorriso mentre ripensava alla patologa. “Sono certo che ti tratterà bene. Ti comprerà il cibo migliore e ti coccolerà tutte le sere. Sei un gatto molto fortunato.” Fece una pausa pensando a come in un certo senso invidiasse quella piccola palla di pelo. “Le ho detto di averti trovato. Non ho specificato che il luogo in cui ti ho trovato è un elegante negozio per animali a Notting Hill, non mi sembrava necessario. Tu, comunque, non glielo dirai, giusto?”
Rotolò su un fianco e posò l’animale accanto a sé. Per tutta risposta lui si avvicinò e gli leccò il naso per poi cercare di salirgli sulla testa. Sherlock si mise a ridere e lo riportò accanto a sé.
In quel momento il suo telefono squillò, quindi si tirò su a sedere per leggere il messaggio.
Era di Molly.
 
Va bene, prendo il gatto, ma paghi tu le vaccinazioni. MH
 
Horus ne sarà felice. Quando posso portartelo? SH
 
Il gatto sarà mio o devo solo tenerlo in custodia per te? MH
 
È tuo. SH
 
Allora non si chiamerà Horus. MH
Puoi portarmelo stasera, alle 8. MH
 
Ma a lui piace. SH
Allora potremmo cenare insieme. SH
 
Non ho intenzione di cucinare. MH
 
Ordineremo cinese. SH
Offro io. SH
 
Va bene. Ma non tardare o cenerò per conto mio. MH
 
Io e Horus saremo puntualissimi. SH
 
Sherlock sorrise. L'aveva convinta ad accettare il piccolo regalo felino che le aveva comprato e ora avrebbero anche cenato insieme. Poteva ritenersi soddisfatto. Il suo piano per avvicinarsi gradatamente a Molly Hooper procedeva perfettamente.
 
Era rientrata a casa il più velocemente possibile. Voleva avere il tempo di fare una doccia e sistemarsi prima dell’arrivo di Sherlock. Era terribilmente nervosa. Sarebbero stati soli insieme, nel suo appartamento. Loro due, cibo cinese e un gatto. Somigliava molto alla sua serata ideale.
Si era lanciata in doccia e aveva usato il nuovo shampoo alla camomilla che aveva acquistato il giorno prima, le avrebbe reso i capelli luminosi. Il doccia-schiuma alla vaniglia l’avrebbe resa liscia, morbida e profumata. Non che avesse intenzione di buttarsi tra le braccia di Sherlock la prima sera che stavano insieme da soli, ma non si poteva mai sapere. Mai dire mai.
Uscita dalla doccia aveva raccolto i suoi capelli con cura e li aveva acconciati con una treccia di lato. Erano ancora umidi ma non importava. Indossò un completo intimo semplice ma che riusciva a far sembrare il suo seno un po’ più grande di quello che era in realtà.
La scelta degli abiti fu un po’ più complessa. Non poteva certo vestirsi elegante per stare in casa. Sarebbe stato fuori luogo. D’altra parte, non poteva neanche stare in pigiama. Alla fine optò per dei jeans e una maglia sportiva. Non era elegante ma almeno non sembrava sciatta.
Aveva appena finito di vestirsi quando suonò il campanello.
Fece un profondo sospiro e guardò nello spioncino. Quello che vide fu una palla di pelo grigio, un musino adorabile e degli occhioni azzurri. Sorrise e aprì la porta.
Sherlock teneva il gattino in una mano mentre con l’altra reggeva un sacchetto, apparentemente con il necessario che aveva acquistato al negozio per animali.
Molly, però, rimase sorpresa nel notare il suo abbigliamento.
Lo aveva sempre visto con i suoi eleganti completi, le camicie di alta sartoria e il suo costosissimo Belstaff, ma quella sera sembrava un’altra persona.
Indossava sempre una delle sue giacche scure, ma sotto aveva una maglietta sportiva azzurra e dei jeans. E quelle erano forse delle All Star? Nonostante il suo abbigliamento fosse casual, riusciva comunque a sembrare elegante come se fosse appena uscito da una sfilata di moda. Naturalmente, era bellissimo, e lei era rimasta completamente senza fiato.
“Vuoi farci entrare o dobbiamo passare la serata sul pianerottolo?”
“Oh, certo... entra.” Lo invitò lei scansandosi per lasciargli il passo.
Lui si guardò intorno per qualche secondo e posò il sacchetto. E poi, con un sorriso che fece arrossire Molly, tese la mano in cui teneva il gatto.
“Questo è Horus.”
“Ti ho detto che non lo chiamerò mai così.”
“E io non lo chiamerò mai Toby.”
“Non vedo perché dovresti chiamarlo in qualunque modo. È il mio gatto.”
Lui strinse le labbra, abbassando lo sguardo. Sembrava essere a disagio.
“Mi piacerebbe passare a salutarlo ogni tanto. Mi sono affezionato a lui.”
“Sherlock Holmes che si affeziona a un essere vivente? Incredibile.” Ironizzò lei mentre grattava il felino sotto il muso. “Puoi venire a trovarlo, comunque. Non è certo un problema. Posso?” chiese lei poi tendendo le mani per prendere il cucciolo.
Lui annuì e glielo passò. Molly avvicinò il piccolo muso al suo viso.
“Ciao piccolo. Non ti chiamerò Horus, e forse nemmeno Toby. Devo ancora pensarci.”
Il gatto replicò miagolando e leccandole il viso.
“Ha già mangiato?” domandò preoccupandosi di mettere l’animale a suo agio.
“Sì, ma forse ha sete.”
Molly lo sistemò sulla propria mano e raggiunse la cucina. Versò una ciotola di latte e una d'acqua e poi le posò a terra. Il gatto non si fece ripetere l’invito due volte e saltò dalle sue braccia per raggiungerle.
“Ora berrà un po’ di latte e poi girerà per casa per studiarla.”
“Mi sembra giusto. È un luogo sconosciuto per lui.”
“E tende a infilarsi ovunque. Ieri l’ho trovato dentro al mio cassetto dei calzini.”
Molly rise e finalmente trovò il coraggio di guardare Sherlock negli occhi. Aveva cercato di evitare il contatto visivo diretto concentrandosi sul gatto per tutto il tempo, ma ora non poteva più farlo. Lui le sorrideva e i suoi occhi erano limpidi e profondi quanto quelli del gatto.
“Allora, ordiniamo la cena?” propose lei per evitare l’imbarazzo di restare lì ferma a fissarlo. “Sono affamata.”
“Certo.” Acconsentì lui facendo spallucce.
 
La serata era passata in maniera piacevole. Molly aveva molti interessi scientifici e sentirla parlarne era affascinante. Molti degli argomenti lui li conosceva già e, dopo averla ascoltata in silenzio, principalmente per poterla osservare comodamente, aveva replicato esponendo la sua opinione e, in alcuni casi, raccontandole degli esperimenti che aveva svolto al riguardo.
Lei era stata entusiasta di avere finalmente qualcuno con cui poter discutere di materie scientifiche.
“Adoro Mary, è la mia migliore amica, ma lei non ama discutere di cadaveri ed esperimenti.”
“Neanche John, pur essendo un medico.”
Lei aveva sorriso imbarazzata. Nessuno dei due l’aveva detto esplicitamente, ma era evidente che fossero fatti l’uno per l’altra. Come avevano fatto a non rendersene conto prima?
La tensione cominciò a essere palpabile e Sherlock si alzò dal divano.
“È ora che vada. Immagino che tu sia stanca.”
“Sì, ma non sei obbligato ad andare così presto.”
“Non voglio abusare della tua ospitalità.” Replicò lui con un sorriso mentre si chinava a fare una carezza al gatto che dormiva placidamente nella sua cesta. “Mi mancherà questo piccolino.”
“Sherlock, sei sicuro di non volerlo? Mi sembra che tu ci tenga molto.”
“Proprio per questo è meglio che me ne separi. Potrei ucciderlo involontariamente. Preferisco affidarlo a qualcuno che si prenda cura di lui e lo protegga. E sono certo di aver fatto la scelta giusta.”
Molly arrossì e gli indirizzò un sorriso timido. Sherlock provava l’impellente desiderio di baciarla, ma si conficcò le unghie nei palmi per controllarsi. Dopo aver salutato a sufficienza il piccolo felino, si alzò e si diresse verso la porta.
“Ti ringrazio per tutto. Per aver accettato di adottarlo e per avermi sopportato per tutta la sera.”
“È stato un piacere. E, tutto sommato, non sei così insopportabile.”
Lui sorrise e poi, prima di potersene pentire, si chinò su di lei e la baciò su una guancia. Trattenne il contatto per qualche secondo, assaporando il suo profumo e la morbidezza della sua pelle. Una parte di sé desiderava sprofondare nel suo collo e inebriarsene ma, facendo appello a tutto il suo autocontrollo, si ritrasse pochi secondi dopo.
“Buonanotte, Molly Hooper.” La salutò uscendo dall’appartamento e allontanandosi da lei il più possibile per non rischiare di fare qualche sciocchezza.
 
Molly si appoggiò alla porta dopo averla chiusa. Aveva il cuore che batteva velocemente e si sentiva accaldata. E tutto questo solo per un bacio sulla guancia.
Certo, era stata una serata davvero perfetta. Migliore di qualsiasi appuntamento avesse mai avuto. Forse perché in realtà non era un appuntamento? Il fatto di non sentirsi ingabbiati in una convenzione sociale aveva reso il loro incontro più naturale e spontaneo? O forse sarebbe stato comunque perfetto anche se avessero ammesso con loro stessi che era un vero e proprio appuntamento?
Era irrilevante. Non si era mai trovata così a suo agio con un uomo. E non le era mai capitato neanche di trovare qualcuno che apprezzasse i suoi argomenti di discussione. Generalmente tutti pensavano fossero macabri e allora lei lasciava perdere. Sherlock però era diverso. A lui piaceva parlare di autopsie, arti mozzati e ferite infette. Molly sorrise. Non era una cosa da tutti i giorni trovare un uomo bello, intelligente e che amasse la scienza. Certo, era arrogante, ma non era una mancanza di modestia. Lui era semplicemente consapevole di essere un genio, e nessuno poteva certo negarlo.
Il gatto si era svegliato e cominciava a miagolare alla porta. Chiaramente anche lui sentiva la mancanza di Sherlock. Molly si chinò e lo prese in braccio, coccolandolo.
“Mi spiace piccolo, lui non tornerà. Per ora, almeno.” Disse sprofondando il viso nel suo pelo morbido. “Devo ancora decidere come chiamarti.” Aggiunse raggiungendo la finestra in modo da poter osservare la strada. “Horus non mi piace. Scordatelo. Toby non piace a Sherlock, ma ti chiamerei così solo per farlo arrabbiare...”
Il gatto miagolò mentre cercava di salirle sulla spalla come un pappagallo. Lei rise e lo aiutò, pensando di sembrare un pirata alquanto strano.
“Non dovresti stare lì, lo sai, vero?”
Il felino miagolò ancora e poi, come se l’avesse capita, scese dalla sua spalla per raggiungere il davanzale della finestra. Con la zampina iniziò a grattare il vetro.
“Non puoi uscire. Fa freddo e tu sei solo un cucciolo. Non vorrai ammalarti?”
Si chinò per riprendere il micio fra le braccia quando notò un ombra per strada. Un uomo fermo in mezzo al marciapiede che osservava nella sua direzione. E non servivano i miagolii del gatto per confermarne l’identità.
Rimase immobile, tentata dall’idea di aprire la finestra. Il suo telefono squillò riportandola alla realtà. A malincuore, si allontanò dalla finestra per raggiungere il telefono cellulare abbandonato sul tavolo.
 
Ci ho ripensato. Toby mi piace. SH
 
Molly rise e tornò alla finestra. Lui era ancora lì. Senza attendere decise di rispondere in maniera ironica.
 
Non sei molto coerente. E poi non so se lo chiamerò così. MH
 
E, allora, come? SH
 
Non come una divinità egizia, di sicuro. MH
 
Preferisci quelle greche? O magari quelle nordiche? SH
 
Magari lo chiamerò solo Gatto. MH
 
Una dimostrazione di grande fantasia. SH
 
Sai, a guardarlo bene ti somiglia. Potrei chiamarlo come te. MH
 
Non affliggere quella povera creatura con una tortura simile. SH
 
Molly scoppiò a ridere. Non lo avrebbe mai creduto solo qualche settimana prima, ma Sherlock Holmes aveva un grande senso dell’umorismo.
 
E va bene. Lo chiamerò Toby. MH
 
Horus per me. SH
 
Toby Horus. O Horus Toby. Anzi, Thorus! MH
 
Ok, rinuncio a Horus o non la smetterai più con queste assurdità. SH
Magari lo chiamerò così solo quando saremo soli. SH
Sarà il nostro piccolo segreto. SH
Mio e di Horus. SH
 
Ormai lo so anche io. MH
 
Ma tu manterrai il nostro segreto, vero? SH
Per il bene di Toby. SH
 
Lo porterò nella tomba. MH
 
Sapevo di potermi fidare di te. SH
Ora dovresti andare a dormire. Fai un grattino a Toby da parte mia. SH
 
Buonanotte, Sherlock. MH
 
Buonanotte, Molly Hooper. SH
 
Molly fece un gesto di saluto con la mano e vide l’ombra per strada rispondere allo stesso modo.
“Stanotte tu stai con me, vero piccolo? Abbiamo bisogno di un po’ di coccole tutti e due.” disse stringendo il gatto fra le braccia e portandolo nel suo letto.
Si infilò sotto le coperte, con il gatto accoccolato sulla sua pancia e non poté evitare di pensare a Sherlock sino a che non prese sonno.
 
La donna bussò alla lussuosa porta di legno massiccio ed entrò un secondo dopo con passo elegante.
“Il rapporto che aveva richiesto, Sir.” annunciò consegnando dei documenti al suo capo seduto alla scrivania.
“Grazie, Anthea.” disse l'uomo dando subito una lettura ai fogli che aveva di fronte. “Tu lo hai letto?”
“Sì, Sir. Sembra che vada tutto secondo i piani.”
“Sembra proprio di sì. Eccellente. Informa anche Miss Morstan, sono certa che sarà entusiasta di come procede.”
“Lo farò, Sir.” annuì la donna tornando sui suoi passi.
“Ehm, Anthea, aspetta.” la fermò l'uomo prima che uscisse. “Credo che dovremmo festeggiare questi sviluppi. Quindi andremo fuori a pranzo. Annulla i miei impegni di quell'ora.”
“Certo, Sir. Devo coinvolgere anche Miss Morstan e il Dottor Watson?”
“No, mia cara. Preferisco festeggiare solo in tua compagnia.” spiegò lui con un sorriso sornione.
“Come preferisce, Sir.” replicò lei ricambiando con uno sguardo malizioso e uscendo dalla stanza poco dopo.
 
Sherlock Holmes e John Watson erano appollaiati sul tetto di un palazzo e studiavano l'ingresso del Museo con dei binocoli.
Da alcuni mesi il museo subiva dei furti, sempre la prima sera che veniva esposta una nuova collezione e veniva sempre rubato il pezzo che aveva maggior valore sul mercato. Nessuno era riuscito a capire come il furto avvenisse ed era stato consultato il famoso Consulente Investigativo.
“È ovvio John. Il ladro collega una carrucola al palazzo accanto e la usa per spostarsi. E ha studiato un modo per smantellarla una volta finito, senza lasciare tracce.” aveva spiegato Sherlock al suo migliore amico e blogger.
Ed era questa la ragione per il quale in quella umida sera primaverile si trovavano appostati su quel tetto.
“Speriamo non piova.” si era lamentato l'ex medico militare stringendosi nella giacca.
“La possibilità di pioggia stanotte è del sessantacinque per cento. Rilassati.”
“Vorrei solo evitare di ammalarmi una settimana prima della mia festa di fidanzamento.”
“Mi auguro che tu non fossi così lamentoso anche in Afghanistan.”
L'amico alzò gli occhi al cielo e sospirò. Era inutile spiegare delle banali esigenze fisiche al proprio amico e coinquilino.
“A proposito della festa... Verrai con qualcuno?”
“Prenderò il taxi insieme a Mrs. Hudson.”
“No, intendevo... Avrai una compagna? Un plus-one?
“Alquanto difficile visto che hai invitato chiunque conosca, non credi?”
“Già, è vero... Solo mi chiedevo... Sai, si ballerà... Tu hai idea di chi scegliere per accompagnarti?”
Il consulente sospirò, chiaramente annoiato da quella discussione.
“John, ti prometto che ballerò con tutte le signore presenti prima di andare via, così non sembrerò troppo scortese. È questa la tua paura, vero? Che io offenda qualcuno?”
“No, cioè, sì, anche... Mi chiedevo solo se ballerai proprio con tutte... Cioè, anche con Molly?”
A quel punto Sherlock abbassò il binocolo e si voltò di tre quarti per guardare l'amico.
“Sì, se lei accetterà. Ti sarei grato se mi dicessi dove vuoi arrivare con questo discorso.”
“Ecco io... È solo che una volta mi hai detto di trovare Molly attraente e allora mi sono chiesto se... Se dicessi sul serio. Insomma, la trovi davvero bella?”
“Sì, John, dicevo sul serio.” rispose il detective ritornando nella precedente posizione e a osservare il museo con il binocolo.
“Quindi se, per ipotesi, lei diventasse gentile con te, tu potresti anche considerare l'idea di... frequentarla?
“Può darsi.”
“Perché, non so se te ne sei reso conto, ma credo che Molly sia la donna ideale per te. Insomma, è una scienziata brillante e avete molti interessi in comune.”
“John, hai finito?” si spazientì l'amico.
“Sì, ecco, io...”
“Sono già a conoscenza di tutto ciò. Tuttavia, preferire che la mia vita privata rimanesse tale.”
“Quindi, vuoi dire che c'è qualcosa in ballo? Succede qualcosa tra te e Molly?”
“Non ho detto questo.”
“Ma se succedesse tu...”
“Eccolo!” esclamò all'improvviso il consulente investigativo balzando in piedi. “Corri, John!”
L'amico non se lo fece ripetere e si lanciò in una corsa a perdi fiato inseguendo l'uomo di fronte a lui che non perdeva di vista una minuta figura scura.
La corsa proseguì nelle scale dell'edificio e, nonostante la distanza, John si rese conto che il ladro era una donna, magra e atletica. Indossava una tuta nera e non riusciva a vederne il volto perché coperto da un passamontagna. Sulle spalle aveva uno zaino con l'attrezzatura che aveva usato per la carrucola e fra le mani reggeva una maschera ornamentale del valore di dieci milioni di sterline.
Aveva appena realizzato ciò, quando un passo falso lo fece rotolare giù per le scale battendo la testa. Era ancora dolorante, cercando il modo di rialzarsi quando sentì nitidamente uno sparo.
“Oh, no...”
Sapeva che Sherlock non era armato, quindi poteva essere stata solo la ladra. A fatica si era tirato su e, con qualche ammaccatura, aveva continuato a scendere le scale. E poi lo aveva trovato. Il corpo di Sherlock a terra, una macchia di sangue che si allargava sul lato sinistro del petto.
“Oh, no, no, no, no!” urlò mentre lo raggiungeva e si toglieva la giacca per tamponare il più possibile la perdita di sangue.
Con la mano libera afferrò il proprio telefono e chiamò un ambulanza, invocando ogni divinità esistente che facessero presto.
 
“Il proiettile non ha colpito organi vitali, fortunatamente, ma era rimasto all'interno del corpo. È stato estratto e non ci saranno danni a lungo termine. A causa della forte perdita di sangue e, naturalmente, per evitare che la ferita si riapra, dovrà restare a riposo per un po'. È stato davvero molto fortunato, Mr. Holmes.”
“Non è stata fortuna.” bofonchiò l'uomo steso nel letto d'ospedale. “Ma precisione chirurgica. Non voleva uccidermi, solo mettermi fuori combattimento.”
“Come preferisce, ma resti comunque a riposo, Mr. Holmes.”
Il paziente alzò gli occhi al cielo e sbuffò.
“Grazie, dottore. Mi occuperò io di vegliare su mio fratello.” disse l'uomo seduto all'angolo della stanza.
Il medico annuì e uscì dalla stanza, lasciando i due Holmes da soli.
“Non ho bisogno di un baby-sitter.”
“Permettimi di dissentire.”
“Devo trovare quel ladro, non stare qui a vegetare.
“Non stai vegetando, sei in convalescenza.” spiegò il fratello maggiore alzandosi in piedi e facendo qualche passo nella sua direzione. “E il ladro verrà preso dalle autorità locali.”
“Pfff...” sbuffò Sherlock Holmes con sarcasmo. “Non lo prenderanno mai.”
“Tu l'hai visto in viso?”
“Era una donna. Altezza media. Ho visto delle ciocche bionde spuntare da sotto il passamontagna, ma non è il suo colore naturale. Occhi grandi, chiari.”
“E John? Credi potrebbe riconoscerla?”
“Non lo so. Non penso l'abbia vista meglio di me.”
“Mi attiverò io per scoprire qualcosa.”
Tu?” si stupì il più giovane degli Holmes. “Ti abbasseresti a un lavoro così modesto?”
“Solo per te, fratellino.”
Sherlock fece una smorfia di disgusto e si voltò dall'altra parte mentre il fratello maggiore usciva dalla stanza.
 
John si mise il telefono in tasca e indossò la giacca per andare a far visita a Sherlock in ospedale. Scese le scale di corsa ma, prima che potesse aprire la porta, il campanello suonò.
Si trovò di fronte a un ragazzo per una consegna urgente.
“Lei è il Dottor John Hamish Watson?”
“Ehm, sì.”
“La consegna è estremamente riservata, può mostrarmi un documento?”
John acconsentì e lo mostrò.
“Una firma qui, grazie.”
Obbedì e prese la busta che gli veniva consegnata. C'era scritto sopra URGENTE. Voleva correre al capezzale dell'amico, ma allo stesso tempo era curioso di vedere di cosa si trattava.
All'interno c'era un dvd e le stampe di alcune immagini. Determinato a guardare il video in un secondo momento, prese in mano le immagini e le studiò. Erano dei frammenti di un video di sorveglianza ingranditi e stampati a suo beneficio. E quando notò il particolare che era messo in evidenza rimase a bocca aperta. Dovette sostenersi al muro e improvvisamente faticò a respirare.
“Non... può... essere.” balbettò mentre i suoi occhi si riempivano di lacrime.
   
 
Leggi le 3 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<    >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Serie TV > Sherlock (BBC) / Vai alla pagina dell'autore: marthiachan