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Autore: FrancescaPotter    26/06/2014    7 recensioni
Raccolta di one shot dal pov di Sirisu, Remus e James. L'idea è nata da un sovraccarico di feels dovuto ad una rilettura del prigioniero di Azkaban.
DAL PRIMO CAPITOLO:
Traditore.
Quella parola era l'insulto più disonorevole che potessero fargli. Per tutta la sua vita era stato onesto e leale, era la base della sua morale, e ora... venir appellato da tutti, anche da coloro che lo conoscevano, in quel modo era una brutta doccia fredda.
Genere: Guerra, Introspettivo, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: I Malandrini, James Potter, Lily Evans, Remus Lupin, Sirius Black | Coppie: James/Lily
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Malandrini/I guerra magica
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NOTE DELL'AUTRICE:

Per questa raccolta vorrei mettere le note prima del capitolo stesso.

E' di questo che si tratta: una brevissima serie di one shot nelle quali racconto alcuni fatti dal pov di Sirius e Remus principalmente. Se sarò ispirata aggiungerò qualcosa anche dal pov di James. Praticamente ho creato questo “spazio” per poter scrivere delle one shot quando mi viene l'ispirazione, perché delle volte sento proprio il bisogno di scrivere.

Okay, perché? La domanda è d'obbligo.

Semplicemente, perché sto leggendo per la seconda volta Harry Potter e il prigioniero di Azkaban (sì, ho letto il prigioniero di Azkaban solo due volte, shame on me) e... il capitolo in cui Caramell, la McGranitt, Vitious e Hagrid parlano di Sirius a Rosmerta mi ha distrutta. Non me lo ricordavo, ragazzi! Non me lo ricordavo così. E' stato terribile leggere di Caramell che dice che Sirius, dopo aver “ucciso” Minus e i babbani, si sia messo a ridere istericamente. E' stata una pugnalata vedere Rosmerta, senza parole, non capire come Sirius avesse potuto tradire così il suo migliore amico. Ed è stato ancora più tremendo leggere la delusione e la rabbia di Harry. Sirius non meritava niente di tutto ciò, e lo so che è “solo” un personaggio immaginario, ma mi sento tanto dispiaciuta per lui. Ero piena di feels e l'unica soluzione era scrivere una one shot. Quindi... ecco qui. Spero vi piaccia, lasciate una recensione se vi va.

Baci, Francesca.


 

Lo spettro di colui che un tempo era stato Sirius Black

L'uomo si tirò in piedi sgranchendosi la schiena. Era da settimane, ormai, che non riacquistava le proprie sembianze umane. Aveva passato l'ultimo periodo sotto forma di un grosso cane nero per evitare di essere riconosciuto da chiunque, ma soprattutto per eludere la sorveglianza delle temutissime guardie di Azkaban, i dissennatori.

Tzè, pensò, non sono poi così temibili se si fanno ingannare da un semplice animagus.

E' vero, andava detto che il suo nome non appariva nel registro dove erano segnati tutti i maghi in grado di assumere le sembianze di un animale, e che solo quattro persone oltre a lui erano a conoscenza del suo segreto: due di loro erano morte, una era sicuro che non avrebbe parlato per molto tempo, e l'ultima...

Possibile che lui non ci avesse creduto? C'era una minuscola possibilità che Remus Lupin non fosse caduto nel tranello di Peter Minus? Possibile... che Remus stesse dalla sua parte?

Quel pensiero lo attraversò come una pugnalata in pieno petto. Non gli era rimasto più nessuno, e le poche persone che gli avevano davvero voluto bene un tempo o erano morte o lo ritenevano un traditore.

Era una notte di Luglio inoltrato e il sole aveva da ore lasciato il posto alla luna e alle stelle. L'uomo alzò lo sguardo per osservare il cielo, e si meravigliò della sua vastità e lucentezza, troppi gli anni che aveva passato nel buio della sua cella.

Al solo pensiero di Azkaban, rabbrividì nella sottile divisa a righe che indossavano tutti i prigionieri e, nonostante essa fosse molto leggera, riusciva a percepire con esattezza ogni centimetro pesare sul suo corpo come piombo. Era il simbolo della sua condanna, la cosa che diceva “E' lui, il traditore.”

Traditore.

Quella parola era l'insulto più disonorevole che potessero fargli. Per tutta la sua vita onestà e lealtà erano state alla base del suo codice di comportamento morale, e ora... venir appellato da tutti, anche da coloro che lo conoscevano, in quel modo subdolo era una brutta doccia fredda.

Chiuse gli occhi e successe quello che succedeva ogni volta che lo faceva. Immagini, voci e odori iniziarono a riversarsi nella sua mente come un fiume in piena, trascinandolo nel vortice dei ricordi: dei capelli spettinati, dei grandi occhi verdi, una grande moto da corsa...

Smettila, si disse risoluto.

Si guardò attorno con circospezione, e analizzò una per una le modeste villette a schiera che costeggiavano la strada. Una volta individuata quella che stava cercando, le si avvicinò. Un tempo era stata una graziosissima abitazione, simile a tutte le altre dalle quali era circondata, con un giardino curato, tende color blu cobalto che svolazzavano dalle finestre aperte e profumo di torta alla melassa che ti invadeva le narici ogni volta che approcciavi la veranda. Ora, invece, non c'erano più fiori nel giardino, ma solo erbacce spente. Adesso, l'uomo non riusciva più a sentire nessun odore di dolci appena sfornati, ma solo l'acre puzza di zolfo e macerie. Tutta la parte sinistra della casa, infatti, era stata distrutta dalla maledizione scagliata da Voldemort contro Harry, e ora ne restava solamente un misero cumulo di travi, rocce e mattoni.

Strinse i pugni, si fece coraggio e si avvicinò. Il cancello era aperto, e l'uomo fu piacevolmente sorpreso nel constatare che su di esso vi era una targhetta con delle incisioni fatte da decine di maghi che erano passati per rendere tributo ai Potter durante quegli anni.

Coraggio, piccolo Harry. Siamo tutti con te.

Lode al grande Harry Potter, che ha sconfitto l'Oscuro Signore.

Harry.

Chissà come stava quel bambino, che ormai bambino non era più. Se lo ricordava come se lo avesse visto ieri per l'ultima volta.

Sissi, gli venne in mente improvvisamente: era così che lo chiamava, non riuscendo a pronunciare bene il suo nome. E James... oh, quanto lo aveva sfottuto per questo.

Ma certo! Doveva andare a trovare Harry e assicurarsi che stesse bene. Doveva trovarlo e raccontargli la verità, ma... gli avrebbe creduto? Avrebbe voluto parlare con lui, o gli avrebbe urlato contro e cercato di ucciderlo per vendetta? Scacciò questo pensiero dalla mente perché in quel momento aveva altro da fare. Se si fosse concesso di pensare troppo ad Harry, era certo che sarebbe crollato e non avrebbe più trovato la forza per rialzarsi.

Le sue gambe si mossero come se appartenessero a qualcun altro e lo condussero all'interno della casa. La familiarità dell'ambiente gli tolse il fiato: era rimasto tutto uguale, con l'unica differenza che i mobili erano ricoperti da uno spesso strato di polvere, ma ogni cosa era proprio lì, al suo posto. Il divano verde chiaro in salotto, il tavolo sul quale avevano giocato a carte quelle interminabili sere d'inverno, lo scaffale all'ingresso della cucina contro il quale sbatteva sempre il piede... c'era anche la piccola scopa che aveva regalato ad Harry per il suo primo compleanno, abbandonata al muro e ricoperta di ragnatele. La prese tra le mani e la ripulì sulla veste, pensando che un po' di sporco in più non avrebbe fatto alcuna differenza. Ricordò il sorriso che gli si era dipinto sul volto nel vedere la gioia del bambino di fronte a quel regalo, un sorriso che non solcava più il suo viso da troppo tempo.

Dopo aver stretto forte il giocattolo al petto, come se potesse in qualche modo abbracciare il suo figlioccio attraverso il legno, lo rimise al suo posto e si avvicinò allo scaffale vicino al divano sul quale erano appoggiate delle fotografie che erano a mala pena visibili attraverso i vari centimetri di polvere. Le ripulì per bene e si bloccò. Una di quelle era stata scattata al matrimonio di James e Lily, e l'uomo si vide sorridente al fianco del suo migliore amico, anch'egli sprizzante di gioia nel giorno in cui sposava l'amore della sua vita.

Si bloccò.

Poi si guardò intorno.

Ed infine venne sommerso dai ricordi.

Non era preparato. Non era psicologicamente nelle condizioni per ricordare. Né ora. Né mai.

Senza aver alcuna voce in capitolo, la sua mente lo riportò a quella notte, dodici anni fa, quando la sua vita cambiò radicalmente. Non stava più nel salotto impolverato dei Potter, ma si trovava indietro nel tempo, tra le rovine della casa, e stava cercando Harry. Era di nuovo sopraffatto dalla disperazione e da una cieca rabbia tanto forte che si sentiva come se avesse bevuto una tanica di benzina per poi darsi fuoco.

Se solo fosse riuscito a mettere le mani su quel topo di Minus...

Come se non fosse abbastanza, rivisse tutto un'altra volta. Sentì le grida di Harry rimbombare nella stanza, il rombo della motocicletta di Hagrid che si allontanava, lasciandolo solo e senza speranze, abbandonato al proprio dolore. Si premette con forza le mani sulle orecchie, come se potesse impedire a quei suoni di raggiungerlo, ma quelli erano nella sua testa e continuavano a riecheggiare in essa come un eco perpetuo. Rivide il Ministro della Magia pronunciare la sentenza: colpevole, e si guardò mentre veniva scortato ad Azkaban, senza nemmeno la forza per proclamarsi innocente, ormai più morto che vivo. Chiuse anche gli occhi, ma anche questo gesto fu vano. Quelle immagini erano ormai impresse a fuoco dietro le sue palpebre e niente e nessuno avrebbe mai potuto cancellarle definitivamente.

Fu in quel momento che la consapevolezza di tutto quello che aveva passato gli piombò addosso come un'onda anomala. Improvvisamente non riusciva più a respirare, era come se tutta l'aria della stanza fosse stata risucchiata via per magia, come se le pareti si stessero rimpicciolendo per schiacciarlo come un insetto.

Doveva uscire da lì, doveva andarsene lontano.

Senza perdere un minuto di tempo si voltò e si precipitò fuori dalla porta principale, inciampando sul vialetto sterrato. Non cercò nemmeno di evitare la caduta, talmente si sentiva stanco e demotivato. Atterrò in ginocchio sulla terra fredda. Annaspando, affondò le dita nel terreno scorticandosi le unghie, e mentre il sangue scorreva, sperò che il dolore fisico potesse alleviare quel tormento atroce che sentiva nella sua anima, che potesse porre fine a quella sofferenza e a quei sentimenti che aveva represso per troppo tempo.

Il contatto con la superficie dura del suolo lo riportò alla realtà, aiutandolo a stabilizzare il respiro. E fu in quel momento, quando finalmente si lasciò andare e concesse a se stesso di provare emozioni umane, che accadde. La prima lacrima sgorgò lentamente lungo il suo viso sporco, cadendo sulla sua mano insanguinata. L'uomo la guardò come se fosse qualcosa di alieno e si stupì quando gliene scappò un'altra dall'altro occhio... e poi un'altra ancora... e ancora. Cercò di smettere, ma non ci riuscì, perché quando decidi di aprire il tuo cuore dopo che lo avevi tenuto serrato per così tanti anni, diventa ancora più difficile ricacciare dentro tutto il dolore, la sofferenza e la rabbia. Solo quando arrivò il primo singhiozzo capì quello che stava succedendo. Lui, che nonostante tutto ciò che gli era capitato non si era mai lasciato andare, che aveva riso istericamente mentre veniva scortato ad Azkaban, lui che aveva perso tutto...

In quel momento, lì sul vialetto della casa del suo migliore amico, più morto che vivo, lo spettro di colui che un tempo era stato Sirius Black stava piangendo.

  
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