Anime & Manga > Ranma
Segui la storia  |       
Autore: InuAra    26/06/2014    10 recensioni
ULTIMO CAPITOLO ONLINE!
Con due bellissime fanart di Spirit99 (CAP. 4 e 13)
------
Cosa succede se il mondo di Ranma incontra il mondo di Shakespeare? Rischia di venirne fuori una storia fatta di amori, avventura, amicizia, gelosia, complotti. Tra fraintendimenti e colpi di scena, ne vedremo davvero delle belle!
DAL CAPITOLO 2
Ranma alzò lo sguardo verso il tetto. “Akane. Lo so che sei lì” “Tu sai sempre tutto, eh?” A Ranma si strinse il cuore. Ora che era lì, ora che l’aveva trovata, non sapeva cosa dirle. Soprattutto, non poteva dirle nulla di ciò che avrebbe voluto. “Beh, so come ti senti in questo momento” “No che non lo sai” “Si può sapere perchè non sei mai un po’ carina?” “Ranma?” “Mmm…”  “Sei ancora lì?” “Ma certo che sono qui, testona, dove pensi che vada?” Fece un balzo e le fu accanto, sul tetto. “Sei uno stupido. So benissimo che sei qui perchè te l’ha chiesto mio padre” “E invece la stupida sei tu”, si era voltato a guardarla, risentito e rosso in viso, “E’ vero, me l’ha chiesto, ma sono qui perchè lo voglio io! Volevo… vedere come stai…ecco…”
Genere: Avventura, Drammatico, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Akane Tendo, Ranma Saotome, Un po' tutti
Note: AU, Lime, OOC | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
 <<    >>
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
 (… ) a creature such
As, to seek through the regions of the earth
For one his like, there would be something failing
In that should compare.
 
 
(…) una persona
che se ne vuoi trovare un’altra uguale,
tu puoi cercarla anche in tutto il mondo,
tu puoi girare in largo, in lungo, in tondo,
un’altra uguale proprio non la trovi.
 
Cymbeline, king of Britain - William Shakespeare
 


“Padre, eccomi!”

La voce squillante della principessa risuonò nella Sala Grande ancora prima del suo arrivo.

Ranma, lavato e ripulito, si trovava lì già da qualche minuto, in una casacca celeste senza maniche; inginocchiato secondo il suo ruolo ai piedi del suo signore, non potè fare a meno di sorridere pensando a quanto poco femminile e incurante dell’etichetta fosse quel maschiaccio di Akane.

Vide Soun, alto ed austero nel suo abito da cerimonia, lo sguardo perso verso il laghetto, voltarsi di scatto.

I suoi occhi, sempre aridi e lontani da quando lui lo conosceva, si illanguidirono in un cenno di sorriso.

“Akane, figlia mia”

Anche Ranma si voltò, e ciò che vide gli fece mancare un battito: la principessa aveva fatto il suo ingresso.

Era avvolta in un kimono di seta bianca con un disegno di fiori e rami scarlatti intrecciati in un elegante arabesco. Un fiore dello stesso colore, appuntato tra i capelli color della notte, esaltava il suo incarnato luminoso.

Semplice e perfetta.

“Vieni accanto a me, bambina”

“Padre, cosa succede? Perchè mi avete fatta preparare con questa fretta?”

Sorrideva mentre gli faceva quella domanda, sorrideva senza riserve a quel padre con cui parlava così di rado, taciturno e triste, ma a cui voleva tanto bene.

“Ora lo vedrai da te”

“Signore, sono arrivati! Come mi avete chiesto li ho scortati io personalmente dal loro avvistamento. La portantina e il seguito si sono fermati or ora nel cortile antistante il palazzo”

“Bene, falli entrare”

La guardia uscì velocemente.

Come in tutte le situazioni ufficiali Akane doveva rimanere accanto a suo padre, ma da dove si trovava, allungando appena il collo poteva osservare un lembo del giardino al di là della porta scorrevole, e sforzandosi un po’ avrebbe potuto vedere l’ospite che suo padre aspettava con tanta impazienza.

Chi poteva essere? Un vecchio amico? Un legato? Un mercante che portava notizie dal mondo?

Cercò lo sguardo complice di Ranma e lo incrociò mentre anche lui tentava di sporgersi, inginocchiato com’era.

Di rimando le fece l’occhiolino.

Solo in quel momento Akane si rese conto di essere davanti al suo compagno di zuffe vestita come la principessa che era, e arrossì senza motivo.

Soun non si accorse di nulla. I suoi occhi erano chiusi, in attesa, come se stesse recitando un mantra silenzioso.

Un rumore ricondusse lo sguardo dei due giovani verso l’esterno, dove Akane intravide posarsi sulla ghiaia del cortile un piccolo piede avvolto in un tabi bianchissimo che calzava un sandalo riccamente intarsiato.

Poi la sua visuale fu interrotta dal passaggio indistinto di guardie e servitori.

Pochi istanti dopo dalla porta principale della Sala Grande fecero il loro ingresso i due ospiti attesi: un ragazzo e una ragazza entrambi bellissimi.
 
Di una bellezza glaciale, pensò Ranma, che li osservava di sottecchi, il capo chino.

Akane sorrise a colei a cui evidentemente apparteneva il piede intravisto e, ancora prima che suo padre parlasse, con un lieve cenno del capo le volle tacitamente dare il benvenuto. Lei sembrò non notare il gesto di accoglienza, dal momento che non ricambiò.

Era una giovane donna alta e dagli occhi chiari e alteri. I capelli color della pece erano intrecciati in una elaborata acconciatura, le labbra vermiglie non lasciavano trapelare emozioni, il personale, stretto in un kimono verde scuro dai ricchi dettagli, era elegante e compito.

Accanto a lei si ergeva con fierezza un giovane uomo la cui nobiltà trapelava senza modestia dagli abiti e dai modi. I capelli erano folti e castani e il taglio degli occhi, celesti e leggermente arcuati verso l’alto, era molto simile a quello della donna al suo fianco.
 
Quegli occhi, notò con un guizzo di disappunto il paggio del principe, stavano indugiando un po’ troppo sulla figura di Akane.

“Siate i benvenuti nella mia dimora.”

A rompere il silenzio era stato Soun.
 
Il giovane ospite fece un passo avanti.

“Il nobile Kuno Tatewaki è onorato di trovarsi infine alla vostra augusta presenza, Soun-sama.”

Akane trattenne un risolino e si voltò verso Ranma per trovare un complice nella tacita derisione di quell’individuo che parlava di sè in terza persona con parole tanto pompose.

 “E credo di non sbagliare nell’interpretare il silenzio di mia sorella Kodachi come muta espressione di giubilo immenso.”

La giovane fece un lieve inchino.
 
Sollevando il capo lanciò un sorrisino quasi impercettibile in direzione di Ranma che sentì un rapido brivido corrergli lungo la spina dorsale.
 
Nel petto di Akane sorse un subitaneo moto di stizza. Per quale motivo poi, non riuscì proprio a capirlo. Ma non ebbe nemmeno il tempo di domandarselo, dato che il giovane Kuno le si era avvicinato e le aveva preso la mano.

Ranma spalancò gli occhi a quella vista, il suo battito accelerato.

*Cos…?!*

“Mia radiosa Akane Tendo!! Alfine ecco la vostra ingenua bellezza mostrarsi al mio ardimentoso cospetto!
‘Divino è apprezzare
la rarità del fiore
che sboccia nel nulla,
tra la polvere immonda di questa terra’ ”

Nel pronunciare l’ultimo verso, di fronte all’enfasi del quale a stento la principessa tratteneva una sconveniente risata, il suo sguardo cadde sprezzante e poi indifferente su Ranma, che si sentì chiamato in causa e tentò di ingoiare il fastidio crescente.

*Questo tizio comincia a darmi sui nervi… E soprattutto perché non molla la mano di Akane?!*

“Figlia”, la voce di Soun era calma e ferma, “Accogli a braccia aperte la tua nuova madre e il tuo promesso sposo”.

Il sorriso morì sulla labbra di Akane.
 
Nella Sala Grande calò il silenzio.
 
Un silenzio che Akane non riuscì a percepire , tanto assordante era il battito nelle sue orecchie.
 
Come a sancire le parole del principe, Kuno Tatewaki portò la mano della giovane alle labbra.
 
La principessa la sentì poi scivolare via, improvvisamente senza forze.
 
Anche Ranma non si sentiva meno scosso.
 
Il suo signore aveva pronunciato quelle poche parole, e in una frazione di secondo lo sguardo gli si era pietrificato, il respiro gli si era bloccato in gola.

*P-promesso sposo?!*

“P-padre, cosa state dicendo”, si voltò Akane attonita verso il padre.

“Quello che ho appena detto, figlia. Domani stesso prenderò in sposa la nobile Kodachi e tra non molto convolerai a nozze con suo fratello Tatewaki”

Aprì le braccia, in un sorriso ignaro, come aspettando che la ragazza vi si gettasse e piangesse di gioia e gratitudine.

“Sp-sposarmi?! Ma cosa dite padre?!”

Il tono di Akane da sbigottito si stava facendo a poco a poco più duro e battagliero.

“Akane, figlia mia, ringrazia come si conviene. La famiglia Kuno è di antica e nobile origine e Tatewaki è un ottimo partito”

“Ma come posso sposarlo, neanche lo conosco! E poi… ‘Nuova madre’! Ma avrà poco più della mia età, non potrà mai essere una madre per me…”

Il principe stava cominciando ad alterarsi.
 
“Akane! Non osare mai più avere questo tono nei confronti della mia sposa! E’ una mia scelta, ponderata e sentita! Ognuno di noi sa bene qual è il suo posto nel mondo, e anche tu, figlia ingrata, devi stare al tuo!”

Le ultime parole furono una sferzata. Akane era visibilmente sconvolta, in pochi secondi la percezione del mondo intorno a lei si era del tutto rovesciata.

“Mai!”, urlò tra le lacrime, scappando via come una furia.

Ranma sentì l’impulso di scattare in piedi e correrle dietro, ma trattenne l’istinto, con la stessa violenza di chi trattiene a forza il proprio cane pronto ad azzannare un suo simile. Doveva restare lì, in attesa, fino a nuovo ordine.

“Perdonatela. E’ giovane e inesperta ed è cresciuta senza una madre. Ma la colpa è mia, l’ho sempre lasciata fin troppo libera di esprimersi”

“Mio buon signore, non datevi colpe che non avete”, era stata Kodachi a parlare, la sua voce era aggraziata, “Vedrete che la bambina ha solo bisogno di abituarsi all’idea. Troppe notizie tutte insieme, la sua reazione è stata naturale. Saprò farmi conoscere da lei e imparerà a volermi bene come a una madre”

“Mia cara…”, le prese la mano con stanca dolcezza.

“E mio fratello, lo sapete, è un gentiluomo. Non forzerebbe mai il cuore di una dama”
 
Uno sguardo di cortesia venne scambiato tra i due nobili.
 
“Sono sicura che saprà trovare il modo di entrare nelle grazie di vostra figlia, giorno dopo giorno”, il suo tono era rassicurante, ma Ranma non potè non cogliervi una nota sinistra.

I suoi nervi tremavano furiosi. Dannazione, era lì a terra senza poter dire o fare niente, costretto ad ascoltare le congetture di quella gente di cui lui non faceva parte, che tramava per il futuro di Akane, della sua Akane!
 
Chissà dov’era adesso, chissà se stava ancora piangendo…

“Ranma!”

“Mio signore?”

“Va’ a cercare mia figlia! Ragazzo mio,  a te dà ascolto: vedi di riportarla alla ragione”

Non se lo fece ripetere due volte. Balzò in piedi e dopo un rapido inchino scattò via in direzione di Akane.

“Un servitore molto solerte”, commentò Kuno.

“Non un servitore, no. Ma un buon ragazzo, un buon ragazzo davvero. Anche se non è nessuno per me, ammetto di provare per lui un certo affetto”

“Capisco”

“Vedrete che cambierà idea”, riprese Soun, “Mia figlia… Datele solo un po’ di tempo”

Queste ultime parole arrivarono come un brusìo ormai lontano alle orecchie di Ranma che si affannava a cercare la principessa, lungo i corridoi del palazzo.

Non sapeva spiegarsi perché il suo animo ribollisse tanto.

Forse aveva a che fare col fatto che non aveva mai tollerato che qualcuno facesse soffrire Akane.
 
Nessuno tranne lui, beninteso. Cioè, non che volesse farla soffrire, ma le volte in cui avevano litigato furiosamente non si contavano. Poi però avevano fatto sempre pace.
 
In ogni caso non era la stessa cosa. Lui non aveva mai voluto farle del male… E’ solo che erano entrambi testardi e orgogliosi e finivano spesso per scontrarsi. Ma era normale, no? Si conoscevano da una vita, pregi e difetti.  Sì, erano cresciuti insieme e in qualche modo avevano imparato a contare l’uno sull’altra.

Ma allora cos’era che l’aveva fatto infuriare tanto quella sera?

Ecco, sì, il fatto di non potersi alzare e dire la sua, di non poter ringhiare in faccia a quel damerino: “Giù le mani dalla mia Ak…”
 
Si bloccò di colpo.
 
La ‘sua’ Akane.
 
Come poteva pensare che Akane fosse ‘sua’?!
 
Che pensiero assurdo.
 
Akane era la principessa e lui... lui cos’era?
 
Il paggio del principe.
 
Un compagno di giochi e di allenamento.
 
Un amico… fraterno?
 
Senza cercarle, vennero a galla nella sua mente immagini a caso del loro rapporto, negli anni.
 
Akane a sei anni durante un inverno rigido che lo portava in spalla, lo adagiava sul futon e gli cambiava la pezza bagnata in fronte perchè a lui era venuta la febbre alta.
 
Akane, circa un anno prima, sotto di lui che durante il terremoto le si era parato davanti, proteggendola con le sue forti braccia da una trave in caduta libera.
 
Akane che poggiava una mano sulla sua, senza remore, come fosse la cosa più normale del mondo.
 
Akane e le gocce di sudore che sprizzavano via durante i loro combattimenti.
 
Akane e i loro giochi e le confidenze che si facevano da bambini, in giardino.
 
Akane a dieci anni che una volta si era intrufolata nella sua stanza, perché aveva sognato la madre e non riusciva più a dormire. E lui l’aveva abbracciata e lei si era accoccolata lì, fra le sue braccia. E lui aveva capito per la prima volta che l’odore di lei gli faceva girare la testa, tanto era buono. A pensarci bene quell’odore l’aveva cercato ogni giorno da quel momento. E l’aveva sempre ritrovato lì, accanto a lui.
 
E poi Akane e quel suo sorriso, declinato in mille modi, sempre caldo, sempre luminoso.
 
Ecco. Ecco cos’era che l’aveva fatto infuriare quella sera.
 
Il fatto che lui non poteva fare a meno di lei, che non avrebbe per nulla al mondo potuto starle lontano, che doveva proteggerla, sempre, a ogni costo.
 
Perché lui…

Trattenne il respiro davanti al pensiero che si stava facendo strada nella sua mente, ma che era sempre stato lì, inascoltato.
 
Le guance divennero bollenti e il cuore cominciò a battere all’impazzata.

Doveva trovarla!

Ricominciò a correre.


***
 
 
Akane correva a perdifiato, tirandosi su il kimono, con poca grazia, per non essere intralciata nei movimenti.
 
Correva e piangeva di rabbia.
 
Come aveva potuto suo padre prometterla in matrimonio senza dirle niente!
 
E a quel pallone gonfiato poi!!
 
E come aveva potuto presentarle quella donna come la sua ‘nuova madre’!
 
Non riusciva a perdonargli di avere usato quelle parole, lei che la madre se la ricordava appena, ma di cui conservava un ricordo dolce e avvolgente.
 
Rallentò il passo a quel pensiero e un singhiozzo più forte le scosse il petto.
 
Si guardò intorno. Si trovava dall’altra parte del palazzo, nel suo giardino preferito, disegnato da canali d’acqua e ponticelli.
 
Era sola.
 
Le era sempre piaciuto  andare a rifugiarsi sul tetto che dava su quel giardino, per guardare le stelle, spesso insieme a Ranma.
 
Non ci pensò due volte. Spiccò un balzo, frutto dei suoi allenamenti, e si ritrovò lì sopra, dove si accovacciò stremata sulle tegole umide.
 
La notte era appena calata, ma questa volta lei non alzò lo sguardo al cielo: aveva il volto basso, chiuso dalle ginocchia strette al petto, triste e indifesa.
 
Il suo cuore era ancora a mille. Si sentiva tradita da suo padre, ma c’era dell’altro…
 
Perchè era tanto furiosa?
 
Ripensò al momento in cui suo padre aveva pronunciato le parole “promesso sposo” e nel ricordo ricostruì sulla sua pelle lo sguardo bruciante di Ranma in quel momento.
 
Che vergogna!
 
Come aveva potuto suo padre parlare di matrimonio davanti a Ranma?
 
Non capiva perchè ma questo pensiero la torturava…
 
Eppure Ranma era sempre stato presente in tutti i momenti importanti della sua vita, condividendo con lei gioia e tristezza.
 
Perchè doveva essere diverso proprio ‘quel’ momento?
 
Si fermò a pensare a Ranma.
 
Ranma e le sue scenate di gelosia perchè lei a qualche festa aveva conversato con un ospite di bell’aspetto.
 
Ranma che si prestava ad andare di nascosto nelle stalle, prendere un paio di cavalli per trottare con lei ai margini della tenuta quando il padre era fuori dal palazzo.
 
Ranma a undici anni che le portava un mandarino dalle cucine e che poi la sfidava in combattimento per far sì che lei se lo conquistasse, per finire a mangiarselo assieme, spicchio dopo spicchio.
 
Ranma che le diceva ‘imbranata, maschiaccio, per niente carina’, e lei che gli rispondeva ‘baka che non sei altro’, e poi Ranma che rideva con lei e facevano pace, tra un pugno e un sorriso.
 
Ranma che la prendeva velocemente in braccio e saltava sul tetto per condurla in salvo da un bastone impazzito sfuggito di mano a Ryoga durante un allenamento. Pensandoci bene, in quel momento si era resa conto per la prima volta di quanto familiare  fosse l’odore di Ranma, di quanto caldo fosse il suo petto, e forti le sue braccia.
 
E poi Ranma che non l’aveva mai guardata come una principessa ma sempre e solo come Akane.
 
“Ran…ma”
 
Si rese conto con stupore di aver sussurrato il suo nome tra le lacrime che le rigavano silenziose il volto.

 
***
 
 
I piedi di Ranma si fermarono su un sentiero del giardino, il loro giardino.
 
Ansimando ancora per la corsa, con passo felpato cercò intorno con lo sguardo, quando il suo occhio fu catturato da una macchia rosso sangue a terra.
 
Sorrise e si inginocchiò a raccogliere quel fiore sciupato che poco prima era accuratamente sistemato dietro l’orecchio destro della principessa.
 
Lo avvicinò al viso e inspirò, non tanto il suo profumo, quanto per cogliere quello ormai sbiadito di lei.
 
Alzò lo sguardo.
 
“Akane. Lo so che sei lì”
 
Un piccolo sussulto ruppe il silenzio, e poi si fece largo una vocina che nonostante volesse mostrarsi forte tremava sul punto di rompersi in un singhiozzo.
 
“Tu sai sempre tutto, eh?”
 
A Ranma si strinse il cuore.
 
Ora che era lì, ora che l’aveva trovata, non sapeva cosa dirle. Soprattutto, non poteva dirle nulla di ciò che avrebbe voluto.
 
“Beh, so come ti senti in questo momento”
 
“No che non lo sai”
 
“Si può sapere perchè non sei mai un po’carina?”
 
“…”
 
“…”
 
“Ranma?”
 
“Mmm…”
 
“Sei ancora lì?”
 
“Ma certo che sono qui, testona, dove pensi che vada?”
 
“…”
 
“Akane, mi sento un’idiota a starmene qui, naso in su a parlare al vuoto! Ora salgo…”
 
“No!”, ci fu come un fruscio di stoffe sfregate grossolanamente contro la pelle bagnata del viso, “Sono un disastro in questo momento, non voglio che mi vedi!”
 
“Ma dai, lo sai che ho un debole per le donne prive di fascino!”
 
Fece un balzo e le fu accanto, sul tetto.
 
Lei se ne stava lì, immobile, illuminata dalla luna, occhi sgranati e lucidi, come un animaletto colto di sorpresa, un fagotto arruffato e bagnato.
 
Eppure la trovò bellissima.
 
Avrebbe voluto stringersela forte al petto, consolarla, come quella notte di sei anni prima, ma qualcosa glielo impedì.
 
Non avevano più dieci anni.
 
Deglutì sedendosi accanto a lei, nella speranza che lei non notasse che gli tremavano le gambe. Appena un po’. Ma gli tremavano.
 
Akane tirò su col naso.
 
“Sei uno stupido. So benissimo che sei qui perchè te l’ha chiesto mio padre”
 
“E invece la stupida sei tu”, si era voltato a guardarla, risentito e rosso in viso, “E’ vero, me l’ha chiesto, ma sono qui perchè lo voglio io! Volevo… vedere come stai…ecco…”
 
Akane lo guardò con un certo stupore, ma poi gli sorrise flebilmente, tornando a dare libera uscita alle lacrime intrappolate tra le ciglia.
 
“Beh, lo vedi come sto… non troppo bene a quanto pare…”
 
“Dai, non piangere”
 
Con una mano le prese il viso e cercò di asciugarle le guance con un polpastrello.
 
Lei scoppiò a ridere per quel gesto un po’ rude e maldestro.
 
“Ma se sei tu che mi hai insegnato a farlo?!”
 
I loro volti erano pericolosamente vicini, tanto che potevano sentire sulle labbra il respiro caldo dell’altro.
 
“A proposito, non ti ho mai ringraziato per questo”
 
Lui le fissava gli occhi profondi, col timore di non riuscire a risalire da quel pozzo in cui si stava specchiando la luna.
 
“Beh, sai com’è…”, sussurrò, con un tono a dire il vero molto lontano da quello dello scherzo, “far piangere una donna è un mio preciso dovere”
 
Akane scoppiò a ridere, smorzando quella specie di strana tensione che si era creata tra loro, e gli strattonò il codino in un gesto abituale e affettuoso.
 
“Sei proprio un baka!”
 
“Sì, il baka che finalmente è riuscito a farti smettere di piangere!”, gongolò, facendole una linguaccia.
 
Lo guardò ammirata.
 
Era vero, quel baka aveva un potere straordinario su di lei.
 
Il cuore cominciò a pomparle forte in petto.
 
Già, un potere davvero straordinario…
 
Lo osservò: nel chiaroscuro lunare i muscoli delle sue braccia erano ancora più disegnati e il collo aveva una linea tesa perfetta. Il viso era in parte adombrato dai capelli corvini, mentre un riflesso di luce bagnava le labbra leggermente socchiuse.
 
Senza che se ne rendesse conto il fiato le si accorciò.
 
Abbassò immediatamente lo sguardo.
 
Ma poi non resistette e lo rialzò subito.
 
Lui continuava a guardarla con un sorriso di sbieco, mentre se ne stava con un gomito sul ginocchio in una posizione sicura e al contempo un po’ sguaiata.
 
Questo era Ranma, quello vero, lontano dal contegno tenuto davanti al principe suo padre.
 
Il suo Ranma.
 
“E comunque io quello non lo sposo”, ci tenne a precisare.
 
“Guai a te, eh?”, le diede corda lui, contento di sentirla più serena. “Ma l’hai visto? Sembrava la maschera… Ti ricordi quando a palazzo sono venuti quegli attori per la festa dei ciliegi in fiore?”
 
“S-sì…”
 
“Quello con la ‘maschera del vanaglorioso’, te lo ricordi?”
 
“Ah ah, sì, hai proprio ragione, gli assomiglia davvero!”
 
“Era tutto un ‘Oh mia principessa venerabilissima…”, Ranma si impettì e deformando il volto in un ghigno superbo tentò di imitare la voce di Kuno.
 
“Ah ah, sì!... E non dimenticare la mano!”, gli ricordò lei porgendogliela.
 
“Ah, già!”, come lui afferrò quelle dita sottili, sentirono entrambi una piccola scossa, molto diversa da quelle che ci si passa senza volerlo al solo contatto nei giorni di vento.
 
Ma nessuno dei due diede segno di badarvi.
 
Si schiarì la voce, come per scacciare chissà quale pensiero scomodo e continuò la divertente manfrina, sollevando in aria con ampi gesti la mano della ragazza.
 
“ ‘Oh padrona del mio cuore!’ ”
 
“Sì, faceva proprio così!”, lo incitava lei.
 
“ ‘Eccomi qua, tutto profumato e sbarbato per voi!’ ”
 
“Ah ah, da spaccargli il muso!”
 
“Puoi giurarci, maschiaccio! ‘Sono ricco e bello, cos’altro di più può desiderare una donna? Altro che questa feccia che vi tenete accanto!’ ”, si bloccò di colpo improvvisamente imbarazzato, proprio nel momento in cui stava per simulare il baciamano.
 
Akane si fece improvvisamente seria.
 
“Ranma… Tu non sei feccia”
 
“Eh eh, no, lo so, ma voglio dire… è quello che intende lui… Cioè, lo avrà pensato di certo… è quello che pensa la gente del tuo… di quel rango…”
 
“Mio papà è di rango ancora maggiore e... Sì, lo so, stasera ha dato prova di non conoscermi affatto… Ma non lo pensa! No! Non lo penserà mai!”
 
“E tu?”, la guardò col viso abbassato, come a difendersi, gli occhi rivolti timidamente in alto verso di lei.
 
“Io cosa?”
 
“Non pensi che io sia un poveraccio buono a nulla?”
 
“Ma lo vedi allora che sei proprio un baka?! Ma dov’è finito lo strafottente Ranma-spacco-tutto-io?! Io non penso affatto che tu sia un poveraccio nè che tu sia feccia”
 
“Ah, grazie tante”
 
“Scemo, lasciami finire!... Penso che tu… che tu…”
 
“Che io?... Che io? Oh, insomma, non ti viene proprio, eh?! Avrò pure qualche qualità!”
 
“Guarda che non è mica facile dirlo!...”
 
“Dirmi cosa?”
 
“Che tu… tu… tu sei la persona che voglio vicino a me”
 
L’ultima frase fu buttata fuori in un soffio che aveva perso di colpo tutta la temerarietà di poco prima, lasciando entrambi, chi quella frase l’aveva pronunciata e chi l’aveva ascoltata, completamente di stucco.
 
Rossa in volto, per sfuggire allo sguardo di lui, fece la prima cosa che le venne in mente: poggiò un po’ goffamente il capo sul suo petto forte, nascondendosi, mentre con le mani saliva sulle scapole di lui – oh kami, ma cosa stavano facendo quelle mani?!- e si stringeva forte in quell’abbraccio improvvisato.
 
Ma nel sentire il calore del suo corpo, nel percepire l’odore di cui la sua casacca era pregna, pur avendo ancora il cuore che tamburellava imperterrito, qualcosa dentro di lei, nel profondo, si acquietò.
 
E le sembrò la cosa più naturale del mondo sussurargli: “Grazie di essere qui”
 
Ranma era come di pietra.
 
Una bellissima e imbarazzata statua di pietra.
 
Il suo corpo era immobile e teso, il fiato trattenuto, la testa non riusciva a pensare più a niente.
 
In quelle condizioni, le sue braccia si mossero di vita propria, e con uno scatto sgraziato la cinsero dietro la schiena, abbracciandola.
 
Akane si accoccolò meglio.
 
“Posso stare ancora un po’ così?”
 
“Beh, sì…”
 
Decisamente non avevano più dieci anni.


__

Ciao a tutti!
Ora si entra finalmente un po' nel vivo... Fatemi sapere cosa ne pensate! Ogni commento o consiglio è preziosissimo per me! Pertanto ringrazio infinitamente chi segue, ricorda e preferisce, e soprattutto chi scrive!
Un abbraccio!
InuAra
  
Leggi le 10 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<    >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Anime & Manga > Ranma / Vai alla pagina dell'autore: InuAra