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Autore: LadyHypno    21/08/2008    1 recensioni
"Takenori Akagi, terzo anno. Sono io, s’intende, non è che vado a presentarvi qualcun altro, visto che si parla di me. Vi starete chiedendo a chi mai potesse appartenere la voce femminile che mi ha appena smaronato i coglioni al cellulare. Non era la mia ragazza. Era mia sorella. Io non ho la ragazza, figuriamoci. Solo per farvi un’idea, i miei ragazzi in palestra e buona parte dei miei conoscenti mi chiama gorilla. Ecco, secondo voi, uno che viene chiamato gorilla, può permettersi di avere una ragazza?
Io penso proprio di no.
E poi io sono già innamorato di qualcuno.
Si chiama Basket."
E' vietato inserire il tag br alla fine o all inizio di una trama. Ladynotorius
Genere: Romantico, Comico, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Akagi Takenori, Altro personaggio
Note: OOC | Avvertimenti: nessuno
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-Si, ehm.. cioè.. ti.. ti ringrazio tantissimo ma.. ma anche no eh.. – *Dio Mio, Dio Mio Santissimo, ma perché mi fai dire ste cose affrettate?? Perchèèèèèèè??!*
Fiotti di lacrime immaginarie sgorgavano dagli occhi di Melanie. Era veeeramente nei casini, inguaiata in una situazione dalla quale avrebbe sì potuto ricavare dei vantaggi, ma che dall’altra parte.. beh, l’avrebbe costretta con un bel paio di catene di ferro ai polsi per moltissimo tempo. :cinque minuti prima:
-Ma quindi ti iscrivi?? Sul serio?? Come sono contenta!!-
Erano ormai le sei del pomeriggio inoltrate, e lei e Haruko stavano percorrendo la strada per arrivare a casa sua a braccetto, saltellando di tanto in tanto come due scolarette delle elementari.
Melanie era contagiata dalla felicità della piccola amica, e dal canto suo era ancora parecchio scossa dal fatto che aveva incontrato di nuovo Takenori, così non fece caso allo strano bagliore che, nascosto bene ma intenso, piano piano si faceva strada nello sguardo di quell’essere lì accanto..
Si riprese un istante, passandosi meccanicamente le dita sotto gli occhi per pulirsi di eventuali macchie di trucco, quando le venne un’illuminazione improvvisa.
Rallentò un poco.
-Senti Haruko-chan ma.. perchè sei così contenta che entro nel club?- Fece un sorriso teso, ma aveva la netta e terrificante sensazione di aver capito cosa la compagna avesse in mente.
-Ma come perché scemotta?? Adesso abbiamo ancora più cose in comune!!- eccole, lo sentiva, stavano per arrivare. –Non te l’ho detto, ma anche io so giocare a basket! In fondo il capitano è mio fratello.. – le stava per dire.. stava per pronunciare quelle parole infami.. uno spasmo di terrore profondo incrinò leggermente la maschera dietro la quale si stava nascondendo Melanie.. – Ora che sei nel club (in fondo devi solo avere l’approvazione ufficiale del capitano e del coach)..- bum, eccole. – SAI QUANTO TEMPO PASSEREMO INSIEME DA ADESSO IN POI???-
Craaaash.
La maschera che va in pezzi, la speranza di un esistenza tranquilla completamente distrutta da nove semplicissime parole.
Si certo, lei era la sorella di Takenori, essere amica di lei, significava potersi avvicinare a lui ma.. SANTE DIVINITà DI OGNI CIELO, NE VALEVA LA PENA???



Melanie si chiuse la porta alle spalle, richiudendo in un gesto automatico e senza neanche voltarsi il chiavistello con tre mandate di chiave.
Era in casa sua, nell’intimità di quattro mura spesse e solide, nella sicurezza dell’anonimato totale di ogni sua azione.
Fece crollare a terra ogni frammento della sua maschera, assieme con la cartella e il giacchetto.
Stress stress stress stress stress.
Si passò le mani sul volto, massaggiandosi le guance, la fronte e le tempie, rilassando quei muscoli che doveva contrarre in ogni momento della giornata per mantenere quell’espressione tranquilla e felice. Beh, non che non lo fosse, intendiamoci, aveva quasi tutto quello che si può desiderare in una vita di adolescente, quali abbastanza soldi, un corpo da favola e un bel po’ di contratti televisivi e discografici. Solo che non era veramente “felice”. Diciamo che era “contenta”. C’erano ancora troppe cose da addirizzare nella sua vita per poterla vedere veramente a posto.
-phrrrrrr- delle fusa quasi urlate interruppero quel momento così piacevole per i suoi muscoli facciali: Melanie si accucciò a terra afferrandosi le ginocchia con un braccio, mentre con la mano libera iniziava a coccolare il gattone bianco e paffuto che l’aveva così insistentemente chiamata. Si sedette, ancora con la schiena appoggiata al portone d’ingresso, permettendo al gattone di salirle in grembo.
Lo accarezzava sulla schiena, delicatamente, distrattamente, chiudendo gli occhi e volgendo il volto verso l’alto.
-Dimmi te se mi dovevo impiastricciare le mani in questa situazione fino a questo punto per un semplice ragazzo.-
Il gatto le rivolse uno sguardo un po’ bieco, come per darle ragione. Melanie alzò le mani, e se le guardò attentamente. Certo, se davvero voleva provare a giocare a basket, poteva dire addio alle unghie.
Senza volerlo, lo sguardo le si abbassò sui polsi, coperti da un paio di polsini bianchi a motivetti rosa. Sospirò forzatamente e abbassò di nuovo le mani sul gatto, che aveva iniziato a reclamare altre coccole, liberando la mente da ogni brutto pensiero, e sforzandosi di pensare a qualcosa di divertente.
-E chi la regge quella tutti i giorni attaccata alle chiappe?- le scappò un sorriso, sincero e spontaneo, che la fece ragionare un secondo sulle parole del suo agente, Jean. “Melanie, Devi piantarla di buttarti a capofitto in tutte le cose che ti si parano davanti cazzo. Che poi non riesci mai a portarne a termine una cazzo. Arriverà il giorno in cui rimarrai con la mano incastrata nel vaso, a cercar di prendere troppe noccioline, cazzo!”
Maledetta Nocciolina di un Takenori.
Si allungò un poco per raggiungere la borsa, tirando fuori un sacchettino giallo, deliziosamente ricamato in arancio e ocra: estrasse un pacchetto di Hope Light (che si rese conto con seccatura essere quasi vuoto) ed un accendino, e si accese una sigaretta. Il gatto, sentendo l’odore della sigaretta appena accesa, si alzò stiracchiandosi, e si allontanò, raggiungendo un altro gatto (sempre bianco, ma più piccolo e a pelo corto) che se ne stava da tempo sulle scale ad osservare.
Tirò una gran tirata di nicotina, mantenendolo per qualche secondo nei polmoni, per poi sbuffare fuori due lunghe folate di fumo nero dalle narici. Che poi, tra l’altro, sorgeva un altro piccolo problemino..

:::

-.. cioè che vuol dire che non hai mai preso una palla in mano?-
Ayako era un tantino allibita a quelle parole, anche se, un po’ per intuito femminile (in lei sovrabbondante, va ammesso.. n.d.Lady) ,un po’ per quello che era riuscita ad estorcere a Rukawa su di lei, se lo aspettava quasi..
Melanie si era presentata agli allenamenti in “tenuta da ginnastica”, ovvero con una maglia da danza, molto larga, con scollo a v fino a sotto il seno ma stretta sulle maniche e in vita, un top nero sportivo per nascondere le grazie del decolté ed un paio di shorts. Scarpe da ginnastica nuiove di pacca e scaldamuscoli rosa flash completavano un quadretto che definirei quasi.. divertente.
Akagi aveva (non senza una lunga nottata di discussioni mentali, domande poste al vuoto e ripensamenti vari) accettato la domanda della ragazza, con la condizione che, anche se in un battibaleno fosse riuscita a diventare una campionessa eccelsa, non avrebbe mai partecipato a nessuna partita ufficiale, in quanto squadra solo ed esclusivamente maschile. Aveva ricevuto qualche polemica dalla squadra titolare, specialmente da Mitsui (che insisteva col dire che sarebbe stata solo una distrazione per le matricole), da Rukawa (che nonostante tutto la riteneva solo una perdita di tempo (e di attenzione nei suoi confronti… Kaede egocentrico..)) e da Miyagi (che a dire la verità non è che fosse proprio contrario, solo che non era d’accordo sul fatto che Ayako fosse costretta a concentrarsi solo sulla nuova arrivata, invece di osservarlo nelle sue prodezze sportive), ma il capitano aveva ribattuto con serietà e fermezza che il regolamento non vietava A NESSUNO di entrare a far parte del club, in quanto “aperto a tutti” (come riportava la descrizione del club nell’elenco in bacheca), e che quindi spettava solo a lui decidere.
Le due ragazze se ne stavano in un angolo della palestra, mentre sul campo Akagi e Kogure terminavano di disporre i vari strumenti per l’allenamento odierno. –E va bene dai, modestamente la mia bravura nel portar su campioni è diventata proverbiale dopo la magica magica magia che son riuscita a fare con Hanamichi, quindi,… fidati di me, ti farò diventare bravissima in men che non si dica!- Le parole erano senza dubbio incoraggianti, ma l’espressione lasciava intravedere chili e chili di dubbi.
-Va bene ragazzi forza, tutti dietro di me. - La voce del capitano tuonò nella palestra, zittendo tutte le chiacchere e i litigi in corso. Haruko, con le sue amiche, osservava dal portone della palestra, affiancata dalle fan di Rukawa, che manco cascasse il mondo non si perdevano nemmeno un allenamento del loro “Brad Pitt domestico”: erano state appena rimproverate dalla piccola Akagi per le bruttissime parole che avevano iniziato a lanciare contro la nuova arrivata, ipotizzando una mossa tattica della Idol che (secondo loro) era entrata nel club solo per potersi fare il “Loro” Rukawa. Ma la voce di Haruko aveva appena fatto loro vento, tanto che non smettevano un secondo di confabulare tra di loro, additando di tanto in tanto la biondina e lanciando sguardi assetati di sesso a Rukawa.
- Bravi, adesso Melanie, forza vieni qui davanti a noi. –
La ragazza si separò da Ayako, svolazzando sul parquet e raggiungendo la squadra, che la osservava con una variegata gamma di facce, dalla completa adorazione (Kogure) alla diffidenza, all’imbarazzo, alla semplice ed innocente curiosità.
-Bene, come tutti i nuovi membri del club, voglio che ti presenti, comunicandoci altezza, peso, precedenti sportivi e, se ne hai, i tuoi Hobby.-
Akagi era impassibile, e Melanie so stupì di quanto il ragazzo fosse in grado di assumere una carica autoritaria allucinante al cospetto della propria squadra. Si affrettò a inchinarsi all’intera formazione di fronte a lei, facendosi cadere la lunga treccia bionda davanti al petto, e, una volta alzata, si rivolse con sguardo fermo al capitano.
- Piacere di conoscere tutti voi, Mi chiamo Melanie Barker, sono alta un metro e settantadue centimetri, peso cinquantanove chili e non ho mai toccato una palla da basket in tutta la mia vita. Mi piace cantare e suonare.-
Seria, concisa e sincera.
-Uhm, va bene.. Ayako ti ha già detto che per un certo periodo farai solo i primi minuti di riscaldamento con noi, in quanto devi imparare le basi del gioco per poter iniziare ad allenarti insieme alla squadra.-
-Le basi sono essenziali.- ripetè con voce bassa la ragazza. Akagi sorrise a quella affermazione, era felice che la pensasse come lui.
Melanie si sentì posare un braccio sudaticcio sulle spalle, e, alzando gli occhi, notò, molto in alto, al culmine del braccio, una testolina rossa un po’ spettinata. –Ehi Mel, stai tranquilla, so come ti senti, anche io sono passato dalla tu stessa via, e guarda un po’ che campione che sono adesso… - La ragazza lo ascoltava attenta, convinta si trattasse di un discorso serio e costruttivo.. – ANCHE SE bisogna ammettere che tu in primo luogo essendo donna, in secondo luogo data la mia innata dote di genio, non potrai mai raggiungere le mie.. –
*SBONK*
Un fumante bernoccolone spuntò dai ciuffi scarmigliati del rossino, mentre Melanie rimaneva un po’ interdetta.
-Gorilla maledetto! Ma che fai???? Io stavo solo insegnando qualcosa di importante alla nuova arrivata cazzo! – Ma stai zitto Sakuragi! E torna al tuo posto!! Fatti tre giri di campo a scatti, invece di dire idiozie!-
-Ti sta bene.. idiota..-
-RUKAWA! Chi sarebbe l’idiota Kitsune del Diavolo??io ti ammazo di botte! Ti disintegro!-
-Si certo, come se tu fossi capace di farlo..-
-AAAAAAAARGH!!!! –
*SBONK(alla seconda)*
-PIANTATELA RAZZA DI DECEREBRATI!-
-Sgrunt.-
Miyagi si avvicinò alla ragazza, posandole una mano sulla spalla.
-Te la sei voluta eh, qui è tutti i giorni in questa maniera.. vedrai che ci farai l’abitudine.-
-Vuoi dire che Takenori tira sempre quei sestanti paurosi in testa alla gente?- la voce le tremava un tantino, mentre la sua mente correva già alla sua povera testolina, immaginandosela così antiestetica con quel brutto bernoccolo.
-No tranquilla, lo fa solo con quei due. Con loro, o fai così, o fai così. Oppure usi il lanciafiamme, però poi si sciupa il parquet.-
Melanie sorrise al ragazzo, mentre si tranquillizzava un tantino.
Akagi fece ritorno da lei ancora con la vena sulla fronte pulsante, ma fu in grado di riprendere subito il controllo e rivolgersi alla matricola con gentilezza, ma con un’espressione estremamente seria. Parlò con un tono di voce più basso rispetto a prima, tanto che non era preoccupato di farsi sentire da tutti i presenti nella palestra.
- Il basket non va sottovalutato Melanie. Bisogna trattarlo con il rispetto che merita, e impegnarsi per poterne coglierne poi i frutti. Se ti impegnerai e diventerai brava, ti assicuro che potrai entrare a far parte a pieno titolo del nostro club, anche se, come ti ho detto, non potrai partecipare alle partite ufficiali. Ma la cosa più importante è che, finché i tuoi piedi saranno posati su queste assi di legno, e il tuo corpo se ne starà all’interno del perimetro del campo, tu sarai esattamente come noi, né una Idol, né una persona famosa, semplicemente una matricola. Siamo d’accordo? –
Akagi le tese una mano, continuandola a fissarla negli occhi.
Melanie si sciolse letteralmente, abbandonandosi per un secondo in quegli occhi neri carichi di passione e di amore per quello sport che doveva di certo essere tutto per lui.
In ogni posto in cui andava, con ogni persona che incontrava, non era mai in grado di mostrare se stessa per come poteva o avrebbe voluto essere, sempre costretta a indossare quella maschera di perfezione che la televisione le aveva, anche con la sua approvazione, creato su misura. Era da molto tempo che desiderava qualcuno che le dicesse qualcosa del genere, e che la trattasse semplicemente per quello che era. Sorrise, e strinse la mano del ragazzo, parlando sinceramente, a cuore aperto.
- Non chiedo di meglio, mio capitano. -






  
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