Halloooo! Das ist das letzte
Kapitel!!! Buona lettura e
grazie mille per avermi seguito anche in questa storia…Spero che anche voi,
alla fine, penserete che, nonostante tutto sia valsa la pena!!! A presto,
spero!
Per
Sbadata93: Hallo, Regan! Siamo di nuovo all’ultimo
capitolo di una ficcy! Me triste! Anche
Bill e Tom mi guardano un
po’ dispiaciuti… (Tom: Che ne dici di una ff sulle mirabolanti avventure dell’uomo più pratico del
mondo? Bill: Stai parlando di me, vero? Tom:…Sii serio, fratello…chi è che sa cucinare, lavare i
panni, ti medica quando ti fai male, praticamente ogni
giorno?!? Bill: SI!!!!
Scrivi di Gustav!!!! Me:
Basta voi due!!! Non ho ancora finito questa
ufficialmente e già ricominciate?!? E poi voglio idee costruttive, non semplici
suggerimenti!!! Bill e Tom tacciono un secondo. Bill:
Pensa pensa…) Uff! Ok, torniamo a noi! Voglio
ringraziarti ancora! Grazie per il tuo sostegno irriducibile! Spero di non
deluderti! Ci sentiamo, ok? Kuss!
Dein Billou^^! Ps.
Ovviamente salutami chi sai tu!
Per Hermyone: Hallo!!! Sono davvero
felice che questa mia ff ti sia piaciuta, almeno fin’ora! Spero di non deludere le tue aspettative
nemmeno con quest’ultimo capitolo! Per quanto
riguarda le idee di Tom…Non so che dire…Cioè, alla fine io scrivo solo ciò che percepisco…Resta
sempre e solo la mia opinione! Comunque grazie del
bellissimo complimento! Mi ha fatto davvero piacere^^! Per concludere…Grazie
perché mi Lovvi!!! Ahahah!
Mi hai fatto venire in mente la mia Natalie che me lo
dice sempre^^! A presto allora^^! E grazie a te!
Ein Alptraum: mien Leben ohne dich…
…vier…
Toc toc.
Un leggero bussare alla
porta.
Seduto sul letto di Bill, le gambe incrociate, alzai il capo, senza rispondere.
Mia madre attese un secondo poi, non ottenendo risposta, aprì
la porta lentamente. Un piccolo spiraglio di luce entrò nella stanza immersa
nel buio. Mia mamma mi gettò un’occhiata preoccupata. Io, immobile, il viso
rigido, ricambiai il suo sguardo.
“Ha chiamato Andreas…” iniziò, poi si interruppe,
in attesa di una mia reazione.
Continuando a fissarla,
rimasi immobile, in perfetto silenzio.
“Tom…”
ricominciò poco dopo “…hai sentito quello che ho detto?!?”
Deglutii, nessuna voglia
di rispondere, consapevole che, dell’umore in cui ero, non sarei
stato gentile. Con nessuno.
“Tom!”
continuò lei “Vuoi deciderti a dire qualcosa?”
Continuai a fissarla in
silenzio, il volto che si irrigidiva sempre di più.
Volevo che se ne andasse. Volevo che mi lasciasse riflettere, attaccarmi
al sorriso di mio fratello, presente nei miei ricordi. Sapevo che non mi sarei
arreso, davanti a nulla. Non potevo accettare di perdere una parte di me, qual’era il mio gemello.
“Tom…”
disse ancora.
Chusi gli occhi, espirando,
desiderando che se ne andasse, che non mi obbligasse
ad essere ciò che, senza Bill, a poco a poco, stavo
diventando. Insensibile. Indifferente.
Si mosse. Riaprii gli
occhi, guardandola mentre si avvicinava. Si sedette sul mio letto, proprio di
fronte a me.
“Parliamo un po’, ok?” iniziò, cercando di sorridermi.
Osservandola, con uno
sguardo che non riuscivo a levarmi dal volto,
continuai a tacere.
“Perché ti comporti
così, Tomi?” interloquì “Che cos’hai? E’ successo
qualcosa?”
Continuai a tacere,
mentre lei continuava a parlare.
“E
forse per via del divorzio?” domandò poi, la voce rotta dal pianto. Nonostante la poca luce, notai che i suoi occhi si stavano
riempiendo di lacrime.
Abbassai lo sguardo,
fissando il pavimento. Anche se ci avessi provato, non
sarei riuscito ad essere gentile. Anche se mi
dispiaceva per lei e non volevo farla soffrire, il vuoto dentro di me era
troppo enorme, per permettermi di mostrarmi gentile, compassionevole. Se avessi parlato, se avessi tentato di consolarla, rassicurarla,
sapevo che sarei stato io a crollare. Sarei crollato, senza alcuna
possibilità di riprendermi. Non c’era Bill. Non c’era
mio fratello, colui che capiva, senza bisogno che
dessi un nome ai miei sentimenti. Non c’era Bill, la
persona per cui mi ero sempre sforzato di essere
forte, che dovevo proteggere. L’unica persona che non mi
faceva sentire un debole, quando tentennavo. Io ero quello che ero, perché lui era ciò che era. Senza di lui, non ero io.
Ero solo un ragazzo che, nonostante la gran voglia di piangere, non poteva
permettersi di farlo. Nessuno sarebbe stato in grado di consolarmi ed io, distrutto
emotivamente, forse mi sarei rassegnato, mi sarei arreso. Avrei smesso di
cercarlo, cedendo alle tenebre di questa vita. E non
potevo permettermelo.
Mi alzai,
all’improvviso. Lei mi fissò esterrefatta, senza capire. Uscii dalla stanza,
avvicinandomi alla porta d’ingresso. Mia madre mi corse dietro.
“Tom!
Dove vai?” domandò.
Non ebbi bisogno di
voltarmi a guardarla, per sapere che stava piangendo.
Lo capii da come tremava la sua voce. Deglutii, una stretta al cuore, incapace
di parlare.
“Tom!”
chiamò ancora lei, senza muoversi. Mi voltai ad osservarla. Accanto al vano
della porta di camera mia, mi guardava, preoccupata. La scrutai negli occhi.
“Vado a prendere un po’
d’aria. Torno presto”
Anche se tentai di non
utilizzare un tono di voce troppo duro, mi resi subito conto che, come avevo
immaginato poc’anzi, al momento per me era davvero
impossibile essere gentile.
Mia madre continuò a
fissarmi, senza parlare. Paura. Ciò che percepii provenire da
lei. Improvvisamente, seppi che non avrebbe fatto
nulla per fermarmi, troppo spaventata all’idea che potessi non tornare.
Ringraziandola mentalmente, incapace al momento di esprimere alcun tipo di
sentimento, mi voltai, aprendo la porta di casa, richiudendola piano.
Danke, Mami…,
pensai ancora, mentre mi allontanavo.
Se avesse tentato di
fermarmi, sarebbe accaduto davvero ciò che temeva. Non sarei più tornato. Lasciandomi
andare invece non aveva accelerato la mia caduta. Almeno per il momento, ero salvo…, pensai, allontanandomi sotto la pioggia
battente.
Quando rientrai in casa
quella sera, era praticamente notte. Di mia mamma,
nemmeno l’ombra. Espirai, più tranquillo. A quanto pareva lo stesso istinto di
poco prima, le aveva suggerito che era meglio non fare
nulla, se non voleva aggravare le cose. Per l’ennesima volta,
le fui grato, pur consapevole che ora era perfettamente conscia di non poter aiutarmi.
Con un peso in più, mi misi il pigiama poi, dopo aver disfatto
di nuovo il mio letto, strappando via la coperta, mi sdraiai su quello di Bill. Raggomitolandomi, sospirai, cercando di dimenticare quanto
la solitudine fosse in grado di corrodere l’animo umano.
“AAAAAAAAAAAH!”
Un urlo, in piena notte.
Svegliandomi di soprassalto, sgranai gli occhi, cercando di abituarmi al buio
della stanza. Un secondo più tardi, qualcuno mi fu
addosso, gettandosi sul mio letto.
“Tomiiiiii…”
Deglutii,
poi, senza più riuscire a controllarmi, iniziai a piangere, in
silenzio. La mia schiena, invasa dai brividi per l’emozione forte ed
improvvisa.
“Tomi…” ricominciò la voce assonnata di mio fratello “Perché piangi, Tom?” domandò subito dopo, osservandomi in volto,
nonostante il buio.
“Niente, Bill, niente…” risposi subito io, felice, anche se ancora
un po’ incredulo.
Allungai la mano,
accendendo la luce.
“Neeein!”
mugugnò subito mio fratello, accecato.
Bill, seduto sul mio letto,
si portò le mani sul viso, poi, a poco a poco, le scostò.
Lo guardai, i capelli scompigliati. Era proprio come me lo ricordavo…, pensai,
realizzando un secondo dopo che, anche se mi erano parsi giorni, in realtà non
era trascorsa nemmeno una notte. Gli sorrisi, asciugandomi le ultime lacrime.
“Hai avuto un incubo?”
domandò lui, guardandomi ancora un po’ preoccupato.
“Lo chiedi perché tu ne
hai avuto uno?”
Bill annuì, poi incrociando
le gambe, sistemandosi meglio sul mio letto, allargò le braccia, iniziando a
raccontare “Tu non immagini nemmeno la paura che mi sono preso!” iniziò, mentre
io lo fissavo, consapevole che
anche lui non poteva immaginare la paura che avevo avuto io, durante il mio
interminabile incubo. “Dei ragni giganti, Tom!”
esclamò, tremando ancora al solo pensiero, continuando a spiegare “Ragni
giganti ovunque…Si avvicinavano…Volevano mangiarmi!” concluse,
gli occhi pieni di terrore.
“Non accadrà” lo
rassicurai subito io, sentendomi di nuovo me stesso.
“Come fai ad esserne
così sicuro?” continuò lui, non del tutto convinto.
“Beh, se ci tieni così
tanto ad essere mangiato…” risposi io, scherzando.
“Nein!”
ribadì lui, un secondo dopo, allibito.
Alla sua espressione,
risi. Il petto ora era leggero, nessuna inquietudine
che potesse opprimermi il respiro. Bill mi sorrise,
prima di tornare a chiedere “Stai meglio, ora?”
“Si…e tu?”
Mio fratello tremò
ancora, per un secondo, probabilmente ripensando ai ragni “Non sono ancora del
tutto convinto del fatto che non mi mangeranno…” concluse, prima di saltare giù
dal mio letto.
Lo osservai avvicinarsi
al suo. Lo spinse più vicino al mio, poi si risdraiò.
“Spengo?” domandai.
“Uhm…” mugugnò lui, non
molto convinto.
Mi voltai
a guardarlo, sorridendogli “Tranquillo, Bill, non
esistono ragni giganti in Germania…” lo rassicurai ancora, allungando la
mano verso l’interruttore.
“Buono a sapersi…” disse
lui, sorridendomi.
Click.
La stanza ricadde di
nuovo nel buio. “Però ci sono molti ragni di
dimensioni ridotte…” lo stuzzicai.
Mio fratello, nel suo
letto, sbuffò “Sei sempre il solito insensibile, Tom!” mi ribeccò subito.
Fissai
il soffitto, sorridendo, perfettamente consapevole che Bill
non lo pensava realmente.
Ripensai
al sogno, a come la mancanza di mio fratello mi stesse davvero facendo
diventare insensibile. Quel mio essere insensibile, era l’unico modo di
sopravivere senza di lui…, mi dissi, tristemente, consapevole che, quando una
persona diveniva indifferente a tutto, smetteva anche di vivere. Sospirai. Grazie
a Dio, era solo un incubo…, mi dissi, ripromettendomi
di dimenticarlo il prima possibile.
“Bill..”
chiamai poco dopo.
“Ja?”
rispose subito lui.
“Stai ancora pensando ai
ragni?” domandai.
Mio fratello scattò nel
letto, come se qualcosa lo avesse toccato “Uffi, Tom! Piantala di farmi pensare ai
ragni! Se no non riuscirò
più a dormire!” si lamentò.
Ricadde il silenzio.
“Bill…Mi
dici qual è la cosa che ti fa più paura?”
Mio fratello si voltò verso di me, per osservare la mia reazione alle sue parole
“La mia paura più grande è deluderti e rischiare di perderti…” confessò
candidamente.
Deglutii, ripensando
ancora al sogno.
“E
la tua?” domandò lui, un secondo dopo.
“La più grande?” iniziai con voce scherzosa “Che l’evoluzione della specie porti le
maggiorate all’estinzione!” risposi convinto.
Bill rise,
fissandomi in volto “Sei sempre il solito, Tom!”
Sorrisi “Anche tu, Bill…”
“E’ questo il bello, no?!?” concluse mio fratello, raggomitolandosi meglio sotto
alla coperta.
Annuii “Gute nacht, kleiner
bruder…”
Bill sbadigliò, poi rispose,
la voce assonnata “ ‘Nacht, grosser bruder!”
Tornò il silenzio.
Incapace di riaddormentarmi subito, ancora un po’ sconvolto dal sogno, osservai
il soffitto. Bill, nel letto accanto, dormiva sereno.
Mi voltai verso di lui. Aveva avvicinato il letto, come faceva sempre dopo aver
avuto un incubo, come se volesse essere sicuro che io gli fossi vicino.
Sorrisi, pensando che, anche se io non lo mostravo così palesemente, anche per
me la sua presenza era davvero importante.
Non per niente, io e lui
eravamo fratelli…, mi dissi, sorridendo, scivolando lentamente in un sonno
senza incubi.
Das Ende.