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Autore: liserc    21/08/2008    3 recensioni
Quando mi sedetti sulla sedia di fronte alla sua, cercai di aprire il volto in un sorriso.
Niente da fare: era stata una giornataccia, e il volto si ostinava a rimaner contratta in una smorfia.
Lui, con il sorriso che poi imparai a conoscere così bene, alzò il volto nella mia direzione, indirizzandomi un cenno di saluto.
“Piacere, Nicola.” Sorrise, aspettando una mia risposta.
Genere: Romantico, Malinconico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Dedicata alla Leela, che mi ha fatto da Beta *_*.
Dedicata alla Gem, che è stata la prima a leggere.
Love <3


Lucia


Lucia.
Oggi ho preso un respiro profondo e mi sono messa a rivangare il passato, cercando di rammentare ogni attimo della mia adolescenza.
E poi, mi sei tornata in mente tu.
Non ti ho mai dimenticata davvero, probabilmente. Semplicemente, sei rimasta in un angolo, aspettando il momento migliore per uscire allo scoperto.
Ho passato parecchio tempo della mia vita odiandoti, Lucia.
Ma forse, con il senno di poi, posso capire che quello che hai fatto è stato giusto, corretto, proprio la cosa che avresti fatto tu. E infatti l’hai fatta.
Nicola.
Oh, ti ricordi di lui, vero, Lucia? Non l’hai dimenticato, vero? No, non puoi averlo fatto. Come non l’ho fatto io.
Quanti anni avevo quando l’ho conosciuto? Forse quattordici, anche se, pensandoci ora, dimostravo più anni di quanti in realtà non ne avessi.
Era un ragazzo ancora acerbo: occhi grandi e azzurri ancora da bambino, i capelli scompigliati come quelli di chi ha corso troppo a lungo, neri come non ne ho più visti.
Aveva un fisico asciutto, ma di ragazzino non ancora cresciuto: cominciava appena ad alzarsi un po’, quando l’ho visto per la prima volta.
Spalle sottili, un corpo esile e fin troppo magro, dove i muscoli erano quasi totalmente assenti.
Non amava lo sport, preferiva passare i suoi pomeriggi nella biblioteca della scuola, in cerca di un po’ di pace e silenzio.
L’ho conosciuto lì; in quella stanza grande e odorante di vecchio l’ho visto per la prima volta.
Aveva l’accenno di un sorriso sulle labbra sottili, e sfogliava lentamente un libro all’apparenza molto vecchio.
Il titolo, scolorito dal tempo, rimandava a storie di Elfi, Folletti e creature fantastiche.
Molte persone avrebbero riso e sarebbero andate avanti; io non lo feci.
Mi sedetti al suo tavolo, incuriosita: era la prima volta che lo vedevo, e già da allora mi pareva così particolare, così unico nel suo fascino, che mi attirò in maniera inspiegabile.
Quando mi sedetti sulla sedia di fronte alla sua, cercai di aprire il volto in un sorriso.
Niente da fare: era stata una giornataccia, e il volto si ostinava a rimaner contratta in una smorfia.
Lui, con il sorriso che poi imparai a conoscere così bene, alzò il volto nella mia direzione, indirizzandomi un cenno di saluto.
“Piacere, Nicola.” Sorrise, aspettando una mia risposta.
Io rimasi incantata ad ascoltare la sua voce, così pura e unica. Quello mi sventolò scherzosamente una mano davanti agli occhi “Ehi?” chiese.
Io scattai, sorpresa, per poi realizzare quel che stava accadendo. “Oh. Io sono Azzurra, piacere mio!” Esclamai, con le gote rosate dall’imbarazzo.
La nostra amicizia cominciò così. Ogni giorno ci ritrovavamo in quella stessa biblioteca, ci sedevamo allo stesso tavolo, e stavamo ore seduti uno di fronte all’altra, in silenzio, leggendo.
Lo vidi crescere, in quegli anni di amicizia, che si riduceva soltanto ad alcune ore assieme e rare parole; nessuno sapeva molto dell’altro, ma a noi andava bene così.
Quando compimmo i sedici anni, abbandonammo i libri a solitarie serate, per dedicarci alle chiacchiere.
Prendemmo a parlare sempre più spesso, conoscendoci più a fondo.
Penso sia in quel momento che cominciai ad innamorarmi di lui.
Crescendo si era fatto alto, aveva perso quell’aria di eterno bambino per assumerne una da giovane ragazzo solitario.
Forse era quell’aura che mi affascinava così tanto, chissà. Forse era la sua voce, la sua risata.
Ero sempre stata una ragazzina timida, e avevo paura di rovinare l’amicizia che ci legava, così passavo la maggior parte del mio tempo a sognare la possibilità di averlo tutto per me, cosa che non sarebbe mai avvenuta.
Fu proprio in quell’anno che comparisti tu, Lucia.
Sei arrivata come una farfalla in primavera, e ti sei innamorata subito di lui.
Molte, a quei tempi, l’avevano notato; tu avevi avuto il coraggio di avvicinarti, di diventargli amica, proprio come me.
Inizialmente avevi solo preso a salutarlo quando lo incontravi, e la cosa non m’infastidiva. Pareva che lui non si curasse molto di te.
A me andava bene così: eravamo sempre insieme, sempre soli, io e lui.
Poi hai cominciato a parlargli più spesso, fermandoti a discutere di libri che stavi leggendo, attirando così la sua attenzione. E la mia.
Sì, perché capivo bene le tue intenzioni, e non mi andava bene.
Ero sempre più scontrosa e irritata, tanto da non rendermi conto che qualcosa in Nicola era cambiato.
Era sempre più silenzioso, tanto da parlare poco anche con me. Inizialmente avevo pensato che la causa fosse il mio comportamento scontroso, ma mi dovetti presto ricredere: qualcosa doveva essere successo, perché il suo sguardo era sempre triste e sfuggente, e più di una volta mi parve di vedere una lacrima solitaria scendere sulla sua guancia.
Non sapevo come comportarmi, come agire: ogni volta che tentavo di avvicinarmi si chiudeva in sé stesso, allontanandomi.
Ero distrutta, disperata. Nessuno poteva fare niente per me.
Tu, invece, Lucia, eri ostinata a fargli tornare il sorriso.
Ti odiai, per questo! Oh, se lo feci! Non lo lasciavi più un attimo, e io soffrivo ancora di più. Ovviamente tu non parevi accorgertene, eri convinta come tutti gli altri che il rapporto fra di noi si fosse rotto del tutto.
Ogni attimo della giornata ti vedevo rincorrerlo, cercando di farlo ridere, chiedendogli spiegazioni per il suo comportamento.
Ridevo sarcastica, perché ero convinta che lui non si sarebbe mai aperto. Non l’aveva fatto con me!
Ma ben presto il mio sarcasmo si spense, affogando nella sorpresa: Nicola aveva ripreso a parlarti normalmente, e sempre più spesso vi vedevo a ridere e scherzare.
E io? Io che fine avevo fatto nel suo cuore?! Non volevo avvicinarmi, ferita e arrabbiata, e vi osservavo da lontano, mentre ridevate e scherzavate.
Quando non eri con lui, vedevo il suo volto scurirsi, e lui si faceva rabbioso e triste.
Capii fin troppo presto che eri diventata molto importante per lui, forse troppo. Vi innamoraste, lo scoprii per caso; camminavo nella biblioteca, rimembrando i ricordi felici che quel luogo mi mandava, quando vi vidi.
Eravate seduti al nostro tavolo, quello che ci aveva fatti conoscere, che ci aveva visti crescere e diventare amici… E vi stavate baciando.
Amore, ecco cos’era nato, nei vostri cuori!
E io ne ero stata tagliata fuori per sempre.
Ancora oggi mi pento del mio comportamento, dicendomi che forse avrei potuto fare qualcosa di più, avrei potuto stargli vicino.
Ho scoperto molto dopo cosa lo rendeva triste: sua madre, quella donna tanto simile a lui che avevo imparato a conoscere, era morta.
Alla notizia il mio cuore si ruppe dal dolore; avevo perso te e ti avevo fatto soffrire più di quanto meritavi.
Piansi a lungo, e quegli anni che dovetti passare vedendoti assieme a lei così spesso, li odiai con tutta me stessa.
Sì, perché non smisi mai di amarti, neanche ora.
Sono passati quindici anni dal nostro primo incontro, e ancora penso spesso a te, chiedendomi che cosa ti è successo, se ti sei sposato, se sei ancora vivo.
Chiudo l’album di foto che tengo in grembo, sfilando una foto dei miei sedici anni. Non so chi l’abbia scattata – o meglio, riconosco la ciocca di capelli biondi caduta sull’obbiettivo, ma vorrei non farlo.
Ci raffigura insieme, sotto uno dei tanti alberi del giardino della scuola, spalla contro spalla.
Siamo sorridenti, ridiamo, siamo ancora amici. Ma nel tuo sguardo c’è già un presentimento di tristezza, che ora so a cosa è dovuto.
Stringo la foto fra le mani, con una lacrima che mi scivola lungo la guancia. Grazie Lucia. Grazie per averlo fatto vivere. Io non ne sarei stata capace.
Mi aggrappo a quel disperato ricordo di noi, per poi abbandonarmi ad una supplica. “Proteggilo, Lucia, fallo per me. Te ne prego” sussurro, riponendo il pesante tomo su una mensola della libreria.



In realtà non è granchè, vero?
L’ho scritta di getto, prendendo lo spunto da una semplice frase :D Chissà perché leggendola ho immaginato tutto ciò.
Beh, che ve ne pare? È corta, alquanto sintetica, non particolarmente eclatante, ma a me è piaciuta! ^^
Che dite, potrei farne una long dilungandomi un po’ nel raccontare il tutto? Uhm, non sono molto coerente, non so se riuscirei a portarla avanti, però.
Va bene, fatemi sapere con una recensione, mi raccomando *_*!
Elena
Ps: Ancora grazie, Leela, per avermi fatto da Beta! :****
Ps2: Della serie: non scassiamo mai le cosiddette! Mi faccio un po' di pubblicità! Se vi va, andate qui: www.lisaEFPspace.splinder.com
  
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