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Autore: As_tat    26/06/2014    0 recensioni
Nel futuro di True Blood, descritto da Charlaine Harris, Helena conduce un'esistenza raminga e solitaria, all'apparenza una semplice ragazza trasandata, come se il destino l'avesse sbatacchiata da una città all'altra senza apparente motivo. Questo finchè una notte, in un bar nella periferia di qualche cittadina sperduta, una sua vecchia conoscenza non rientra in modo prepotente nella sua vita, distruggendo in poche parole l'identità che Helena era riuscita a costruirsi. Ricordandole che lei non è la semplice umana che interpreta e che il fatto che stia scappando dal mondo sovrannaturale non significa che quella realtà dolorosa abbia smesso di esistere. Nè che lei abbia smesso di farne parte.
I personaggi di questa storia sono completamente originali e di mia invenzione, l'universo è invece quello creato da Charlaine Harris nel "Ciclo di Sookie Steakhouse", per cui i miei assunti sono gli stessi (esiste il sangue artificiale e la presenza dei vampiri è stata rivelata agli esseri umani, esistono altre creature sovrannaturali di cui però gli umani non sanno ancora nulla). Non escludo che in futuro alcuni personaggi del ciclo possano comparire nella storia, ma per ora non ce ne sono.
Genere: Avventura, Dark, Sovrannaturale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Un po' tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Capitolo 2

I primi chiarori tenui dell'aurora sfumavano il cielo notturno con una luce cobalto. Helena spostò lo sguardo sull'orizzonte sagomato dal profilo di un fitto bosco di conifere, dove i raggi del sole cominciavano ad intravedersi, ed inspirò a fondo l'aria densa e umida del mattino ancora acerbo. Mantenendo il passo che aveva in quel momento e continuando a costeggiare quella strada, avrebbe raggiunto il posto indicato sul biglietto datole da Terence nel giro di tre quarti d'ora, un'ora al massimo. O almeno, così aveva stimato.
Aveva abbandonato quel catorcio che per qualche mese si era ostinata a chiamare auto, ovviamente aperto e con le chiavi inserite nel quadro, nel parcheggio di un'area di servizio, alla mercé del primo ladruncolo, e aveva cominciato ad incamminarsi a piedi circa mezz'ora prima.
Il borsone a tracolla che conteneva tutti i suoi pochi averi cominciava a farle dolere la spalla, ma non le dispiaceva comunque camminare. Certo, non le sarebbe dispiaciuto neanche poter fare l'autostop per raggiungere la sua meta, ma a quell'ora e in quel posto dimenticato da Dio sarebbe stato più facile imbattersi in un unicorno rosa che in qualche automobilista desideroso di darle un passaggio.
L'unico problema del camminare nel silenzio mattutino era che la costringeva a pensare. Soprattutto dopo la carrellata di impatti con il passato che l'aveva travolta quella notte. Terence, e ciò che era accaduto quasi cinque anni prima. Zack, e quella che era stata la sua infanzia.
Il viso di Zack bambino le comparve davanti allo sguardo della mente, con il suo sorriso sdentato e le guance paffutelle. Era un ricordo che ristagnava da parecchio, visto che se sorrideva doveva essere un momento in cui era ancora felice, un momento in cui lui, Barbara, Helena e i loro genitori costituivano ancora una famiglia. Una famigliola piuttosto tradizionale, in effetti, nel nucleo caldo e accogliente della loro casetta modesta nella Contea di Monroe, in Alabama.
Il ricordo potente di quel periodo della sua vita, ricco di immagini luminose e colorate, di odori rassicuranti, di rumori e di voci, la colse a tradimento. Il sole cocente delle estati torride, che picchiava sui cortili polverosi. La frescura delle loro incursioni clandestine nei boschi, perché mamma e papà non volevano che si addentrassero in quella fitta vegetazione piena di chissà quali pericoli. Con il sole che filtrava a stento tra le fronde, lei, Zack e Barbara avevano passato le ore libere a rincorrere piccoli animali, a scoprire i misteri della natura, a condividere quella trasgressione segreta che allora, come poi non era mai più stato, li aveva fatti sentire fratelli.
Helena ricordava anche il preciso momento in cui tutto aveva preso una piega diversa. Era stata una domanda di Zack, allora undicenne, che, sulle soglie della consapevolezza, ma ancora con l'ingenuità di un bambino aveva chiesto: << Mamma, ma perché Helena sembra così piccola? >>
Ed era vero. Perché a sette anni, Helena ne dimostrava a stento cinque. Man mano che cresceva le sue anomalie si erano assommate, e il fatto che non potessero più essere ignorate era in quella frase di Zack, che inconsapevolmente aveva acceso l'inquietudine negli occhi della mamma.
Poi i ricordi di Helena si facevano turbolenti, forse per volere della sua stessa mente che cercava di impedirle di approfondire troppo le memorie di quel periodo della sua vita.
Mamma, perché Helena sente cose che nessun altro riesce a sentire?
Mamma, perché Helena non si abbronza?
Un anno dopo quella fatidica domanda, la mamma se n'era andata. Una madre che era diventata sempre più angosciata ed assente, sostituita sempre di più da una figura che affascinava Helena, poiché la guardava come se fosse una bambina speciale, e non una creatura strana che non cresceva ed aveva un udito fuori dalla norma: il nonno Murray.
Già, il nonno Murray...
Dopo la morte della mamma nulla era più stato lo stesso. Zack era diventato un ragazzino cupo e taciturno, che si destava soltanto per infantili scoppi di rabbia.
Barbara poi, con l'arrivo dell'adolescenza, era divenuta incontrollabile. Ribelle in qualsiasi cosa facesse, trascinata dalla più disparate compagnie in misteriose trasgressioni. All'età di sedici anni era scappata di casa, in sella alla moto del suo ragazzo, e non vi aveva più fatto ritorno.
Quel fatto era stato il colpo di grazia per una famiglia che ormai stava andando in pezzi.
Loro padre, che si era ripreso dalla perdita della moglie solo in superficie, l'aveva rivissuta nella sparizione della sua Babsy. Incapace di inseguirla o di far valere la propria autorità, l'aveva semplicemente lasciata andare, sprofondando nell'apatia per fuggire dal dolore. Con Zack non ancora maggiorenne che aveva abbandonato gli studi per lavorare a tempo pieno e un padre ridotto in condizioni di automa, il nonno Murray non ci mise molto per correre in aiuto di Helena, tredicenne che dimostrava appena nove anni, portandola via con sé.
Helena si riscosse dai pensieri sulla sua infanzia non appena nella mente le comparve il viso incartapecorito del nonno Murray.
Inspirò bruscamente, sistemandosi la tracolla sulla spalla ed aumentando l'andatura. Basta fare i nostalgici, si impose. Anche se, osservò involontariamente prima che tutti quelle evocazioni del passato ritornassero a sprofondare nella parte più rintanata della sua mente, era buffo che, dopo tutto quel tempo e dopo tutto ciò che era venuta a scoprire, non riuscisse a pensare a Murray scisso dall'idea di nonno.
 
***
Helena sollevò lo sguardo, osservando il bus asmatico che aveva accostato alla fermata allo scoccare preciso delle otto di mattina. Una vecchietta era già salita, mentre lei rimaneva pensierosa a meditare se era quel pullman che in realtà stava aspettando.
<< E tu, bambolina, che fai? Sali? >>
Appena Helena udì la voce graffiante dell'autista, il tono vagamente viscido ed incrociò lo sguardo ferino di quell'uomo capì che era proprio quello il mezzo che stava aspettando. Con espressione impassibile e senza distogliere lo sguardo da quello dell'autista la ragazza salì i pochi gradini. L'uomo seduto al volante invece le rivolse un sorriso sprezzante, mettendo in mostra una sfilza di denti più appuntiti del dovuto, prima di indicarle con un rapido cenno del capo i sedili in prima fila.
Helena annuì impercettibilmente, distogliendo con segreto sollievo lo sguardo da quegli acquosi occhi neri, per andare a sedersi dove le era stato indicato ed intanto gettare una rapida occhiata per analizzare la situazione. A parte la vecchietta salita alla sua stessa fermata c'erano un senzatetto dalla lunga barba incolta, che sonnecchiava nell'ultimo sedile e un ragazzo di una quindicina d'anni. Non doveva essere una corsa molto gettonata, oppure erano solo alle prime fermate, purtroppo non lo poteva sapere.
Si sedette esattamente dietro all'autista, mentre l'autobus partiva sferragliando.
<< Ciao Dimitri >> bisbigliò Helena, senza sporgersi, sapendo che l'uomo al volante l'avrebbe sentita.
<< Ciao bambolina >> rispose lui, con lo stesso volume di voce << E' sempre un piacere rivederti >>.
 
Ci volle mezz'ora perché arrivassero al capolinea, ed il barbone, ultimo pendolare insieme ad Helena, era sceso borbottando improperi alla penultima fermata.  Appena l'uomo era sceso, Dimitri aveva tolto il cartello che indicava la destinazione della corsa, sostituendolo con uno che recitava “FUORI SERVIZIO”, per poi alzare il viso ed annusare l'aria.
<< Hey, piccoletta, perché non porti il tuo culo qui di fianco a zio Dimitri, così posso vedere la tua nuova carrozzeria? >> sghignazzò mentre ripartivano.
Helena avrebbe voluto essere scandalizzata da quell'uscita, o quantomeno sorpresa. Invece certi modi le erano ormai così consueti che non sarebbe riuscita ad arrabbiarsi o indignarsi neanche impegnandocisi. Questa sì che era una bella prova della qualità della sua vita.
<< Lascia perdere il mio culo e pensa alla strada, o finirai per ammazzarci entrambi >> rispose, osservando la figura possente dell'uomo e la sua nuca ricoperta da una peluria rada color fuliggine.
<< Mi dici piuttosto dove siamo diretti e a cosa diavolo serve tutta questa sceneggiata dell'autobus? >> aggiunse poi, perentoria.
Dimitri scoppiò in una risata cavernosa, con il pieno intento di deriderla.
<< Beh, ragazzina, che dire, sei sempre la stessa spocchiosa con un manico di scopa infilato dove non batte il sole! Dovresti rilassarti un po', lasciarti andare! >> le disse appena finì di ridere << Seriamente, si vede lontano due miglia che non scopi dall'anteguerra... Se solo fossi un po' più in carne ci penserebbe lo zio Dimitri a risolvere i tuoi problemi, sai, non vado matto per gli stecchetti >>
<< Dimitri, la pianteresti di dire stronzate e mi diresti quello che mi interessa? >> sibilò gelida Helena, sapendo di sfidare la sorte. Ma era nervosa e non aveva chiuso occhio nelle ultime diciotto ore, non aveva tempo per stare a dietro alle battute da ubriacone arrapato di Dimitri.
Un ringhio cupo e minaccioso salì dal torace dell'uomo, riecheggiando pericoloso nel silenzio dell'abitacolo.
<< Non tirare la corda, stronzetta, ci metto un attimo a strapparti le budella e infilartele su per il naso >>
Beh, c'era da aspettarselo da Dimitri. Era praticamente un animale in fondo. Eppure lei non si era bloccata, non si era trattenuta. Che avesse perso in quei quattro anni e mezzo la capacità di analizzare la situazione e poi reagire in modo studiato? Helena inspirò a fondo, sentendosi quasi immersa nella propria stanchezza.
<< Non lo metto in dubbio >> disse in tono leggero, per allentare la tensione << E conoscendoti so che ti divertiresti anche nel farlo. Ma non credo che servirebbe a qualcosa, e poi mi conosci, lo sai che non te la renderei una cosa facile >>
Dimitri si leccò le labbra, divertito << Lo so che sei un tipetto combattivo, e questo renderebbe ancora più spassoso il tuo sbudellamento >> commentò. Nonostante ciò che le aveva detto, Helena sapeva che ora non era più su di giri, e quindi non lei era in pericolo. Oddio, non lo era relativamente, visto che Dimitri rimaneva comunque il quintale di mannaro che era. Tuttavia sapeva che in fondo lui era come un toro davanti ad un drappo rosso. Gli piaceva stuzzicare ed essere stuzzicato, ma bastava un nonnulla che non fosse di suo gradimento per tirare fuori la sua ira ancestrale di bestia.
Alla fine era bastato poco per farlo rientrare nei ranghi. Il suo cinismo e la sua ironia macabra erano sempre andati a nozze con il temperamento altalenante e incontrollabile di Dimitri, considerò Helena, percependo un'inquietante atmosfera di familiarità.
<< Già, ma credo che dovremo rimandare questo rendez-vous tra te e le mie interiora a un altro momento >> aggiunse accennando ad un sorriso, suo malgrado << Ora come ora sto morendo di fame e di sonno, quindi che ne dici se ti offro la colazione mentre mi spieghi dove stiamo andando e perché? >>
In verità Helena aveva solo sonno per essere stata al volante tutta la notte, la sua crescita a rilento le consentiva di sopravvivere con poco cibo. Ma offrire un pasto ad un licantropo era in assoluto il miglior modo esistente, se non l'unico, per ingraziarselo.
<< Ora sì che cominciamo a ragionare, bambolina >> sghignazzò Dimitri, lanciandole uno sguardo complice attraverso lo specchietto retrovisore.
 
***
<< C'è una cosa che non capisco... perché un pullman? >>
Dimitri la osservò con sguardo placido, stiracchiandosi sulla poltroncina. Si erano fermati in un area di servizio lungo la strada e, trascorsi a malapena i pochi secondi necessari ad entrare nel bar, il mannaro aveva cominciato ad ordinare quantità industriali di cibo, spazzolando senza troppi complimenti un piatto dopo l'altro. Helena l'aveva osservato in silenzio, attendendo che terminasse, vagamente infastidita dai vari grufolamenti e risucchi. Era nervosa per via della stanchezza che la stava martoriando. Stava combattendo strenuamente per non crollare addormentata prima di averne saputo di più.
<< Bah, me l'ha detto Terence >> rispose l'uomo, passandosi la mano aperta sul ventre gonfio << mi ha detto che ti aveva trovata, ma che doveva vedere cosa avresti combinato. Quindi mi fa “Alle otto del mattino passa a prenderla, ma stai attento a non dare nell'occhio”. La mia Harley non andava bene, e mi sono rifiutato categoricamente di entrare in uno di quei trabiccoli soffocanti. Quindi l'alternativa più ovvia era il bus >>
Helena annuì, poco convinta. Una Harley Davidson avrebbe di sicuro attirato molta attenzione e sapeva dell'insofferenza del mannaro nei confronti di auto troppo piccole (piccole relativamente alla sua stazza). Ma...
<< La scomparsa di un pullman di linea e del suo autista non susciterà attenzioni? >> chiese, perplessa.
Il ghigno che si allargò sul volto di Dimitri la mise in allarme. Pensare a tutte le eventualità che comportavano i piani era una dote essenziale che caratterizzava entrambi, ed in fondo era per quella dote che si trovavano lì, scelti tra tutte le creature umane e non per adempiere ad una misteriosa missione.
Ma anche nell'affrontare tali eventualità si distinguevano nel preferire metodi cervellotici oppure... più brutali. Superfluo era dire che Dimitri apparteneva alla seconda scuola di pensiero.
<< Diciamo che ci penserà il vero autista a riportare il pullman al deposito... >> rispose evasivo, buttando occhiate distratte agli altri tavoli, come a dire che in quel momento non era il caso di approfondire l'argomento e confermando appieno in questo modo i sospetti di Helena.
 
La ragazza diede un'occhiata alla pila di piatti sul tavolo, decidendo che Dimitri era abbastanza sazio da rispondere a qualsiasi domanda senza fare troppe storie.
<< Mi dici dove siamo diretti? >> chiese senza preamboli, lasciando volutamente cadere il discorso del pullman.
Il mannaro sfoggiò ancora la chiostra di denti più aguzzi e irregolari di quanto sarebbero dovuti essere in un ghigno divertito, mentre armeggiava rozzamente con uno stuzzicadenti.
<< Si vede che sei cresciuta, ragazzina, anche se credo che se tu fossi umana dovresti sembrare più vecchia... no? >> buttò lì, con l'evidente intento di non rispondere.
<< Io sono umana >> rispose con testardaggine infantile Helena, decisa a non lasciargli cambiare discorso.
<< Già... >> ribatté scettico l'uomo, lanciandole uno sguardo divertito << Comunque sei migliorata, carrozzeria quasi apprezzabile. Ma continui a sperare che io risponda a domande a cui sai che non risponderò >>
Helena incrociò le braccia sotto al seno, continuando a squadrare quegli occhi che avevano un qualcosa di canide e che la mettevano a disagio per quell'aspetto inquietante. Era in giro su un bus puzzolente, in compagnia di un uomo mezzo lupo che aveva poco prima espresso la volontà di setacciarle le budella, mandata a fare chissà quale missione mortale di sicuro al di sopra delle sue capacità perché l'avevano incastrata nel modo più subdolo che avessero mai potuto trovare, ed era diretta in un posto che, per quanto ne sapeva, avrebbe potuto essere anche dall'altra parte del mondo. Non c'era che dire, fantastico.
<< Non fare quella faccia, scricciolo... E' come un viaggio sorpresa! Non sei contenta? >> la sbeffeggiò Dimitri.
<< Estasiata >> ribatté, caustica.
<< Oh, ora sì che ti riconosco! >> commentò il mannaro, di ottimo umore per l'abbondante pasto << Spiritosa come uno schizzo di limone negli occhi... >>
All'improvviso un rombo di motore distrasse Dimitri, che si voltò ad osservare attraverso la vetrina del bar il grosso Hummer che era appena entrato nel parcheggio. Emise un basso fischio di apprezzamento, prima di rivolgere il suo sguardo di nuovo ad Helena.
<< Credo sia arrivato il momento di cambiare mezzo di trasporto...  >>
 
***
 
Helena lo sapeva che Dimitri, non solo in quanto lupo mannaro, ma in quanto sadico bastardo e immorale con i contro fiocchi, aveva un rispetto per gli esseri umani, e in generale per qualsiasi forma di vita, che rasentava il nulla. 
Agli inizi, quando l'aveva appena conosciuto, la cosa era solo un tassello della sua terrorizzante figura. Poi aveva rivalutato quell'aspetto, perché almeno rendeva Dimitri un po' più prevedibile. Se c'era da aggredire qualcuno fino a lasciarlo in fin di vita, l'avrebbe fatto. Se poi c'era da ammazzarlo, non si sarebbe fatto problemi.
Certo, si disse la ragazza, mentre si avvicinava al pullman parcheggiato in un punto isolato della stazione di servizio, quelle considerazioni sul fatto che fosse meglio un sadico brutale, ma prevedibile, di un qualsiasi essere pericoloso di cui lei non sapesse analizzare e prevedere mentalità e comportamento, erano arrivate dopo che aveva perso già un bel po' di scrupoli morali per strada.
Almeno per quanto riguardava Dimitri, se sapevi che aveva rapito un uomo, si disse mentre apriva il portellone del vano bagagli del bus, sapevi per certo che aveva combinato uno sfacelo.
 
La scena che le si presentò davanti non era delle migliori, e per un attimo temette che l'uomo privo di sensi che giaceva dentro al vano fosse morto. Era legato come un enorme salame in canottiera e boxer con del nastro adesivo argentato, e riposava tra mezza dozzina di bottiglie di vetro mezze vuote.
Si avvicinò con cautela, chinandosi per entrare nel vano. A quella distanza poté percepire il respiro flebile dell'autista, il tanfo insostenibile di urina ed alcol rancido e l'alone rosso-marrone che incrostava la nuca dell'uomo.
Dimitri non c'era andato leggero. Tipico. Afferrò l'uomo per la collottola, per poi gettare un'occhiata circospetta nel parcheggio deserto. Appurato che non ci fosse nessuno tornò a guardare la nuca dell'uomo, ricoperta da poca peluria grigia incrostata di sangue rappreso. Avrebbe giurato che fosse morto, se al suo udito non fosse giunto un rantolo sottile ed irregolare. Lo girò a pancia in su, osservandone i connotati, gli stessi che caratterizzavano il viso di Dimitri in quel momento. Naso schiacciato e tondo, occhi piccoli ed infossati, mento sfuggente.
Helena lasciò perdere quelle considerazioni, per afferrare l'autista sotto alle ascelle, e trascinare la sua non indifferente mole fuori dal vano.
 
***
 
Non era stato un lavoro pulito, né preciso. Helena osservò l'uomo che aveva adagiato scompostamente contro il sedile dell'autista, distribuendo attorno a lui alcune bottiglie vuote e versando il poco contenuto delle rimanenti sulla moquette, affinché l'aria dell'abitacolo si impregnasse dell'odore di alcol.
Gli aveva pulito sommariamente la nuca, perché non pensasse di aver sanguinato troppo al risveglio. Una dose eccessiva di sangue l'avrebbe portato a pensare ad un'aggressione, mentre la ferita ormai secca che Dimitri gli aveva lasciato poteva essere frutto di un caduta accidentale.
Mentre azionava la chiusura automatica delle portiere, ed usciva fuori con uno scatto rapido, si ripeté che come scenario di una sbronza epocale poteva funzionare, che non c'era motivo per cui qualcuno avrebbe dovuto sospettare che fosse accaduto qualcosa di diverso.
Ma non bastò a convincerla, sapeva che c'erano una sacco di eventualità lasciate al caso, leggerezza che avrebbero potuto pagare caro.
L'alternativa di uccidere quell'uomo le solleticò la mente, ma la scacciò via come se fosse una mosca molesta. Voleva evitare di lasciarsi dietro cadaveri, almeno per quanto avesse potuto.
Mentre si avviava a passo spedito verso il punto di incontro con Dimitri, sentiva la stanchezza corroderle la carne. La borsa le sembrava un macigno intento a strapparle una spalla, gli occhi le sembravano quasi ruvidi, contro delle palpebre che ormai erano come drappi troppo pesanti. Avrebbe dormito volentieri l'intera settimana seguente, per poi svegliarsi e scoprire che era stato tutto un brutto sogno, che non aveva mai incontrato Terence, che semplicemente si era appisolata sul suo Screwdriver verde smeraldo, sotto l'effetto soporifero delle avances di FacciaSchiacciata.
Sì, Helena, raccontatela...
 
Quando vide l'Hummer fermo con il motore acceso, rintanato tra le fronde di un bosco al limitare della strada, si sentì suo malgrado sollevata. Alla guida c'era un uomo di una trentina d'anni, decisamente robusto e dalla folta chioma corvina. Le sorrise viscidamente appena raggiunse la portiera dal lato del passeggero, mettendo in mostra una sfilza di denti appuntiti.
<< Oh, bambolina, mi sembri affaticata! >> l'apostrofò ironico, appena si fu seduta. A malapena attese che chiudesse la portiera, prima di partire con un potente rombo di motore.
<< Non potevi scegliere un autista mingherlino, per la tua interpretazione? >> sbottò lei in risposta, rilassandosi ad occhi chiusi contro il poggiatesta. Quella specie di mostro metallico era troppo rumoroso per i suoi gusti, ma almeno era decisamente più profumato del pullman e più comodo.
L'uomo esplose in una risata cavernosa, sinceramente divertito.
<< Gli autisti magri non sono ubriaconi. E poi i mingherlini non mi stanno >> ribatté lui.
<< Sarà... >> mugugnò Helena, ormai molto vicina al sonno << Comunque ho sistemato tutto. Se ci va bene, si riprenderà tra un'ora, crederà di essersi sbronzato fino a togliersi i vestiti, perdere l'equilibrio, cadere, picchiare la testa e perdere i sensi. Tornerà da sua moglie con un vuoto di memoria enorme e metterà una bella pietra su questa storia >>.
<< Se invece ci va molto bene, creperà nel prossimo quarto d'ora e non verrà compianto in quanto lurido ammasso di feccia umana>>
Helena aprì un occhio, con molta fatica, per guardare il suo interlocutore << Un cadavere è come un'insegna al neon che indica il nostro passaggio, Dimitri >> sospirò, senza convinzione.
<< Un cadavere non fa domande e non da' risposte >> rispose con un ringhio il mannaro.
La ragazza lasciò perdere, troppo stanca per intavolare qualsiasi discorso. Gettò un'ultima occhiata al nuovo corpo di Dimitri. Era un uomo dal fascino rude, forse con qualche chilo di troppo e pancia alcolica, ma i muscoli delle braccia  e delle spalle erano ben definiti. Il viso era ricoperto da una barba ispida di almeno un paio di settimane e il naso era delineato in modo netto, in una forma aquilina. Chissà quanto ci aveva messo di suo Dimitri.
Helena aveva scoperto che in ogni trasformazione che compiva un mannaro, o un mutaforma come le avevano spiegato venivano anche chiamati, si ispirava ad un modello.  E di solito le trasformazioni in animali, quelle più semplici a quanto ne sapeva, erano praticamente riproduzioni perfette.
 
Le trasformazioni in altri umani invece erano degli abbozzi, delle immagini speculari che però avevano molti limiti. Sapeva che già di per sé era rarissimo che un mannaro fosse in grado di trasformarsi in altri esseri umani, perché era una capacità che si acquisiva con durissimi allenamenti. Questi erano resi necessari dal fatto che gli esseri umani erano molto più complessi, a livello di dettagli riconoscibili che distinguevano l'uno dall'altro, quindi era difficile sia realizzare la mutazione, sia mantenerla.
Dimitri era in grado di farlo, grazie a tecniche apprese nella sua grande madre Russia, e ad un addestramento di cui non parlava, ma che aveva lasciato molte cicatrici sul suo corpo. Tuttavia aveva dei limiti considerevoli, a livello di sesso e struttura corporea delle persone che poteva “interpretare”.
 
<< Dimitri... cosa hai fatto del proprietario di questa macchina? >> chiese Helena, con l'ultimo briciolo di energia, mentre richiudeva gli occhi << Non è che mi devo aspettare un uomo in mutande, incaprettato dentro al baule? >>.
E sulla risata baritonale dell'uomo, la ragazza scivolò sfinita nel sonno.
  
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