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Autore: Nephilim13    26/06/2014    3 recensioni
Una storia diversa da come la conosciamo.
Una Clary diversa da quanto abbiamo visto o letto.
Un Jace uguale a come lo ricordiamo.
Una storia parallela, in cui Clary sa tutto del suo mondo.
|Clace|Malec|Sizzy|
Se vi ho incuriosito leggete.
Dalla storia:
Padre,
sono riuscito a infiltrarmi nell'Istituto.
L'ho trovata. Sono con lei, sono con Clarissa.
Attendi il nostro arrivo: entro domani mattina, mia sorella sarà a casa,
con suo padre e suo fratello.
J.C.
Genere: Azione, Romantico, Song-fic | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Shonen-ai | Personaggi: Jace Lightwood, Magnus Bane, Un po' tutti, Valentine Morgenstern
Note: What if? | Avvertimenti: Spoiler!
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Era la prima volta che Jonathan metteva piede in un Istituto: suo padre non ce lo aveva mai portato.
Pensare a Valentine gli fece venire in mente che avrebbe dovuto, per lo meno, avvertirlo dei suoi piani. Non perchè suo padre si sarebbe preoccupato non vedendolo tornare, questo è certo.
Lo avrebbe fatto successivamente con un messaggio di fuoco.
«Credo di aver bisogno di un iratze.» dichiarò Isabelle, tenendosi il braccio con una mano. 
Jonathan non aveva la minima idea di dove si stessero dirigendo Jace e compagnia, ma li seguiva senza fare domande. Non era cambiato di una virgola, il suo fratellastro, da quando lo aveva visto l'ultima volta, molti anni prima.
Cresciuto, sì. Ma cambiato, per niente.
Gettò uno sguardo a sua sorella, focalizzando la sua attenzione su di lei.
Si era sciolta i capelli, che le ricadevano sulle spalle in tanti boccoli dello stesso colore del fuoco; i tacchi che indossava, aggregati a quelli di Isabelle, risuonavano tra le pareti del corridoio dell'Istituto. 
Jonathan era rimasto abbastanza basito: Clary, nonostante non fosse vestita al massimo delle comodità, non riportava alcuna ferita, e non sembrava minimamente stanca o spossata.
Sorrise tra sè e sè: buon sangue non mente, pensò.
La voce del più grande dei Lightwood interruppe il filo dei suoi pensieri.
«Te lo faccio appena arriviamo nella mia stanza.» comunicò alla sorella, che annuì.
«Da dove vieni?» gli chiese Jace, facendo finta di guardarlo: si vedeva tale e quale che in realtà non riusciva a staccare gli occhi di dosso a Clary. Ciò era probabilmente dovuto al fatto che sua sorella non accennava a voler sollevare la testa o a voler spiaccicare parola. 
Che diavolo le era successo?
Qualcosa fece pensare a Jonathan che, molto probabilmente, la causa del suo malessere era quello'uomo che lei aveva chiamato Luke, il quale era scappato via a gambe levate con la sua automobile mondana.
«Idris.» rispose a Jace in tono piatto, senza lasciar trasparire alcuna emozione.
«Io vado a dormire.» esordì Clary di punto in bianco, alzando finalmente la testa per guardarli in faccia. 
«Ti accompagno.» si offrirono all'unisono Jace e Jonathan. Jace gli gettò un'occhiata carica di ostilità, che Jonathan ignorò volutamente. 
«No, grazie. Vado da sola. Buonanotte.»
Si girò e se ne andò, senza guardarsi indietro.

Priva di ogni energia psicologica, Clary si gettò di peso sul letto della sua camera.
Stava andando tutto a scatafascio. Di nuovo.
Pensò che, in un'altra vita, doveva aver commesso qualche atto gravissimo, imperdonabile, visto come il suo destino non si decideva a darle tregua, a lasciarle riprendere fiato.
Sentendosi scoppiare, afferrò il cellulare dal comodino e scorse con il pollice i contatti in rubrica, quindi pigiò sul display quando comparve il nome della persona che aveva intenzione di telefonare.
Si avvicinò il cellulare all'orecchio e attese tre squilli, per poi sentire la voce di Magnus.
«Mi ha trovata, Magnus. Luke mi ha trovata.»
Dall'altro capo del telefono ci fu il silenzio per qualche instante.
«Vuoi che venga lì?» chiese infine Magnus in tono dolce.
Clary scosse la testa, pur sapendo che lo stregone non poteva vederla.
«No» disse quindi, ma non ne era convinta nemmeno lei. Sentì una calda lacrime solcarle il 
volto. «Che devo fare?»
«Sicura che non vuoi che venga lì, Clary? Lo sento dall'incrinazione della tua voce, lo sento benissimo che stai piangendo.»
«No.»
«No che non stai piangendo oppure no che vuoi che venga lì?»
Clary non riuscì a trattenersi e scoppiò in singhiozzi.
«Ho capito.» furono le parole di Magnus prima che questo ponesse fine alla chiamata.

Jace uscì dalla stanza di Alec richiudendosi la porta alle spalle.
Si avviò lungo il corridoio, diretto alla stanza di Clary, quando il trillo del campanello dell'Istituto rieccheggiò nell'intera struttura. 
L'indecisione lo investì per un instante: andare da Clary oppure andare ad aprire il portone?
Scelse la seconda opzione: avrebbe liquidato in un attimo lo scocciatore che c'era alla porta e sarebbe corso da Clary, senza esitazioni.
Raggiunse l'ascensore e scese al piano terra, dove, ad accogliere l'ospite, c'era già quel tale Jonathan. Dal primo instante in cui i loro occhi si erano incrociati, Jace aveva sentito qualcosa di estremamente oscuro in lui, cosa che nemmeno lui riusciva a spiegarsi.
Fatto sta che lo detestava. Con tutta la sua anima.
«Perchè non lasci decidere a lei se vuole vedermi o meno?»
«Ciao, Magnus.» lo salutò Jace, avendo riconosciuto la sua voce. Si avvicinò al portone e si poggiò con una spalla contro di esso, incrociando le braccia al petto.
«Senti, Jack...»
«Jace.»
«Come ti pare.» Magnus liquidò l'argomento con un movimento della mano. «Perchè non convinci questo energumeno biondo a lasciarmi passare per andare da Clary?»
«Ti ha chiamato lei?» gli chiese Jace, assottigliando lo sguardo.
«Tu che pensi?»
A quel punto intervenne Jonathan. «Io penso di no.»
«Non parlavo con te.»
«Puoi passare.»
Jonathan guardò Jace con il fuoco che gli ardeva negli occhi verdi. Ora che lo notava, la tonalità di verde dei suoi occhi era identica e precisa a quella degli occhi di Clary, ma non ci pensò su più di tanto: pura coincidenza.
Per tutta risposta Jace scrollò le spalle. «Se l'ha chiamato Clary, non vedo perchè non dovremmo farlo entrare, ti pare?»
Si spostò dal portone per lasciar passare Magnus, che entrò dando una forte spallata a Jonathan, visto che non si era mosso di un millimetro.
«Sei un totale idiota.» disse a Jace senza degnarsi di guardarlo in faccia, e se ne andò senza nemmeno dare a Jace il tempo di rispondere.
«Se qui dentro c'è un idiota,» commentò ad alta voce, tornando all'ascensore «quello di certo non sono io.» 

 
Padre,
sono riuscito a infiltrarmi nell'Istituto. 
L'ho trovata. Sono con lei, sono con Clarissa.
Attendi il nostro arrivo: entro domani mattina, mia sorella sarà a casa,
con suo padre e suo fratello. 
                        J.C.
 
   
 
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