Rebirth
Se
qualcuno si fosse degnato di chiedergli come si sentisse, non avrebbe
saputo esprimere a parole ciò che provava. Lui, il
più
abile -ma pigro- compositore di quella che fino a pochi mesi addietro
era stata la sua classe; lui, che a soli undici anni padroneggiava la
propria lingua madre meglio di certi suoi insegnanti. Pensò
al dottore dell'orfanotrofio, l'unica persona di sua conoscenza a
possedere una laurea: la voce arrochita dal fumo ed il forte accento
cockney
rendevano il suo modo di esprimersi più adatto ad un
pescatore
del Dorset che ad un luminare. Detestava
quell'uomo, quel suo trasudare provincialità da tutti i
pori;
detestava i suoi compagni di orfanotrofio, così gretti e
stereotipati; per non parlare dell'odio che nutriva per ogni singolo
anfratto di quel posto, una vecchia e buia magione vittoriana che
qualcuno aveva avuto la malaugurata idea di adibire a ricovero per
bambini disadattati. Bambini che nessuno voleva, senza passato
né
futuro, che nella maggioranza dei casi restavano ad ammuffirvi fino a
che non diventavano grandi abbastanza perché Mrs Cole, la
direttrice, si sentisse legittimata a dispensarsi di qualsiasi
obbligo nei loro confronti, spingendoli tra le braccia del crudele e
vasto mondo.
Ma
lui non avrebbe fatto quella fine. Tom Riddle aveva sempre saputo di
avere una marcia in più rispetto agli altri, anche se fino a
qualche tempo prima ignorava in cosa consistesse esattamente la sua
diversità. Adesso, per la prima volta nella sua vita,
riusciva
a vedere più in là dell'indomani. Sarebbe
diventato un
mago, e non uno qualsiasi. Il più grande mago del secolo!
Certo,
non sarebbe stata esattamente una passeggiata. Avrebbe dovuto
lavorare sodo, applicandosi con dedizione allo studio delle varie
discipline magiche. Non che ciò lo spaventasse, anzi: aveva
sempre amato le sfide. E quando Tom Riddle si metteva in testa
qualcosa, non mollava l'osso fino a che non aveva ottenuto quello che
voleva.
Certo,
non era esattamente incline al rispetto delle regole. Provava per
esse una sincera, spassionata insofferenza, e vi si atteneva soltanto
per evitare seccature con la Cole, da tutti universalmente conosciuta
con una vasta gamma di epiteti tutti facenti riferimento alla sua
passione per gli alcolici...o quantomeno fingeva
di attenervisi.
Certo,
una volta messo piede in quella scuola avrebbe dovuto ricominciare
tutto da capo. Per la prima volta sarebbe stato in mezzo ai suoi
pari: sarebbe stata dura emergere, far vedere di che pasta era fatto.
Ma confidava in se stesso quel tanto che bastava nell'essere certo di
riuscire nell'impresa.
Seduto
a gambe incrociate sul letto già pronto ad accogliere un
altro
infelice, solo nella in quella che per tanto tempo era stata la sua
stanza, Tom Riddle attendeva il taxi che lo avrebbe portato alla
stazione di King's Cross. Mrs Cole era stata irremovibile su questo
punto: fino a che il ragazzo non fosse salito sull'Espresso, sarebbe
stato sotto la sua responsabilità, ergo era fuori
discussione
che egli si recasse alla stazione con le proprie gambe. L'ultima cosa
di cui aveva bisogno, gli aveva berciato la sera prima, era che si
ficcasse in uno stramaledetto guaio proprio ora...o che vi ficcasse
qualcun
altro.
Così dicendo, lo aveva guardato in tralice. Tom sapeva a
cosa
stava pensando: il ricordo di quella gita al mare ossessionava lei
quanto riprendeva vita nei sogni di lui. Per non parlare poi del
coniglio di Billy, e di tutti quei piccoli oggetti scomparsi e poi
riapparsi dal nulla...
Aveva
protestato, adducendo di essere perfettamente in grado di recarsi
alla stazione da solo, grazie.
Ma Mrs Cole non ne aveva voluto sapere. Probabilmente
vuole essere sicura di essersi liberata per sempre di me,
si disse...almeno
fino alla fine del prossimo anno scolastico.
Avrebbe infatti dovuto tornare all'orfanotrofio ogni estate. Inutile
dire che l'idea non gli sorrideva affatto.
Ma
ora tutto questo non aveva importanza. Ancora poche ore e Mrs Cole,
il suo schifosissimo orfanotrofio ed i suoi piccoli ospiti sarebbero
stati soltanto un brutto ricordo. In un vecchio baule di cui la cuoca
non era stata affatto dispiaciuta di disfarsi erano radunati i suoi
pochi averi e tutto l'occorrente per la scuola: libri di testo, un
calderone, vari ingredienti per preparare pozioni...e soprattutto,
una bellissima bacchetta magica. Agli altri bambini
dell'orfanotrofio, a cui naturalmente era stata preclusa la vista di
tale bizzarra oggettistica, la vecchia Cole aveva rifilato una
panzana qualunque, blaterando qualcosa a proposito del diritto di
nascita e di collegi esclusivi.
Nessuno
aveva fatto commenti, nessuno gli aveva augurato buona fortuna.
Avevano incassato e basta, rallegrandosi in segreto di vederlo
sparire dalle loro vite.
Chiuse
gli occhi godendosi la pace che regnava nel locale pervaso dagli
spifferi. Era la più schifosa mattinata settembrina di cui
serbasse memoria, fredda e tetra come il giorno dei morti, ma non gli
importava. Era il primo giorno della sua nuova vita e niente e
nessuno avrebbe potuto rovinarglielo, nemmeno il tempo avverso.
Ripensò
alla notte in cui era nato, nel bel mezzo di una tempesta di neve.
Mrs Cole diceva di ricordarsene molto bene, così come le era
rimasto impresso il volto della puerpera che l'aveva tirata
giù
dal letto in preda a dolorosissime doglie. Con le ultime forze che le
erano rimaste, lo aveva dato alla luce, col fuoco del camino
dell'androne a porre impietoso l'accento sulle tutt'altro che
accattivanti fattezze.
Non
provava niente nei confronti della donna che lo aveva partorito,
così
come non nutriva alcun sentimento per il padre. Era certo, pur non
avendone le prove, di aver ereditato da lui la sua predisposizione
alla magia. La sua convinzione si basava su una logica semplice ma
ferrea: se sua madre fosse stata una strega, avrebbe praticato una
qualche magia per salvare se stessa ed il bambino, invece di andare
incontro alla morte e abbandonarlo in quella stamberga. Sentiva di
non doverle nient'altro che la vita, e lo stesso valeva per l'uomo il
cui seme lo aveva generato. Si era costruito da sé pezzo per
pezzo, senza l'aiuto di nessuno, e così avrebbe continuato
fino alla fine dei suoi giorni. Lo aveva detto anche allo strano
tizio che era venuto ad offrirgli un posto in quella scuola
“per
persone speciali”. Si girò a fronteggiare
l'armadio che,
alla sua richiesta di provargli di essere un mago, Albus Silente
aveva incendiato. Era stato molto meglio dei fuochi d'artificio a cui
aveva assistito l'anno prima in occasione dell'ascesa di Re Giorgio
VI, della raffica di colpi di cannone con cui il monarca Babbano era
stato salutato. Gli parve di vedere per l'ennesima volta le fiamme
danzare davanti a lui, di percepire nell'aria stantia l'odore della
legna che bruciava...e come sempre quando riviveva la scena, una
fortissima sensazione di libertà ed onnipotenza si
impossessò
di lui.
Non
vedeva l'ora di arrogarsi i più reconditi misteri della
magia,
di strabiliare la gente con le sue prodezze, di far parlare di
sé.
Era soltanto questione di tempo affinché il mondo magico si
accorgesse di lui...
Solo
che, naturalmente, avrebbe dovuto trovarsi un nome all'altezza della
propria fama.
Un
nome insolito, altisonante, magari preceduto da un titolo
nobiliare...
Trasalì
nell'udire qualcuno bussare alla porta, che si aprì prima
che
lui potesse dire 'Avanti'. Non si voltò neppure a vedere chi
aveva osato disturbarlo, certo che si trattasse della Cole...ma si
sbagliava.
“E
così te ne vai.”
“Cavolo,
Bishop, sei un fulmine...è tutto deciso da settimane,
ormai.” Riddle si voltò a fronteggiare il pallido
Dennis
Bishop, in piedi davanti alla porta socchiusa. “Qual buon
vento ti
porta qui?” gli chiese beffardo.
Il
bambino dondolò nervosamente da un piede all'altro, evitando
accuratamente di guardarlo negli occhi. Tom lo aveva sempre avuto in
antipatia, senza un vero e proprio perché; forse per quella
sua arietta angelica, che tanto piaceva agli aspiranti genitori
adottivi in visita all'orfanotrofio. O forse perché era una
mammola dalla lacrima facile, e lui detestava i piagnoni.
“Mrs
Cole mi manda a dire che il tuo taxi è arrivato”
balbettò.
Dopodiché abbassò la testa scuotendo riccioli
biondi da
cherubino, pronto a battere in ritirata.
“Quantomai
di cattivo gusto, incaricare te
di avvisarmi” commentò l'altro inarcando un
sopracciglio.
“Voglio dire, dopo tutto quello che è
successo...” Si alzò
per prendere il proprio baule per uno dei pesanti manici d'ottone.
“Ma adesso che il cattivo Tom Riddle leva le tende il caro
Bishop
non ha più nulla da temere, non è vero? Scommetto
che
non stai nella pelle all'idea di vedermi andare via. No,”
continuò,
“non c'è bisogno che ti disturbi a rispondere. So
perfettamente cosa stai pensando...te lo leggo in faccia, assieme a
tutto il resto. Ho occhi ed orecchie dappertutto, io.”
Riflettè.
“Ma questo tu lo sai già, non è vero? Vero
che lo sai,
Bishop?”
Bishop
continuò a fissarsi i piedi, tendendo alla cieca una mano
dietro di sé per afferrare la maniglia della porta. Dovette
fare un paio di tentativi prima che la stretta delle sue dita attorno
al pomo di facesse salda a sufficienza.
“S-s-sì.”
E
dai, piccolo Bishop, apri i rubinetti.
“Ottimo.
E sai che cosa ti succederà se vengo a scoprire che hai
cantato?” Anche questa volta non gli dette il tempo di
rispondere:
accostò il proprio volto a quello del compagno, prendendogli
la testa tra le mani. “Se riveli a qualcuno quello che
è
realmente accaduto quel giorno, io torno qui e ti ammazzo con le mie
stesse mani. Arriverò di notte, quando tutti
dormiranno...tutti, tranne te. Perché tu sarai lì
ad
aspettarmi, Bishop, troppo spaventato per addormentarti...ad
aspettare l'ora della tua morte. Lo sai, vero?”
Bishop
annuì, troppo spaventato per profferir parola...
“Per
la croce, ma che fine avete fatto tutti quanti? Riddle, il tassametro
scorre! Raccogli le tue cianfrusaglie, che è
tardi!” la voce
di Mrs Cole echeggiò dal fondo delle scale, per poi crescere
di volume man mano che la donna raggiungeva la sua stanza. Vi
entrò
con passo sicuro, e con lei l'inconfondibile alone di gin da cui era
perennemente circondata. Quello che vide le fece morire in gola la
ramanzina che aveva intenzione di fare ai due perditempo: Riddle e
Bishop avvinti l'uno all'altro, in una sorta di abbraccio
riappacificatore! Dopo tutto quello che il povero Dennis aveva
passato a causa sua! Grossi lacrimoni solcavano il suo bel visetto,
mentre quello di Tom era come sempre raccolto in un'espressione
solenne e compunta. La sua mano destra accarezzava distrattamente i
riccioli biondi del compagno, nel vano tentativo di lenire il suo
dolore.
Un
gesto di controllo, di possesso, che la donna scambiò per
una
sincera dimostrazione d'affetto. Si chiese se, dopotutto, non avesse
giudicato quello strano ragazzo troppo frettolosamente, lasciandosi
fuorviare dall'alone di stranezza e mistero che lo circondava.
Con
discrezione, richiamò a sé l'attenzione dei due
giovani
prorompendo in un colpetto di tosse. Entrambi i ragazzi sussultarono,
sciogliendo in fretta l'abbraccio. Bishop si voltò
lentamente
verso la direttrice, asciugandosi il naso con una manica: il suo
sguardo esprimeva una disperazione tale che Mrs Cole fu costretta a
distogliere il suo dopo pochi secondi. Riddle, invece, sembrava
imperturbabile come sempre.
“Mi
scusi, Mrs Cole” cinguettò in tono mellilfluo. Si
chinò
a riafferrare la maniglia del baule che giaceva a pochi centimetri di
distanza e trascinandoselo appresso si incamminò lentamente
nella sua direzione. Superato Bishop, si voltò un'ultima
volta
verso di lui.
“Su
con la vita, Dennis” lo esortò. “Te l'ho
detto, ci
rivedremo all'inizio delle vacanze estive...o forse anche prima, chi
lo sa.” Sorrise a beneficio della direttrice, un sorriso che
le
fece venire i brividi a dispetto del pesante maglione che indossava.
“Andiamo”
si limitò a rispondere lei, la voce che le tremava
impercettibilmente. Detto ciò gli cinse brevemente le spalle
e
lo sospinse verso la porta. Docile come sempre, quello strano sorriso
ancora dipinto sul volto, Tom Riddle la seguì: era la sua
stella cometa personale, la via da seguire per uscire dal tunnel ed
incamminarsi verso una nuova vita. Avventurandosi per l'ultima volta
sul tetro pianerottolo, si voltò per guardare Dennis Bishop
da
sopra la spalla, ma il compagno era già oltre i limiti del
suo
campo visivo.