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Autore: Carciofo Petulante    21/08/2008    3 recensioni
Gli ultimi istanti di Tom Riddle all'interno dell'odiato orfanotrofio: pensieri, considerazioni e confronti. E' la prima volta che mi cimento nella stesura di una fan fiction, perciò mi sento legittimata ad invocare clemenza...scherzi a parte, qualsiasi commento costruttivo è bene accetto!
Genere: Dark, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Altro personaggio, Tom O. Riddle
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Rebirth

   

Rebirth

    Se qualcuno si fosse degnato di chiedergli come si sentisse, non avrebbe saputo esprimere a parole ciò che provava. Lui, il più abile -ma pigro- compositore di quella che fino a pochi mesi addietro era stata la sua classe; lui, che a soli undici anni padroneggiava la propria lingua madre meglio di certi suoi insegnanti. Pensò al dottore dell'orfanotrofio, l'unica persona di sua conoscenza a possedere una laurea: la voce arrochita dal fumo ed il forte accento cockney rendevano il suo modo di esprimersi più adatto ad un pescatore del Dorset che ad un luminare. Detestava quell'uomo, quel suo trasudare provincialità da tutti i pori; detestava i suoi compagni di orfanotrofio, così gretti e stereotipati; per non parlare dell'odio che nutriva per ogni singolo anfratto di quel posto, una vecchia e buia magione vittoriana che qualcuno aveva avuto la malaugurata idea di adibire a ricovero per bambini disadattati. Bambini che nessuno voleva, senza passato né futuro, che nella maggioranza dei casi restavano ad ammuffirvi fino a che non diventavano grandi abbastanza perché Mrs Cole, la direttrice, si sentisse legittimata a dispensarsi di qualsiasi obbligo nei loro confronti, spingendoli tra le braccia del crudele e vasto mondo.
    Ma lui non avrebbe fatto quella fine. Tom Riddle aveva sempre saputo di avere una marcia in più rispetto agli altri, anche se fino a qualche tempo prima ignorava in cosa consistesse esattamente la sua diversità. Adesso, per la prima volta nella sua vita, riusciva a vedere più in là dell'indomani. Sarebbe diventato un mago, e non uno qualsiasi. Il più grande mago del secolo!
    Certo, non sarebbe stata esattamente una passeggiata. Avrebbe dovuto lavorare sodo, applicandosi con dedizione allo studio delle varie discipline magiche. Non che ciò lo spaventasse, anzi: aveva sempre amato le sfide. E quando Tom Riddle si metteva in testa qualcosa, non mollava l'osso fino a che non aveva ottenuto quello che voleva.
    Certo, non era esattamente incline al rispetto delle regole. Provava per esse una sincera, spassionata insofferenza, e vi si atteneva soltanto per evitare seccature con la Cole, da tutti universalmente conosciuta con una vasta gamma di epiteti tutti facenti riferimento alla sua passione per gli alcolici...o quantomeno fingeva di attenervisi.
    Certo, una volta messo piede in quella scuola avrebbe dovuto ricominciare tutto da capo. Per la prima volta sarebbe stato in mezzo ai suoi pari: sarebbe stata dura emergere, far vedere di che pasta era fatto. Ma confidava in se stesso quel tanto che bastava nell'essere certo di riuscire nell'impresa.
    Seduto a gambe incrociate sul letto già pronto ad accogliere un altro infelice, solo nella in quella che per tanto tempo era stata la sua stanza, Tom Riddle attendeva il taxi che lo avrebbe portato alla stazione di King's Cross. Mrs Cole era stata irremovibile su questo punto: fino a che il ragazzo non fosse salito sull'Espresso, sarebbe stato sotto la sua responsabilità, ergo era fuori discussione che egli si recasse alla stazione con le proprie gambe. L'ultima cosa di cui aveva bisogno, gli aveva berciato la sera prima, era che si ficcasse in uno stramaledetto guaio proprio ora...o che vi ficcasse
qualcun altro. Così dicendo, lo aveva guardato in tralice. Tom sapeva a cosa stava pensando: il ricordo di quella gita al mare ossessionava lei quanto riprendeva vita nei sogni di lui. Per non parlare poi del coniglio di Billy, e di tutti quei piccoli oggetti scomparsi e poi riapparsi dal nulla...
    Aveva protestato, adducendo di essere perfettamente in grado di recarsi alla stazione da solo,
grazie. Ma Mrs Cole non ne aveva voluto sapere. Probabilmente vuole essere sicura di essersi liberata per sempre di me, si disse...almeno fino alla fine del prossimo anno scolastico. Avrebbe infatti dovuto tornare all'orfanotrofio ogni estate. Inutile dire che l'idea non gli sorrideva affatto.

    Ma ora tutto questo non aveva importanza. Ancora poche ore e Mrs Cole, il suo schifosissimo orfanotrofio ed i suoi piccoli ospiti sarebbero stati soltanto un brutto ricordo. In un vecchio baule di cui la cuoca non era stata affatto dispiaciuta di disfarsi erano radunati i suoi pochi averi e tutto l'occorrente per la scuola: libri di testo, un calderone, vari ingredienti per preparare pozioni...e soprattutto, una bellissima bacchetta magica. Agli altri bambini dell'orfanotrofio, a cui naturalmente era stata preclusa la vista di tale bizzarra oggettistica, la vecchia Cole aveva rifilato una panzana qualunque, blaterando qualcosa a proposito del diritto di nascita e di collegi esclusivi.
    Nessuno aveva fatto commenti, nessuno gli aveva augurato buona fortuna. Avevano incassato e basta, rallegrandosi in segreto di vederlo sparire dalle loro vite.
    Chiuse gli occhi godendosi la pace che regnava nel locale pervaso dagli spifferi. Era la più schifosa mattinata settembrina di cui serbasse memoria, fredda e tetra come il giorno dei morti, ma non gli importava. Era il primo giorno della sua nuova vita e niente e nessuno avrebbe potuto rovinarglielo, nemmeno il tempo avverso.
    Ripensò alla notte in cui era nato, nel bel mezzo di una tempesta di neve. Mrs Cole diceva di ricordarsene molto bene, così come le era rimasto impresso il volto della puerpera che l'aveva tirata giù dal letto in preda a dolorosissime doglie. Con le ultime forze che le erano rimaste, lo aveva dato alla luce, col fuoco del camino dell'androne a porre impietoso l'accento sulle tutt'altro che accattivanti fattezze.
    Non provava niente nei confronti della donna che lo aveva partorito, così come non nutriva alcun sentimento per il padre. Era certo, pur non avendone le prove, di aver ereditato da lui la sua predisposizione alla magia. La sua convinzione si basava su una logica semplice ma ferrea: se sua madre fosse stata una strega, avrebbe praticato una qualche magia per salvare se stessa ed il bambino, invece di andare incontro alla morte e abbandonarlo in quella stamberga. Sentiva di non doverle nient'altro che la vita, e lo stesso valeva per l'uomo il cui seme lo aveva generato. Si era costruito da sé pezzo per pezzo, senza l'aiuto di nessuno, e così avrebbe continuato fino alla fine dei suoi giorni. Lo aveva detto anche allo strano tizio che era venuto ad offrirgli un posto in quella scuola “per persone speciali”. Si girò a fronteggiare l'armadio che, alla sua richiesta di provargli di essere un mago, Albus Silente aveva incendiato. Era stato molto meglio dei fuochi d'artificio a cui aveva assistito l'anno prima in occasione dell'ascesa di Re Giorgio VI, della raffica di colpi di cannone con cui il monarca Babbano era stato salutato. Gli parve di vedere per l'ennesima volta le fiamme danzare davanti a lui, di percepire nell'aria stantia l'odore della legna che bruciava...e come sempre quando riviveva la scena, una fortissima sensazione di libertà ed onnipotenza si impossessò di lui.
    Non vedeva l'ora di arrogarsi i più reconditi misteri della magia, di strabiliare la gente con le sue prodezze, di far parlare di sé. Era soltanto questione di tempo affinché il mondo magico si accorgesse di lui...
    Solo che, naturalmente, avrebbe dovuto trovarsi un nome all'altezza della propria fama.
    Un nome insolito, altisonante, magari preceduto da un titolo nobiliare...
    Trasalì nell'udire qualcuno bussare alla porta, che si aprì prima che lui potesse dire 'Avanti'. Non si voltò neppure a vedere chi aveva osato disturbarlo, certo che si trattasse della Cole...ma si sbagliava.


    “E così te ne vai.”
    “Cavolo, Bishop, sei un fulmine...è tutto deciso da settimane, ormai.” Riddle si voltò a fronteggiare il pallido Dennis Bishop, in piedi davanti alla porta socchiusa. “Qual buon vento ti porta qui?” gli chiese beffardo.
    Il bambino dondolò nervosamente da un piede all'altro, evitando accuratamente di guardarlo negli occhi. Tom lo aveva sempre avuto in antipatia, senza un vero e proprio perché; forse per quella sua arietta angelica, che tanto piaceva agli aspiranti genitori adottivi in visita all'orfanotrofio. O forse perché era una mammola dalla lacrima facile, e lui detestava i piagnoni.
    “Mrs Cole mi manda a dire che il tuo taxi è arrivato” balbettò. Dopodiché abbassò la testa scuotendo riccioli biondi da cherubino, pronto a battere in ritirata.
    “Quantomai di cattivo gusto, incaricare te di avvisarmi” commentò l'altro inarcando un sopracciglio. “Voglio dire, dopo tutto quello che è successo...” Si alzò per prendere il proprio baule per uno dei pesanti manici d'ottone. “Ma adesso che il cattivo Tom Riddle leva le tende il caro Bishop non ha più nulla da temere, non è vero? Scommetto che non stai nella pelle all'idea di vedermi andare via. No,” continuò, “non c'è bisogno che ti disturbi a rispondere. So perfettamente cosa stai pensando...te lo leggo in faccia, assieme a tutto il resto. Ho occhi ed orecchie dappertutto, io.” Riflettè. “Ma questo tu lo sai già, non è vero? Vero che lo sai, Bishop?”
    Bishop continuò a fissarsi i piedi, tendendo alla cieca una mano dietro di sé per afferrare la maniglia della porta. Dovette fare un paio di tentativi prima che la stretta delle sue dita attorno al pomo di facesse salda a sufficienza.

    “S-s-sì.”
    E dai, piccolo Bishop, apri i rubinetti.
    “Ottimo. E sai che cosa ti succederà se vengo a scoprire che hai cantato?” Anche questa volta non gli dette il tempo di rispondere: accostò il proprio volto a quello del compagno, prendendogli la testa tra le mani. “Se riveli a qualcuno quello che è realmente accaduto quel giorno, io torno qui e ti ammazzo con le mie stesse mani. Arriverò di notte, quando tutti dormiranno...tutti, tranne te. Perché tu sarai lì ad aspettarmi, Bishop, troppo spaventato per addormentarti...ad aspettare l'ora della tua morte. Lo sai, vero?”
    Bishop annuì, troppo spaventato per profferir parola...


    “Per la croce, ma che fine avete fatto tutti quanti? Riddle, il tassametro scorre! Raccogli le tue cianfrusaglie, che è tardi!” la voce di Mrs Cole echeggiò dal fondo delle scale, per poi crescere di volume man mano che la donna raggiungeva la sua stanza. Vi entrò con passo sicuro, e con lei l'inconfondibile alone di gin da cui era perennemente circondata. Quello che vide le fece morire in gola la ramanzina che aveva intenzione di fare ai due perditempo: Riddle e Bishop avvinti l'uno all'altro, in una sorta di abbraccio riappacificatore! Dopo tutto quello che il povero Dennis aveva passato a causa sua! Grossi lacrimoni solcavano il suo bel visetto, mentre quello di Tom era come sempre raccolto in un'espressione solenne e compunta. La sua mano destra accarezzava distrattamente i riccioli biondi del compagno, nel vano tentativo di lenire il suo dolore.
    Un gesto di controllo, di possesso, che la donna scambiò per una sincera dimostrazione d'affetto. Si chiese se, dopotutto, non avesse giudicato quello strano ragazzo troppo frettolosamente, lasciandosi fuorviare dall'alone di stranezza e mistero che lo circondava.
    Con discrezione, richiamò a sé l'attenzione dei due giovani prorompendo in un colpetto di tosse. Entrambi i ragazzi sussultarono, sciogliendo in fretta l'abbraccio. Bishop si voltò lentamente verso la direttrice, asciugandosi il naso con una manica: il suo sguardo esprimeva una disperazione tale che Mrs Cole fu costretta a distogliere il suo dopo pochi secondi. Riddle, invece, sembrava imperturbabile come sempre.
    “Mi scusi, Mrs Cole” cinguettò in tono mellilfluo. Si chinò a riafferrare la maniglia del baule che giaceva a pochi centimetri di distanza e trascinandoselo appresso si incamminò lentamente nella sua direzione. Superato Bishop, si voltò un'ultima volta verso di lui.
    “Su con la vita, Dennis” lo esortò. “Te l'ho detto, ci rivedremo all'inizio delle vacanze estive...o forse anche prima, chi lo sa.” Sorrise a beneficio della direttrice, un sorriso che le fece venire i brividi a dispetto del pesante maglione che indossava.
    “Andiamo” si limitò a rispondere lei, la voce che le tremava impercettibilmente. Detto ciò gli cinse brevemente le spalle e lo sospinse verso la porta. Docile come sempre, quello strano sorriso ancora dipinto sul volto, Tom Riddle la seguì: era la sua stella cometa personale, la via da seguire per uscire dal tunnel ed incamminarsi verso una nuova vita. Avventurandosi per l'ultima volta sul tetro pianerottolo, si voltò per guardare Dennis Bishop da sopra la spalla, ma il compagno era già oltre i limiti del suo campo visivo.

  
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