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Autore: BossProg    27/06/2014    1 recensioni
[Concept album]
Benvenuti nello show più crudele del mondo, dove se desideri, veramente, qualcosa è probabile che accada; ma per ogni luce che si accede un ombra si allunga. Questa è la storia di Jonathan Aaron Steel, l'ultima grande Rock star che nella sua breve, ma intensa, carriera musicale, ha vissuto tutto quello che la storia triste del Rock ci ha regalato: fama per solitudine, successo per fallimenti, libertà per prigionia, divertimento per droga, vita per morte...
"Sei disposto ad essere l'Idolo Cremisi; il baluardo per chi vive su di un baratro, un eco per chi grida, un muro su cui piangere? Qualcuno che comprende perché ha vissuto le stesse cose? Sei disposto a distruggere te stesso per essere l'Idolo Cremisi: Lo Specchio su cui ogni uomo si illude?"
Genere: Drammatico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: Traduzione | Avvertimenti: nessuno
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Los Angeles, 2018

 

Los Angeles, città di peccati e sogni; in uno dei suoi soliti bar che comincia questa storia. 

WASP Cafè, ore 09,00 am

 

"Che giornatacce! 
Dopo la morte dell'Idolo Cremisi, tutto il mondo sembra piangere la morte di un altro redentore, qualcuno che muore per una causa giusta, quale causa poi, alla fine è morta solo un'altra Rockstar: sesso, droga e Rock 'n' Roll, ma alla fine l'unica donna con la quale si sballano fino a morirne, è solo la nera falce. Popoli e popoli, gente di ogni razza e religione che seguono un "Idolo", qualcuno che comprenda la loro repressione e la loro rabbia; ma alla fine è proprio il loro "Salvatore" a morire in quegli stati scomodi che generano rabbia e repressione. Che gente. 
E visto il procedere "alternativo" anche delle mie giornate (condizionate da uno stupido funerale), da giornalista sfigato che sono mi ritrovo ad effettuare un'intervista con una persona che dice di conoscere bene l'Idolo Cremisi; se fosse vero, di certo, un scoop simile, non lo avrebbero di certo dato a me che sono arrivato neanche da due mesi in editoria. Che giornate!!"

 

Il giornalista Steven Lawless, si appresta ad arrivare al luogo dell'appuntamento, un bara chiamato WASP Café, uno di quei bar nel quale non entreresti mai neanche se hai un attacco di dissenteria improvvisa, ma il lavoro è sempre lavoro. Appena entrato, vede subito le facce solite di quei bar: motociclisti, prostitute, papponi e gangster di ogni tipo; ma sul loro volto c'è qualcosa di deterso qualcosa che Steven non riesce a comprendere, estraniato dai fatti, egli fa solo il suo dovere: raccontare la realtà senza mettere nulla di suo o considerazioni altrui.
Si siede al primo tavolo libero che incontra, preoccupato dal ritardo del suo contatto, decide di ordinare un caffè, per non essere scambiato per lo scroccone di turno. Arriva la cameriera, bella donna di 40 anni, alta, tatuata e piena di piercing, nota una fede sull'anulare destro (segno di un divorzio) ma nota anche una di quelle collane nel quale si annotano i nomi dei propri figli, ben tre nomi sono segnati, ma scoloriti dal tempo e dalla mancata cura della collana. 

"Che giornate cupe" - Steven; per spezzare il ghiaccio, nel tentativo di avere un dialogo per passare il tempo - "tutta questa tristezza mi sta facendo venire il mal di testa; sarà per Idol, ma la gente è completamente fuori dai ranghi." 

Ad un tratto la cameriera che versava il caffè gobba su se stessa, quasi per difendere un cuore già in frantumi, alza la fronte in modo fiero per rispondere: "Lo credo bene" - guardano Steven negli occhi; quasi a sfidarlo, quasi a cercare un dibattito da Talk Show - "la morte di Idol è una perdita per l'umanità, l'ultima grande Rock Star muore e noi tutti moriamo insieme a lui". 

"Perché?!" - Domandò Steven, con tono da da padre severo - "Perché pensi che sia una grave perdita?".

La ragazza senza battere ciglio: "Ovvio; perché riusciva a comprendere noi tutti, riusciva ad entrare nei nostri sentimenti per farli riaccendere o nei nostri dolori per spegnerli". 

Steven abbassa la testa e comincia sogghignare, fino a scoppiare in una risata folle, quasi da cattivo cinematografico: "Quanto siete ridicoli!! Vi appoggiate alla vita di un folle, quando potreste combattere meglio da soli. 

Mischiate i vostri sentimenti e le vostre idee con persone come Idol e le Rock Star in generale, solo perché vi dicono che gli sbagli nella vita sono giusti, che soffrire è sbagliato e che la vita è una fregatura; quindi bisogna godersela e viverla sempre a 200 km. Ora capisco il tuo modo di vestire, di vivere e di interagire con la tua famiglia. Te sarai una delle tante figlie ribelli che poi quando rimangono incinte, hanno passato troppo tempo a divertissi che a crescere e alla fine finiscono a fare la cameriera nel peggior bar della città; tutto questo per "seguire" un mito, un idolo!!! Che vitaccia!!!" La cameriera sconvolta dalle frasi di Steven, stava per lanciare quel caffè come un arma, ma alla fine lo versa in quella tazza sporca, come se nulla fosse, chinando di nuovo la testa, come segno di una nuova sconfitta alla sua scelta di vita.

"Avresti potuto gettarmi il caffè addosso per riprenderti la tua dignità; un po' come avresti potuto fare con la tua vita: le tue sciocche idee, il tuo passato e i tuoi tormenti; ma non lo hai fatto, hai continuato a versare il caffè nella tua sporca e lurida tazza della vita; gettando la tua" infierendo Steven. 

La cameriera abbassa ancora di più lo sguardo, come ha proteggere, oltre al suo cuore, anche i suoi occhi, così aridi da non piangere lacrime acide. Occhi così stanchi di piangere, da non riconoscere neanche più il giorno e la notte, i sogni e gli incubi. 

Getta la caffettiera in terra, si toglie il grembiule e scappa via dal bar sbattendo la porta.

"Cosa è successo" mormora la gente e Steven, mentre beve quel caffè: "Niente di che; avete appena visto un donna gettare il suo ultimo frammento di vita".

Il bar resta per qualche minuto in silenzio, per poi ritornare ai suoi rumori classici. Steven sta bevendo ancora il caffè, quando si sente dire da dietro: "Non le sembra di aver esagerato?"

"Non ho detto ne più e ne meno di quello che andava detto" risponde Steven.

"Bè, avrai cercato di aver un po' più di tatto io" sporgendogli un bigliettino da visita davanti al caffè di Steven.

"Alex Rodman. Il vero Rodman?" chiese Steven leggendo il biglietto

"In persona" - esclama - e sedendosi:  "Che c'è, non ti aspettavi me? Pensavi ad un fan sfigato che vive rintanato nella sua cameretta e si immagina biografie inesistenti di Idol? Adesso sei tu che ti reputi inferiore."

"Diciamo che sono abbastanza pragmatico e sognare ad occhi aperti, non rientra tra le mie priorità" controbatte Steven, mentre continua a ber il caffè, come se niente fosse accaduto.

"Mhm, che eri strano lo sapevo, ma fino a questo punto non me lo aspettavo" - Rodman, sorridendo - " ti trovi davanti il manager di Idol e tu rimani fermo e inflessibile a bere quel caffè!?"

"E' il mio lavoro" - esclama, Steven - "raccontare la realtà senza alcuna mia emozione."

" Ed è proprio per questo che ho scelto te" - con fare sicuro, Rodman - "sei l'unico che può scrivere la storia di Jonathan. D'altronde, è meglio fidarsi del proprio miglior nemico che del tuo peggior amico.

"Ti riferisci alle centinaia di volte che ho straparlato male di Idol e del suo mondo? Bè si certo, forse hai ragione" - risponde in modo fiero Steven - "ma mi fa strano sententi pronunciare il suo vero nome; sembra quasi che tu voglia pregarmi di farlo tornare umano" fissando a mo' di sfida Rodman.

"In incerto senso hai ragione". Con questa frase Rodman abbassa la sua testa spavalda e sembra calarsi in un mondo oscuro e lontano da quel bar. Ed è ancora Steven ha rompere quel silenzio "allora, da dove cominciamo?"

"Da dove? Nel momento in cui muore un persona e nasce una Rock Star, mi sembra ovvio….."

"La Rock star non c'è stata mai, c'è stato solo uno specchio di una persona che si credeva la cura, quando era egli stesso il male" ribalta il tutto Steven.

"E' curioso…" - Rodman - "COSA!?" - Steven - "La storia comincia proprio da uno specchio, ma uno specchio vero, di quegli specchi così pesanti da non lasciar passare nulla, neanche la più piccola imperfezione; nemmeno quelle dell'anima." Rodman, introducendo la storia di  Jonathan Aaron Steel: Il Crimson Idol. 

 

 

 

…Continua…

   
 
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