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Autore: Leannel    03/01/2005    1 recensioni
Arathorn e Fengel erano due uomini molto diversi. Ma avevano in comune principalmente due cose. La prima:erano mortali. La seconda: non avrebbero fatto niente di buono nella loro vita,a parte i loro figli, chiaramente. Cosa c'è prima dell'inizio?
Genere: Avventura, Malinconico | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Altri
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Maledetto bastardo, pensò Feren. Per lui doveva essere tutto maledettamente facile. Erano come quell'elfo i tipi che odiava di più. Quelli che quando lo vedevano ubrico, divincolarsi a terra, ridevano; e che, quando invece era ben vestito, nella sua dimora d'oro e legno pregiato, si inchinavano ai suoi piedi.

Arathorn era forse più teso di lui. Non l'avrebbe mai ammesso, però.

Arathorn si allungò verso l'interno della porta. L'elfo era già entrato. Tu non hai paura, si disse. No, non aveva paura. D'altronde cosa avrebbero potuto dire o fare che lui già non sapesse? Avrebbero potuto ucciderlo e nessuno avrebbe sentito la sua mancanza, dopo che suo padre era morto. Oppure avrebbero potuto ripetergli, come già sapeva fin troppo bene, che la sua stirpe era ormai decaduta e che certo il suo popolo e lui in maniera principale, non avevano contribuito di certo a dare lustro alla loro progenie. Che pensieri stupidi, pensò. Era un uomo piuttosto egoista, Arathorn.

Studiò la stanza. Arathorn non faceva altro che osservare da quando era venuto al mondo (oltre che combattere). Del resto era più che sicuro che nessuno, oltre lui, si sarebbe mai accorto della piccola spilla che quell'elfo portava al collo, come un ciondolo ( ma ne era certo, era una spilla). Nessuno si sarebbe accorto che l'aveva portata sempre, il giorno prima e quello. Nessuno si sarebbe mai accorto che la sua casacca era ricamata di verde, e non di nero. Come nessuno avrebbe notato che c'era una vecchia macchia di sangue su quella casacca. Che strano elfo, portare dei così bei vestiti in battaglia.

Era la stanza più grigia che avesse visto in quel palazzo. C'era una sola finestra, ma era chiusa e faceva passare quel filo d'aria che rendeva loro possibile respirare. Sembrava perfettamente quadrata. E spoglia. C'erano una piccola e vuota libreria bianca, e un tavolo dello stesso colore,che occupava gran parte dello spazio. C'erano anche delle piccole sedie bianche. Dovevano essere dello stesso legno, ma Arathorn non aveva mai capito nulla di legno più o meno pregiato. D'altronde a cosa serviva una cosa simile ad un uomo che a sei anni aveva staccato la prima testa ad un'orco?

Feren comparve, riluttante, alle sue spalle. Arathorn non era certo di quali fossero le sue intenzioni. Sembrava che dovesse sentirsi male a momenti. Forse era davvero così, ma Arathorn decise che il motivo era semplicemente che a Feren gli elfi in generale non piacevano proprio. Comparve poi, un elfo. Lo era evidentemente. Era forse l'elfo più elfico che Arathorn avesse mai incontrato. Era l'esatto contrario di quello che avevano incontrato. Portava bei vestiti. Sembravano grigi. Gli elfi portavano abiti davvero strani. Aveva lunghi capelli corvini. Sulla fronte cadeva una bella corona d'argento. Doveva essere molto anziano, nonostante fosse un elfo. Si leggeva nei suoi occhi grigi, che gli ricordavano qualcosa. Rimase un secondo pensando a cosa gli ricordassero. Poi si rispose. Gli ricordavano i suoi occhi. O meglio quelli di suo padre, di suo nonno, e di quello prima di lui. E quindi anche i suoi. Era molto strano. Accanto a questo elfo, c'era un'esatta versione più giovane di lui. La cosa era quasi divertente. C'era un giovane elfo dai lunghi capelli corvini e gli occhi grigi. Lui però non portava la corona. Doveva essere figlio del primo. Incredibile. Non aveva mai visto un padre e un figlio che si somigliassero tanto. Incredibile.

Seduto su una di quelle sedie bianche era un uomo anziano, vestito di grigio. Aveva occhi azzuri e intelligenti, ma sembrava molto vecchio. Arathorn lo riconobbe. Lo aveva visto quando, in qualche occasione era venuto al Nord per parlare con suo padre. Lo chiamavano Gandalf, perlopiù. Sorrideva, il vecchio. Arathorn sorrise anche lui, anche se non ne avrebbe avuto voglia. Forse il vecchio pensava che Arathorn si ricordasse di lui, ma si sbagliava. Aveva in mente solo poche immagini. Cominciavano ad essere noiosi, questi immortali. Potevano essere tutto, belli, colti, tutto quello che volevano, ma non c'era dubbio, erano noiosi da morire. Questo doveva pensare Feren. E Arathorn gli dava ragione, assolutamente

L'elfo anziano si inchinò. Non troppo, tanto da far vedere che gli interessava qualcosa dei due mortali.

Feren e Arathorn fecero lo stesso. L'elfo non sembrava abituato a riverenze tanto misere. Non gli piacevano i mortali, penso Fengel. Non era un problema. Nemmeno a lui piacevano gli elfi. Ma per la prima volta si chiese per quale motivo li avessero chiamati laggiù. Forse volevano davvero ammazzarli.

“Sedetevi” dise l'elfo vestito di nero. Lo disse come se si fosse chiesto perchè non lo avessero fatto prima.

Arathorn si sedette. Fengel rimase in piedi alle sue spalle.

Il vecchio sorrise, mettendo della strana erba secca nella sua lunga pipa. Arathorn lo fissò. Non aveva mai visto dell'erba pipa.

Il più anziano dei due uomini gesticolò.

“Vorremmo solo sapere” disse “cosa facciamo qui”

“Innanzi tutto” disse il vecchio “conoscerete i nostri nomi. Quelli della vostra razza mi chiamano Gandalf, anche se più a Sud Mithrandir, come gli elfi. Altri ancora mi chiamano lo stregone grigio. Forse avrete sentito parlare di me, allo stesso modo potete non averne mai sentito” lo stregfone prese fiato “Questo alla mia destra è Elrond. L'uomo che vi sta ospitando.” Arathorn abbassò il capo. Elrond, parve compiaciuto. Sembrava abbastanza stupido. Arathorn si ricordò per l'ennesima volta che le sue supposizioni erano per lo più sbagliate, e qundi con molt facilità, quello era l'elfo migliore che mai fosse vissuto.

Poi lo stregone indicò l'elfo più giovane

“Questi, è invece suo figlio Elohir” non c'erano dubbi che la loro somiglianza fosse quasi ridicola. “E infine, anche se lo avrete già incontrato e lui vi avrà già rivelato il suo nome..” Gandalf guardò l'elfo. L'elfo vestito di nero rideva. Non gli aveva rivelato il suo nome, ai mortali. “Reimer..” Gandalf sembrava quasi arrabbiato “Reimer sei stato scortese. Come avrete capito il suo nome è Reimer. Forse i vostri genitori ve ne hanno parlato come 'Il maledetto'. Ora abita verso est, ma un tempo viveva al nord”

Reimer il maledetto. Arthorn ne aveva sentito parlare da suo padre. Un elfo che aveva dato una mano a quelli della sua stirpe. Un elfo, anzi, che era stato dei loro per un lungo lasso di tempo. Ma se n'era andato con una donna elfo. Dicevano che ogni tanto, nei momenti di maggiore bisogno, era solito tornare a Nord. Dicevano anche che era un grande guerriero. Icevano molte cose, ma Arathorn non ci aveva mai creduto. Ora che ci pensava avrebbe potuto farlo. Suo padre parlava poco. Se aveva parlato per riferirgli di Reimer il maledetto, questo doveva avere qualcosa di importante.

“Perchè il maledetto?” mormorò Fengel. Gandalf si fece avanti come per parlare, ma Reimer lo fermò.

“Dicono che chiunque io stia accanto muoia. Finirò ammazzato per questo un giorno o l'altro.”

Fengel cambiò espressione, rispose con un suono indistinto.

Questo Arathorn lo ricordava. Suo padre glielo raccontava ridendo. Suo padre non credeva a quello che la gente diceva in giro.

Elrond si alzò e girò il pomello di legno della porta. Sorrise e ne uscì. Questo li lasciò di sasso. Quel comportamento non era affatto logico.

“Ci siamo” disse Elohir. Visto da solo aveva un'aria molto più credibile.

Feren tentò di dargli più attenzione. Ma gli rimaneva incredibilmente difficile concentrarsi.

“Voi morirete presto, anche se visto che siete mortali sarebbe meglio dire abbastanza presto, non riceverete onori, non sarete ricordati da canto alcuno. Nel migliore dei casi il vostro popolo vi dimenticherà, nel peggiore vi disprezzerà. Ma in ogni caso, avevate bisogno di essere convocati qui.” Feren trovò che quel discorso non avesse senso. In pratica gli stava dicendo che la loro vita era inutile, come già sospettava. Sembrava che gli stessero facendo un dannato piacere ad averli convocati là.

Reimer fissò Fengel e sorrise. Doveva essere davvero molto arrabbiato, quel ragazzino.

Arathorn rimase impassibile. Si sentiva scioco e preso in giro, ma tutto doveva avere un senso. Erano Elfi e per loro tutto aveva un senso.

Elohir guardò Gandalf come a chiedergli cosa fare. Gandalf gli fece segno di mettersi a sedere.

“Vi chiederete questo cose significa.” disse Gandalf “perchè vi trovate qui. Era una cosa che Elrond faceva molto tempo fa. Riuniva i sovrani di Numenor e quelli del Mark e passava con loro giornate intere. Ma voi siete molto diversi. E anche Elrond è diverso. Siete qui per dei motivi quasi concreti. La vostra progenie ridarà lustro alle vostre casate. Il male sale da Sud. E saranno i vostri figli” si rivolse ad Arathorn “o i figli dei vostri figli, a combatterlo.”

“Perdonatemi ma io ancora non capisco” Arathorn rideva, mentre Fengel parlava. “Ci avete chiamati qui per dirci che avremo dei figli”

Reimer sbuffò. Se quei due non si fossero decisi a capire, forse li avrebbe picchiati.

“Siete qui per stringere patti, alleanze, amicizie persino. Tutte cose molto elfiche, ma potrebbero esservi utili. E se non a voia quelli che vi seguiranno.”

Gandalf fissò Reimer “Non sono stato abastanza chiaro?” gli disse all'orecchio. Reimer fece cenno di no col capo.

Fengel si passò la mano tra i capelli. Non aveva capito. Parlavano di figli e di alleanze. Ma cosa volevano saperne loro? Gli girava la testa. La sentiva leggera. Sudava. Non ebbe neppure tempo di pensare che stava cadendo, che gli altri videro il suo corpo cadere riverso sul pavimento.


“Ben svegliato.” disse ironicamente la voce di Arathorn “La prossima volta che ti senti male ti lascio lì, com'è vero che ti chiami Fengel. Stai cominciando ad essere noioso.”

fengel si stropicciò gli occhi. Non si era nemmeno accorto di aver dormito. Quasi gli dispiaceva di non aver sognato nessuno dei suoi fratelli. Adesso si sarebbe sentito in colpa per tutto il giorno.

“A parte gli scherzi, Fen” riprese Arathorn “posso chiamarti Fen?” Fengel annuì “Fen, il vecchio dice che tutto quell'alcool ti ha roso lo stomaco.”

Fengel fece una smorfia. “Non capisci nemmeno quello che ti sto dicendo, vero? Sei un ragazzino, Fen!” Fengel mugolò e si rimise a dormire. Arathorn pensò che sarebbe stato inutile tenerlo sveglio ancora. E anche se fosse stato utile, non ci sarebbe riuscito.

Alle sue spalle Reimer, l'elfo scuro, rideva.

“Davvero lo trovi così divertente?”

“No, mi ricorda qualcuno che conosco.” Arathorn lo fissò incerto. Forse quell'elfo era un malato di mente. “Ce ne andiamo a fare un giro, in questo posto ci sono troppi elfi” disse sempre l'elfo.

“Siamo a Imladris, è certo che ci sono molto elfi”

“Se cerchi molto bene, troverai anche dei mortali. Ma pochi.”

“Vuoi solo uscire dal palazzo?”

l'elfo fece cenno di si.

Arathorn annuì. Sperava che Fengel non si sarebbe svegliato.

Lo seguì. Non sapeva bene per dove. Attraversarono molti posti che non avrebbe mai visto. Le strade erano bianche. Era tutto così bello da risultare quasi insopportabile.

Vide moltissimi elfi. Elfi belli ed elfi meno belli. Non vide nessun mortale.

Reimer sembrava conoscere quei posti e quegli elfi. Me ne salutò pochi. Non dovevano avere importanza.

“Dove mi stai portando?” chiese Arathorn.

“Non ne ho idea.” rispose Reimer.

Arathorn rispose con un gemito.

“Il ragazzino ha dormito per tutta la notte?” chiese Reimer

“Sembra non avere ancora voglia di svegliarsi” rispose Arathorn. Reimer rise.

“Sei come tuo padre” disse. Arathorn rimase in silenzio per qualche istante. Improvvisamente aveva voglia di parlare di suo padre.

“Io come mio padre? no. Mio padre era valoroso, era forte, e amava la solitudine. E soprattutto credeva in se stesso”

“E per te non è la stessa cosa? Hai vissuto la sua vita.”

“Io combattevo perchè lui desiderava che io combattessi. Riteneva che dovessimo difenderci sempre. Sempre fuggire. Io non ero come lui. Avrei voluto fermarmi, ma non ebbi mai il coraggio di dirglielo. Avrei voluto conoscere mia madre ma non glielo dissi mai. Il fatto è che sono nato vigliacco”

“Tuo padre, ha vissuto con le tue medesime angoscie e paure. Come vivrà tuo figlio”

“Io non voglio che mio figlio diventi come me” Arathorn ebbe paura. Dopo tutto ciò che gli era stato detto, adesso aveva paura. Adesso non desiderava più avere nessun figlio che soffrisse quanto avesse sofferto lui stesso.

“Senza tuo figlio la nostra terra resterà la stessa.”

Arathorn sospirò. Forse il dannato elfo arrogante aveva ragione.

“Io lo sapevo perchè vi chiamano maledetto.” disse “voi eravate là quando avvenne la Caduta di numenor”

“Esattamente. Ma se ne avessi parlato al tuo amico, probabilmente non mi avrebbe capito”

“Non prendete in giro Fen!”

“Voi mortali siete tutti uguali. Sempre pronti a morire l'uno per l'altro. Una caratteristica stupida e sciocca” Reimer si sedette sotto l'ombra di un albero dalle foglie chiare “ma che vi rende migliori della gran parte delle creature che abitano questa terra”

Arathorn non aveva seguito l'ultimo discorso di Reimer. Aveva perso l'attenzione, ecco tutto.

“Ma voi che c'entrate con questa storia? Voglio dire, quelli elfi ci hanno chiamato qui per dirci che siamo delle nullità. Ma voi..”

“Sono generazioni che aiuto la tua gente e tu non ne sai niente.” Reimer rise tra se “E' per questo che l'ho sempre fatto. E poi la cosa è un'altra. E' la dama che mi ha portato via dal Nord quella che ha sognato tutta la storia dei figli. È una specie di indovina o giù di lì, anche se non se ne rende conto. Dovresti essere onorato. Una donna bellissima ti ha sognato. Io dovevo solo comunicare la visione di lei allo stregone. Ma mi hanno chiesto di restare qui.”

“Capisco..”

“Non mi stai ascoltando, vero mortale?”

“No” rispose “lei chi è?”

“La donna elfo?” Arathorn fece cenno di si col capo “Non siamo sposati né niente. Io le guardo le spalle”

“Capisco..”

“Non mi ascolti neanche adesso. Torna dal tuo amico. Fa' attenzione, potresti perderti. Passa di là” Reimer indicò a Arathorn la strada da seguire. Arathorn fuggì verso la camera di Fengel.

Appena Arathorn fu abbastanza lontano, alle spalle di Reimer comparve un elfo.

“Quella era la strada per le stanze di mia sorella o sbaglio?” disse Elohir

“Non ti sbagli” Reimer iniziò a ridere. Elohir, suo malgrado, fece lo stesso.



  
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