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Autore: ThePastWeShare    27/06/2014    5 recensioni
'Loving can hurt, loving can hurt sometimes but it's the only thing that I know.'
Alzai il volume della musica mentre un'idea si faceva strada dentro di me. Presi il mio blocco da disegno e tracciai linee, contorni e ombre figurando nella mia mente il risultato finale. Uscì solo una bozza a matita di un angelo voltato di spalle a cui avevano strappato le ali ma che portava ancora le cicatrici. Non si vedeva in viso ma mostrava un piccolo tatuaggio di un'ancora sul braccio. Strano, di solito quando facevo schizzi non mostravo mai i particolari, solo la linea generale.
Loving can heal, loving can mend you soul and it's the only thing that I know.
Genere: Sentimentale, Slice of life | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Harry Styles, Nuovo personaggio, Un po' tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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'Aveva il gusto di ciò che è proibito e al tempo stesso è familiare.
Caldo e freddo.
Peccaminoso e innocente.' *

'Come sarebbe a dire che ti trasferisci?'
Echo White, ventuno anni. Avevo appena ricevuto la notizia peggiore che il mio migliore amico, se così si poteva definire a questo punto, potesse darmi. Louis era il mio migliore amico. Lo conoscevo da sempre, non c'era ricordo nella mia vita in cui non ci fosse anche lui. Eppure ora mi stava lasciando.
'Echo devi capirmi. Mi hanno fatto l'offerta migliore che potessi mai ricevere. Quando mi ricapiterá di fare un'esperienza lavorativa di tre anni in America?'
Louis ed io vivevamo insieme, circa. Abitavamo in una casa a due piani, lui sotto e io sopra.
'Mi avevi promesso che non mi avresti abbandonato anche tu.'
'Non ti sto abbandonando. Vedila come una vacanza un po' più lunga. Tornerò qui tutte le volte che mi sarà concesso, poi potrai venire a trovarmi. Sono solo tre anni, il tempo di uno starnuto e sono già passati.'
'Sono tre anni Louis, tre fottuti anni. Non tre giorni.'
'Mettiti nei miei panni, cosa faresti se ti offrissero l'occasione della una vita?'
'Penserei anche a te.'
'Non è vero, lo sai bene.'
'Louis, sono innamorata di te. Resta.'
'Echo, non attacca. Hai detto la stessa cosa la settimana scorsa perché ti andassi a pagare le bollette e due settimane fa perché andassi a ritirare l'auto dal meccanico.'
'Ma ora è vero.'
'Non fare la bambina. Ho già trovato un inquilino per il piano di sopra. L'ho incontrato ieri, sembra un bravo ragazzo.'
'Non puoi saperlo. E poi mica partirai tra poco.'
'...' Il suo silenzio era la cosa che più mi metteva ansia. Louis non stava mai zitto, potrei quasi affermare che non esista la parola silenzio nel suo dizionario.
'Quando?'
'Fra tre giorni.'
'Stai scherzando.'
'Assolutamente no.'
'Sono sicura che tu stia scherzando.'
'Ti assicuro di no, Echo. È un bravo ragazzo, non è uno stupratore o un serial killer. Fattene una ragione, verrà a stare qua.'
'Ti odio, Louis. Veramente tanto.'

Nell'arco di poco tempo Louis partì e con lui gran parte delle sue cose. In casa non si sentiva più il suo profumo e sembrava si fosse trasformata in un cimitero. Ciò che prima era il mio rifugio, il mio luogo sicuro dove ero sempre protetta dalla risata di Louis, ora era il regno del silenzio e io lo odiavo. Portava con se brutti presentimenti e troppi pensieri, così passavo più tempo possibile all'aperto. Se dovevo rilassarmi andavo al bar a bere una tazza di the e se volevo godermi un po' di aria fresca mentre studiavo, andavo al parco di fronte all'università. Era un luogo tranquillo e frequentato per lo più da universitari come me. Era un ottimo luogo da cui trarre ispirazione. La mia vecchia docente d'arte diceva sempre che l'ispirazione non si deve cercare, arriva da sola da tratti di vita quotidiana. E così facevo. Passavo ore al parco con le cuffie nelle orecchie a guardare la vita scorrere davanti ai miei occhi aspettando l'arrivo di un'idea brillante. Quella donna era saggia, ma era rimasta incinta e aveva preso le ferie per maternità. Così, ora, aspettavamo da due settimane l'arrivo del sostituto che sembrava non volersi far vedere.
Alzai il volume della musica mentre un'idea si faceva strada dentro di me. Presi il mio blocco da disegno e tracciai linee, contorni e ombre figurando nella mia mente il risultato finale. Uscì solo una bozza a matita di un angelo voltato di spalle a cui avevano strappato le ali ma che portava ancora le cicatrici. Non si vedeva in viso ma mostrava un piccolo tatuaggio di un'ancora sul braccio. Strano, di solito quando facevo schizzi non mostravo mai i particolari, solo la linea generale.
Scacciai l'idea dalla testa alzandomi dall'erba. Da li a poco sarebbe cominciata la lezione di storia dell'arte e l'ultima cosa che desideravo era fare tardi.

Era venerdì, quella che Lou ed io chiamavamo 'la maratona film'. Sceglievamo un film, prendevamo i pop corn e ci buttavamo sul divano guardando film fino ad addormentarci e svegliarci la mattina dopo.
'No Lou, mi sto preparando per uscire.'
'Come uscire? È la nostra serata.' Sembrava deluso della mia decisione.
'Non ho intenzione di passare la serata a guardare un film con te via Skype. È da malati.'
'No, è da amici. E poi con chi stai uscendo?'
'Non sono affari tuoi.'
'Non starai uscendo con Zayn. Sai che quel ragazzo non mi piace. Ti mette le corna.'
'A te non piace nessuno che non sia te stesso.'
'Quello è ovvio, ma lo dico per te.'
'E a me non importa. Se ti fosse interessato di me adesso saresti qui a guardare la maratona di Ritorno al Futuro.'
'Palle. Ma, cosa ci fai esattamente a casa mia? Ti ho lasciato le mie chiavi in caso di emergenza.'
'È un'emergenza.'
'Del tipo?'
'Mi si è rotto il tubo della doccia.'
'Sei impossibile.'
'Lo so. Devo andare.'
'Stai attenta a Zayn o prendo il primo volo e lo vengo a menare.'
'Ciao Louis.' E chiusi la videochiamata.
Mi buttai sotto la doccia gelida cercando di far sparire quell'ombra oscura di brutti presentimenti che mi portavo dietro da quando mi ero svegliata. Mi avvolsi nell'accappatoio imprecando mentalmente per aver dimenticato i vestiti al mio piano. Aprii piano la porta illuminando il telefono o alla ricerca di qualche notifica, prestando poca attenzione a dove stavo andando. Conoscevo casa di Louis come le mie tasche, anzi, nelle tasche trovavo sempre qualche centesimo perso che avevo dimenticato di avere ma passavo ogni giorno a casa di Louis tanto da sapere dove stava ogni oggetto e la quantità di polvere su ogni mobile. Ma probabilmente mi sbagliai perché andai a sbattere contro una parete subito dopo il divano. Una parete calda. Una parete che respirava. Aspetta, da quando le pareti respirano? E da quando le pareti hanno brillanti occhi verdi e folti riccioli in testa. Oddio. 'Non capita molto spesso che le ragazze si buttino tra le mie braccia avvolte solo da un asciugamano'. Le pareti non parlano soprattutto! Quando mi resi conto di avere davanti ai miei occhi un ragazzo, l'unica cosa che fui in grado di fare fu urlare.
'No, non ti spaventare. Sono il nuovo inquilino. Louis mi ha lasciato le chiavi sotto dentro la terra del vaso di fiori fuori.'
'C-come faccio a esserne sicura?'
'Le persone normali non mettono le chiavi dentro i vasi di fiori, al massimo sotto, e quelle sane non frugano dentro la terra nei vasi degli altri. Poi non so tu come ti comporti.'
Non faceva una piega, tipico di Louis. Lui non era una persona normale, quello era certo. Inoltre, il mazzo che teneva in mano aveva il portachiavi col quadrifoglio che gli avevo regalato.
'Ok.'
Per diversi minuti regnò un imbarazzante silenzio seguito da un colpo di tosse del ragazzo davanti a me. 'Credo dovresti andare a vestirti.'
'Merda' imprecai correndo verso la porta di casa mia.
L'imbarazzo mi assalì e la voce della mia coscienza continuava a insultarmi mentalmente. Inoltre Zayn sarebbe passato tra mezz'ora. Indossai un vestito a fiori con delle zeppe, lasciai i capelli mossi scendermi sulle spalle e mi truccai leggermente gli occhi con colori pastello. Aspirando, accesi una sigaretta, cercando il cellulare per guardare l'ora. Solo allora mi resi conto di averlo fatto cadere nell'impatto col ragazzo. Merda, ero proprio una cretina. Mi vergognavo a morte ma mi serviva il telefono e avrei dovuto convivere con questo ragazzo per almeno tre anni. Non era sicuramente il miglior modo per presentarsi ad una persona con cui condividerai gran parte della tua giornata. Non so se fu per il telefono o per la voglia di rimediare alla figuraccia, decisi che era il momento di scusarmi col ragazzo di sotto.
Cercai di farmi forza, prendendo dalla scrivania la maglietta di Louis, in cerca del suo profumo, ma rimasi delusa quando mi accorsi che stava scomparendo. No. Era l'ultima cosa che mi rimaneva di lui per sentire la sua presenza al mio fianco. Mi dava sicurezza. Sapeva di casa. Sapeva di Louis. Forse stavo affrontando la sua partenza come fosse una morte, ma non mi importava. Lui era lontano e io ero troppo piena di insicurezze per cavarmela da sola. Feci un ultimo tiro alla sigaretta vedendo la brace colorarsi di rosso prima di spegnerla nel posacenere. Raccolsi il pacchetto e l'accendino insieme a quel briciolo di autostima che mi era ancora rimasta prima di scendere le scale e bloccarmi davanti al suo campanello. Non c'era più il nome Tomlinson. Era vuoto, privo di personalità, proprio come me. Decisi di bussare alla porta ma nessuno rispose, così, entrai lo stesso. Se non potevo scusami avrei lo stesso recuperato il mio iphone. Lampeggiava una notifica. Era un messaggio di Zayn che mi avvertiva che non riusciva a venire perché doveva lavorare. Delusa, corsi verso l'uscita decisa a prendere la macchina ed andare lo stesso in qualche pub a divertirmi quando una voce attirò la mia attenzione. 'Finalmente ti vedo vestita. Dove vai così elegante?'
Elegante. 'Da nessuna parte. Mi hanno appena dato buca. Ma poi a te cosa te ne frega. Non so nemmeno chi sei, signor..?'
'Styles, Harry. Quale mostro darebbe buca a una ragazza così carina? Avrai un nome, signorina..?'
'Echo. Lo stesso nome che c'è sul campanello che non hai usato.'
'Beh, teoricamente casa tua è sopra e io dovevo entrare sotto.'
Ops, tutti i torti non li aveva. 'Va bene, ho sbagliato. Non dovrei essere qui, ma la mia doccia si è rotta e non hanno ancora mandato un idraulico a controllarla.'
'Capisco. Allora sei la benvenuta quando vuoi.'
'Grazie. Quindi.. Tu saresti quello che ha parlato con Louis. Ti piace qua?'
'La casa o la città?'
'Beh, entrambe.'
'La casa mi piace ma sono appena arrivato e ho purtroppo solo visto l'aeroporto.'
'Allora per scusarmi domani sera ti porto a fare un giro di perlustrazione. Ci stai?' dissi, tendendogli la mano.
'Ci sto.' rispose stringendola a sua volta. Non ebbi nemmeno il tempo di reagire che un scossa colpì entrambe le nostre mani facendoci sussultare.
'Sei elettrica, ragazza.'
Abbassai lo sguardo e fu questione di un momento. Harry ritrasse il braccio e la manica della camicia si alzò leggermente mostrando una piccola ancora tatuata sul braccio. Il disegno.
Figurai nella mia mente le immagini del pomeriggio e inorridii a quanto mi era appena successo. Mi consideravano strana ma un fatto del genere mai nella vita mi era capitato. Impallidii, alzando lo sguardo su di lui.
'Ma ci siamo già incontrati?' domandai, in preda alla confusione.
'Come?' 'Lascia stare, domanda stupida. Dimentica tutto. Ora è meglio che vada.'
E corsi via verso la strada in cerca di un pub dove bere qualcosa.

La mattina seguente mi svegliai in un mostruoso ritardo. La sveglia aveva suonato più volte e più volte l'avevo spenta. I postumi della sbornia si stavano facendo sentire e la testa martellava dal dolore a ritmo di dubstep. Per quale motivo ero andata a piedi invece di prendere la macchina? Mai la via del ritorno era stata così lunga e faticosa, per quel che ricordavo. E forse era meglio così, non sarei stata nelle condizioni di guidare probabilmente. A completare il quadro perfetto erano i miei capelli, arruffati come se avessi appena fatto a botte con un gatto. La sera prima non mi ero struccata ne tantomeno cambiata, quindi indossavo ancora il mio vestito a fiori. Mi preparai più in fretta. Feci una doccia gelata nella vana speranza di far passare le ultime tracce di sbornia, lavai i capelli e li legai in una crocchia semplice e mi vestii più veloce che potevo. In meno di mezz'ora arrivai dal portone dell'università ma decisi di saltare la prima ora di corso visto che era già iniziata da un po'. Mi accomodai nella caffetteria li di fronte, in un tavolino all'aperto accendendomi una sigaretta, l'inizio della seconda ora. Aspirai una volta e ordinai un caffè ammazzando il tempo scrivendo una mail a Louis. Finito, decisi che non era il caso di arrivare in ritardo anche al secondo corso così mi avviai verso il laboratorio d'arte dove alcuni dei miei compagni erano già seduti. Andai dritta al mio posto senza dare troppo peso alla persona di spalle alla lavagna. Controllai un'ultima volta le email alla ricerca di una risposta di Lou ma non mi stupii quando trovai la casella vuota. Maledetto fuso orario. Nel momento in cui misi il cellulare nella borsa, alzai gli occhi e rimasi interdetta del riconoscere la voce di chi stava parlando. Quasi mi venne un conato di vomito, soffocato solo dall'orrore di ciò di cui mi resi conto. Merda.
'Sono Harry Styles, il vostro nuovo docente d'arte.'

 


* I cento colori del blu - Amy Harmon


Angolo Autrice.
Ok. So di essere una persona orrenda che non aggiorna da un anno e ha ben due storie iniziate ma non mi sentoin grado in questo momento di continuarle. Sono poco ispirata e so che se le continuassi ora uscirebbero solo schifezze quindi mi preservo la possibilità di continuarle in seguito.
Parlando di questa nuova storia. Ho avuto l'ispirazione poco tempo fa ma non sapevo se pubblicarla o no, se valeva la pena leggerla o no.
La quinta superiore e la maturità mi hanno portato via veramente tanto tempo ma ora spero di riuscire ad essere più presente.
Fatemi sapere con una piccola recensione se la storia vale la pena di continuarla o no e se avete voglia passate anche dalle mie due altre storie. Ve ne sarei grata all'infinito.
Grazie per il tempo che mi avete dedicato.
Jess.

  
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