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Autore: RedRaven    27/06/2014    3 recensioni
Ci sono due modi di vivere a Summus [...] Io vivo nel terzo modo.
Qualche volta la gente mi aiuta, mi offre la loro casa per qualche notte e il loro cibo. Sanno che io sono pronta a combattere le ingiustizie, le loro battaglie, e credo mi compatiscano. Le favole sono per bambini, e qui anche i bambini stessi hanno smesso di credere nelle favole. Io so bene che potrei morire da un giorno all’altro, perché vivo in questa merda.
Perché il resto di noi ormai sono solo io.

AGGIORNAMENTI SOSPESI A TEMPO INDETERMINATO
Genere: Avventura, Azione, Malinconico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Ellie, Joel, Nuovo personaggio
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
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- Capitolo 2 -



Lo vedo. Vedo il sangue nei suoi occhi. E’ Octo.
Resto nascosta dietro a quella che un tempo era una statua in marmo, mentre adesso il piedistallo riesce a coprirmi a malapena. Sento degli spari nella mia direzione: colpiscono il materiale che mi protegge, ma gli spari non durano più di qualche secondo; è la sua voce quella che riesce ad incutermi preoccupazione.
-Allora stronzetta – dice – noi ti vogliamo… morta. Fine della questione, almeno per il Tribunale. Ma io non sono come loro; io sono uno spietato assassino, proprio come te. Quindi voglio divertirmi un po’. Non sarai uccisa subito, piuttosto intendo mutilarti e… che ne so? Vederti supplicare di restare in vita per poi ficcarti un coltello in gola e mandarti all’altro mondo, proprio come quel vecchio di merda qualche mese fa –
Ne seguono risate ed io devo solo trattenermi. Butto un occhio dall’altra parte per osservare esattamente chi mi sta pedinando. Octo è al centro di quelli che sembrano cinque delinquenti armati; non mi importa di quegli stolti, ne faccio fuori quanti ne voglio, è il bastardo centrale che cattura la mia attenzione.
Occhi grigi circondati da vene rosse ben evidenti che sembrano incastrarsi alla perfezione in quel viso pallido e quasi incolore; labbra serrate da due piercing posti alle due estremità, sovrastate da un naso sottile e oserei definire femminile. Il tutto è circondato da due dilatatori con teschi rossi e  da capelli praticamente inesistenti: se li è rasati per dare un aspetto più da duro.
Tutti e cinque indossano gli abiti degli scagnozzi del governo, ovvero casacche nere lunghe fino al bacino e pantaloni militari scuri, piuttosto larghi per i movimenti che quelli dovrebbero fare nell’acciuffarmi. In tutto ciò mi restano impressi gli strappi sui vestiti di Octo, saranno volontari? Probabilmente. Dopotutto in questo modo, che lo rende un perfetto idiota a parer mio, si può notare il suo numero stampato sul braccio. Che schifo di società: l’apparire conta più che l’essere.
 
- Stronzetta esci tu o ti veniamo a prendere noi? –
Note di sarcasmo nella sua voce.
Prendo qualche secondo per respirare e mettere in chiaro le idee. Devo creare un diversivo, ma come? Il luogo è circondato da panchine malandate, alberi troppo cresciuti indipendentemente e residui di una civiltà che un tempo usava questo luogo come “parco”. Sopra di me si dirama una vecchia quercia, mentre su due lati del piedistallo inizia un flusso di cespugli, che termina con lo sbocco sulla strada da un lato e l’inoltrarsi in questo posto dall’altro.
Ci sono. Prendo il fucile da cecchino e lo faccio sporgere dall’altro lato del cespuglio.
Octo vuole giocare? E sia.
La mira posta sulla sua mano, il mio dito sul grilletto.

Bang

- Brutta puttana! PRENDETELA IDIOTI –
Ricomincio a correre addentrandomi in Villepark, con un piano ben fisso in mente. Noto che due di loro mi seguono, mentre gli altri due fanno il giro largo; decido quindi di arrampicarmi sul primo albero che trovo e lasciar cadere una granata a frammentazione, una Mk3.
Come sospettavo: se ne sono accorti troppo tardi, e l’esplosione li ferisce quanto basta per darmi il tempo di scendere e allontanarmi nuovamente. Individuando i rimanenti, ricarico il mio ultimo acquisto, ovvero una semi automatica, e cerco di gambizzarli. Tirano fuori le armi, ma la loro mira è pessima così decido di prendermi un po’ gioco di loro, urlando:
- Cosa c’è? Non avete studiato abbastanza? – inizio a provocarli – Al Tribunale saranno poco disposti a perdonarvi uno sbaglio del genere. E poi, quell’idiota del vostro capo, vi squarterà vivi. Non credete… -
Sento trafiggermi la gamba da un dolore indefinibile. Mi hanno presa. Mi ha presa.
Cazzo, cazzo, CAZZO. Dove ce l’aveva l’arma? Non l’ho vista, ma non ha più importanza. Cado, indietreggiando lentamente e nascondendomi in un cumulo di rifiuti.
La sua voce. La sua maledettissima voce mi riecheggia nella mente non appena termina di parlare.
- Lasciatela stare. Voglio vincere questo scontro quando è sana. Voglio che muoia con la speranza di poter vincere; il suo sguardo soddisfatto deve spegnersi non appena le punterò la pistola in testa. E allora si renderà conto. Ti renderai conto – precisa, guardandomi da lontano e facendo una pausa che basta a farmi percepire la sua follia – che sarai inevitabilmente, amorevolmente e deliziosamente mia –
Il sangue mi si gela e non sento altro che il dolore del proiettile ficcato nella mia gamba.
- Mai… ah –  urlo, con un gemito di dolore che esce inevitabilmente dalla mia bocca
Sorride mostrando i suoi denti, ma il tutto è reso inquietante da quei piercing che sembrano bloccargli le parole. Si avvicina, il poco per guardarmi negli occhi con quella faccia da pazzo, e mentre io sono ancora a terra, cercando di capire cosa voglia da me, sussurra:
- So che non mi sparerai adesso. Tu sei tale e quale me. Vorrai vincere assaporando ogni lato della vittoria –
Si gira, facendo un gesto con la mano per richiamare l’attenzione dei suoi scagnozzi, e si allontana dalla mia vista.

Tu sei tale e quale me. Non riesco a concentrarmi su altro, se non su quelle parole forse insignificanti, forse troppo rivelatrici. Intanto il sangue cola sporcandomi i jeans, facendomi uscire dalla bocca l’ennesimo “Merda” della giornata.
Apro il mio zaino prendendo un coltello e le bende che mi servono per medicarmi; in seguito, con il coltello fra i denti e i pantaloni alzati sono felice di notare che il proiettile non è andato poi così tanto in profondità. Rimuoverlo è doloroso, più di quanto lo facesse sembrare Joel, ma devo farlo.
 
Mi incammino verso casa ripensando all’accaduto. Octo è un pazzo, un folle assassino assetato di sangue. Un pezzo di merda. Un irrispettoso individuo che fa a pezzi chiunque incontri davanti a sé. Ed è totalmente convinto che io sia come lui.
Io non sono come lui. Io non diventerò come lui.
Perché l’ha detto? Ingenuo. In questo modo mi ha rivelato che agirebbe esattamente come me… no, no e poi no. Cosa sto pensando. Non siamo uguali, lui è folle e non ha alcun senso della giustizia, lavora per la parte sbagliata del Paese.
 
Finalmente scorgo il posto, una casa mai ultimata che presenta solo le fondamenta. E’ il posto in cui dormo, non quello che uso come magazzino. Perché tutto il vecchio materiale sta nel vecchio covo, quello in cui ho seppellito Joel, quello in cui non riesco a tornare; prima o poi, però, dovrò farlo. Lì c’è tutta la mia roba… la nostra roba.

Un giorno riuscirò a tornarci.
Ma sono spiacente di riconoscere che quel giorno non è oggi.
  
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