Anime & Manga > Magi: The Labyrinth of Magic
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Autore: Halloween_    27/06/2014    3 recensioni
Aysel non ha null'altro che un telo scuro nella testa: niente ricordi e per lei tutto parte dal momento in cui si sveglia in una strana stanza.
Ha paura, sì, ma è anche intenzionata a fare l'impossibile per riavere la sua memoria e, forse, la sua attrazione quasi maniacale per il cielo notturno significa qualcosa.
Il destino, però, le rema contro e tra tutte le sfortune è riuscita a stuzzicare anche la curiosità dell'Oracolo di Kou. La terrorizza, quel Judal, eppure la attira come un cielo stellato terribilmente oscuro e affascinante.
~.~.~.~.~.
{STORIA IN REVISIONE}
.~.~.~.~.~
Kuro❤︎
Genere: Avventura, Generale, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Judal, Nuovo personaggio, Un po' tutti
Note: What if? | Avvertimenti: Tematiche delicate
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Buonasera a voi, lettori.
Non è da me inserire note iniziali, però ci tengo davvero a dire una cosa e spero qualcuno si fermerà a leggere. Prendetemi pure per pedante, egocentrica, noiosa, fastidiosa, egoista, etc, etc... Chi più ne ha da dire, ne dica!
Comunque. Io insisto tanto sulle recensioni perché voglio sapere cosa ne pensate voi che leggete, così potrò aggiustare errori, buchi e migliorare me e la storia. Io ci tengo tanto, forse pure troppo. Le recensioni sono qualcosa che -io per prima- spesso non lascio -o lo faccio in ritardo- per mancanza di tempo e voglia, ma spero qualcuno avrà il buon cuore di farmi sapere cosa pensa davvero di questa storia. Mi sto impegnando, quindi voglio che risulti gradevole da leggere e interessante soprattutto.
Grazie per l'attenzione. ❤︎









Capitolo II

Treccine e nascondigli {improvvisati}.



Judal, quella mattina, si svegliò con un fastidioso peso proprio sopra il suo stomaco. Fece perno per sollevarsi sui gomiti e trovò una cascata di fili argentati sparsi sul suo ventre e buona parte del materasso oltre a due occhi blu che lo scrutavano incattiviti.
«Dormito bene?» chiese lui con la voce impastata di sonno. Non sembrò nemmeno tanto irritante quanto avrebbe voluto.
Aysel borbottò qualcosa a proposito del suo sonno pesante e si sedette sul materasso frontalmente al Magi, così vicina che mancava poco si accomodasse sulle sue gambe. Sperava di tenerlo bloccato lì il tempo sufficiente a sbraitargli contro almeno la sua frustrazione per essere stata chiusa nella stanza. La notte prima, dopo aver scoperto di non poter uscire, aveva tentato di svegliare Judal per un tempo infinito e in ogni modo possibile –anche i più stupidi come trasformare la faccia dal ragazzo in fantasiose smorfie–, ma invano. Aveva appurato che aveva un sonno a dir poco pesante e quindi rinunciato a svegliarlo; buttandosi sul letto aveva giocato un altro po’ con la faccia di Judal e alla fine si era appisolata anche lei. Con il senno di poi addormentarsi sullo stomaco del Magi le era servito: avendo il sonno leggero, era stata svegliata subito dai piccoli movimenti e così aveva atteso. Non si sarebbe fatta scappare Judal per niente al mondo: doveva farla uscire da quelle quattro soffocanti mura.
Mise su un angelico sorriso «Abbastanza bene, anche se un po’ freddo, sei piuttosto comodo. Ho solo una richiesta, però.» fece una pausa in attesa di una reazione, quando Judal alzò un sopracciglio con fare interrogativo, proseguì «Voglio. Uscire. Da. Qui.».
Voleva essere arrabbiata, la ragazza, furente per il trattamento ricevuto e lo stress sopportato nelle ultime ore, ma non vi riusciva. Si sentiva stranamente tranquilla, rilassata, anzi, quasi annoiata.
Perché?
Judal si esibì in uno sbadiglio e mosse la gamba cui Aysel aveva poggiato le braccia incrociate, un po’ come si fa con un gatto che ti si appisola addosso, ma la straniera non si spostò di un millimetro preferendo scoccargli un’occhiata tagliente in più. Il gesto successivo del ragazzo fu la mano annoiata che si muoveva a mezz’aria seccata, «E va bene, ti faccio uscire però non farti uccidere, d’accordo?» le parole cozzavano con la voce ancora un po’ impastata di stanchezza ma sempre divertita.
Aysel giurò di aver visto luccicare i rubini che erano gli occhi del Magi, nemmeno fosse un predatore impegnato a giocare con una nuova preda prima di sbranarla senza pietà; ma qualcosa dentro di lei stava urlando a gran voce che Judal era un predatore e lei solamente l’ultimo giocattolo trovato per caso. Adesso era interessante, c’era il gusto della novità, ma poi? Aveva paura di cosa le sarebbe successo una volta che il ragazzo si fosse stufato di lei: doveva riacquistare la memoria e andarsene.
«Uccidere?».
«Certo, quello spetterà a me se dovessi averne voglia. E comunque, potrebbero prenderti per un’intrusa e giustiziarti seduta stante.» afferrò una ciocca liscia e argenta tra le dita «A pensarci bene non sarebbe male, sai?», strattonò il ciuffo con grande disappunto della proprietaria della chioma, che fu costretta a chinarsi in avanti per non vedersi strappar via i capelli.
Sbuffò irritata liberando con uno strattone deciso il ciuffo imprigionato tra le dita pallide del Magi –era una gran bella gara di pallore tra loro due–, «Correrò il rischio, piuttosto che rimanere chiusa qui dentro con te.» sottolineò le ultime due parole per rimarcare il concetto: non voleva rimanere con quel ragazzo, anche se stuzzicava la sua curiosità, ne aveva paura. Scivolò giù dal letto e aprì la porta senza riflettere, solo quando toccò il freddo metallo ricordò l’incantesimo e temette di sentire ancora il gelo invaderla nel tentativo di divorarla… Ma non accadde nulla, e la porta scivolò leggera sui cardini.
Guardò lo spazio ampio e pietroso al di là dalla porta, legnosa e finemente decorata in oro, poi concentrò i suoi occhi blu su Judal che stava ancora sdraiato tra i cuscini dell’enorme letto. Pareva tranquillo.
Eppure, Aysel percepì un senso d’irritazione pizzicarle lo stomaco ma non lo riconobbe come suo; come poteva essere arrabbiata adesso che stava finalmente per uscire? Non che fosse stata lunga la permanenza nelle stanze del ragazzo, però la sola idea di non poterle abbandonare l’aveva mandata in crisi e ora, con un lieve venticello che le solleticava il viso, si sentiva più leggera quasi le avessero tolto un peso.
Incrociò gli occhi cremisi del Magi incastonati in un viso cadaverico e divenuto serio da far inquietudine così, prima che cambiasse idea e la rinchiudesse nuovamente, la ragazza varcò la soglia con un sorriso vittorioso. Quando fu con entrambi i piedi all’esterno sentì qualcosa sbattere alle sue spalle con uno schiocco secco. Voltandosi trovò la porta chiusa e già immaginava che non si sarebbe aperta, ma tentò ugualmente.
Perfetto, pensò, adesso era chiusa fuori.
Scrollò le spalle; poco male, avrebbe girovagato un po’.
Le bastò un’occhiata per capire quanto fosse enorme quel luogo, e ciò che vedeva non era altro che una briciola: un palazzo, non poteva essere altrimenti. Lo spiazzo che aveva osservato prima sembrava ondeggiare sotto la calura del sole, seguì con lo sguardo le pietre di cui era composto fino a un’ampia costruzione dal tetto buffo e rossiccio a spiovente e le pareti bianche e compatte. Oltre l’arco che attraversava il muro intuì ci fosse uno spazio uguale a quello che aveva davanti.
No, da quella parte non sarebbe passata. Troppo caldo.
Preferiva notevolmente l’ombra e così s’incamminò lungo i rialzi di legno che immaginava percorressero come una fitta rete di passerelle tutto il palazzo, erano sicuramente più comodi che passare sulla pietra resa rovente dal sole e Aysel non rischiava di friggersi i piedi in quel modo.
L’unica cosa che la disturbava era il pensiero di incontrare qualcuno perché, pur non avendo mostrato di badarci, le parole di Judal le ronzavano nelle orecchie come il più fastidioso degli insetti. Beh, c’era anche il fatto che avesse ammesso candidamente che l’avrebbe uccisa, una volta annoiato dalla sua presenza.
Un motivo in più per andarsene, considerò la ragazza.
Rimase sommersa dai suoi pensieri finché non urtò qualcosa –o qualcuno– finendo con il sedere sulla fresca superficie legnosa, la seconda botta circa nello stesso punto in nemmeno un giorno: la sfortuna doveva avercela con lei. Le scappò una piccola imprecazione a quel pensiero pessimistico unito al dolore nella parte bassa della schiena; alzò il viso incrociando due occhi rosa e grandi e sorpresi, divertiti quasi.
Aysel rimase incantata dal quel viso così niveo e dai tratti femminei, gli occhi grandi e rosei e i bizzarri capelli di una tonalità simile, ma più intensa e vivace, con tre piccole treccine nella frangia e un paio di ciocche lunghe fino al ventre che scendevano a incorniciargli il volto. I vestiti erano eccentrici e bizzarri e, si chiese distrattamente, come non facesse a perdere quei buffi pantaloni così calati sui fianchi… Le sorse un dubbio e si crucciò.
«Ma tu, sei maschio?» chiese prima di poterselo impedire; il ragazzo, con indosso un buffo cappellino verde, sbatté le palpebre, evidentemente confuso, o forse sorpreso, dalla domanda.
«Sì, e tu sei femmina?» replicò lui con un mezzo sorriso sul volto.
Anche la ragazza sorrise istintivamente «Direi di sì. Sono Aysel.» rialzandosi notò quanto fosse basso quel ragazzo, probabilmente sul metro e sessanta, e quanto la differenza di altezze tra loro somigliasse a quella tra lei e Judal. Si diede dell’idiota per aver permesso, oltre al nome, anche al ghigno strafottente del Magi di balzarle alla mente.
«Kouha, terzo principe dell’impero Kou.» si presentò lui, con uno strano sorriso sul viso chiaro. Aysel notò un bagliore diverso nei suoi occhi e, n’era quasi certa, non era la prima volta che lo vedeva da quando si era svegliata.
«Principe? Perciò…» portò un dito alle labbra con fare pensoso «Siamo in un palazzo imperiale, giusto?».
Il ragazzo annuì «Sì, siamo nel palazzo dell’Impero Kou.» trovava fosse proprio strana quella ragazza, però aveva dei capelli davvero lunghi… E così a Kouha balenò in testa un’idea davvero carina, ma prima doveva accertarsi di una cosa.
Fu un solo istante di buio, giusto il tempo di sbattere le palpebre, ma evidentemente a Kouha bastò per colmare il breve spazio che li divideva e inchiodare Aysel con uno sguardo penetrante; istintivamente fece per arretrare, scappare lontano, eppure non riusciva a muovere un singolo passo. Erano inquietanti quegli occhi, ora divorati completamente nel bagliore che aveva scorto di sfuggita: follia. Ecco cos’era e l’aveva già notata in una coppia di occhi rubino già fin troppo familiari; la spaventava quella pazzia, latente o palese che fosse, forse più del sorriso al limite del sadismo che incurvava le labbra sottili del principe.
«Allora?» fece lui; Aysel deglutì il groppo e biascicò un tremolante «C-cosa?», maledisse mille volte quell’incertezza sintomo di paura, anche se, in effetti, con l’espressione che aveva Kouha c’era solamente da darle ragione: sembrava stesse immaginando di smembrarla in quello stesso istante e aveva anche l’aria di divertirsi un mondo.
«Perché sei qui?».
La ragazza, con disappunto, si ritrovò a dar ragione a Judal perché, come predetto, era stata scambiata per un’intrusa; mise su ugualmente un mezzo sorriso «Ecco, ti sembrerà bizzarro, ma mi sono svegliata qui. Ehm, nella stanza di Judal, sì. E non ricordo nulla, purtroppo sono affetta da amnesia perché in testa ho solo uno sfondo nero e compatto.» cui seguì la miglior espressione abbattuta che le riuscì. Sperava di suscitare un po’ di compassione nel principe così, magari, non l’avrebbe sventrata spargendo il suo sangue sulle assi chiare. Sarebbe stato un peccato talmente erano ben tenute e non ci teneva ad ammirare le sue interiora. Preferiva rimanessero dov’erano.
Inclinò la testa in un miscuglio di curiosità e confusione, infine, tornò a sorridere sereno come prima e il bagliore di follia tornò a essere una puntina nell’iride rosa.
Forse l’aveva scampata pensò, con un certo sollievo, Aysel.

☽ ✧ ☾


Intrecciava con minuzia, velocità e metodo quelle lunghe ciocche argentate strette saldamente tra le sue dita affusolate; mentre Aysel, seduta con la schiena rivolta a Kouha, scrutava da un po’ di minuti le tre strane donne dalle bende e i lunghi kimoni.
Avvertiva come un senso d’invidia pizzarle le viscere, ma non era sua quella sensazione che la schiacciava con prepotenza; come se non bastasse, era sicura che le tre assistenti –serve, schiave o qualunque cosa fossero– la stessero osservando perché, seppur fossero bendate, avvertiva i loro sguardi bruciare come fuoco la sua nuca. Possibile fossero gelose di lei perché stava ricevendo “attenzioni” dal principe? Magari l’invidia che le pizzicava il ventre era la loro… Possibile?
Oh, ma non essere ridicola! Si disse con un deciso tono di rimprovero: che diamine andava a pensare?! Assurdità, ecco cosa!
«Hai finito?» chiese, la voce strascicata, i muscoli doloranti per l’immobilità e il sedere che non ne poteva più di stare su quello scomodo pavimento di legno che, dopo un’ora, iniziava a sembrarle più duro di quanto non fosse in realtà.
Kouha sbuffò contrariato per l’interruzione «Ancora una e poi basta!»
«Hai detto la stessa cosa per questa treccina, e quella prima, e per la terzultima, e quella prima ancora!» fece Aysel evidentemente esasperata; però durante quel tempo aveva ricordato un’altra cosa: la sua età. Non era molto, certo, ma era ugualmente felice perché aveva aggiunto un altro piccolo strappo al velo nero che copriva i suoi ricordi. Adesso sapeva di chiamarsi Aysel e avere diciassette anni, la stessa età del principe.
Il ragazzo non replicò, finì semplicemente d’intrecciare l’ultimo pezzo della ciocca e la fermò lasciandola poi cadere nel mezzo della chioma «E va bene.» si arrese «Ho finito!» stiracchiò le braccia tendendo i muscoli indolenziti, «Però la prossima volta li intreccio tutti, questi capelli!» fece con tono scherzoso ma Aysel pensò non fosse per niente una battuta bensì una sottile promessa di rivincita: non aveva rinunciato a riempirla di trecce, solo rimandato.
Chiacchierarono ancora per un po’ scambiandosi frecciatine amichevoli. Non sembrava nemmeno si fossero incontrati appena un paio d’ore prima, ma assomigliavano più a vecchi amici che si vedevano dopo lungo tempo. Quando Aysel lasciò la stanza per proseguire il suo giro turistico –magari avrebbe cercato Judal per dirgli che aveva una fame dell’accidenti– si accorse che tra una parola e l’altra si erano scambiati una specie di promessa di rivedersi presto così da finire le trecce e parlare un altro po’ assieme.
«Magari,» pensò ad alta voce mentre percorreva i corridoio, il viso rivolto in alto e le mani dietro la schiena «potrei rimanere qui finché non avrò recuperato la mia memoria, con calma però.»
Due voci le giunsero alle orecchie con il rumore di passi sempre più vicini e, in fondo al cortile, scorse la lunga treccia pece del Magi che camminava accanto a una ragazza più bassa di lui e con vivaci capelli di un rosa scuro e il kimono che strisciava sul terreno. Battibeccavano, ma in modo amichevole e si stavano dirigendo da lei.
Aysel non sapeva cosa fare, la metteva in soggezione il Magi e, magari, non avrebbe gradito essere interrotto così, chissà magari era la sua fidanzata oppure amante, o amica o… Troppe congetture, possibilità e strade tutte differenti.
In preda a un panico ingiustificato fece la prima cosa che le saltò in mente: andò dritta un paio di passi e si nascose dietro all’angolo successivo, pregando che i due non svoltassero proprio per quella direzione.
Infondo di sfortune ne aveva già avute a sufficienza, no?
Non poteva andare storta anche quella fuga improvvisata… O forse sì?
















{Angolo di una Festa}
Perfetto, adesso passo a dire due cosine sul capitolo... C'è Kouha, yes! *w*
Mi piace un sacco come personaggio, quindi perché non metterlo? Poi trovò sarà un ottimo amico per Aysel, o almeno spero ahah.
Nel prossimo capitolo compariranno altri membri della famiglia imperiale: arriverà lo psicologo improvvisato di Aysel! Ahahah. Sono immersa nel sesto capitolo, più in là comprenderete le mie parole. Tranquilli.
A venerdì prossimo e passate anche di Moments, eh. ❤


Kuro
   
 
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