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Autore: Luke987654321    28/06/2014    5 recensioni
Questa fan fiction sarà diversa: ci saranno più punti di vista (non solo dei tributi). Ogni tributo ha una sua storia, una sua caratteristica, una sua strategia, per questo è giusto analizzare ognuno nel dettaglio. La psicologia umana è complessa, ogni scelta che facciamo può modificare un qualcosa, innescando un meccanismo inarrestabile. Spero che vi piaccia, buona lettura😄✌️📖
Genere: Azione, Drammatico, Thriller | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Altri, Altri tributi
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Grazie a tutti quelli che hanno letto e recensito il capitolo scorso. Secondo la mia stima mancano ancora tre capitoli alla fine definitiva della storia. Questo capitolo sarà il primo (e molto probabilmente l'unico) ad essere diviso in ben tre parti (dunque tre punti di vista separati). Tutto ciò solo per assicurarvi un quadro completo di tutte le morti. 
E inoltre perché mi scoccia fare un capitolo in più molto breve solo per avere più recensioni nella storia, anche perché non lo trovo giusto nei confronti degli altri lettori/scrittori di efp. Spero capiate il mio preambolo, buona lettura 😄✌️



Daisy Paige (distretto cinque)

Essere estratta agli Hunger Games è stato abbastanza shoccante. Risento ancora la voce  di Raphael mentre leggeva il mio nome. Per un attimo tutta la mia vita mi è passata davanti agli occhi, sono scoppiata a piangere dopo nemmeno un secondo. Non mi importava essere considerata vigliacca, piangere è stato come una sorta di liberazione. 
Gli Hunger Games sarebbero stati la fine, sia se avessi vinto sia se avessi perso. In entrambi i casi non continuerei a vivere con mio padre, non sarei potuta resistere un solo altro giorno. È sempre stato violento con me, ma da quando la mamma è morta la violenza è aumentata. Suppongo attribuisca a me la colpa della sua morte, è forse lo è stata. Forse tutto questo è sempre accaduto a causa mia. 
Una volta salita sul palco, Raphael ha estratto il tributo maschio. Dylan Dixon. Lo conoscevo solo di vista, avevamo lo stesso corso di calcolo. Di lui sapevo solo che era il classico tipo seduto in prima fila. Appena il professore chiedeva qualcosa lui era sempre il primo a mano alzata. Ma quando è stato estratto non sembrava più il ragazzo bravo nel calcolo, è salito nelle scale con uno sguardo impassibile. Quei suoi due occhi verdi erano come svuotati di ogni emozione, privi della benché minima paura. 
Quando ci hanno presentato ai mentori il ragazzo impassibile ha fatto trapelare la sua frustrazione, sfogandosi in un litigio col proprio mentore. Arrivati al centro di addestramento, forse per gentilezza forse per qualcos'altro, abbiamo iniziato a parlare. Mi ha raccontato della sua famiglia, di suo fratello Max e di quanto i genitori lo davano già per spacciato. Io sono stata zitta tutto il tempo, non volevo dirli di mio padre e, inoltre, c'era un certo fascino a sentirlo parlare. Aveva un tono di voce così calmo quasi caldo, era come se ti avvolgesse. E dopo aver fallito la sua prova con gli strateghi, disteso lì nel suo letto mi è sembrato per la prima volta vulnerabile. 
La mamma mi diceva spesso che l'essere umano è come un treno, all'inizio è velocissimo. Ma col tempo, quando esso non viene curato o subisce particolari traumi, le sue prestazioni diminuiscono fino a ridurlo uno scheletro vuoto di metallo. Ed è così che si diventa dopo tante delusioni, vuoti. Suppongo io lo sia diventata già da tanto tempo, oramai sono come fatta di metallo.
Ora come ora so che non mi è rimasto più nulla, pian piano mi sto avvicinando alla morte. Nonostante il mio sette all'addestramento non ho ricevuto nessuno sponsor, non mangio da cinque giorni esatti. In un ambiente diverso forse sarei riuscita a sopravvivere di più, ma con questo freddo si consumano più calorie per produrre calore.
Mi accascio a terra, non riesco più a fare nemmeno un passo. Le palpebre si fanno sempre più pesanti. Inizia a girarmi la testa, mentre un sottile strato di neve mi avvolge come se fosse una coperta. Non ho nemmeno le forze per tremare, sono arrivata alla fine. Prima di chiudere definitivamente gli occhi, vedo una sagoma. Forse è un allucinazione o forse è un tributo. Non riesco a pensare, non riesco a formulare altre ipotesi. La sagoma si fa sempre più vicina. Capisco di chi si tratta dagli occhi, Dylan. Mi guarda allarmato, inizia a togliermi via la neve di dosso. Si leva il guanto dalla mano destra per toccarmi la giugulare. Vorrei urlarli che sono ancora viva, ma non ci riesco. Non penso mi ucciderebbe, non Dylan. Mi sento protetta vicino a lui. Lo fisso, sembra totalmente diverso dal secchione bravo nel calcolo. Forse ci sono tanti Dylan, quello bravo a scuola, quello sicuro di se, quello protettivo. Credo che mi piacciano tutti, avrei voluto più tempo. Forse saremmo potuti diventare amici. 
Inizia a chiamarmi, ogni volta il suo tono diventa sempre più lieve e sempre più spezzato. Ma è troppo tardi. Il tempo si è esaurito.
Addio Dylan.  




Bran Light (distretto sei)

Secondo i miei calcoli restiamo in nove tributi, se considero anche me stesso. Decido di stendermi a riposare. Sistemo il sacco a pelo dietro un grosso sasso, oltre a conferirmi protezione da parte del vento mi da uno strano senso di protezione. Un colpo di cannone mi fa sobbalzare. Siamo rimasti in otto. 
So che pensarlo è abbastanza crudele, ma ogni volta che sento il cannone il mio umore sale, anche se per pochi secondi. In una sfida in cui solo uno può continuare a vincere, la maggior parte delle persone farebbe il mio stesso ragionamento. Meglio agli altri che a me. 
Continuo a sistemare il sacco a pelo muovendomi fino a trovare un posizione abbastanza comoda, fortuna che sono parecchio basso per la mia età, così posso piegare la parte del tessuto restante e mettermela come doppio strato. 
Per la prima volta ho la consapevolezza di poter vincere questo gioco. Si insomma, se sono arrivato fin qui, forse ho realmente qualche possibilità. Chiudo gli occhi e cerco di dormire, il mio umore è decisamente migliorato dall'inizio di questo gioco mortale. Impiego pochi minuti a prendere sonno. 
Sono circondato dalle fiamme, a poco a poco ogni pezzo di pelle prende fuoco, è come se le fiamme mi accorgessero nelle vene. 
Mi sveglio ansimante sudato. Capisco che non è stato un incubo. Sento come tante piccole zampette che camminano lungo il mio corpo.  
Esco subito dal sacco a pelo, il terrore inizia a prendere il sopravvento. Ho le gambe stracolme di tanti piccoli animaletti. Assomigliano a delle grosse formiche di un insolito colore rosso porpora. Iniziano a pungermi in tutti gli arti, il veleno è una sorta di paralizzante. Dopo qualche secondo passato a cercare di togliermele inutilmente le gambe iniziano a cedere. Cado a terra, ma ciò non mi scoraggia. L'adrenalina inizia a salire e lo spirito di sopravvivenza prende il sopravvento sulle mie decisioni. 
Inizio a rotolare su me stesso, ma non sembra fermarle. Le punture aumentano, sento il mio corpo gonfiarsi a poco a poco.
Le formiche iniziano a salirmi anche sul viso. Provo un dolore indescrivibile, come se mi iniettassero del ferro roventi lungo le vene. Spalanco la bocca per urlare ed esse iniziano entrare anche da lì. Le loro puntura iniziano a soffocarmi. 
Sento il mio cuore battere più lentamente. Poi il silenzio. 





Mike Beauchamp (distretto tre)

Vengo svegliato da un colpo di cannone. Controllo nella tasca destra dei pantaloni, ho ancora il coltello.
Jason è seduto davanti a me, l'ascia stretta nella mano. 
<< Buon giorno bell'addormentato >> mi saluta alzando un sopracciglio. Mi alzo e li do un colpo sulla spalla.
<< Aggiornami, in quanti siamo rimasti? >> domando, andando a prendere una bottiglietta d'acqua.
<< Mentre tu ronfavi >> sottolinea scherzosamente << in queste ventiquattr'ore sono morti molti tributi >> aggiunge.
<< Quali? >> 
<< Patricia, la ragazza del cinque che credo si chiami Daisy e i due tributi dell'uno >> risponde fissando il terreno.
<< Il gruppo di Amanda, lei è viva? >> 
<< Non è apparsa nel cielo, ma stanotte si è sentito un altro colpo di cannone >> mi spiega stavolta fissandomi.
<< Ah >> sussurro << beh, è un gioco. Solo uno può sopravvivere >> aggiungo.
Lui rimane in silenzio ed io capisco che ciò che ho appena detto vale anche per la mia alleanza con Jason. Anche se la sua compagnia è piacevole, e lui è abbastanza simpatico.
Siamo in una situazione abbastanza precaria, entrambi ci fissiamo in silenzio, magari in questo preciso momento lui sta studiando i miei punti deboli. O un modo per uccidermi. 
Rimaniamo così immobili per qualche secondo finché un fruscio non attira la nostra attenzione. Con un cenno della testa quasi impercettibile, Jason mi fa capire di andare a controllare. Col coltello stretto in mano cammino verso il luogo dove ho sentito il rumore. Cerco di fare piano e mi riesce abbastanza  bene grazie anche alla neve che attutisce i mie passi. 
Arrivato davanti al cespuglio inizio a gridare con la speranza di prendere il nemico alla sprovvista. Poi mi fiondo brandendo il coltello. Ma non c'è nulla, solo neve. Mi volto giusto in tempo per vedere una sagoma sopra l'albero. L'oscurità non mi permette di capire di quale tributo si tratta.
<< Jason sopra di te >> grido. Un coltello viene scagliato dal tributo e colpisce dritto la gamba di Jason. Lui strilla dal dolore agitandosi e tirando colpi a caso con l'ascia. 
Prendo una pietra particolarmente grossa e la lancio verso il tributo. Colpisco la gamba e lui cade proprio tra me è Jason. Lui si getta contro il tributo.
<< Aspetta >> urlo. Lui mi guarda shoccato << stai scherzando? >> mi domanda.
Lascia stare e prendi la corda. 
Dopo qualche minuto Amanda Triton riprende conoscenza, ritrovandosi legata ad un albero, con Jason pronta ad ucciderla.

7 TRIBUTI RIMASTI
  
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