Cap.8 I mille volti di un cameriere
Steve sgranò
gli occhi vedendo Tony entrare.
< E’ di
nuovo qui? E’ la seconda volta! Oh no, vuole
diventare un cliente abituale per deridermi, è la fine
>pensò. Lo guardò
sedersi al tavolo e dimenare la mano.
“Ehy Stefano,
vieni qui!” lo chiamò. Steve raggiunse il suo
tavolo e il suo sorriso tremò.
“Mi fa felice
che sia tornato, padrone” disse.
“Mi concederesti
qualche minuto del tuo tempo?” domandò
Stark. Abbassò gli occhiali da sole e ghignò.
Steve strinse un pugno
conficcando le unghie nella carne e lo nascose dietro le spalle.
“Io le darei
tutto il tempo del mondo, ma voglio che ognuno
sia felice qui. Devo rendere contento ogni cliente”
sussurrò. Una ragazza gli
passò accanto portando un vassoio con sopra del the freddo.
“Come lo
desiderate
principesse?”. “Sì, mia
signora”.
“Signorina, ne vuole ancora?”. Tony
ascoltò le voci di altri camerieri
accavallarsi.
< Perciò
possono variare appellativo, interessante >
rifletté. Tony si sporse in avanti, infilò una
mano nella tasca dei pantaloni
della tuta. Ne tirò fuori un rotolo di soldi e li
appoggiò sul tavolo.
“Questi bastano ad avere tutta la felicità per me?” chiese.
Steve unì le
mani sul petto e annuì, piegandosi
in avanti.
“Siete troppo
buono, padrone” sussurrò. Tony allungò
le
gambe sotto il tavolo.
“Questa cosa del
padrone è un po’ troppo abusata. Sai fare
di meglio?” domandò. Steve sentì la
tempia pulsare e la fronte gli divenne
madida di sudore.
< Io lo strangolo
> pensò. Si rialzò e sorrise,
piegando di lato il capo.
“Cosa
desidera?” domandò. Guardò le iridi
color cioccolato
di Tony e avvampò.
“Hai altri appellativi? Sai, questi iniziano a stancare, Sanji[1]” disse sprezzante Stark.
Steve raggiunse il tavolo
e vi
appoggiò il vassoio. Si
morse le labbra fino a farle diventare rosse e indietreggiò,
mantenendo il
rossore al volto. Sgranò gli occhi e li rese liquidi. Il
ciuffo biondo cenere
gli oscillò davanti al viso. Si portò
l’indice alle labbra e le socchiuse.
“Mi chiedo
cos’abbia trattenuto fratellone
così a lungo”. Unì
le mani e socchiuse gli occhi.
“Però
adesso è ritornato” sussurrò. Si
piegò in avanti,
chiuse gli occhi e allargò il sorriso.
“Bentornato mio
fratellone adorato. Cosa desideri?” domandò
dolcemente.
Tony afferrò
una forchetta e la fece oscillare.
“Tutto qui?
Davvero a qualcuno piace questa farsa?” domandò.
Inarcò un sopracciglio e negò il capo.
< Dannato moccioso
viziato, io la forchetta te la pianto
nella gola > pensò Steve.
“Per ora portami
un caffè, così puoi lavorarci”
spiegò Tony.
Steve annuì.
“Certo”
disse gentilmente. Si voltò sentendo un tonfo. Tony
mise un piede per terra e corrugò la fronte. Un uomo
pestò ripetutamente un
piatto per terra.
“Avevo detto
calda! Era appena tiepida!” gridò. Un bambino
deglutì e fu scosso da una serie di tremiti.
“Mi perdoni, padrone” mormorò.
Steve corse in quella
direzione, si mise davanti al bambino e si piegò in avanti.
“La supplico
padrone, lo perdoni” sussurrò. L’uomo lo
afferrò per il colletto e lo sollevò.
“Allora, vorrà dire che pesterò il tuo di faccino” ringhiò.
Tony
si alzò da tavola, scattò in avanti e corse fino
a loro.
“Mi perdoni,
quello ‘sta servendo me” sibilò. Lo
sconosciuto
lasciò andare Steve, si voltò verso Tony e
impallidì.
“Sta…
Star…” balbettò. Tony
incrociò le braccia e allungò
una mano verso Steve, questi in ginocchio la afferrò e Tony
lo rimise in piedi.
“Stark,
può superare il trauma, mi creda” lo
incoraggiò.
L’uomo si sedette e boccheggiò. Il bambino
raccolse i cocci. Tony strinse a sé
Steve e lo trascinò fino al proprio tavolo.
“Andiamo fratellino, possibile che ti cacci sempre nei guai?” gli domandò.
Steve sentì il
battito cardiaco dell’altro e le orecchie
gli fischiarono.
“Grazie, fratellone” sussurrò.
Tony lo lasciò
andare e si
sedette nuovamente alla propria sedia.
“Allora, il mio caffè?” chiese.
Steve sorrise e si
raddrizzò.
“Subito
fratellone!” gridò.
< E’ la
prima volta… che mi viene spontaneo essere
contento > pensò. Si voltò e corse verso
la cucina.