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Autore: Floryana    28/06/2014    3 recensioni
Io sono ShiroYasha. Io sono un demone asceso dagli inferi. Io sono un mostro sanguinario che ha tolto la vita a molti. Io sono colui che vive all'ombra della morte. Nessuno si preoccuperà se muoio. Nessuno si preoccuperà se vivo. Nessuno si accorgerà che esisto. Io non temo la morte. Io non temo il giudizio delle divinità. Io credo solo nel mio bushido perché io sono un samurai…o no?
Genere: Azione, Drammatico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Gintoki Sakata, Nuovo personaggio
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
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                                                                                             Capitolo 2


Prima parte


'Povero me...' si ritrovò a pensare.
La voce acuta della donna mista alla stanchezza per via del sonno interrotto gli avevano procurato una terribile emicrania.
Per tutta la mattina continuò a vagare per le stanze del suo dojo alla ricerca di qualcosa che potesse fargli passare il mal di testa.
Quella donna non solo era venuta a svegliarlo per raccontarli ciò che aveva visto durante le sue scampagnate notturne (che poi, si ritrovò a pensare, quale persona sana di mente andrebbe per i campi di battaglia in piena notte?)ma, non appena aveva avuto la conferma che lui sarebbe andato a controllare di persona l'esistenza del suddetto demone, si era aggrappata a mo' di piovra al suo braccio insistendo di venire anch'ella!
Aveva dovuto ricorrere a tutta la sua diplomazia, buon senso e capacità oratoria (il tutto misto a una buona dose di pazienza) per riuscire a mandarla via senza lasciarsi sopraffare da una crisi nervosa.

Ripensando a ciò che gli era capitato giorni prima, si mise a ridere.
Mai aveva sospettato che il "demone" potesse esistere davvero.
Secondo le testimonianze raccolte, quest'essere dagli occhi rossi vagava di campo in campo alla ricerca di cadaveri per potersi nutrire.
Sinceramente, non gliene importava niente. Non era mai stato il tipo che crede a fenomeni soprannaturali; sopratutto, come amava sempre dire, nell'epoca degli alieni non si può credere a queste cose!
Ma, nonostante tutto, ecco che si ritrovava in quel campo di battaglia.
Si guardò attorno pensieroso e iniziò ad avanzare.
Un odore acre gli arrivò subito alle narici costringendolo a coprirsi il naso con la mano.
Davanti a sè vide uno spettacolo orribile: sangue e arti erano sparsi sul terreno, samurai e amanto erano talmente sfigurati da non riuscire più a distinguerli...
Rimase fermo per qualche minuto ad osservare la scena poi, lentamente, iniziò a camminare guardandosi attentamente intorno.
Gin era seduto sopra un masso, in mezzo al campo, intento ad addentare un pezzo di pane raffermo che aveva sotratto a un cadavere.All'improvviso il gracchiare di un corvo lo ridestò dai suoi pensieri.
Uno di quegli uccelli si era posato sulla testa di un cadavere davanti a lui e aveva iniziato a beccargli un occhio.
'Che creature orribili' si trovò a pensare.
Osservò per qualche istante l'animale: con il becco stava picchiettando sulla faccia del cadavere e, a un certo punto, vide che stava estraendo qualcosa. Continuò a guardare la scena quando si accorse che quello che stava tirando fuori era un occhio!
Subito il ragazzino girò la testa di lato, chiudendo con forza le palpebre e cercando di cacciare dalla mente quell'immagine.
Spostò lo sguardo verso ciò che teneva in mano e, lentamente, continuò a mordere il pezzo di pane, per gustarsi ogni singolo boccone.Non sapeva quando avrebbe di nuovo potuto mangiare e voleva assaporare ogni morso.

Stava per addentare l'ultimo pezzo quando una mano gli si posò sulla testa.
Alzò lo sguardo e vide un uomo dai lunghi capelli grigi che gli sorrideva.
"Credevo di trovare un demone sanguinario e invece ho trovato solo un bambino" disse sorridendo il maestro.
Gin lo guardò qualche istante, poi, con un rapido movimento del braccio allontanò la mano dell'uomo e facendo un salto indietro, si posizionò lontano. Con la manica dello yukata si pulì la bocca continuando a fissare il samurai.
"Che cosa triste" continuò questi "Un povero bambino costretto a vagare per i campi di battaglia a depredare i cadaveri per poter sopravvivere"
Gin, vedendo la katana al fianco del samurai, prese la spada donatali dall'amanto e cominciò ad estrla dal fodero.
Il maestro osservò tutta la scena; un pò era divertito vedendo che la spada era più lunga del bambino e questi faceva fatica a tenerla in mano, dall'altra lo assalì una gran tristezza vedendo in che condizioni era ridotto.
Si portò una mano alla cintura sfilando la sua katana e lanciandola verso il bambino.Questi lasciò la presa sulla sua spada e afferò l'arma che l'uomo gli aveva lanciato.
"Te la regalo" si sentì dire "Se vuoi continuare a muovere quella spada per mera difesa personale, fai pure; ma se vuoi usare quella katana per difendere ciò che ti è più caro, allora seguimi. A te la scelta".
Gin guardò il samurai che lentamente se ne andava poi osservò la katana che stringeva tra le mani. Rimase qualche secondo indeciso sul da farsi, infine guardò di nuovo l'uomo e fece la sua scelta.

Seconda parte
 
I quattro anni passati insieme al maestro Shoyo furono indimenticabili. Egli gestiva un dojo ove accoglieva tutti i bambini orfani che trovava: insegnava loro a scrivere, leggere, fare i conti, le regole del bushido e, nel tempo libero, la nobile arte della spada.
Gin aveva non solo trovato una figura paterna su cui contare, ma anche degli amici con cui giocare e, cosa più strana, una nonna.
Si si, proprio una nonna con cui stare!
Ebbene, ella abitava in una casetta vicino al dojo; ogni tanto, avendo attacchi di solitudine, andava a trovare il maestro portando sempre con sè biscotti e altre leccornìe fatte in casa apposta per i bambini.
Egli, dal canto suo, la lasciava, in qualità di badante a guardare quella ciurma di monelli.
Anche quella volta, che era partito alla ricerca del misterioso "demone", l'aveva lasciata al dojo.
"Ecco il tuo demone!" aveva esordito così il discorso quando era ritornato in compagnia di Gin "Io mi aspettavo di trovare qualcosa di spaventoso, da come lo avevi descritto, e invece mi sono ritrovato un bambino"
La vecchia aveva abbassato lo sguardo verso Gin e lo aveva guardato per qualche istante fisso negli occhi,poi era scoppiata in una risata stridula che lo aveva fatto spaventare.Subito si era nascosto dietro il maestro afferrando il suo kimono con entrambe le mani e, tenendo la stoffa a pugni stretti, aveva timidamente messo la testa fuori per osservare la scena.
La donna seguitava a ridere non accennando a smettere, poi alzò lo sguardo e vide che anche il maestro stava sorridendo divertito.

Gin era l'ultimo arrivato e, almeno per i primi giorni, tutti i bambini gli andavano incontro per giocare.
Egli tuttavia non rispondeva alle domande e non parlava: guardava invece con sospetto tutti quelli che gli si avvicinavano e ignorava le loro domande; questi alla fine si arresero e cominciarono a tenerlo alla larga.
Ormai si erano abituati a vedere quel bambino così taciturno che se ne andava in giro per il dojo con stretta tra le mani la katana del loro sensei.Avevano imparato ad evitarlo e lui,a sua volta, li evitava.
La donna anziana che veniva sempre a trovare il maestro vide questa strana situazione che si era venuta a creare e, alla fine, riuscì a trovare il momento adatto per parlarne.
"Non può andare avanti così. Quel bambino ha bisogno di stare anche con gli altri e non solo in tua compagnia" disse la vecchia rivolta a Shoyo
"Lo so"rispose quest'ultimo "Ma non ci posso fare niente. Gli ho detto di andare a giocare con gli altri bambini ma non ne vuole sapere. Ha detto che non gliene importa di ciò che fanno"
Erano seduti in una stanza che si affacciava sul giardino a bere te. Era una calda giornata di fine estate e le cicale stavano ancora intonando i loro canti d'amore per le femmine.
La donna girò la testa di lato per osservare i bambini: contenti, stavano giocando ad acchiapparsi mentre Gin era seduto in un angolino a guardare la scena con sguardo impassibile.
La donna continuò ad osservarlo per un pò di tempo poi, con un leggero cenno della testa, si accomiatò dal maestro e si diresse verso Gin.
"Bambino" questi si ridestò di colpo dai suoi pensieri, sussultando leggermente per lo spavento e volse lo sguardo verso la donna.
Ella gli sorrideva placidamente, poi gli posò una mano sulla testa, accarezzandogli i capelli.
"Perchè non vai a giocare con gli altri?" gli chiese.
Lui la guardò per qualche secondo per poi scuotere energicamente la testa in segno di negazione.
"Non voglio" rispose semplicemente.
La vecchia continuò a guardarlo "Ti spiace se mi siedo vicino a te?" gli chiese alla fine.
Non ricevendo nessuna risposta, si mise vicino al bambino.
Dopo essere rimasti per qualche minuto in silenzio, la donna iniziò a parlare.
"Ti piace guardare il cielo?"
Aspettò qualche istante ma, non ricevendo nessuna risposta, continuò il suo discorso
"Sai, da ragazzina mi piaceva moltissimo guardare il cielo e immaginarmi di volare libera come un uccellino. E con la fantasia mi ritrovavo in luoghi sconosciuti, poi presa dalla stanchezza, mi fermavo a riposare sopra il ramo di un albero e come per magia riprendevo il mio aspetto normale. Nei miei sogni, proprio allora passava un bellissimo giovane. Mi aiutava a scendere e insieme facevamo una lunga passeggiata; poi lui mi baciava, ci sposavamo e andavamo a vivero in un bellissimo castello. Lo so, lo so,"disse ridendo "sono cose stupide, ma erano solo sogni bambineschi. Anche tu ne avrai avuti,vero?"
Gin si limitò ad annuire. Continuando a guardare davanti a sè,lentaente si spostò verso la vecchietta e mise la testa sul suo braccio. Lei gli circondò teneramente le spalle con il braccio e,presa di nuovo la parola, continuò a parlare della sua infanzia.

Da quel giorno la vecchia andò più spesso al dojo a trovare i bambini e il più delle volte stava con Gin raccontandogli avvenimenti della sua infazia, fiabe e favole che aveva sentito  quando era piccola e vari anedotti che conosceva.
"Gin tu sei giovane" gli disse ad un tratto,un giorno mentre stavano parlando all'ombra di un ciliegio. "Devi andare anche con gli altri bambini della tua età invece di pasare il tempo con una vecchietta"
"Preferisco stare con te" rispose semplicemente Gin, con la naturalezza che solo un bambino può avere.
La donna lo guardò per un pò, poi si mise a ridere sommessamente. In parte era divertita per la risposta,così semplice e veloce,in parte era felice che un bambino della sua età preferisse passare il tempo in compagnia di una vecchia anzichè con gli altri compagni.

Sta di fatto che la donna, tanto fece e tanto insistette, che riuscì a convincerlo ad andare a giocare.
I primi tentativi risultarono un fallimento: gli altri bambini si rifiutavano di stare in sua compagnia e scappavano via non appena lo vedevano; solo due di loro lo guardavano gualche istante per poi andarsene spazientiti.
Un giorno gli rivolsero la parola "Insomma, dopo averci ignorato per mesi, te ne vieni a chiedere se puoi giocare. E con che faccia anche!" gli disse quello con i capelli corti.
"Takasugi non te la prendere" lo richiamò l'altro.
Aveva l'aria di certo più tranquilla dell'amico ed era più pacato nei modi.
"Smettila di dirmi ciò che devo fare!" gli rispose in malo modo "Io faccio ciò che voglio, Zura!"
"A chi hai chiamato Zura? Io non sono Zura, sono Katsura"
"Io ti chiamo Zura quanto voglio"
"Sta zitto!"
"Sta zitto tu!"
E così iniziarono ad azzuffarsi,continuando così per un buon quarto d'ora.
Gin continuò ad osservali e infine scoppiò a ridere; gli altri due fermarono a loro volta il litigio, si guardarono per qualche istante e poi scoppiarono anch'essi in una sonora risata.

Terza parte

Finalmente Gin aveva trovato una famiglia che potesse considerare tale; era felice, felice come non mai...
Ma si sa, le cose belle non durano in eterno e così, quei gioiosi giorni passati in compagnia del maestro e degli amici,svanirono.
Svanirono quasi come uno spiffero d'aria spegne la luce di una candela, facendo cadere la stanza nel buio più totale.
Ecco, credo che così si può definire ciò che successe quella notte: una ventata d'aria gelida che spegne la luce meravigliosa e multicolore della felicità.
Gin aveva imparato a temere quelle persone col vestito da monaco e il simbolo del Yatagarasu su di essi.
Da quella notte non era più riuscito a scordarli e, quando aveva raccontato al maestro ciò che era successo chiedendo spiegazioni, questi aveva risposto in modo evasivo limitandosi a dire solo il loro nome: Naraku!

Mai si sarebbe immaginato che avrebbe di nuovo avuto a che fare con loro; mai avebbe pensato che, ancora una volta, la sua vita sarebbe cambiata a seguito di un loro intervento.
Arrivarono una notte, dal nulla.
Buttarono giù il portone e penetrarono in casa.
Il maestro cercò di fermali:inutile, erano troppi...
Combattè strenuamente fino a quando non cadde a terra, troppo esausto anche solo per stare in piedi. Ma non lo uccisero, si limitarono a legargli le mani dietro la schiena e condurlo fuori dal dojo, o, per lo meno, ciò che ne rimaneva.
Avevano appiccato il fuoco che violentemente lo stava consumando.
Anche questa volta la punta delle fiamme tendeva verso l'alto e,anche questa volta, sembrava voler raschiare il cielo con i suoi artigli.
Gin riuscì insieme ad alcuni ragazzi a fuggire, ma, ad un certo punto, decise di ritornare indietro per andare dal maestro, nonostante le grida di Zura e degli altri che lo richiamavano.
Iniziò a correre nella direzione contraria quando un colpo di shakujo lo buttò a terra violentemente.
Il Naraku che lo aveva colpito lo afferrò per i capelli e gli sollevò la testa.
Un rivolo di sangue gli usciva dalla bocca e aveva la guancia arrossata per via del colpo; ancora stordito, venne portato davanti a quel che rimaneva del portone.
Un uomo lentamente si avvicinò a lui. Da come era riverito e trattato dagli altri Naraku, si intuiva che probabilmente era il capo.
"Che patetico..." disse con tono divertito una volta arrivato davanti a Gin. 
"Sprecare la tua vita così, o sei un idiota o sei coraggioso"
Gin era inginocchiato davandi a lui, con al collo puntati una cinquina di shakujo.
"Lascia stare il mio maestro!" riuscì a dire prima che un calcio ben assestato alla pancia non li fece mancare il respiro.
"Che insolente" continuò il capo "Però mi stai simpatico, hai fegato. Come premio ti lascerò vivere e, chissà, magari un giorno di questi ci rincontreremo" detto questo si voltò e, guardando Shoyo, si rivolse ad un altro Naraku "Oboro, conduci questa feccia dallo Shogun!"
Il maestro fu alzato da terra brusamente e trascinato via.
"Maestro!!" riuscì a dire soltanto Gin, con la voce rotta dal pianto
"Non ti preoccupare" cercò di rassicurarlo questi "Ritornerò. Un giorno di questi ritornerò, è una promessa..."
Gin annuì semplicemente,non riuscendo a dire nient'altro prima di vedere uno dei Naraku che si apprestava a colpirlo, poi il buio...

                   

                                                                                                                               Continua...

 


                                                                                 GLOSSARIO

-Shakujo: bastone con la punta adorna di anelli di metallo usato in ambito manastico buddhista
-Zura: lett. "parrucca"
-Sensei: lett. "maestro"

Ed eccomi così al secondo capitolo di questa storia.
Che dire, è stata un'impresa riuscire a rispettare i tempi che avevo prefissato con Yato Kamui (le avevo fatto una promessa xD)
Allora, ringrazio izzie_sadaharu e yato kamui per aver commentato tutti i capitolo fino ad ora; una persona speciale che ha corretto gli errori che ho fatto nella prima parte e infine mia mamma che ha trovato il tempo per poter leggere tutti i capitoli e darmi consigli su quest'ultimo; infine ringrazio tutti i lettori anonimi che hanno letto la mia storia ma non hanno recensito.
Come al solito, vi do appuntamento al prossimo capitolo.
Baci, Flory <3


                 


 

 

 

 

 

 

 

  
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