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Autore: CassandraBlackZone    28/06/2014    1 recensioni
[sequel de A person to remember]
Qualcosa nel mio petto inizia a pulsare violentemente, e un caldo tepore si espande in tutto il mio corpo, raggiungendo subito il cervello. Fa quasi solletico, ma fa anche terribilmente male. E ancora non riesco a muovere nemmeno un dito. Sento i neuroni che esplodono uno dopo l’altro, le cellule che muoiono e rinascono simultaneamente, e il sangue ribolle nelle vene. Pian piano una luce dorata inizia ad avvolgermi leggera e, con un piccolo sforzo, decido in fretta il colore dei miei capelli.
Genere: Avventura, Fluff, Science-fiction | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Altri, Doctor - 11, Nuovo personaggio, Un po' tutti
Note: Cross-over, What if? | Avvertimenti: Spoiler!
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Matt lesse l’ora dal suo orologio da polso digitale: le otto e quarantasette del pomeriggio. Dentro di sé lui esultò più che soddisfatto avendo raggiunto il suo obiettivo. Aveva passato ben due ore e trentasei minuti con la sua amata sorellona, potendo così reputarsi il piccolo fratellino felice di sempre. I corsi di recitazioni non erano stati una perdita di tempo, dopotutto.
“Sono contenta di essere riuscita a passare un po’ di tempo con te” nonostante quel piccolo momento di gloria interiore, non appena lui vide  il sorriso di Laura, avvertì qualcosa di strano. Ai suoi occhi quel sorriso era tale e quale a quello della madre. Quella bruttissima sensazione dello stomaco attorcigliato, altro non era che il senso di colpa per averla spaventata con quella chiamata notturna improvvisa.
 
Aiuto… vi prego! Sto bruciando! Aiuto!
 
Matt rabbrividì al solo ricordo della voce preoccupata della madre all’altro capo del telefono. Dio solo sapeva  quanto volesse mollare tutto e andare da lei e abbracciarla, ma purtroppo non poteva farlo. Non in un momento critico come quello.
“Anche io,” disse Matt ricacciando indietro le lacrime alla chetichella “mi mancherai.”
“Oh, fratellino,” Laura gli stampò un bacio veloce sulle labbra “ è ovvio che ci incontreremo di nuovo. Mamma non vede l’ora di aggiornare Twitter.”
“Posso solo immaginarlo” ridacchiò lui sincero.
“Dovresti farti un account anche tu, sai?”
“Nah. Non fanno per me i social network.”
“Come se non lo sapessi già. Lo faccio per provocarti.”
Sganciate le cinture, entrambi i fratelli uscirono dalla macchina.
 Matt inspirò a pieni polmoni l’aria serale, mentre Laura squadrò con leggero disappunto il condominio davanti a loro; era il classico palazzo da sette piani con appartamenti da uno a tre locali, con mattoni a vista, in un quartiere poco conosciuto fuori Londra.
Se lo ricordava ancora il giorno in cui lo accompagnò a cercare una sistemazione temporanea. Sfortuna voleva che il suo appartamento si allagasse per colpa di un paio di tubature.
Con tutti i bei appartamenti che c’erano a centro Londra, pensò lei, doveva proprio prenderne uno qui?
“Bene, Laura. Grazie per avermi accompagnato e per la cena. Se ci passi, salutami mamma e papà.”
“Ah, aspetta! Matt!” prima che Matt potesse aprire il cancelletto, Laura urlò sorprendendolo.
“Fa piano! Sai che qui ci sono un sacco di anziani, no?”
“S-scusa. Senti, volevo solo chiederti una cosa.”
Sbuffando,lui obbedì alla sorella e ritornò indietro “Che cosa c’è?”
“Quando inizieranno le riprese dello speciale per il cinquantesimo anniversario?”
Matt fece per aprire bocca, ma la chiuse subito per fare mente locale “Il 2 di aprile. Inizieremo il 2 di aprile”
rispose con calma e annuendo.
“Ok, perfetto” annuì a sua volta Laura.
“Ah! Vedi di non dirlo in giro, hai capito?” l’avvertì Matt.
“Si si. So bene che voi della BBC non volete far sapere certe cose. Anche se non mi sembra esattamente un segreto.”
Lui scrollò le spalle “Non si sa mai.”
Finalmente Laura lasciò andare il fratellino con un leggero cenno della mano, e si preparò ad affrontare un lungo viaggio verso l’aeroporto.
Matt aspettò che la macchina girasse l’angolo e si apprestò ad entrare nel condominio. L’aria si era fatta improvvisamente gelida, nonostante non ci fosse  un filo di vento.
Con le mani vicino alla bocca per riscaldarle, Matt salì velocemente le scale a due a due, facendo attenzione a non scivolare sui gradini rovinati.
“Buonasera, Matt.”
Colto alla sprovvista, l’attore si appoggiò con la schiena sulla parete di marmo come una lucertola, ma si rilassò quando vide che era la signora Peaches, la proprietaria del condominio.
Agnes Harris, chiamata da tutti i vicini e da tutto il quartiere Mrs. Peaches per lo scialle color pesca che usava abitualmente ogni giorno. Era un’innocua vecchietta ottantenne e vivace che passava le sue mattinate a guardare fuori dalla finestra, i pomeriggi a giocare a carte, a dama o a scacchi con le sue coetanee e le sere a guardare la televisione fino alle otto e mezza. Un po’ curva con la schiena, ma sempre in continuo movimento, poiché  spesso e volentieri, quando si annoiava a guardare le macchine e la gente passare, si armava di bastone per farsi una bella passeggiata avanti e indietro per il quartiere.
Matt quasi la considerava una seconda nonna, tanto era gentile e si preoccupava di portargli una bella fetta di torta al limone ogni sera.
“Salve, Mrs. Peaches” le sorrise “Freddo stasera, vero?”
“Oh, puoi dirlo forte, giovanotto” ridacchiò lei “Sono spiacente, Matt. Oggi non ho fatto la torta al limone. Credevo che non saresti tornato, caro.”
“Oh, non si preoccupi! Lei è davvero troppo gentile.”
“La prossima volta la farò. Promesso.” Mrs. Peaches sfoggiò un sorriso largo fino agli zigomi, e riprese a scendere le scale gradino per gradino aggrappata al corrimano di legno.
“Vuole una mano?” disse Matt notate le borse di plastiche piene.
“Oh, non scomodarti. Sono solo vestiti. Grazie lo stesso, e comunque devo fare movimento. Fa bene alle mie ginocchia. Ordini del dottore.”
“Capisco. Beh, buonanotte, Mrs. Peaches.”
“ ‘notte, Matt. Ah, a proposito di dottore.”
“Mi dica.”
“Ieri ti ho visto all’opera in tv. Sei davvero molto bravo.”
Matt sorrise imbarazzato, ma allo stesso tempo lusingato “La ringrazio, Mrs. Peaches.”
“Ma devo dire che…” la donna allungò il collo intenta a guardare dietro a Matt “il tuo lato B e molto più bello dal vivo” ridacchiò.
“G-grazie.”
“Di nuovo buonanotte, Matt.”
“ ‘ notte.”
Assicuratosi che Mrs. Peaches non inciampasse sul gradino più malmesso della rampa di scale, Matt riprese a salire per arrivare al sesto piano. Al quinto era già pronto con le chiavi in mano, ma una voce lo fermò a metà delle scale. Era una voce femminile che cantava.
“Ma cosa?” Matt si lasciò trasportare dalla melodia della canzone che rimbombava leggera sulle pareti. Era così piacevole, ma anche così familiare. Dove l’aveva già sentita? Chi l’aveva cantata? Alla fine Matt realizzò: era God of Akhaten.
 
Akhaten. Oh god  of Akhaten
Lay down my king, Sleep now eternal
Sleep my precious king
 
Oh god of Akhatan
Lay down my warrior
Lay down my king, Sleep now eternal
 
Matt ricordava bene che quella canzone era un duetto tra il corista e la regina degli Anni, e sentirla cantata da una sola persona dava un certo effetto in quel silenzio spezzato dai suoi passi. Quasi voleva restare lì fermo per finire di ascoltarla, ma il freddo ritornò di nuovo, attaccando proprio i suoi piedi.
“Accidenti, ma che freddo f-…”
Arrivato davanti al suo appartamento, i suoi occhi caddero sulla strana ragazzina dai capelli corvini e lunghi fino ai fianchi, dagli occhi, uno verde e uno azzurro, vestita da una inconsueta tuta argentata, bruciacchiata e ormai a pezzi, che lo fissava dal basso in alto seduta sullo zerbino con le gambe incrociate.
Lei smise di cantare e sorrise al giovane attore allibito “Ciao. Finalmente sei tornato.”
“Che cosa fai?” chiese Matt con un tono meno sorpreso di quanto lo dimostrassero i suoi occhi spalancati “Chi sei?”
“ Sono venuta per incontrarti. Ti stavo cercando.”
“No, un momento. Non mi hai risposto. Chi sei?” tentò di nuovo.
Matt cercò di mantenere la calma e di prendere in mano la situazione col cuore a mille. Non era la prima volta che si trovava in una situazione del genere, ne aveva incontrati di fan particolari, gli bastò ricordare la-ragazza-del-cespuglio, ma quello era veramente il colmo: un’ astronauta.
 
Hai un nuovo messaggio.
 
*biiiiip*
 
“Ehi, ciao. Ti ho chiamato solo per dirti che le cose non sono cambiate per niente, a parte che è anche in grado di prevedere, credo che sia arrivato a quello stadio dal nome assurdo. Detesto ammetterlo, ma… avevi ragione tu. Per ora non è successo nulla, ma resterò comunque in allerta. Ho un brutto presentimento… magari passerò da lui per assicurarmi che tutto sia apposto.
Senti… io mi fido di te, ma spero che tu stia facendo la cosa giusta e che tu ti renda conto di quello che anche il tuo scricciolo sta facendo.
Ti aggiornerò al più presto. E fatti sentire anche tu ogni tanto!!
 
*biiiiip*
 
Fine messaggio.
 
Con un balzo, la ragazza si alzò con le braccia dietro la schiena. Istintivamente Matt indietreggiò.
 “Probabilmente ti arrabbierai, ma… al momento non te lo so dire. Mi dispiace.”
“C-come scusa?”
“Sai, no? Di mezzo c’è sempre quella tipica fase di amnesia, una cosa che sto odiando molto, ma non preoccuparti,” prese a gironzolare attorno a Matt “apparentemente so chi sono e perché sono venuta qui.”
“Non so bene dire che personaggio tu stia interpretando,” cercò di stare al gioco Matt “ ma ti stai immedesimando un po’ troppo, temo.”
La ragazza spostò leggermente la testa di lato “ Personaggio? Non so di cosa tu stia parlando.”
“Benvenuta nel mio mondo. Senti, sono certo che tu abbia faticato molto per trovarmi, perciò se vuoi posso farti un autografo veloce e così puoi tornare a casa, ok?” per quanto fosse curioso di capire che personaggio lei raffigurasse, sentì il gelo raggiungergli i polpacci. Voleva sbrogliare al più presto quella faccenda. Che si fossero rotti i riscaldamenti?
“Ma io ce l’ho il tuo autografo” rispose lei semplicemente.
“Oh, davvero?”
Annuì.
“Ah, beh… allora cosa…”
“Me lo facesti su un quaderno” lo interruppe lei.
“Ah, davvero? Perdonami, ma… proprio non mi ricordo di te. Sarà il costume. In quale convention sei stata?”
“Tu non ti ricordi di me perché non ero io.
“Oh, capisco,” forzò un sorriso“ allora te lo sei fatto fare da qualcuno.”
“E non lo hai fatto durante una convention.”
“Ah, no?”
Scosse la testa “Davvero lo hai dimenticato?” chiese delusa.
Matt si grattò la nuca imbarazzato “Senti… voi fan siete davvero tantissimi, perciò… non prendertela, ok? Non posso ricordarmi di tutti, io…”
“Avevi promesso. Glielo avevi promesso.”
Forse era la stanchezza, o la frustrazione per la ulteriore pessima seduta dalla dottoressa Miller, ma stava di fatto che Matt cominciava ad essere alquanto irritato. Senza contare che si sentiva sempre più infreddolito.
La cometa blu.
Matt sentì all’improvviso i muscoli delle braccia contrarsi. Per il freddo, pensò inizialmente, ma sapeva fin troppo bene che la causa furono quelle tre parole. Il suo cuore iniziò a battere freneticamente tanto quanto quello di un maratoneta. “Come… hai detto?”
“ Non lo hai dimenticato, vero? Non puoi averlo dimenticato.”
Lui cercò di non guardarla negli occhi e scelse di avanzare verso la porta fingendo di cercare le chiavi dalle tasche “Non so… di cosa tu stia parlando” in tutti i modi Matt cercò di oscurare l’immagine della piccola cabina blu, prima al centro di una sfera energetica azzurra e poi scomparire dal nulla lasciandosi una lunga scia turchese, ma invano: le voci dei suoi incubi erano già lì pronte a tartassare il povero Matt.
 
Te lo avevamo detto, no?
Stai lontano da lei. Non osare farla entrare.
Se lo farai, finirai nei guai.
Non devi fidarti. Chiudi subito la porta appena entri!
Fallo!

 
Eccole, le voci. La prima volta le aveva scambiate per le stesse voci dell’illusione di mesi fa, ma se fossero state effettivamente le stesse, pensò lui, sarebbe già morto da tempo.
“Ehi? Che cosa ti prende?” chiese la ragazza preoccupata.
Al suono della sua voce, quelle nella testa di Matt si intensificarono e con loro gli avvertimenti. Ormai ne era certo: stava succedendo qualcosa di davvero pericoloso, più della prima volta, e lui ne era terribilmente spaventato.
Velocemente, Matt aprì la pronta senza girarsi, e si lasciò scivolare sull’uscio della porta con le mani sulle orecchie.
“Ehi! Aspetta! Ti devo assolutamente parlare! E’ importante!”
“ Smettila! Non parlare! La mia testa…  VATTENE!”
“No! Non posso!”
“Ma che cosa vuoi eh?! Sei qui per conto della dottoressa?! E’ un esperimento, forse?!”
“Dottoressa? Di quale dottoressa parli?”
“Sapevo che c’era dietro qualcosa! Lei mi ha mentito! Io… sto diventando pazzo!” tra le lacrime Matt si raggomitolò su se stesso e affondò la testa nelle ginocchia, come un bambino messo in punizione.
Ora più che mai, avrebbe tanto voluto non essere stato scelto come orologio. Ora più che mai, avrebbe tanto voluto dimenticare tutto quanto. Un bel ricordo da custodire? No. Era consapevole di essere stato proprio lui a dirlo, ma se doveva soffrire così tanto per tenerlo, allora non lo voleva più.
“ Non so cosa ti stia succedendo. Ma di sicuro non è peggio di quello che sto vivendo io in questo momento!”
Matt rimase in silenzio, premendo ancor di più i palmi sulle orecchie, finendo col sentirle pulsare.
“Credimi,” continuò lei “Non c’è niente di peggio… che ritrovarsi in un nuovo corpo senza sapere chi sei.”
Di nuovo silenzio.
“Io… sono più impaurita di te, lo sai? Ma nonostante tutto, sto cercando di affrontare la cosa perché so che passerà prima o poi.” La ragazza si avvicinò alla porta appoggiandosi con una guancia e una mano. Al primo contatto sentì un piccolo brivido di freddo che le rizzò quei pochi peli che aveva sulle braccia.
“Che… cosa intendi?” riuscì a dire Matt, senza urlare.
“Io mi sto rigenerando per la prima volta.”
Tra quegli irritanti bisbigli, Matt riuscì a sentire la voce della ragazza che tremava, intenta a non piangere per sembrare forte. Inaspettatamente, le voci diminuirono ogni cinque secondi.
“Io… non so chi sono, mi capisci? No, di certo non mi puoi capire. In questo momento i miei capelli stanno ancora cambiando. Ora ho delle ciocche bionde e non è affatto normale. Mi sento anche più alta. Sento ogni singola cellula cambiare ogni millesimo di secondo.”
Matt abbassò le braccia e appoggiò la testa sulla porta, rimanendo ad ascoltare. La sua voce si era fatta più bassa e affannata.
“So che ora sei spaventato, lui me lo aveva detto che sarebbe successo. Per questo io sono qui. Per aiutarti.”
Lui? Lui chi? Non appena le voci smisero di parlare, Matt poté tranquillamente pensare, e iniziò così a mettere insieme tutto ciò che in quel momento la ragazza aveva detto, finendo col trovare come parole chiave prima volta e rigenerando.
Non… non sarà mica…
“Sono io,” riprese lei “ti prego. Devi fidarti di me, io… ho dovuto portarti una caraffa di caffè bollente per calmarti.”
Matt si alzò pian piano strisciando sull’uscio della porta.
“Io ti ho salvato dall’inceneritore,  sono entrata nella tua testa, abbiamo corso insieme e poi… tu mi hai salvata. Tu, che pensavi che non ne saresti stato in grado.”
Lui era pronto con la mano sulla maniglia, ma qualcosa dentro di lui gli diceva che doveva aspettare. Doveva aspettare che dicesse qualcosa in più.
“Abbiamo giocato a calcio insieme, ricordi?” sorrise lei dolorante “Mi fa male ricordare, ma so che è stato bello. Sì. Io e te eravamo in squadra insieme, e ad un certo punto ho sentito odore di…” un forte mal di testa cominciò a pulsarle nelle tempie.
“…cheesecake.” Continuò Matt “Tu ti sei girata all’improvviso, e la palla che io ho calciato ti ha preso la testa in pieno.”
Entrambi risero insieme, lasciandosi alle spalle ciò che era accaduto una decina di minuti fa. Matt ne era certo. Era lei.
“E’ così assurdo. Quasi non riesco a crederci che tu sia ritornata. Dimmi che non sto sognando, Asia.”
Un leggero tonfo lasciò per un po’ perplesso Matt, finché non si allarmò del tutto e aprì la porta. Una folata di vento gelido gli arruffò i capelli. Sentì i suoi piedi calpestare qualcosa di morbido e, abbassati gli occhi, vide che era neve “Ma che diamine… ?”
Asia era davanti a lui priva di sensi  e distesa su una lastra di ghiaccio. Era ricoperta da un leggero strato di neve, pallida e con le labbra ormai violacee.
“Oh sant-.. Asia!" Matt la prese subito in braccio. Era completamente gelida “ Asia, resisti!”
Chiusa la porta, Matt sdraiò delicatamente Asia sul divano. Corse il più velocemente possibile in camera per prendere un paio di coperte e le usò per coprirla “Su, Asia. Ora ti riscaldi per bene. Non preoccuparti.”
In preda al panico, Matt afferrò il telefono di casa per chiamare un’ambulanza, ma si fermò subito, avendo realizzato di stare per commettere un gravissimo errore “Accidenti… no. Lei ha due cuori ed è per metà Signore del Tempo. Potrebbe morire.”  
Con la preoccupazione che gli premeva sullo stomaco, decise di chiamare la prima persona che gli venne in mente. Dopo soli due squilli, Laura rispose “Pronto! Laura! Ti prego, vieni subito qui è un’emergenz-… Non mi importa se sei già in aeroporto!! Ritorna indietro! Ora!!”

 
   
 
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