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Autore: Sebastiano Theus    29/06/2014    3 recensioni
Geralt parte da Vengerberg in compagnia di Ranuncolo, impegnato in una pericolosa missione per riparare il liuto del bardo. Un'altra persona segue il loro stesso percorso per altri motivi: Essi Daven, vecchia conoscenza di Geralt. I due si incontreranno? Riusciranno a dirsi tutto quello che non hanno potuto dire in passato? O potranno solo vedersi da lontano, guidati da diverse correnti del destino?
*questa storia è il seguito de Un Vero Amico*
Genere: Avventura, Drammatico, Fantasy | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
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Gli restituirono le spade all'uscita dal paese. Geralt se le fissò dietro la schiena e oltrepassò il cancello seguito da Ranuncolo. Montarono sui cavalli appena fuori e si inerpicarono lungo la salita dalla quale erano discesi arrivando il giorno prima.
Cavalcarono in silenzio contro il sole che si levava sopra gli alberi. I sassi restituivano loro il rumore degli zoccoli, mentre la luce filtrava tra le foglie e si rifletteva sui loro mantelli e sull'elsa delle spade.
Superarono una curva e si ritrovarono davanti alla radura dove si potevano ancora individuare i resti dei carri. Qualche uccello si levò da terra al loro passaggio e andò a posarsi sui rami, in attesa che i due scocciatori se ne andassero.
I due si portarono vicino a un tronco e smontarono. Il poeta rimase sorpreso nel sentire solo un leggero dolore alla gamba quando appoggiò il piede a terra. Geralt stesso si muoveva rapidamente come se la rissa tra di loro non avesse lasciato nessun segno. Fisicamente, almeno. I loro occhi si incontrarono quasi per caso mentre fissavano le briglie all'albero, ma spostarono subito lo sguardo.
Sistemati i cavalli, si spostarono in mezzo alla radura e si guardarono attorno, a volte piegandosi a terra, altre volte spostando un sasso con un piede.
«Che cosa sappiamo di tutto questo?», chiese Ranuncolo.
Geralt fece mente locale.
«Una carovana. Portavano un carico importante verso nord, apparentemente pepe», rispose.
«Potavano le insegne dell'Aedirn.»
«Per questo dico che il carico doveva essere importante.»
«E dov'è finito?»
Lo strigo alzò le spalle e continuò a cercare senza dire altro.
Ranuncolo cercò di concentrarsi a sua volta sulle tracce, ma dovette ammettere a se stesso che non aveva idea di cosa cercare. Quello non era un intrigo politico, non era spionaggio tra regni, era solo un massacro. Si sentì a disagio e scoprì di non riuscire a pensare a nessun verso per alleggerire la situazione.
Restarono lì per tutta la mattina, mangiarono le razioni che si erano portati dal villaggio per pranzo e poi continuarono l'ispezione.
D'un tratto, Geralt imprecò e diede un calcio a un pezzo di legno che rotolò lontano. Ranuncolo si fermò e lo osservò, incerto se avvicinarsi o no.
«Niente, non c'è niente!», esclamò lo strigo con la sua voce metallica.
«Niente?», domandò prudentemente il poeta.
«Quanto è passato? Una settimana? E noi dovremmo trovare qualcosa qui!»
Senza aspettare risposta, si alzò e andò verso i cavalli.
Ranuncolo cercò rapidamente una traccia, una frase che potesse fermarlo e spingerlo a continuare, ma non c'era proprio nulla. Alla fine si rialzò con un sospiro e si allontanò tra i cespugli. Registrò solo a livello incosciente quanto fosse stranamente facile farsi strada tra quei rami di pungitopo. Si allontanò ancora di qualche metro, si abbassò i pantaloni e si svuotò l'intestino con evidente soddisfazione. Si sollevò tenendo le ginocchia piegate e strappò una foglia morbida che usò per pulirsi il sedere. Una delle prime cose che aveva imparato quando aveva cominciato a mettersi in viaggio era stata quali foglie fossero adatte allo scopo e quali avessero il brutto effetto di irritare dolorosamente la pelle.
Alla fine si riallacciò i pantaloni con l'umore diventato d'un tratto più positivo. Si guardò un attimo attorno e finalmente notò i rami spezzati attorno a sé e i cespugli piegati. Rimase un attimo perplesso, realizzando poi che non poteva essere stato lui. Si girò a guardare verso la radura: a parte i primi cespugli che la delimitavano, gli altri erano aperti come a formare un sentiero, come se qualcuno ci fosse passato attraverso.
«Geralt!», urlò all'improvviso spalancando gli occhi. «Geralt! Vieni qui!»
Pochi secondi dopo lo strigo fu accanto a lui.
«Che succede? Cos'è questa puzza?»
«Lascia stare! Guardati attorno, è strano.»
Geralt cominciò a studiare i dintorni, ritrovando d'un tratto interesse. Sollevò eloquentemente il sopracciglio quando trovò quello che aveva lasciato Ranuncolo, ma lo zittì con un gesto della mano prima che potesse dire qualche scusa.
«Qualcuno è stato gettato qui sopra», disse indicando il primo cespuglio. «Qualcuno non molto pesante, direi...»
«Una donna?»
«Può darsi, oppure un ragazzino.»
Geralt si spostò avanti.
«Qualcosa l'ha inseguito. Guarda questi rami: sono troppo in alto perché possano essere stati spezzati da una donna o da un ragazzino in fuga.»
Ranuncolo gli veniva dietro annuendo alle sue osservazioni.
«E questo?»
Il poeta esaminò quello che Geralt stringeva in mano: un pezzo di tessuto strappato, rimasto incastrato su un ramo.
«Un vestito grigio? Azzurro? Non riesco a capire...»
Geralt mormorò qualcosa e poi si mise il pezzo di stoffa in tasca. Si concentrò sul suolo e finalmente il suo viso si illuminò.
«Guarda qui», disse a Ranuncolo.
Ai loro piedi c'erano alcune orme irregolari che potevano ricordare vagamente quelle di un lupo, ma più grandi, terribilmente più grandi. La distanza tra l'una e l'altra era sconcertante: a volte erano vicinissime, altre volte così distanti che a Geralt sarebbero servite due ampie falcate per spostarsi da una all'altra. Lo strigo non riusciva a capire se si muovesse a due o a quattro zampe. Tra le orme più distanti gli parve di distinguere altre tracce, forse lasciate da un oggetto lungo e sottile, come un bastone sul quale la creatura si appoggiava tra un passo e l'altro. O forse quelle altre tracce erano state lasciate da qualcuno completamente diverso.
Proseguirono avanti, poi le orme sparirono all'improvviso. Geralt studiò il terreno, trovandolo particolarmente duro: solo una creatura molto pesante poteva imprimerlo col proprio passaggio.
Alzò lo sguardo ad osservare i rami. Da lì in poi erano intatti, come se ciò che li aveva distrutti fosse scomparso all'improvviso.
«Questo è strano... Sono scomparsi tutti?», domandò Ranuncolo.
«Tutti?»
«Inseguito e inseguitore. Svaniti all'improvviso?»
Geralt dovette ammettere a se stesso che Ranuncolo era diventato bravo a seguire le tracce.
«Non lo so», gli rispose, «ma la pista si ferma qui.»
«Cosa può essere? Uno spirito? Un mutaforma?»
«Non parlare a caso, Ranuncolo. Non abbiamo ancora modo di saperlo.»
«Va bene, scusa...»
Forse il suo tono era stato troppo duro.
Ispezionarono ancora un po' i dintorni, ma non trovarono nient'altro di interessante.
D'un tratto Ranuncolo si fermò perplesso.
«Geralt?»
«Che c'è?»
«Là... Ci sono dei fiori che si stanno muovendo?»
Guardarono entrambi nella direzione indicata dal poeta. Da dietro uno degli alberi era comparso uno strano agglomerato di fiori, soprattutto campanule e gelsomini, che sembrava strisciare per terra.
«Che cosa...?»
Non appena si avvicinarono, i fiori parvero agitarsi: si immobilizzarono per una frazione di secondo, quindi cominciarono a muoversi a zigzag, in scatti rapidi e improvvisi.
Geralt partì in avanti. Ranuncolo non avrebbe saputo dire quando si era mosso, semplicemente d'un tratto lo vide proiettato in avanti come una freccia. Lo strigo si tuffò atterrando sopra i fiori che cominciarono a muoversi spasmodicamente tra le sue braccia. Il medaglione a forma di lupo vibrava come impazzito. Poi d'un tratto qualcosa di piccolo e morbido gli sfuggì tra le mani e scomparve nel sottobosco, lasciandolo solo con una manciata di campanule e gelsomini.
Geralt si rialzò con una smorfia perplessa.
«Ma cosa diavolo era?»
«Che sia dannato se ne ho la minima idea», rispose lo strigo.

Tornarono a Passafiume sul far della sera. Fermarono i cavalli sull'inizio della discesa che li avrebbe portati fino al cancello.
«Che facciamo ora?», domandò Ranuncolo.
Geralt scosse lentamente la testa. «È una storia strana», ammise. «Devo ancora farmene un'idea precisa, ma qualche ipotesi ce l'ho.»
«La vecchia?»
«Cosa?»
«Non lo so... Non sono riuscito a capirla, e ho visto come le hai dato quella moneta d'argento. Sospetti che abbia qualcosa a che fare con questa storia?»
«Se avesse voluto farci del male avrebbe potuto farlo mentre eravamo quasi morti a casa sua», concluse lo strigo senza rispondere allo sguardo interrogativo di Ranuncolo.
«Geralt... Perché lo fai? È davvero per riparare il mio liuto?»
«Lo faccio perché qualcuno mi ha detto che nulla scompare all'improvviso, ma gli uomini per essere amici devono fare qualcosa assieme.»
Non sorrise e non lo guardò mentre parlava. Fece schioccare le redini e guidò il cavallo lungo la discesa.
  
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