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Autore: lyssa    29/06/2014    2 recensioni
Raccolta a tema sheriarty: per un amore e un'ossessione che nessuno potrà mai comprendere, per i due re al lato opposto della scacchiera e per tutto ciò che avrebbero potuto avere insieme.
#1 - the little touch with the underwear
#2 - stargazing
#3 - you weren't supposed to leave
[temi e avvertimenti possono variare, maggiori informazioni all'inizio di ogni capitolo]
Genere: Introspettivo, Sentimentale, Slice of life | Stato: in corso
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Jim Moriarty, Sherlock Holmes
Note: Raccolta | Avvertimenti: nessuno
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Titolo: You weren't supposed to leave
Fandom: Sherlock BBC
Genere: Angst
Personaggi: Sherlock Holmes, Jim Moriarty
Rating: Giallo
Conteggio Parole: 768
Avvertimenti: ///
Riassunto: Il mondo, senza Moriarty, è sicuramente un posto migliore. Ma a Sherlock del mondo, non è mai importato molto.
Note: Questo capitolo è un po' cortino, mi farò perdonare con il prossimo uwu Angst, perchè l'angst è bello, a tutti piace soffrire e la Sheriarty è una coppia infinitamente dolorosa. Buona lettura! Ah, le frasi tra virgolette sono frasi prese dall'episodio uwu







Quando Jim gli porge la mano, le sue dita tremano appena. 

Si tratta di un movimento involontario e impercettibile, qualcosa di talmente insignificante da sfuggire persino all’occhio attento di Sherlock, che decide di stringere la mano dell’uomo che gli sta davanti. Moriarty ricambia con una lentezza eccessiva: il suo tocco è leggero e delicato, come se una forza eccessiva potesse distruggere il momento che sta aspettando da una vita intera. 

Ha la pelle morbida, Jim. Ha la pelle talmente morbida che Sherlock si ritrova a carezzarla appena con il pollice, in un movimento di cui non è realmente consapevole. Forse è per quello che non se ne accorge. O forse è perché è troppo impegnato a osservare il suo volto, cercando di leggervi qualcosa in grado di spiegare la natura di quel gesto: lo sguardo scivola sugli occhi scuri – che appaiono ora caldi e dorati grazie alla luce del sole – e sulle labbra aperte in un sorriso in qualche modo diverso da quelli a cui è abituato. Fatto sta che non se ne accorge. È solamente quando Jim stringe la presa e lo tira verso di sé che Sherlock realizza di star stringendo la sua mano destra. 

Ormai è troppo tardi. 

Vorrebbe aprire gli occhi e interrompere così il flusso dei ricordi che sta prepotentemente prendendo il sopravvento della sua mente, ma è tutto così veloce e intenso che non può fare altro che rimanere a guardare, spettatore di una scena che continua a rivivere ogni volta che cala le palpebre. La pistola brilla per un istante solamente tra le sue mani, poi scompare nella bocca di Jim. Segue un rumore sordo e un momento dopo la mente più brillante che Sherlock abbia mai avuto il piacere di incontrare si trova spalmata al suolo.

Ci mette qualche secondo a tornare alla realtà. I contorni della camera da letto iniziano a farsi reali: Sherlock fa passare distrattamente lo sguardo sull’orrenda carta da parati e sui quadri che adornano il muro, sull’armadio semi vuoto – quasi tutti i suoi vestiti sono impacchettati in una valigia, nel caso Mycroft decidesse di trasferirlo nuovamente senza preavviso – e al piccolo comodino accanto al letto. Non appena i suoi occhi si posano sul plico di file appoggiati su di esso, Sherlock distoglie lo sguardo.

La mano destra penzola inerte dal bordo del letto. Riesce ancora a sentire il tocco fantasma delle dita di Moriarty sulla pelle, ma la stretta adesso è tutt’altro che delicata. È una morsa violenta che risale per tutta la lunghezza del braccio, gli attanaglia il cuore e – per un momento solamente – rende difficile respirare.

“È morto perché ho stretto la sua mano.” 

Con ogni probabilità sarebbe morto comunque. Pensandoci a posteriori, il desiderio suicida di Moriarty è talmente evidente che Sherlock non riesce a comprendere come abbia fatto a non capirlo prima. Scuote appena il capo, passandosi una mano tra i capelli scuri e tirandosi su a sedere.

“È morto perché ho stretto la sua mano.” 

Non ha mai voluto vedere Jim morto. Voleva batterlo, dimostrare la sua intelligenza superiore e magari farlo rinchiudere per un paio di settimane. Moriarty poi sarebbe evaso – ovviamente – e tutto sarebbe ricominciato. Nuovi casi, nuovi omicidi, nuovi stimoli: Jim avrebbe continuato a intrattenerlo e divertirlo, in una danza che Sherlock pensava sarebbe durata per l’eternità.

“È morto perché ho stretto la sua mano.” 

James è morto e Sherlock ormai non può farci nulla. I cadaveri non possono tornare in vita, non quando si sono sparati in bocca proprio davanti ai tuoi occhi, perlomeno. 

Ci sono stati momenti in cui si è chiesto se il loro legame speciale si sarebbe potuto trasformare in qualcosa di diverso, qualcosa di più completo, fisico e forse addirittura romantico, se solo l'amore fosse qualcosa destinato a due persone come loro. Avrebbero potuto avere tutto insieme. Sulle labbra Sherlock sente il sapore amaro di un futuro che non potrà più realizzarsi. Deglutisce a vuoto, cercando di mandare via il groppo che continua a sentire in fondo alla gola.

Il mondo, senza Moriarty, è sicuramente un posto migliore. Ma a Sherlock del mondo, non è mai importato molto.

“Tu eri la distrazione migliore. E ora non ho più neanche te, perché ti ho battuto.”

Per la seconda volta lo sguardo cade sulla pila di documenti. Decide di sfogliarli: si allunga e li afferra, facendo scivolare lo sguardo sulle (poche) informazioni raccolte sulla sua rete criminale.

Un sorriso amaro prende vita sulle sue labbra. James è morto e perduto per sempre, ma Moriarty è ancora lì da qualche parte, disperso e frammentato in un mondo di crimini e corruzione. 

Il gioco non è ancora finito.

   
 
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