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Autore: Mushroom    29/06/2014    10 recensioni
Dean è un vigile del fuoco e salva la vita a Castiel. Niente di strano, salvare le persone è il suo lavoro. Eccetto per la parte in cui si risveglia in ospedale, Castiel dorme nella poltroncina a fianco al suo letto e non è più chiaro se sia stato Dean a salvare Castiel, o Castiel a salvare Dean.
Genere: Generale, Romantico, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Castiel, Dean Winchester
Note: AU | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'After the fire'
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Titolo: After the fire (I'll be with you)
Fandom: Supernatural
Pairing: Dean/Castiel
Words: 3932/30k+ 
Genere: Generale, Romantico
Rating: PG-13
Warnings: AU, fluff, (sorta, diciamo che di tanto in tanto degenera in) (credo) monologo interiore, mention of past codependency, mention of (past) drugs abuse, rescue of kittens, cliché, un numero esorbitante di riferimenti al canone più o meno palesi e un numero esorbitante di richiami a Mistery Spot più o meno palesi, ooc-ismi, Dean Winchester è una ragazzina, Dean Winchester ha sul serio lavorato su se stesso, maltrattamento di fiori

Prompt: Dean è un vigile del fuoco e salva la vita a Castiel. Niente di strano, salvare le persone è il suo lavoro. Eccetto per la parte in cui si risveglia in ospedale, Castiel dorme nella poltroncina a fianco al suo letto e non è più chiaro se sia stato Dean a salvare Castiel, o Castiel a salvare Dean. (Lasciato dalla bellissima Noruwei)
Chapter: 3/?

Note: Continua il processo di frammentazione, sì. Io continuo a non capire come questa roba sia stata così amata, okay? Cioè, sul serio. Un enorme grazie a tutti, a chi segue (perché c'è un numero di persone che segue questa roba e di tanto in tanto aumenta, oddio), a chi legge e a chi commenta ♥ Mi trovo in pieno studio da orale, aka non ho molte energie, perdonatemi. Sì, le note esistono sostanzialmente per dirvi che siete belli. Buona lettura. 

Partecipa all'iniziativa Chapters Challenge @fiumidiparole 

III


A un certo punto si rende conto di non aver mai capito come sia andato il suo incidente. Sta osservando la planimetria di una vecchia casa – davvero, si chiede quando Bobby smetterà di fare la ragazzina offesa e lo farà tornare al suo lavoro – e gli viene in mente per caso. Probabilmente è la noia. Si massaggia la spalla, fissando truce i fascicoli (Kevin è bravo, in quella merda. Perché non può farlo lui?) e prende il cellulare.

Castiel è in rubrica. Male che vada, gli chiuderà il telefono in faccia.

Si sistema meglio sulla sedia, portandola a qualche centimetro dalla scrivania, e giocherella con la matita mentre il telefono squilla – uno, due, tre squilli, e ne lascerà fare solo un altro paio, poi chiuderà e fingerà di non averci mai pensato.

«Pronto?»

Al telefono, se possibile, la voce di Castiel è anche peggio. Dean si ritrova a irrigidire le spalle e sistemare le gambe, stringendo le labbra. Ma il silenzio deve essere troppo prolungato, perché si sente ripetere «Pronto?»

«Cas?» fiata e sì, Dean, sei stato tu a chiamarlo, chi vuoi che sia, chi vuoi che possa essere?

Silenzio. Dall'altra parte della cornetta c'è solo il suo respiro e il vuoto totale. Forse non doveva farlo.

«Dean» sente, e la sua voce cambia, in qualche modo, in una sfumatura che è immediatamente più amichevole. E poi Dean, siccome è un cretino e siccome non pensa mai prima di fare le cose, si ritrova con la bocca secca e nessuna idea di come far partire la conversazione.

'Fanculo. Mettersi problemi del genere non è nel suo stile «Non ti ho mai chiesto come è andata»

Un altro momento di silenzio. Può quasi vederlo stringere gli occhi «Dico, nell'incendio» continua Dean, tamburellando la matita sul tavolo «Io ti ho salvato ma tu mi hai afferrato e portato via dalle fiamme, o qualcosa del genere»

«Esatto»

Dean si acciglia. Che diavolo significa esatto? In quasi una vita di servizio è sempre finito in pronto soccorso per via di cazzate come l'essere troppo imprudente, e queste cose se le ricordava tutte. Ma in quel modo, perdendo coscienza? Mai. Ne andava del suo orgoglio.

«Ero terrorizzato» confessa Castiel, in un soffio, riprendendosi tutta l'attenzione di Dean. Smette di giocare con la matita. La stringe tra le dita come se volesse spezzarla «Non ricordo cosa sia successo con esattezza. So solo che ero terrorizzato, e tu cercavi di tirarmi fuori e sono rimasto troppo tempo fermo, mentre le fiamme... » lo può chiaramente sentire prendere un po' d'aria. Si chiede come sia il volto di Castiel, in quel momento, se si trovi da qualche parte nascosto in uno stanzino dell'ospedale o in un lato della clinica, con il telefono in mano, a dire a un qualsiasi sconosciuto quanto fosse terrorizzato, quanta paura avesse avuto «Sono stato lento. Qualcosa è caduto e ti sei messo in mezzo. Ecco come è andata» conclude, la sua voce che ritorna moderata, alla Castiel.

«Non è stata colpa tua» Dean non aggiunge che non si sarebbe neanche dovuto trovare in quel dannato edificio. Che gli ordini erano di lasciar perdere, di lasciarlo indietro. Ma nessuno resta indietro, non più, non se Dean Winchester può impedirlo. Comunque gli sembra giusto dirlo, dire che non è stata colpa di Cas, perché nella sua vita nessuno l'ha mai detto a Dean, e quando ha capito che non è stata colpa sua era troppo tardi e tornare indietro troppo difficile.

Non sa se Castiel abbia bisogno di sentirselo dire, o se invece sia lui ad averlo.

«Dean, dove sei?»

Whoa. Cosa è quella voce? Perché è cambiata ancora? «A lavoro» borbotta. Il telefono diventa muto. Tre quarti d'ora dopo, vede Castiel entrare dalla porta principale «Ho sbagliato tre stazioni prima di arrivare» dice, irritato, e Dean scuote la testa perché quale idiota si gira tutte le caserme della città solo per trovarti?

«Che diavolo, Cas?»

«Avevo finito il turno»

Dean alza entrambe le sopracciglia. «E sei qui solo per questo?»

Castiel lo guarda, ma non risponde.

Cristo. Si massaggia le palpebre «Io, devo, sì, occuparmi di alcune cose» vorrebbe non suonasse come una scusa, ma suona esattamente come una scusa, per cui continua quasi mangiandosi le parole «Però come finisco possiamo, non so, prenderci qualcosa da bere?»

__

Quando glielo racconta, Charlie lancia un urletto «Quindi uscite insieme?»

Nella lista delle cose più stupide mai capitate a Dean Winchester, quella conversazione si trova nella top ten «Non usciamo insieme» risponde, tenendo fermo il telefono con la guancia e chiedendosi come possa anche solo pensare una cosa simile.

«Allora cosa? State diventando amici?»

Dean non sa se amici sia la parola più appropriata, visto che di Castiel sa poco perché lo conosce da poco, e quel che sa, quel che ha visto, potrebbe anche piacergli abbastanza. «E che ne so. Qualcosa. Il tizio continua ad essere strano»

Il giorno dopo, Dean ingoia il rospo e si ripresenta nell'ufficio di Bobby. È dannatamente stufo di fare la scimmia addomesticata per il suo capo, e gli manca il suo lavoro. Glielo dice chiaro e tondo. Bobby alza un sopracciglio, facendo sentire Dean come un bambino capriccioso, e poi sbotta «Idiota» che nel linguaggio di Bobby significa “vedi di non farmi incazzare mai più, ragazzo”.

Per l'ora di pranzo, ha di nuovo il suo posto nella squadra e Benny si sta facendo grosse risate alle sue spalle.

«Devo solo essere prudente. Per un po'»

«Dovresti essere sempre prudente» gli risponde Castiel al telefono, tutto serio perché probabilmente sa che essere prudenti è la cosa che ti aiuta a sopravvivere, che ti evita di cadere e spiaccicarti a terra in un'ipotetica visione della vita come il Chrysler Building e del fallimento come il marciapiede dove potresti diventare una poltiglia rossa.

«Ho a che fare con la vita delle persone, Cas»

«Anche io» fiata, ed è vero, anche se Dean è egoista e qualche volta lo dimentica «E non puoi salvare tutti, Dean»

Per qualche motivo, Dean riesce a immaginarsi Castiel di fronte a dei genitori impauriti, con quella voce calma e l'espressione gentile e il cuore rotto, perché non sempre le cose vanno come dovrebbero andare, perché a volte capita di perdere, ed è sicuro – merdate da telefilm a parte – che Castiel ha perso, più volte. È un po' una cosa che guardando a fondo si riesce a vedere nel modo in cui Castiel sembra essere danneggiato, a volte, quando Dean lo guarda molto attentamente fingendo di star facendo tutt'altro.

Quando chiude la chiamata, dopo un attimo di esitazione (forse Cas è libero, forse possono cenare assieme, forse forse forse), si sorprende, per la prima volta da anni, nel rendersi conto di quanto il suo appartamento sia vuoto. Decide di berci su. E di rivedere Star Trek IV e la ricerca delle balene.

__

Kevin, per qualche strano, buffo motivo, viene assegnato a quella parte di pompieri volontari che fanno veramente i pompieri. Dean sa che molti di loro – chi più, chi meno – devono comunque passare per quella strada, che ad alcuni piacerà e decideranno che forse potrebbe essere il loro lavoro (come è accaduto a lui) e altri scapperanno a gambe levate.

Fatto sta che quell'idiota di Kevin ha una crisi di panico al suo primo incendio, una di quelle in piena regola con sudorazione e respirazione irregolare e mente vuota e, porca puttana, Dean non sa come gestirla. Kevin è un bravo ragazzo – un po' troppo supponente, un po' troppo nella dinamica dello se-non-ho-il-massimo-dei-voti-piango. Sa anche che in passato ha sofferto di ansia a causa della scuola, gliel'ha accennato mentre suonava la campana e si preparavano ad andare. Gesù, chi è il cretino che soffre d'ansia e decide di fare il vigile del fuoco? Per il curriculum, poi.

Kevin, per un certo verso, gli ricorda Sam. Dio solo sa se quello non è il suo punto debole.

Lo porta fuori tremante, mentre sussurra come un mantra che non vuole morire. Che idiota. Ovvio che non sta morendo. «Rimango con lui» dice a Benny, visto che la situazione è gestibile, ma di certo Kevin non è in grado di gestirsi da solo.

«Amico, prendi respiri profondi»

Kevin alza gli occhi su di lui, scuotendo la testa ma poi fermandosi come se si fosse appena pentito di ciò che ha fatto. «Non – oddio, oddio, oddio»

«Okay, stai uscendo di testa, è normale.»

Dean ricorda ancora il suo primo incendio, tutto quel fumo e la sensazione di star per soffocare e il caldo, il caldo insopportabile. Tutt'ora non sa come abbia fatto a tornare a casa, dopo, vomitando tutta la cena nel cesso e cercando disperatamente di togliersi di dosso l'odore di zolfo. Deglutisce. Kevin non sembra stare affatto meglio, e qualcuno sta iniziando a guardarli. Lo fa sedere sul camion, gli porge una coperta. Trema ancora «Le prime volte succede a tutti. È successo anche a me»

Kevin sembra non credergli. Lo guarda come se lo stesse prendendo in giro, e ride – in modo isterico, ma ride «A te? Ma per favore» risucchia l'aria tra i denti «Queste cose non succedono, a quelli come te»

Invece succedono, succedono eccome. Gli da' uno scappellotto, e questo probabilmente sta nelle cento cose da non fare nel caso di attacco di panico, ma Dean se ne fotte e quantomeno Kevin è troppo occupato ad urlargli «Perché l'hai fatto?» e «Molto maturo, sul serio, grandioso» per preoccuparsi di morire.

__

Inizia a frequentare il reparto di Pediatria senza un vero motivo. Sa solo che un giorno sconfigge il suo odio per gli ospedali e, visto che è in zona, visto che è il suo giorno libero e non ha niente di meglio da fare, decide di passare da Castiel. Per pranzo.

Questa volta non viene accolto dalla Dottoressa Anna Milton – peccato, ma non troppo – ma da un'infermiera di nome Meg, con i cappelli biondo varechina. «Che hai da fissare?» ringhia e wow, veramente permettono a persone del genere di avere a che fare con i bambini? Se Dean avesse otto anni, ora sarebbe terrorizzato.

«Sto cercando Cas»

Lo sguardo che gli rivolge è molto eloquente.

Dean si schiarisce la gola «Il Dottor Novak» precisa allora.

Meg assottiglia gli occhi come se stesse valutando l'idea di prendersi gioco di Dean e mandarlo a cercare Castiel in obitorio o in neuropsichiatria o cazzate del genere; poi inclina le labbra in un sorrisino che, se possibile, gli fa ancora più paura, e infine mastica un «Sta visitando» e «Gli faccio sapere che sei qui appena possibile. Se vuoi aspettare, siediti» detto questo, gira i tacchi e sparisce dentro il reparto, lasciando Dean in una sala d'attesa i cui muri sono affrescati per somigliare alla giungla di qualche film animato della Disney e le sedie non sono più alte di trenta centimetri. Perfetto. Tra l'altro, Meg non sa neanche il suo nome. Probabilmente Cas le rivolgerà uno sguardo confuso, sbatterà le palpebre e andrà comunque a vedere chi ha chiesto di lui, perché Castiel è esattamente il tipo di persona che fa queste cose.

Sempre che Meg lo avvisi.

Le sedie si rivelano più piccole e scomode di quanto previsto (ma non c'è niente per far sedere i genitori? Davvero?) e Dean potrebbe o non potrebbe passare la mezz'ora successiva a costruire automobiline – non perfette, okay, ma è più bravo con le macchine vere – con i lego.

«Il signore del fuoco!»

La bambina che gli parla – strilla nell'orecchio – non può avere più di sei anni. Ha un viso rotondo, i capelli biondi e Dean la riconosce come la bambina a cui ha donato il caschetto qualche tempo prima. Guarda Dean con gli occhi spalancati e gli rivolge un sorriso enorme a cui Dean risponde di rimando.

«Che cosa stai facendo?»

Ma ai bambini è veramente permesso girare da soli in questo modo? Dean si volta a destra e a sinistra, molto stupidamente, cercando un adulto, e poi torna sulla bambina che continua a sorridere ebete, fissando la macchinina di Dean con stupore. «Ti piace?» le chiede, senza avere la più pallida idea di cosa fare.

La bambina corruga la fronte, inclinando la testa, e Dean sorride alla familiarità del gesto «È una brutta torre»

Ow. Bambina, non è una torre. «È una macchina»

«Non sembra una macchina»

Questo potrebbe ferire i suoi sentimenti. Dean prende in mano la sua bellissima Impala di lego e sbuffa, cercando di sembrare adulto e non offeso «È una macchina. E non lo capisci perché è roba per grandi»

Quando Castiel riesce finalmente a liberarsi, circa un'ora dopo, trova Dean a discutere con una bambina bionda di nome Clary ed a costruire automobiline di lego.

«Non è come sembra. È colpa sua» si giustifica Dean, e Dio, diventa ancora più imbarazzante nel momento in cui Castiel emette questo suono basso che è una piccola risata, e lo guarda con un sorriso enorme, uno che gli cambia il volto, tutto gengive e denti bianchi e rughe intorno agli occhi. Meg è dietro di lui, ma è troppo occupata a cercare di acchiappare Clary che a vedere Dean agitarsi come una dannata ragazzina.

La finiscono alla caffetteria dell'ospedale. È tardi e nessuno dei due ha mangiato. Tutto ciò che riescono a rimediare è un panino e niente crostata. Dean storce il naso «Puoi smettere di sorridere, adesso» non c'è niente da sorridere se non c'è la crostata.

Castiel ovviamente non gli da' retta. È un figlio di puttana ostinato, e la maggior parte delle volte la sua aria da “non proprio di questo mondo” può far pensare il contrario «Sono contento tu sia venuto»

Dean si è sentito a disagio per tante cose nel corso della propria vita – come quando suo padre l'ha trovato con le mani nei pantaloni a dodici anni o quando Sam ha trovato la sua collezione di action figures di Star Trek quando ne aveva diciotto – ma mai per una cosa del genere. «Non dire queste cose»

«Perché?»

«Non dirle»

Un attimo di silenzio. Dean morde il suo panino e ignora le dita di Castiel che si chiudono sul bicchiere di plastica prima di portarselo alle labbra.

«Ieri, sul lavoro, Kevin ha avuto una crisi di panico» la butta lì, per cambiare argomento, senza pensarci «Non aveva mai visto un incendio. Uno vero, dico. E ha dato di testa»

Le labbra di Castiel si stringono in una linea sottile. Forse si sta chiedendo dove Dean voglia andare a parare, ma non lo sa neanche lui. «Mi sei venuto in mente, sai? È un po' una cazzata, ma abbiamo avuto quel discorso sull'avere paura e... niente» deglutisce, passandosi una mano dietro il collo. Si sente un coglione.

«Tu hai avuto paura, la prima volta?» Castiel lo chiede lentamente, sporgendosi un po' verso di lui. Dean non lo guarda negli occhi. Che domanda stupida. «Perché quando mi hai salvato non sembrava ne avessi» usa proprio quella parola, sceglie salvato, dandole un nuovo peso che gli chiude la gola, come se Dean fosse improvvisamente qualcosa di meraviglioso, come se gli fosse grato.

«Sempre» mormora, serrando la mascella. «Non ho mai smesso di essere terrorizzato dentro una casa in fiamme, Cas»

Castiel lo guarda, la sua espressione così brutta rispetto al sorriso di prima. Dean si chiede che cazzo gli sia saltato in testa. Non sa perché l'ha detto. Non doveva dirlo. Merda. Un vigile del fuoco che ha paura del fuoco. Probabilmente questa non si era ancora sentita.

«Ho paura ogni volta che arriva un bambino in pronto soccorso» confessa allora Castiel, quasi con prudenza, sporgendosi un poco verso di Dean, come se stesse pronunciando un segreto, come a dire capisco e lo so ed è così sincero da fargli perdere un battito. «Questo non mi rende meno bravo in quello che faccio»

Dean lo guarda «Certo che no»

Castiel sorride soddisfatto, come se Dean fosse uno dei suoi pazienti «Sei una brava persona, Dean»

Dean non può impedirsi di sorridere. Dannazione, Castiel «E che diavolo c'entra?»

__

Nessuno dice niente del crollo di Kevin, ma il ragazzo sembra comunque prenderla sul personale. Non lascia il corpo dei vigili del fuoco, cosa che fa sorridere Dean e lo rende fiero per nessuna ragione particolare – il ragazzo lo fa solo per i crediti, l'ha capito, ma ha visto altri mollare per molto meno. Kevin, per quanto gli riguarda, guadagna un po' di punti stima.

Quella settimana Charlie decide che dovrà tornare in città per un paio di giorni, il tempo di impacchettare le sue cose, interpretare la regina di Moondoor per l'ultima volta e poi tornare indietro, perché è stata assunta dalla fottuta Google e non smette più di ripeterlo. Dean è contento per lei, certo, un buon amico è sempre contento quando succedono belle cose a una persona a cui vuole bene; però, da un altro lato, è anche un po' depresso. Charlie gli mancherà. E adesso dovrà anche sopportare la seconda guerra civile di Moondoor per la conquista della corona («Nel gioco del trono o vinci o muori» «Dean, smettila di citare Il Trono Di Spade»).

Per questo quella sera Dean è un po' imbronciato. «Charlie se ne va»

Castiel lo guarda dall'altra parte della sua birra, mentre Andrea rivolge Dean uno sguardo che sta a significare più o meno “Dov'è finito Benny?” a cui si rifiuta di rispondere. Benny sta cercando di uscire da questa cosa che ha per Andrea da più o meno quando lo conosce – e sono ormai cinque anni, un tempo del tutto irragionevole per avere una cotta per qualcuno – e Dean non ha intenzione di farcelo ricadere dentro.

«Chi è Charlie?» gli domanda, con ogni ragione.

Dean si sistema sullo sgabello «Un'amica» spiega, alzando le spalle. Certe volte si ritrova a parlare di cose del genere – come del suo lavoro, o di cosa gli piaccia mangiare o non mangiare o di come Christopher Nolan sia un regista dannatamente bravo – con Cas, e in cambio Cas gli dice altre cose, cose su di lui, su quella stronza di Meg e sul cane di nome Gatto che suo fratello gli ha regalato quando aveva sei anni (Dean aveva sorriso. Immaginarsi Castiel da bambino era quasi impossibile).

Tutto ciò che Castiel dice è: «Oh». Poi rimane in silenzio, prendendo un altro sorso di birra e lanciandogli un'occhiata circospetta «Mi dispiace»

Per qualche motivo, Dean ha bisogno di aggiungere «Però è, sai, solo un'amica»

Castiel sbatte le palpebre.

«Okay, sì, volevo che lo sapessi»

Ora si sente terribilmente stupido per averlo detto. Ottimo lavoro, Dean Winchester. Davvero un ottimo lavoro. Castiel prende un paio di noccioline, spingendole tra le labbra e – questo perché probabilmente Dio lo odia, Dean ne è certo – si succhia i polpastrelli prima di prenderne altre.

«Dean?»

Dean deglutisce «Io ho, sì, finito la mia birra» borbotta, alzandosi con uno scatto. Sa che c'è un limite molto preciso oltre il quale può spingersi e quella cosa che Cas ha appena fatto potrebbe veramente farlo comportare da coglione. Cosa che vuole evitare a tutti i costi «Me ne serve un'altra»

__

A dispetto di quanto ne dica Charlie, tra lui e Castiel non sta succedendo niente. Fanno quelle cose che farebbero tutte le persone normali, come il mangiare insieme o prendere caffè o scegliere il regalo per i trent'anni di carriera di Bobby.

«Non spenderò i miei soldi per una testa d'alce, Cas» borbotta, lanciandogli uno sguardo. È il terzo negozio in cui mettono piede, e probabilmente Dean ha gusti troppo difficili, ma Castiel ha gusti strani, quindi le cose non saranno affatto facili.

«Sembra abbastanza impressionante» Castiel alza appena le spalle, aggrottando le sopracciglia come se neanche lui fosse sicuro di che diavolo abbia davanti «E lo sembra anche il tuo capo»

«Quindi sarebbe l'unione degli uguali?»

Castiel annuisce; Dean non spenderà cinquecento dollari in una testa d'alce: è brutta, puzza e probabilmente Bobby la userebbe per incutere ancora più terrore sulla squadra, quindi no, assolutamente no.

Alla fine, comprano – Dean, è Dean quello che compra. Dean compra uno di quelli inutili taglieri per formaggi. Bobby lo odierà. Pazienza.

Il giorno dopo, Ash lo informa che a) i suoi turni sono cambiati e b) Bobby preferisce che continui ad occuparsi di Kevin, ma questo non lo autorizza a fare cazzate. Dean sbuffa «Io faccio solo il mio lavoro» e Ash lo guarda con questa faccia alla “come no” e l'aria di uno che si sta pregustando la battuta migliore di questa terra. «Anche il tizio in trench coat fa parte del tuo lavoro, Dean?»

E se questa è la sua battuta migliore, sul serio, Ash sta perdendo punti. Con il dettaglio che riesce comunque a fargli alzare gli occhi al cielo ed a strappargli un «Sarà il tuo, di lavoro» Sì, non ha alcun senso, ma tant'è.

Quella sera non riesce a vedere Cas. È stupido come questo sia fottutamente deprimente, ma la nottata è lenta, non succede niente, e dopo un po' diventa noioso anche il lanciare palline di carta su Kevin. «Cristo, non siamo in quinta elementare»

«Mi annoio» grugnisce, lanciando un'altra pallina per verificare che non sia tornata ad essere un'attività divertente. Kevin sta studiando roba. Vuole fare medicina, se ha ben capito, e ciò che ha in mano ha tutta l'aria (se Dean ricorda bene dalle noiosissime lezioni del quarto anno) di essere chimica molecolare.

«Senti, so di non piacerti, ma puoi...»

Cosa? «Non è vero»

Kevin stacca gli occhi al libro. Si volta. Dean sta giocherellando con dei pezzetti di carta, i piedi sulla scrivania. Sbatte le palpebre, un sorriso confuso sul volto. Sa di poter essere diffidente, a volte, e che con gli estranei non si sa comportare – è sempre stato troppo impulsivo – ma, no, non è così. Kevin gli piace. «Sei uno in gamba, Kevin» scrolla le spalle. Kevin non gli crede affatto.

«Oh, certo»

«Davvero»

Kevin si prende un attimo di pausa. Guarda Dean fitto, con sospetto, come se gli stesse nascondendo qualcosa, come se lo stesse prendendo in giro. A un certo punto, deve decidere che non è così – non del tutto – quindi parla, con una certa prudenza «Sai perché sono qui, Dean?»

«Per i crediti»

Kevin fa un cenno di assenso, tornando a posare gli occhi sul libro «Anche» e «Ma non solo. Sono qui perché sono stufo di avere paura, okay? Voglio dimostrare qualcosa»

Dean annuisce. Lo capisce. Per quella sera, smette di lanciargli palline di carta.

Il giorno successivo ha di nuovo turno di notte. Quando finalmente si libera, è Castiel a non rispondere. Per un attimo si chiede se ce la possa avere con lui e si vergogna ad ammettere che questo gli fa sudare le mani; poi si ricorda che Castiel è più intelligente di lui, che non ha fatto niente per farlo arrabbiare e che, ma guarda, Castiel ha un lavoro. Uno di quelli seri, per di più, il camice bianco non gliel'hanno dato solo perché lo porta dannatamente bene. No. Non può entrare in quei pensieri proprio adesso. Prende un piccolo respiro, cucina qualcosa per cena e si addormenta di fronte alla televisione (patetico) guardando i nuovi episodi registrati di Doctor Sexy.

Succede durante la notte. Un rumore terribilmente fastidioso gli disturba il sonno. Impiega un'irragionevole quantità di tempo a capire che si tratta della suoneria del telefono, e ancora di più per raggiungerlo e rispondere. Grugnisce. Si schiarisce la gola. Sono le cinque e venti di mattina.

«Dean?»

La voce è quella di Meg. Come cazzo fa Meg ad avere il suo numero? Dio, è uno scherzo? Si massaggia le palpebre «Meg?»

Silenzio. Allontana un attimo il telefono per leggere il numero sullo schermo. Aggrotta la fronte. A meno che non sia ancora addormentato, quello è il numero di Cas.

«Meg?» ripete. Davvero. Non è proprio proprio dell'umore giusto per dare retta alle sue stronzate, soprattutto dal cellulare di Cas, alle cinque del mattino, con quello strano groppo che gli si sta formando in gola.

«È... si tratta di Castiel. Non sapevo chi chiamare»

Cristo.

«Credi di poter venire?»

   
 
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