Fanfic su artisti musicali > 5 Seconds of Summer
Segui la storia  |       
Autore: Ranyadel    29/06/2014    6 recensioni
Quando incrociò il mio sguardo, sembrò incassare leggermente la testa nelle spalle e sollevò un angolo della bocca in un minuscolo sorriso. Quanto poteva essere… cucciolo?!
Ecco, era un cucciolo. Avevo deciso.
***
“Oh, Coralie ha una capacità particolare. Sa leggere gli occhi come nessuno” disse Carol.
***
“So… so capire come sono fatte le persone solo guardandole negli occhi e osservando come si muovono” dissi a bassa voce. “Ti psicanalizza con uno sguardo” Fece Manuela ridacchiando. Luke mi guardò sorpreso. “Sarei curioso di provare.”
***
"Di solito le persone hanno paura."
"Di cosa?"
"Di sé stesse."
***
"Vieni con me."
"Eh?"
"Coco, vieni con me. Venite con me, tutte quante."
"Ma io non..."
"Ti ho promesso che ti sarei stato vicino, e ormai dovresti aver capito che mantengo sempre le mie promesse."
***
"È che ho troppi fantasmi alle mie spalle e mostri nella mia testa per poter essere davvero felice."
"Oh, ma li vedo."
***
Una ragazza particolare, che sa leggere gli occhi.
Coralie.
Un ragazzo speciale, con occhi che la catturano e la intrigano, così semplici da leggere e allo stesso tempo così complessi da capire.
Luke.
Un amore nato da sguardi e gesti.
***
trailer: https://www.youtube.com/watch?v=nPR1CdGLUV8
Genere: Fluff, Romantico, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Luke Hemmings, Nuovo personaggio, Sorpresa, Un po' tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
 <<    >>
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
Create your own banner at mybannermaker.com!

End up here

Il giorno dopo, mi svegliai tardi. La sera prima avevamo continuato a fare i cretini fino a tardi, con corse improvvisate e giochi intramontabili come nascondino. Avevamo riso fino a star male, durante l'ora passata a nasconderci.

 

Toccava a Michael a contare. Luke ed io avevamo deciso di nasconderci in posti vicini ma diversi: io dietro ad un albero, lui nella casetta dello scivolo. Quando lo vidi salire, tentai di avvertirlo, ma arrivai tardi: aveva già battuto la testa sul soffitto a misura di bambino. Mi dovetti trattenere dal ridere, mentre lui urlava senza voce e si mordeva una mano per non farsi scappare nessun grido vero. A parere mio, stava lanciando tante imprecazioni che uno scaricatore di porto sarebbe arrossito, a confronto con lui.

Era buio, la "tana" era l'unico lampione funzionante, dove Michael stava contando fino a cento, piuttosto velocemente. Quando urlò: "Arrivo!", mi feci piccola piccola contro il tronco. Luke sbirciava dalle fessure fra una lastra di legno e l'altra e mi avvertiva quando Michael si avvicinava. Vedevo chiaramente Madison, che aveva scelto il nascondiglio migliore, così ovvio da essere imprevedibile: si era legata i capelli in una crocchia insolita per lei e si era messa un coprispalle. Era seduta su una panchina, dando le spalle a Michael, che non si era accorto di niente, scambiandola per qualcun altro. Mi sporsi dal mio nascondiglio, giusto per vedere Michael che andava nella direzione opposta alla nostra. Era ancora troppo vicino al lampione per uscire allo scoperto, ma Luke non sembrava di questo parere: mentre Michael non guardava, scese lungo lo scivolo, rimanendo incastrato a metà. Lo sentii sussurrare frenetico: "Mi prendi in giro?!" prima di alzarsi in fretta e correre verso il lampione, l'erba umida che attutiva i suoi passi. Pensava di avere campo libero, ma non fu così: Michael iniziò a girarsi, scrutando il parco in ogni anfratto. Luke si buttò, stile tonno spiaggiato, sull'erba, rimanendo immobile. Stavo per scoppiare a ridere e vedevo anche Madison fare lo stesso, mentre Luke avanzava come un militare in trincea mentre Michael non guardava. Improvvisamente, vidi Ashton uscire dal suo nascondiglio e correre verso la tana. Sgranai gli occhi, allarmata: non si era accorto di Luke. Cercai di attirare la sua attenzione, ma non ci riuscii e lui calpestò la mano del mio ragazzo, che urlò. Ashton si prese un infarto come minimo e gridò a sua volta, mentre saltava per aria e cadeva a terra. Michael si voltò verso di loro, che si appiattirono a terra, agevolati dall'essere vestiti di nero. Stava per avvicinarsi a loro, quando con un urlo di guerra Manuela sbucò fuori dal suo nascondiglio e corse verso il lampione. Michael tentò di precederla, mentre Luke mimava insulti ad Ashton, che cercava di non ridere. Vedevo la sua schiena attraversata da singulti e capii che stava ridendo in silenzio. Improvvisamente, Calum sbucò dal suo nascondiglio, approfittando di un Michael distratto. E, come Ashton, si diresse verso Luke. Vidi quest'ultimo sgranare gli occhi, come Ashton, e terrorizzato cercare di attirare la sua attenzione. Invano: Calum inciampò sulle sue gambe, cadendo su Ashton. Urlarono tutti e tre, Calum per lo spavento, Luke e Ashton per il dolore. Non mi trattenni più e scoppiai a ridere, imitata da Madison e Carol, nascosta dietro un albero poco lontano da me. Michael e Manuela - che intanto era riuscita a salvarsi - si voltarono verso di loro, osservando la massa informe a terra. "Ma che...?!" fece Manuela, illuminando col cellulare la scena. Calum era steso di traverso, con le gambe addosso a Luke e il petto su Ashton. I due sotto gemevano doloranti. Si guardarono un attimo e scoppiarono a ridere, imitati da Michael e Manuela.

"Chiedo il time out! Mi arrendo! Bandiera bianca!" esclamò Luke, sofferente. Io mi avvicinai a lui, ancora scossa dalle risate. "Stai bene?" chiesi. Lui mi guardò inarcando un sopracciglio. "Ho preso una testata degna di Willy il Coyote. Mi sono buttato di pancia a terra. Ho perso l'uso della mano. Calum è inciampato sulle mie gambe. Direi che va tutto bene" fece. Io risi di nuovo. "Era una scena epica, però" dissi. Lui sembrò pensarci su. "Sì, direi di sì" rispose ridacchiando.


Ripensai alla scena della sera prima e mi misi a ridere da sola. Non era stata l'unica, ma di sicuro una delle migliori. Avevamo avuto anche la prova che la punizione divina esisteva.


Stavamo camminando in una piazza piccola, circondata da palazzi, dietro al parco. La zona centrale era composta da robuste grate anziché mattonelle color cipria come tutto il resto della piazza, ed era circondata da un basso muretto, interrotto in quattro punti da due pali, uniti da una catena. Noi ragazze scavalcammo il muretto, avendo i tacchi e non volendo rovesciare il gelato che avevamo preso. Io avevo in mano una granita, come Luke: il mio odio per il gelato sciolto lo aveva contagiato. Mescolai ancora la granita due gusti: limone e coca-cola. Il sapore era identico ad una Pepsi. Anche Luke l'aveva presa come me. Carol, invece, arancia e limone.

Calum esibiva un enorme cono gelato, al cioccolato, stracciatella e nutella, con panna montata sopra. Una bomba di calorie, in poche parole. Di quelle che ad ogni morso portano dieci chili.
"Io ti odio!" fece Madison, osservando il gelato. "Perché?" chiese Calum, perplesso. "Perché mangi sempre, ma non ingrassi!! Non è assolutamente giusto!!" rispose lei disperata, facendoci ridere.
Noi ragazze avevamo scelto la via facile e sicura per il centro della piazza. I ragazzi, come tutto il genere maschile, sentirono però il bisogno di fare gli splendidi. Si misero quindi a saltare la catena bassa che separava la zona delle grate dal resto. Ashton e Michael non ebbero problemi. Quando toccò a Luke, però, Calum diede un calcio alla catena, facendola alzare di una decina di centimetri. "Calum!" urlammo tutti, allarmati. Luke avrebbe potuto farsi male, ma fortunatamente non successe niente. Luke si voltò torno verso Calum. "Ringrazia che ho la granita in mano o ti avrei già ucciso." fece truce. Calum ridacchiò prima di leccare il gelato... Trovò il vuoto. Si voltò verso il cono, dove dovevano esserci diecimila calorie concentrate, trovando solo la cialda. Sgranò gli occhi quando realizzò che il gelato era a terra, irrimediabilmente spiaccicato. Urlò di orrore, cadendo in ginocchio di fianco al cadavere, mentre tutti noi scoppiavamo a ridere. "È la punizione divina!" fece Madison.



A quei ricordi, scoppiai a ridere. Sentii un mugolio infastidito e notai che Luke era accanto a me, ancora addormentato. Era tutto accucciato, senza coperta. Mi mordicchiai il labbro quando realizzai di essermi avvolta a bozzolo in essa, rubandogli la sua parte. Mi "debozzolai", come diceva Carol, e lo coprii. Subito lo vidi distendersi di un paio di centimetri. La coperta, grazie a me, era calda, e doveva essere un bel sollievo dopo essere rimasti al freddo tutta la notte. "Scusa" sussurrai, sapendo che non avrei ricevuto risposta. Mi sorpresi, quindi, quando Luke borbottò: "Tranquilla."
"Da quando sei sveglio?" chiesi sorpresa. "Da quando hai riso" fece lui, ancora con la voce impastata dal sonno. "Ops" feci io. Lui liquidò la questione con un gesto della mano. "Che ore sono?" chiese. "Le tre" feci io. "Di notte?!" esclamò sorpreso. "No, di pomeriggio" risposi perplessa. Lui scattò a sedere. "Non so quale delle due sia peggio" fece, basito. Avevamo dormito tanto? Seriamente?

Ci alzammo e ci dirigemmo in cucina, dove c’erano solo Michael e Ashton. Probabilmente, le ragazze erano in giro. In quanto a Calum, c’erano due possibilità: o stava dormendo, o stava celebrando il funerale del suo gelato.

“Oh, buongiorno, ragazzi. Ancora un po’ e ci perdevamo l’ultimo round di stasera” fece Michael, alzando appena lo sguardo dal foglio. Ashton era di fianco a lui. “Che fate?” chiesi. “Cerchiamo l’ultimo verso per questa canzone” rispose quest’ultimo, scocciato. “Ancora con End up here?” fece Luke. Loro annuirono e io li guardai interrogativa. “Ti spiego: è una canzone che scrivono da non so quanto tempo. Sappiamo la musica a memoria e le parole che ci sono, ma manca quella parte piccola che la rende speciale. E loro si stanno fondendo il cervello da troppo, per i miei gusti” fece Luke, mettendo su l’acqua per prepararsi una camomilla. “Vuoi?” chiese. Io annuii, avvicinandomi al testo. Lo lessi in fretta, mentre chiedevo loro di darmi un’idea di come fosse la melodia. Ashton chiamò Calum – che si rivelò essere in sala – e gli spiegò tutto, mentre Luke cercava sul cellulare quella che doveva essere la base musicale. Mi ritrovai a tenere il tempo con un dito, mi piaceva. Un po’ come tutte le loro canzoni, ovviamente, ma questa aveva qualcosa di particolare. Iniziarono a cantare, a bassa voce per non dar fastidio ai vicini. Il ritornello mi piaceva tantissimo.

How did we end up talking in the first place?

You said you like my Cobain shirt

Now we’re walking, back to your place

You’re tellin’ how you tought about that song

About living like a prayer

I’m pretty sure that we’re half way there

But when I wake up next to you

I wonder how

How did we end up here?

Continuarono a cantare, poi si interruppero per qualche secondo, prima di ricominciare. Capii che era la parte che mancava. Mi grattai la testa perplessa, mentre la canzone finiva. “Prima di tutto, siete grandi. È stupenda!” dissi ammirata. Loro sorrisero. “Se non fosse che manca quel cavolo di pezzetto!” fece poi Michael, disperato. Io mi alzai per prendere due tazze. “C’è spazio per quattro versi, vero?” chiesi. Loro annuirono. “Ci penserò, ma non garantisco nulla” feci ridacchiando. “Se ci riesci, non rispondo delle mie azioni. È troppo tempo che stiamo dietro a questa canzone!” rispose Ashton. Io versai la camomilla – era troppo tardi per mangiare bene, avremmo sbocconcellato in giro qualcosa – nelle tazze, canticchiando i versi. “Accidenti a voi, me l’avete messa in testa” feci scocciata. Loro si misero a ridere. “Se ti venisse in mente qualche idea geniale, ricorda che la parte è di Calum” mi disse Michael. Io annuii, pensierosa. “Adesso è una sfida, però!” feci poi, cercando i versi giusti. “Non ridurti come questi due disperati. Uno dei quali, non facciamo nomi, mi ha distrutto la mano ieri. Vero?” fece Luke, guardando torvo Ashton, che scoppiò a ridere. “Ti prego, la scena è stata da film!” esclamò lui, mentre anche io e Michael ci mettevamo a ridere. “Chiedilo alla mia mano!” rispose Luke. “Stai bene? Vero che non ti ho fatto male?” chiese Ashton, rivolto alla mano di Luke. Lui la fece muovere, mentre con una vocina acuta diceva: “No, mi hai solo schiacciato col tuo dolce peso.” Ashton alzò gli occhi al cielo. “Mi stai dicendo che sono grasso? Sono offeso!” fece con voce rotta da lacrime tanto fasulle quanto la sua faccia. “Io non ho detto niente, l’ha pensato la mano” rispose Luke. “Certamente, e tu sei un bravo ventriloquo” Ribatté Michael, inarcando un sopracciglio. “Ah, ah, ah, aspetta che rido!” fece Luke ironico. “Ragazzi, mi sento un’esclusa” dissi. Luke mi abbracciò, facendomi appoggiare a lui. Io mi accoccolai contro il suo petto, crogiolandomi nel calore che emanava e mugolando felice. “Ragazzi, devo andare all’ospedale” fece Ashton, alzandosi. “Perché?!” chiedemmo in coro noi tre. “Perché mi devono fare il controllo per il diabete. Sapete, tanta dolcezza mi fa male” rispose lui. “Ma vattene a quel paese, mi stavo spaventando!” esclamai. Lui mi fece una linguaccia.

 

Il pomeriggio, io e Luke uscimmo da soli. Il giorno prima eravamo passati davanti ad un negozio che non frequentavamo da tempo, ma che era rimasto nei nostri cuori, dalla prima volta. Mi ricordavo con le lacrime agli occhi quei momenti paradisiaci.

Esatto, il negozio di caramelle.

Anche quella volta, facemmo scorta. Io trovai le fragoline e ne presi un sacco: le adoravo. Luke saccheggiò il barattolo delle angurie e delle strisce alla coca-cola, io quello delle stelle alla frutta e delle strisce multicolore. Altro che adulti seri e responsabili. I bambini presenti ci guardavano sconvolti.

Ci nascondemmo di nuovo al parco, stavolta su un albero. Fu problematico salire con i miei stivali, ma Luke ci mise davvero un sacco di tempo. “Quanto ci vuole?!” feci ridendo. “Amore mio, io non sono una scimmia!” fece lui, appeso ciondolante al ramo più basso. Io mi sporsi verso di lui. “Dillo ancora” gli chiesi. “Cosa?”

“Come mi hai chiamato.”

“Amore mio, perché?”

“Perché mi piace” dissi con fare tenero, tornando sui rami più alti dell’albero. Luke tentò ancora un paio di minuti, prima di rinunciare. “Andiamo ad un albero con i rami più bassi?” chiese. Io annuii, scendendo e porgendogli la borsa. Il salto più alto mi preoccupava, mi facevo sempre male alle caviglie. Luke notò la mia indecisione e mise giù la borsa. “Ti prendo io” fece risoluto. Io lo guardai come se fosse pazzo. “Ti ucciderei, è meglio di no!” risposi. “Non voglio che ti faccia male!” mi disse lui. “Ma ne farei a te!”

“Tranquilla!”

“Luke!”

“Coco, ti fidi di me se ti dico che riesco a prenderti?” mi chiese con una faccia da cucciolo. Come potevo resistere?! Accidenti a quel suo potere. Mi avrebbe rovinato.

Mi calai più che potevo, piegando le braccia. Il salto era di un paio di metri, ma con i tacchi, anche se bassi, era un suicidio. Quando non riuscii più a scendere, sentii le sue braccia sotto le ginocchia e sulla schiena, quasi a dire: “Ci sono, non ti lascerò andare, sono qui.” Questo mi diede il coraggio di lasciare la presa sui due rami. Lui mi prese stile principessa, barcollando un paio di secondi, prima di riprendere l’equilibrio. “Visto? Non era tanto difficile” disse. Io sospirai di sollievo. “Grazie” feci. Lui sorrise, prima di avvicinarmi al suo viso e baciarmi dolcemente. “Conosco un albero di ciliegie qui vicino. Ha i rami bassi e ci si sale facilmente. Ti alletta l’idea?” mi chiese poi. I miei occhi si illuminarono. “Le ciliegie sono mature?” chiesi. “Non credo. È presto, ma l’albero è sempre stato prematuro, quindi tanto vale andare a vedere” disse, mettendomi giù lentamente. Io presi la mia borsa e lo seguii. “È lontano?” chiesi. Lui esitò qualche istante, prima di rispondere con un: “Naah” per niente convincente. Come mai pensavo di non potermi fidare di quella risposta?

Mezz’ora dopo, mi diedi ragione da sola. “Luke, non era vicino?” chiesi con i piedi doloranti. “Perché ti sei messa i tacchi se sapevi che ti saresti arrampicata sugli alberi?” fece invece lui. “Te l’ho detto mille volte che posso usare solo scarpe rialzate” risposi. Avendo le caviglie deboli, col tempo avevo iniziato a camminare male, e di questo ne risentivano caviglie, ginocchia, anche e schiena. Per sostenere l’arcata, avrei dovuto scegliere fra plantari o scarpe col tacco, anche piuttosto basso: con questo, se avessi camminato male, sarei caduta. Era una costrizione a camminare bene. Sentivo la mancanza di una paio di scarpe da tennis da quando avevo quattordici anni, ma le potevo usare davvero per poco tempo prima di sentire male di nuovo.

“Siamo arrivati, è qua dietro” mi disse poi, circondandomi la vita con un braccio. Io sospirai, appoggiandomi a lui. Finalmente, vidi l’albero in questione e i miei occhi si illuminarono: i rami erano piegati dal peso dei piccoli frutti così scuri da sembrare neri. Improvvisamente, le mie gambe ripresero vita. Corsi verso i rami più bassi e colsi un paio di frutti. Ne porsi uno a Luke, che lo scrutò in cerca di difetti, come feci io. Sapevo bene che quegli alberi erano la preda preferita di bruchi e merli. Non trovandone, la morsicai. “Aspetta, non…” tentò di bloccarmi lui. Non fece in tempo: dal morso, schizzò fuori il succo, rosso intenso. Somigliava in maniera inquietante al sangue. Io mi scansai subito, per evitare alla mia maglia rosa confetto una fine orribile: una macchia di ciliegia non sarebbe andata via nemmeno a pregare. Il gesto brusco mi fece cadere il berretto grigio nell’erba umida. Probabilmente, di notte aveva piovuto. “Mi sono dimenticato di dirtelo. Devi mangiarle tutte in una volta, o puoi dire addio ai vestiti” fece. Io mi pulii il rivolo di succo che mi scendeva lungo il mento. “Lo terrò a mente!” risposi ridacchiando e cercando eventuali macchie. Fortunatamente, avevo avuto buoni riflessi. Raccolsi il berretto e me lo sistemai in testa.

“Le ciliegie più buone sono sempre in alto” feci poi, cercando un modo per superare tutti i rami che mi impedivano di raggiungere il tronco. Trovai un varco, dove mi infilai, seguita da Luke. Appoggiai la borsa a terra e mi arrampicai senza difficoltà, issandomi per raggiungere il primo ramo. Anni di pallavolo mi avevano lasciato una certa forza nelle braccia, che non esitavo a sfruttare. In poco, raggiunsi i rami più alti, lasciando a Luke lo spazio per salire dopo di me. Alzai lo sguardo e rimasi incantata: centinaia di frutti scurissimi pendevano fuori dalla mia portata. “Coco, ce la fai ad avvicinarmi quel ramo?” chiese lui, indicandomi una fronda poco lontana da lui che partiva dal ramo su cui ero appollaiata. Io la piegai verso di lui, che raccolse le ciliegie in poco e le mise nel sacchetto di plastica che avevamo preso in più dal negozio di caramelle. Io mi allungai, raggiungendo tante altre ciliegie. Il sacchetto si riempiva sempre di più, nonostante ne stessimo scartando un sacco e mangiando altre. Improvvisamente, misi un piede su un ramo più sottile, per raggiungerne un altro, carico di frutti. “Coco, fai attenzione, è troppo debole!” mi avvertì Luke. Io scesi, curvando il ramo a cui ero aggrappata. Quando notai che tanti frutti erano difettati, lo lasciai andare. Questo fece cadere molte ciliegie, soprattutto sulla mia testa. Una, non si sa come, si infilò nella mia scollatura. Sbuffai scocciata e tirai il colletto della maglia per toglierla. Urlai di orrore: non era una ciliegia, bensì un ragno enorme. “Coco?!” fece Luke sotto di me, mentre io cercavo di far uscire quel mostro orribile dalla maglietta. Quando ci riuscii, il ragno cadde sul piede di Luke, che se lo scrollò via in fretta. Avevo il fiatone. “Scendiamo” feci solo, ancora terrorizzata. Lui scese subito, lasciandomi lo spazio per fare lo stesso. Mi allontanai in fretta, mentre Luke cercava di tenere il passo. “Che schifo!” esclamai quando arrivammo ad una panchina. Era stato orribile. Mi tolsi il cappello, alla ricerca di qualche essere tremendo. Non ce n’erano, per fortuna.

“Tutto ok?” mi chiese Luke. Io scossi la testa. Avevo ancora il cuore a mille. Lui mi abbracciò, tirandomi sulle sue gambe. “Tranquilla, è tutto a posto” fece. Io, nel suo abbraccio, mi calmai poco a poco.

Un tuono ci interruppe. “Fino ad un attimo fa c’era il sole!” esclamai sorpresa, osservando il nuvolone nero che ci sovrastava. Per un attimo, si illuminò di bianco, facendo esplodere nel cielo un rumore terribile. Sembrava che ci fosse scoppiato di fianco alle orecchie. Io e Luke saltammo, spaventati, in piedi. “Andiamo a casa, fra un po’ piove” disse lui. Io annuii e iniziammo a correre. Diciamo che quello che correva era lui: io mi lasciavo trascinare, troppo lenta per competere con lui. “Luke, così muoio!” dissi dopo un paio di minuti, già sfinita. Lui si fermò, mordicchiandosi un labbro. “Idea” disse poi. Prese il cellulare e scelse una canzone, che riconobbi alle prime note: Back for you. “Corri piano, a tempo” mi suggerì, iniziando a dare il ritmo della corsa. Effettivamente, funzionava: la fatica si sentiva di meno, con la musica a fare da sottofondo.

Corremmo per un paio di isolati, prima di essere coinvolti in quello che sembrava il titolo di un film: Il diluvio universale 2. In dieci secondi, aveva iniziato a piovere come se non ci fosse un domani. Ci nascondemmo sotto un porticato, col fiatone. “Chiamiamo qualcuno per venirci a prendere?” chiesi. Lui annuì e composi il numero di Ashton. “Pronto?” fece lui. Dall’altra parte sentii una risata, probabilmente era con gli altri a divertirsi, in casa. “Ciao Ash, puoi venire a prenderci? Siamo ai portici” feci. “Perché? I piedi ce li avete, no?” chiese lui confuso. “Sì, ma diluvia” risposi. Lui fece un verso sorpreso e sentii dei passi. Probabilmente si era avvicinato alla finestra. “Oh, porca…”

“Ash!”

“Scusa. Arrivo subito, datemi cinque minuti” disse lui, prima di mettere giù ridacchiando. Io scossi la testa. Ashton era probabilmente il mio migliore amico nel gruppo. Mi trovavo bene con lui, quasi fosse un fratello. Inoltre, Luke non era geloso. Per niente. Ringraziavo tutti i giorni ogni divinità esistente per questa cosa: sarebbe stato scocciante se Luke fosse stato uno di quelli “Sei solo mia, nessuno può parlarti, non puoi avere contatti umani all’infuori di me”. Anche per questo era fantastico. La gente diceva sempre: “Ne trovi uno su mille, così.” Io avevo Luke. Manuela aveva Michael. Madison aveva Calum. Carol aveva Ashton.

Nei miei pensieri di prima mattina, quelli che non hanno un senso logico nemmeno se lo cerchi, mi ero detta che se avevamo trovato quell’uno su mille in quattro, nel mondo c’erano almeno 3996 ragazze con un ragazzo inadeguato. Poi mi ero svegliata e mi ero data della stupida da sola per quei pensieri incoerenti.

Nel giro di cinque minuti, Ashton parcheggiò vicino ai portici. Salimmo in macchina, fradici per le gocce gelide di pioggia, e Ashton ci guardò con fare assassino. “Ho lavato ieri la macchina. Io vi uccido.” Noi ridacchiammo. “Non lamentarti. Pensa se fossimo entrati in macchina come quei due” fece Luke, indicando una coppia di ragazzi, sotto un ombrello striminzito che non serviva a niente. La ragazza sembrava molto più piccola di lui, ma stavano bene insieme. “Dai, sono fortunati ad avere quel coso rotto che un tempo doveva somigliare ad un ombrello” commentò Ashton, mettendo in moto. Io rimasi in silenzio, sdraiata con la testa appoggiata alle gambe di Luke. Nella mia testa rimbombavano tanti pensieri su quella coppia così diversa. Improvvisamente, balzai in piedi. “Mi serve Calum!” urlai. Loro mi guardarono come se fossi pazza. “Non guardatemi così! Ho i versi di End up here!” urlai. Loro sgranarono gli occhi e Ashton accelerò. “Devo scriverli o li dimentico!” esclamai, prendendo il cellulare.

Arrivammo a casa e ci fiondammo dentro. “Calum! Michael!” urlò Ashton. I due si affacciarono subito dalla sala, perplessi. Io spiegai tutto e loro spalancarono la bocca. Michael mi porse il foglio dove era scritto il testo e io copiai i quattro versi, accennando a Calum la melodia. Lui canticchiò qualche secondo per ricordarla. “Ok, ci sono” disse. Luke fece partire la base musicale, ma Carol ci interruppe: “Ragazzi, andate in garage. È insonorizzato, potete urlare quanto volete.” Noi schizzammo in garage, dove Luke alzò il volume al massimo. Cantarono a squarciagola e dovetti ammettere che così era ancora meglio. Poi, arrivò il momento della verità. Calum, reggendo il foglio, iniziò a cantare:

Call me lucky ‘cause in the end,

I’m a six and she’s a ten

She’s so fit I’m insecure

But she keeps coming back for more

Finirono di cantare e mi guardarono. “Se non sapessi che Luke e Carol mi ucciderebbero, ti darei un bacio” fece Ashton, con un sorriso enorme. “E fai bene a pensarlo!” disse Luke, anche lui entusiasta. “Ma chi se ne frega! Un bacio te lo meriti!” fece Calum, schioccandomene uno sulla guancia e facendoci ridere. “Sei un genio!” fece Michael esultante. “Va bene, allora?” chiesi. “No, non va bene. È semplicemente fantastica!” rispose una voce alle mie spalle. Madison, Manuela e Carol erano esaltate, sulla soglia del garage. Manuela mi corse incontro e mi abbracciò, sollevandomi. “Io ti adoro! E adoro questa canzone!” urlò. Io mi misi a ridere. “Anche io ti voglio tanto bene, splendore!” feci, ricambiando l’abbraccio.

 

Tre ore dopo, eravamo seduti ai tavoli del bar, per la terza sera di fila. Ormai erano gli ultimi due turni, i manager si erano già fatti un’idea, ma si sarebbe eletto il vincitore dopo il quinto round. Erano rimasti in gioco quattro band, i Let me love you, i ragazzi, una band che non conoscevo e i Frappé alla fragola. Non sapevo cosa avessero fatto, ma molte band eliminate odiavano questo gruppo. Come se fosse successo qualcosa che aveva fatto eliminare gli avversari. “Cosa cantate, in questo round?” chiesi. “She looks so perfect. Teniamo Good girls per ultima, adesso ci scontriamo con i Let me love you e quindi abbiamo messo il nostro cavallo di battaglia adesso” mi disse Luke. Io annuii, avevano perfettamente ragione. In più, i Frappé alla fragola e l’altra band non erano così pericolosi.

Cantarono prima i Frappé alla fragola, il cui nome mi sembrava più ridicolo ogni secondo, contro la band sconosciuta, poi Let me love you contro i 5 seconds of summer. Dopo un lungo dibattito, per pochi voti, vinsero i 5 seconds of summer. “Mi dispiace per Vale.” Dissi, con una smorfia. “Anche a me, ma abbiamo vinto!” fece Ashton, entusiasta. Lo capivo: parlando senza presunzione, gli avversari – i Frappé, che chissà come erano passati – non erano al loro livello. La vittoria era praticamente in tasca.

Vidi la band sconosciuta sedersi in un angolo, insieme a tutte le altre scartate. Notai che anche loro lanciavano occhiate d’odio ai Frappé alla fragola. Mi chiesi di nuovo cosa fosse successo: fra nessun’altra band c’era questo rancore.

Lo capii dieci minuti dopo, quando il cantante dei Frappé annunciò il titolo della loro canzone. “Non ci credo!” fece Manuela, a bocca aperta. Eppure, stava succedendo davvero: la band stava intonando le note di Good girls.

“È la nostra canzone!” urlò Calum, sconvolto. Noi eravamo basiti, troppo sorpresi per essere arrabbiati. Ora capivo cosa era successo. Probabilmente, i Frappé avevano sempre rubato i testi. Ecco perché tanto odio. Mi avvicinai ad un ragazzo di una band eliminata e gli chiesi conferma. “Sì, quelle facce di bronzo hanno rubato la nostra canzone e ci hanno eliminato perché non avevamo provato abbastanza le altre e quindi non eravamo pronti” disse lui. Feci il giro delle band, ottenendo la stessa risposta. Così, tornai dai ragazzi. “Cosa facciamo adesso?!” chiese Michael. “Non possiamo cantare le altre canzoni. Non mi ricordo più i testi!” fece Luke, sconvolto. “E io le note!” ribatté Calum. Erano tutti nel panico. Improvvisamente, mi venne un’idea. “Invece avete una canzone di cui sapete tutto a memoria!” feci. Loro mi guardarono interrogativi. “End up here. L’avete cantata oggi e mi avete detto di sapere le note. È l’unica cosa da fare.” Le ragazze furono d’accordo con me. “Siamo sicuri?” chiese Luke. I quattro si guardarono, prima di scambiarsi un gesto d’intesa. “Mi fate un favore?” chiese un ragazzo, lo stesso a cui avevo posto per primo la domanda. I quattro annuirono, perplessi. “Buttate giù dal palco quei ladri a calci. Non meritano la vittoria tanto quanto voi, anzi non la meritano proprio” disse risoluto. Noi sorridemmo. Ci voltammo e vedemmo di avere il sostegno di tutte le band eliminate. Sì, potevamo farcela.

Toccava ai ragazzi. Erano tesi, in fin dei conti era la prima volta che provavano End up here. Annunciarono il titolo e le band eliminate li incoraggiarono con fischi e applausi, mentre i Frappé alla fragola ridacchiavano. Probabilmente sapevano di avere la vittoria in pugno. Il trucco aveva funzionato per quattro round, non sarebbe stato certo il quinto ad andare male. Li guardai con odio. Poveri illusi. Avevano già perso quando avevano ingannato al primo round. Luke mi si avvicinò. “Dopo la parte di Calum, abbiamo bisogno che battiate le mani” mi disse. Io annuii, sorridendo. “Avete l’appoggio di tutti!” feci, indicando la sala. Lui ricambiò il sorriso e mi diede un bacio sulla fronte, mentre Ashton dava il tempo. Salì in fretta sul palco, mentre io tornavo a sedere.

Iniziarono a cantare e vidi lo sconcerto negli occhi dei componenti del gruppo avversario. “Fate bene ad avere paura, brutti…” iniziò Madison. Carol la zittì prima che potesse iniziare a sviolinare insulti e tornammo ad ascoltare. Arrivò la parte di Calum e io mi preparai, iniziando a battere le mani a tempo. Subito la sala mi seguì, con grande sconcerto dei Frappé. Stava andando tutto alla grande: le dita dei ragazzi volavano sulle corde, le voci trasmettevano un’energia pazzesca, Ashton si esibiva in strane acrobazie con le bacchette, gli altri saltavano da una parte all’altra del palco.

Quando finirono, la sala esplose in ovazioni entusiaste. Io per prima saltai in piedi, urlando. Luke mi porse una mano, come ad invitarmi a salire. Io esitai prima di afferrarla, mentre gli altri facevano salire le  ragazze. “Per questa canzone, dobbiamo ringraziare loro. Queste fantastiche ragazze che ci sostengono sempre!” fece Michael, tenendo Manuela per mano. Tutti applaudirono, mentre noi ci prendevamo tutti per mano e alzavamo le braccia al cielo.

Ecco di nuovo quella sensazione di potenza che avevamo provato sul grattacielo. Solo che questa volta eravamo grandi davvero.

“Non credo ci sia dubbio su quale sia la band vincitrice. I 5 seconds of summer vincono la competizione con un punteggio di sette voti contro zero!” esclamò il presentatore. Luke prese il microfono. “Posso dire una cosa?” chiese. Il presentatore annuì. “Perfetto. Good girls è una nostra canzone. Così come le altre quattro che hanno cantato i Frappé alla fragola sono delle band che hanno eliminato. Si sono presi il merito di cinque canzoni che altri hanno sudato per scrivere, ma vorrei ringraziarli per aver rubato la nostra, o non avremmo cantato End up here” disse. I componenti dell’altro gruppo lo guardarono con odio. “Avete poco da fare così gli smorfiosi, ve lo meritate alla grande!” urlò Francesco, dalla platea. Gli altri lo seguirono, mentre i Frappé si dileguavano, scappando con la coda fra le gambe. Noi ci guardammo e scoppiammo a ridere, mentre il presentatore consegnava ai ragazzi la coppa in palio.

La notte, brindammo alla vittoria, con bicchieri di coca-cola, un banchetto di ciliegie raccolte il giorno stesso e caramelle, cantando i versi di End up here fino a sentire male alla gola.

La notte, mi addormentai col sapore delle labbra di Luke ancora sulle mie.

La notte, dormii circondata dalle sue braccia.

Quella notte, posso dirlo senza ombra di dubbio, fu magica.

*Angolo autrice*

End up here (la amo)

Come era vestita Coralie il pomeriggio

grazie di tutto, ciaooo :))) 

Ranyadel

  
Leggi le 6 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<    >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Fanfic su artisti musicali > 5 Seconds of Summer / Vai alla pagina dell'autore: Ranyadel