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Autore: cristallodilunapiena    30/06/2014    3 recensioni
La perfezione può versare lacrime imperfette?
Genere: Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: Nonsense | Avvertimenti: nessuno
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Lacrime perfette

La perfezione può versare lacrime imperfette?


La madre le aveva appena finito di pettinare l'oro fuso che si ritrovava per capelli che la bambina era subito corsa in camera e si era sistemata davanti alla specchiera con un sguardo corrucciato. Aveva fissato per qualche secondo la propria immagine copiata, nella lastra di vetro riflettente poi, sempre con le sopraciglia insodisfatte, aveva afferrato un cerchietto rosa confetto con una margherita di stoffa che faceva capolino su un lato e se lo era meticolosamente sistemato sulla testa. Ora le sopraciglia si erano rilassate, ma gli angoli della bocca erano evidentemente rivolti verso il basso. Un piccolo sospiro sbuffato uscì dalle sue labbra. Prese con delicatezza una bellissima bambola di porcellana, appoggiata vicino allo specchio, stringendola amorevolmente al petto e conducendola insieme a lei verso il letto, per poi buttarsi seduta sulla coperta fuscia che ricopriva il morbido materasso.
Emily mise Rose in posizione eretta; i piedi, racchiusi in stupende ballerine in miniatura, sulle proprie ginocchia e le piccole mani rosee della bambina tenevano strette quelle ancora più piccole, pallide, fredde e perfettamente rifinite della sua bambola.
<< Perché non posso essere come te? >>.
Guardò intensamente gli occhi color del mare, della propria bambola; in quegli occhi vitrei e distaccati vide, distorta, l'immagine del suo viso: aveva un espressione leggermente sconsolata.
La sua faccia proprio non le piaceva!
Eppure chiunque l'aveva vista, l'aveva riempita di complimenti per il "bel visino che mamma le aveva fatto", ma Emily non riusciva proprio a vederla tutta questa bellezza. Mise a sedere con dolcezza la bambola accanto a lei sul letto, poi si alzò e si diresse nuovamente verso lo specchio. Un viso paffuto: due occhioni che avevano probabilmente rubato il colore ad un limpido cielo primaverile, nascosti dietro ad un paio di occhiali tondi; gli zigomi color pesca erano punteggiati da lentiggini e le piccole labbra erano di una tonalità di rosa molto chiaro. Infine il tutto era perfettamente incorniciato da una cascata di boccoli color miele, che le arrivano a coprire le spalle. Ecco lei non ci vedeva proprio nulla di bello in tutto questo!
Nulla di perfetto!
Si rigirò nuovamente verso la bambola: lei si che era perfetta. Il viso era un perfetto ovale; la pelle diafana e fredda; gli occhi vitrei e insofferenti di un bellissimo acqua-marina, leggermente argentati; gli zigomi alti, erano rosei, contrastanti con il colorito pallido; una leggera fossetta incavata sul mento, lo rendeva ancora più perfetto e infine le piccole labbra che sembravano un bocciolo di rosa in procinto di aprirsi, color ciliegia: perfette. Il volto di porcellana era in fine adornato da splendidi boccoli color rosso carminio, morbidi e lucenti.
Emily si avvicinò con passo lento e malinconico, sostò difronte a Rose e fece scorrere leggero, un dito su un voluminoso boccolo. La passione per le bambole di porcellana le era venuta quando aveva appena 3 anni: era entrata in un negozio di antiquariato e aveva spalancato gli occhi davanti ad uno scaffale pieno di bambole di porcellana.
Le erano parse bellissime, superbe, meravigliose, impeccabili, perfette. Erano circa una dozzina, riposte perfettamente in ordine sulle quattro file dello scaffale in legno. Erano lì, che guardavano tutto dall'alto, indifferenti e perfette. Davanti a ogni situazione, rimanevano impeccabili; a quel via vai di gente nel negozio impassibili: neanche un minimo capello fuori posto. Era come se i loro occhi vuoti guardassero oltre il mondo, troppo imperfetto per ricevere anche soltanto uno sguardo da quelle creature apparentemente trascendenti.
Emily le aveva squadrate tutte, una ad una, mentre la madre parlava con il negoziante per l'acquisto di un antico orologio a cucù; si era leggermente sporsa dal passeggino e aveva iniziato ad osservarle ancora con la bocca dischiusa. La bimba aveva subito notato una cosa: le bambole era tutte quante diverse, l'unica cosa in comune era l'invidiabile perfezione. Aveva di nuovo passato lo sguardo incantata, lasciando cadere l'ormai inutile e imperfetto orsetto di peluche dalle manine; una in particolare aveva attirato la sua attenzione: una bambola al centro, la pelle bianca, le gote arrossate, i setosi riccioli ramati e gli occhi di uno stupendo color lavanda.
Eppure dietro quegli splendidi occhi e quello sguardo effimero, fu quasi certa di scorgere malinconia e dolore, fino a che non le sembrò quasi che gli occhi della creatura in porcellana si inumidissero. Emily, se possibile, spalancò ancora di più gli occhi e si sporse maggiormente dal passeggino, allungando quanto più possibile la manina paffuta: voleva prenderla, abbracciarla, cullarla dolcemente e accarezzarle i capelli. Voleva toccare quel concentrato di perfezione. Ma prima che ciò accadesse, il passeggino si mosse e girò velocemente verso la porta. Sentì sua madre ringraziare cordialmente, salutare e portarla via da quelle splendide creature. Quando fu fuori ebbe solamente un attimo per intravedere scendere una lacrima dal viso di porcellana della sua bambola. La maschera di perfezione si accartocciò lasciando spazio a qualcosa di finto e volgare. Solo un attimo, in cui la lacrima percorse la guancia sinistra, per poi dissolversi nel nulla; solo un attimo in cui lei voltò l'angolo e che le fece sembrare quello che aveva visto un assurdo scherzo della propria mente, imperfetta.
Quando era tornata a casa aveva osservato le sue bambole. Le aveva guardate bene, poi aveva corrucciato le sopraciglia e rughe di rabbia si erano fatte spazio sulla sua fronte: loro non erano perfette!
Erano quattro, lisci capelli che si erano tutti spettinati, due chiazze azzurre dipinte al posto degli occhi, sorriso di plastica, vestiti sgualciti e fuori posto.
Quella plastica colorata non aveva nulla a che fare con quelle leggiadre creature!
Un moto di rabbia le aveva arrossato la faccia, si era impulsivamente mossa verso quegli stupidi giocattoli e con furia aveva strappato capelli, staccato teste, morsicato arti e squartato abiti; era poi scoppiata in un pianto frustrato e isterico.
La madre era subito accorsa sentendo le grida della bambina, rimanendo leggermente sconvolta per il genocidio delle bambole. Stava avvicinandosi, ma lo strillo della figlia la fermò: << Loro non sono perfette! >>. Poi il pianto disperato era continuato.
Alla fine il suo desiderio venne realizzato al compiersi dei suoi cinque anni. La madre le aveva comprato uno di quegli angeli in porcellana ed Emily non poteva che esserne entusiasta. Le aveva dato un nome, Rose, e aveva iniziato a prendersene cura quasi maniacalmente. Le pettinava i capelli, la portava a letto con se, le confidava i pensieri e segreti, raccontava storie, sogni, desideri e si sfogava dopo gli insulti degli altri compagni a scuola; la stringeva a se e con gli occhi gonfi dalle lacrime invocava supplice verso di lei, la pregava di donarle un po' di quella perfezione che le apparteneva. E ogni volta, in ogni situazione, Rose non si scomponeva, non un capello fuori posto, una piega sul vestito; impeccabile, con lo sguardo perso, ma sopratutto perfetta.
Così la bambina aveva cominciato a convincersi che la bambola fosse fuori dal tempo: nulla di quel mondo poteva toccarla.
Si era persa in quel pensiero, in quel pensiero e nell'osservare il soffice boccolo di Rose; fu risvegliata dal suo nome pronunciato da sua madre, da un tono di voce abbastanza rilevante.
Un altro sospiro, si mise lo zaino dalle tonalità pastello in spalle, si abbassò sopra la bambola e poggiò le labbra sulla porcellana fredda della guancia di Rose.
Ebbe solo un altro attimo per contemplare il proprio desiderio di possedere almeno la metà di quella perfezione, poi scattò di corsa fuori dalla camera, dalla madre che era pronta per portarla a scuola.
Rose rimase lì, dove era stata lasciata, immutabile. Poi una goccia. Una goccia di un liquido trasparente si era staccata dalle ciglia scure della bambola. Percorse l'intera guancia, tuttavia prima che si staccasse dalla porcellana scomparve, così com'era comparsa. Fu, però, seguita da altre lacrime, che puntualmente scendevano e si dissolvevano. Emily si sbagliava: non erano perfette, ma solo finte.
Lo sguardo indifferente era mutato in uno malinconico, anche se all'apparenza nulla era cambiato fuorché lo scendere delle lacrime.
Un involucro bello, bellissimo, perfetto, ma il vuoto dentro era infinito.
Il dolore non si vedeva, ma era soffocante, lacerante. Loro non sapevano amare e questo le portava a soffrire, soffrire ininmaginalmente all'interno, cosa che però le rendeva ancora più belle ed effimere all'esterno. Il vuoto freddo dentro le rendeva perfette all'esterno. Eppure quando nessuno le guardava, quando nessuno se ne poteva accorgere, loro piangevano, piangevano lacrime imperfette. Ma nessuno faceva in tempo a vederle, perché appena ti giravi loro erano lì, con quello sguardo distante, fuori dal tempo, nuovamente perfette.
La porta che sbatte. Dei passi veloci su per le scale. Urla. Singhiozzi. Un' altro sbattere di porta.
Emily era entrata in camera, sbattendo violentemente la porta, e si era gettata sul letto; il viso affondato nel cuscino e dei forti singhiozzi la scuotevano.
La bambola non si era scomposta.
La madre dalla cucina urlava il suo nome, ma la bambina sembrava più che decisa ad ignorarla, così dopo un paio di ultime prove, la donna si arrese, al contrario della figlia che non aveva l'apparente intenzione di smettere di versare lacrime.
Di nuovo. Era successo di nuovo.
Durante l'intervallo, in giardino, Emily aveva tirato fuori la fetta di crostata alle cigliege che le aveva dato sua madre per merenda, si era seduta su una panca e aveva dato un morso, poi erano arrivati loro. Eric, Camilla e il loro gruppo di amici. Il ragazzino con gli occhi dorati e i capelli neri le aveva gettato per terra, da un lato, il contenitore dove prima c'era il dolce.
Emily aveva mantenuto lo sguardo basso sulla fetta di crostata, poi l'aveva appoggiata con cura su un tovagliolo accanto a lei e si era alzata a raccogliere il contenitore arancio. In men che non si dica fu circondata da sei ragazzini, Eric al centro, lei con le spalle al muro. Camilla in tanto, una bambina dai lunghi capelli scuri, ricci e due brillanti occhi verdi, aveva scartato la fetta di dolce dal tovagliolo bianco e con un sorrisino l'aveva spiaccicata al suolo.
Eric e i suoi occhi nocciola, la fissavano incessantemente, con un ghigno dipinto in volto; Emily, continuava a mantenere lo sguardo basso, mentre il cuore cominciava a martellarle. Infine ecco il primo insulto, da parte di Camilla, seguirono le risate di Eric e del gruppetto e di nuovo insulti e risa, risa e insulti. Il suono della campanella alla fine li arrestò, ma una spinta da parte del bambino la spinse contro al muro e come "saluto" ricevette l'ultimo insulto dell'altra bambina.
Emily, con gli occhi gonfi di lacrime, che trattenne, si staccò dal muro, raccolse la torta spiaccicata e la buttò nel cestino poco distante, raccolse il contenitore di plastica e stringendolo forte tra le dita si incamminò verso l'interno della scuola.

Ogni giorno la prendevano in giro, la insultavano e ridevano di lei e ogni giorno, dopo scuola, lei era lì a singhiozzare con la faccia annegata nel cuscino.
Dopo qualche minuto i singhiozzi cessarono, Emily alzò la testa dal cuscino, gli occhi rossi per il pianto e le guance per la rabbia. Sì asciugò con un gesto veloce e stizzito le ultime due lacrime, che le stavano percorrendo il lati del viso. Si alzò dal letto, decisa ad andare in bagno a lavarsi il volto, ma si fermò di fronte alla porta chiusa.
Si era messa ad osservare la sua bambola, ferma nella stessa posizione in cui l'aveva lasciata la mattina, ferma e impeccabile, come se nulla l'avesse toccata.
Rose. Molto probabilmente nessuno avrebbe preso in giro lei o l'avrebbe insultata, o comunque se lo avessero fatto a lei non sarebbe importato nulla, sicuramente avrebbe mantenuto il suo sguardo indifferente e non si sarebbe scomposta: lei era perfetta!
Perché Emily non poteva essere come lei? Perché non poteva essere come Rose?
In un impeto di furia improvvisa afferrò la bambola. Il respiro affannato, come se nella stanza non ci fosse abbastanza aria da respirare. Le guance si erano di nuovo arrossate e dagli occhi scendevano nuove calde lacrime. Nuovamente trovò riflessa l'immagine del suo volto, riflessa negli occhi vitrei della bambola.
<< Perché non posso essere come te? >>.
Scosse la bambola, ma quest'ultima rimase impassibile, stesso sguardo neutro e vacuo, stessa solita impeccabilità.
Stava annegando. Sentiva che stava annegando nella propria imperfezione.
Gli occhi della bambina fiammeggiavano furenti, mentre le lacrime continuavano a rigarle le guance; una scivolò fino al mento, si staccò e una goccia cadde sul viso di porcellana della bambola.
Emily sgranò appena gli occhi quando quella goccia di liquido incolore si dissolse come per magia sulla guancia di Rose.
Le lacrime. Le sue lacrime erano perfette. L'unica cosa perfetta di lei, di Emily, erano le sue lacrime.
La rabbia si trasformò in un ira impetuosa.
<< Basta! Smettila con questa indifferenza e maledetta perfezione! Guardami! >>
Nulla, solo neutralità e lo sguardo oltre la sua figura.
La collera era troppa ed esplose.
<< Io voglio essere perfetta! Voglio essere perfetta come te! Voglio la tua perfezione! Dammela! >>
All'ultimo grido isterico la bambola scivolò dalle sue mani, iniziando a precipitare verso il pavimento.
Emily la guardava cadere a rallentatore. Gli occhi spalancati per la rabbia e la sorpresa, il cielo limpido delle iridi si era annuvolato, quasi completamente coperto dalle pupille dilatate.
Inchiodò i propri occhi in quelli della sua bambola, un' ultima volta.
Rose aveva gli occhi lucidi, ma non nascondevano il solito dolore malinconico, ben sì felicità. L'agonia stava per finire, la prigione stava per essere spezzata e sarebbe stata libera da quella maledizione. Il dolore stava per finire e si portava con se la perfezione.
Un senso di pace, compassione e di benessere la invase. Ora stava bene. Il vuoto era sparito e sentiva qualcosa di caldo. Calore. Stava bene. Felicità. Poi toccò terra...
Emily sentì un'impovvisa angoscia colpirla da dentro, salire l'irrequietezza e una spirale di buio trascinarla sempre più giù. Avrebbe voluto urlare, ma non fece niente stette lì a guardare immobile la bambola toccare il suolo e andare in frantumi. Pezzi imperfetti.
Nell'esatto momento in cui la bambola si ruppe gli occhi di Emily divennero vitrei e persero improvvisamente luce.
Ora era quello che voleva. Era perfetta. Perfetta e vuota. Una bambola.


N.A.
Ciao, sono Veronica ed è la prima volta che pubblicò qualcosa...
Ok, esattamente, non so come mi sia venuto in mente di pubblicare questo orrore, ma l'ho fatto, quindi spero, che chi avrà pietà di leggere, non corra in bagno! Mi scuso, oltre che per la bruttezza della "storia", anche per sicuri errori ortografici e grammaticali! Ringrazio chiunque sia disposto a darmi un consiglio per migliorare, anche se non mi aspetto niente! Vi saluto e mi scuso ancora per possibili danni alla vista!

  
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