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Autore: Clary1234    30/06/2014    1 recensioni
Tradimenti, amore, bugie...a chi va la tua fede?
Sei disposto a cambiare tutto quello in cui credi, per amore?
Non avere paura di amare sarà la tua unica salvezza.
Genere: Fantasy, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Slash | Personaggi: Un po' tutti
Note: AU | Avvertimenti: Incest, Tematiche delicate, Triangolo
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Spero vi piaccia :)
 
FREDERICK
Il piccolo corpo di Clary era adagiato a peso morto nelle braccia del ragazzo mentre la trascinava via da quella stanza come se la stesse trascinando via dal dolore cosa che, purtroppo, non poteva fare. La ragazza gemeva piano nel sonno, sembrava che stessero torturando un cucciolo che non aveva neanche più la forza di lamentarsi. Arrivato alla porta della sua stanza la spinse con la spalla e entrò. La camera era ordinata, con pile di libri sul comodino e armi accuratamente riposte sullo scaffale della parete a destra. La notte era ormai calata sulla città e l’unica luce che illuminava la stanza era quella della luna che entrava dalla finestra spalancata. Frederick posò la ragazza sul letto con più dolcezza di quanto avrebbe fatto con un animale ferito, i capelli rossi di Clary le donavano un’aria da guerriera nel suo dolce aspetto. Le era sempre piaciuta quella ragazza, il modo in cui non aveva esitato a seguirla, come si era buttata giù da un palazzo di New York pur di riavere la sua libertà. Era forte, era una combattente.
Frederick uscì dalla stanza facendo meno rumore possibile. Una volta fuori chiuse la porta e si girò trovandosi davanti un ragazzo biondo inferocito.
“Che diavolo stavi facendo?!” gli urlò contro. “Zitto! La sveglierai”. Senza controllare che l’altro lo stesse seguendo Frederick si incamminò per il corridoio fino ad allontanarsi abbastanza dalla camera.
“Devi aiutarmi a…” iniziò Jace concitato, ma l’altro lo interruppe subito “So già perché sei qui, e la mia risposta è sì”.
“Come?! Io credevo che tu…” “…Fossi dalla parte di Jonathan” continuò l’altro al posto di Jace “Ma non è così, ho aiutato Clary a scappare e aiuterò te ora anche se ti avviso, quello che vuoi fare è un suicidio”.
“Lo so” rispose Jace.
 
JOCELYN
“Che diavolo vorrebbe dire che dovete consegnarlo a Raphael?!” la donna dai capelli rossi stava fronteggiando Maryse Lightwood nella biblioteca dell’Istituto con i pugni chiusi e gli occhi ridotti a fessure. La notizia della morte di Simon l’aveva sconvolta in un modo che non riusciva neanche a concepire, era stato come perdere un figlio, di nuovo.
“Non ci posso fare niente, è questa la legge: quando un figlio della Notte muore…muore davvero, deve essere riconsegnato al suo clan”. “Ma Simon non aveva un clan! Aveva una famiglia… e siamo noi”. Usare il passato le provocava un sapore amaro in bocca ma era meglio che si abituasse. “Non importano i vostri legami, mi dispiace Jocelyn ma ci sono delle regole da rispettare”.
La donna si lasciò cadere pesantemente sul divano con un martellante mal di testa che le rendeva difficile persino pensare. “E riguardo alla storia dell’Istituto? Nessuna novità?” chiese Jocelyn. “Non ci hanno più comunicato niente dopo la lettera ma ora questo non è l’importante. L’importante è… Jonathan” rispose Maryse con voce tentennante. “So che è pericoloso ma ora è rinchiuso in cella ferito e senza armi, credo che questo basti a renderlo inoffensivo” disse Joaclyn.
Maryse si sedette con cautela difronte alla donna. “Era proprio di questo che ti volevo parlare, tua figlia ha liberato Jonathan che è scappato dalla cella. Questa notte”. 
 
ISABELLE
La frusta guizzava in tutte le direzione mentre la ragazza faceva fuori tre demoni Drevak contemporaneamente, la puzza di icore era dappertutto. Isabelle, non sopportando la vista del corpo di Simon, era scappata dall’Istituto e andata nelle segrete di un palazzo sulla tredicesima strada che a quanto pareva pullulava di demoni. Perché era questo che lei faceva con il dolore, gli voltava le spalle e correva. Gli stivali neri ticchettavano sul pavimento viscido mentre si avvicinava all’ultima cantina che non aveva controllato. Aperta la porta rimase un attimo immobile alla vista di un demone Behemoth, che sembrava un enorme lumaca, strisciare nella stanza. Con un solo movimento della lunga frusta gli prese la coda e diede un violento strattone che fece lamentare l’essere.
“La stavamo aspettando, signorina Lightwood”. Isabelle socchiuse gli occhi, non erano molti i demoni capaci di parlare in una lingua che non fosse il purgatico.  “Che cosa intendi dire, mostro?!” rispose la ragazza mentre lenti rivoli di sudore le scivolavano per la schiena. “Lei e il suo fratellastro, Lord Valentine aspettava anche lui. ”
La ragazza impietrì, non poteva aver sentito bene. “Lord Valentine? È impossibile lui è…” “Morto?” chiese il demone agitando la sua viscida lingua “ma ragazza mia, tutto torna.” Isabelle non ebbe il tempo di rispondere perché qualcun altro parlò. Una voce maschile proveniente da un angolo buio della stanza.
“Benvenuta, cara Isabelle”.
 

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