Libri > Percy Jackson
Segui la storia  |       
Autore: Anna Wanderer Love    30/06/2014    8 recensioni
Seguito di "Shadows"
Nel Castello di Hogwarts vengono ritrovate due ragazze: Celeste e Rachel Elizabeth Dare.
Nessuno ha idea da dove siano spuntate; e loro non sanno come sono finite in quel luogo tanto diverso dal Campo Mezzosangue.
Nico, al Campo, impazzisce di dolore per la scomparsa della sua ragazza; ma un dio lo aiuterà a ritrovarla... forse.
Genere: Avventura, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Nico di Angelo, Nuovo personaggio, Quasi tutti, Rachel Elizabeth Dare
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
 <<    >>
- Questa storia fa parte della serie 'Shadows Cycle'
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A

I Need You:

Rabbia
 


Olimpo, 19 marzo.
 

Le fiaccole illuminavano debolmente la casa sulla collina dell’Olimpo, discostata dal corpo centrale dei templi degli dei. Era una casa piccola, in stile classicheggiante, con colonne e fregi in marmo scintillante e spazi ariosi. Era vicina al margine del bosco.
Un uomo era disteso su un triclinio greco e fissava il soffitto a volta  della stanza. Indossava solo dei jeans e i suoi occhi azzurri erano persi in pensieri remoti. Le sue dita si muovevano lentamente, mentre una polvere dorata le seguiva tracciando una debole scia nell’aria.
Morfeo respirava lentamente. Era così assorto che non si accorse della polvere colorata che si fermò a mezz’aria accanto al triclinio, e nemmeno che lentamente si mescolò andando a formare la sagoma di un lupo arcobaleno.
Yoru sbuffò, saltando agilmente sopra al triclinio. Morfeo sussultò, ritornando alla realtà, e girò la testa. Accarezzò con un sorriso malinconico la testa del cucciolo.
-Ehi, bello- si mise seduto, mentre il lupo gli leccava il polso.
-Mia figlia?- Gli occhi viola del lupo si intristirono, e Morfeo serrò le labbra. Annuì e baciò il pelo morbido del cucciolo, accarezzandolo per confortarlo.
-Stai facendo un ottimo lavoro. Non è colpa tua se non riusciamo a trovarla.
Nonostante le sue parole Yoru non sembrò molto convinto. Sollevando le zampe anteriori e posandole sulle ginocchia del dio riuscì a dare una musata al suo creatore, facendolo sdraiare di nuovo. Subito da lupo diventò un gatto e si appallottolò sul petto nudo del dio, che si lasciò scappare un sorriso.
-Che furbo che sei... hai imparato qualcosa da mia figlia, non è vero?- Ironizzò Morfeo, mentre il gatto gli leccava dispettosamente il petto, facendolo trasalire. Immerse una mano nel pelo argentato del gatto. -Anche lei adorava essere abbracciata. Ma immagino questo tu lo sappia, dato che sfrattavi Nico dal letto per dormirle accanto.
Yoru emise un guaito ben poco adatto a un gatto e si strofinò una zampa sul muso come per nascondersi. Morfeo sorrise intenerito, ma prima che potesse dire qualunque cosa una voce possente chiamò il suo nome dal corridoio. Alzò lo sguardo e vide Apollo venire a grandi passi verso di lui. Il volto era livido, gli occhi ambrati pieni di rabbia e i muscoli del corpo contratti.
Morfeo aggrottò le sopracciglia, alzandosi in piedi. Yoru si ritrasformò in lupo, solo del doppio delle dimensioni normali. Appiattì le orecchie e ringhiò verso il dio del sole, mettendo in mostra  i denti bianchi e affilati. Morfeo lo calmò posandogli una mano sulla spalla.
-Apollo- disse con voce affabile, perplesso -cosa succede?
-Cosa succede?- Da bianco com’era, il viso del dio diventò scarlatto mentre puntava un dito contro di lui -Succede che tu sai perfettamente dov’è finita Rachel!
-Rachel e Celeste- puntualizzò Morfeo, aggrottando la fronte, mentre il colore delle sue iridi cominciava a mutare, trasformandosi in viola acceso -è scomparsa anche mia figlia, Apollo. E comunque no, non lo so. Pensi che non sarei già andato a prenderle se fosse stato così?
Apollo irrigidì la mascella, serrando i pugni e lasciando ricadere le braccia lungo i fianchi. Morfeo si accorse che aveva indosso la sua armatura d’oro e la spada al fianco. Come aveva fatto a non notarlo?
-Chi ti ha riferito questa... cosa?- Mormorò Morfeo.
Apollo sospirò, ancora rabbioso.
-Ares- sibilò. Morfeo inarcò un sopracciglio, mentre un’ondata di furia cominciava a montare dentro il suo petto. Il viola dei suoi occhi diventò più intenso.
-Ma davvero?- La sua voce ora era affilata come una scheggia di ghiaccio. -Ares vuole togliermi di mezzo da quando mi sono schierato con Crono e l’ho passata liscia. Vuole ammazzarmi da chissà quanti secoli perché gli ho soffiato una donna al tempo dell’Antica Grecia. Apollo, sta cercando di metterci uno contro l’altro. Se non l’ha già fatto. Dubito seriamente che riusciremmo a trovare le nostre ragazze se unissimo gli sforzi, e da soli è impossibile. Perciò vedi tu cosa conviene fare. Se darci addosso o collaborare. Sinceramente sto impazzendo. Celeste potrebbe essere morta, ferita o torturata e io non lo so, non posso farci niente. Se riuscissimo a lavorare insieme, e non parlo solo di me e te, ma anche dei semidei, di Nico, di tutti coloro da cui possiamo ricevere aiuto, forse riusciremmo a trovarle.
Apollo rimase in silenzio a lungo, fissando Morfeo con i suoi intensi occhi ambrati. Il dio dei sogni sostenne quello sguardo senza timore. Sentiva che Apollo lo stava esaminando e stava riflettendo.
Il silenzio si protrasse per alcuni minuti che a Morfeo sembrarono eterni. Al suo fianco Yoru non aveva smesso di agitarsi, ma si limitava a camminare nervoso a destra e a sinistra senza ringhiare, sempre tenendoli d’occhio.
Infine Apollo sospirò e con uno schiocco di dita fece scomparire la propria armatura, sostituendola con jeans e maglietta.
-Va bene- la sua voce tradiva un certo disagio, ma il dio dei sogni decise di non darvene conto. -Cosa dobbiamo fare?
Morfeo si voltò e si diresse a passi veloci verso il tavolo a lato della stanza.
-Sai anche tu che Celeste e Rachel non sono in questo mondo, immagino, o se lo sono la loro presenza è occultata da qualcosa di estremamente potente. L’hai scoperto e non mi hai riferito niente, ma l’avevo capito prima di te.
Apollo annuì, passandosi stancamente una mano tra i capelli biondi. Morfeo fece una pausa, raccogliendo le idee e i pensieri che gli turbinavano in testa.
-Non ci sono molti posti al di là dell’influenza degli dei, a parte l’Alaska, e lì ho degli... informatori- un ghigno apparve sulle labbra di Morfeo, e Apollo aggrottò le sopracciglia. Aveva l’impressione che non gli sarebbe piaciuto incontrare questi “informatori”. -Mi hanno informato che non hanno trovato nessuna traccia.
-Possiamo fidarci?- Le parole sfuggirono dalle labbra del dio del sole senza che riuscisse a impedirlo. Morfeo affilò lo sguardo.
-Direi di sì- rispose -perciò potremmo cercare un po’ più vicino a noi.
-Quando dici più vicino...- cominciò Apollo, titubante, infilando le mani nelle tasche dei jeans.
-Intendo che potremmo andare a controllare dai nostri amici romani- confermò Morfeo. -Percy non riesce a contattarli, e nemmeno Nico. Penso che abbiano rafforzato le difese del campo  ma non so il perché.
-Zeus dice che hanno dei problemi con dei mostri- lo informò Apollo, inclinando la testa e allungando un dito per sfiorare una nuvoletta di polvere azzurrina che gli si era fermata davanti al naso. Quando ci immerse il dito dentro trasalì. Era gelata, ma la polvere gli si arrampicò su per il braccio arrivando all’incavo della spalla e trasformandosi in una palla di pelo.
Morfeo scoppiò a ridere, mentre Apollo guardava stralunato il cucciolo di criceto che stava cercando di infilarsi dentro alla sua maglietta.
-Stai fermo- borbottò contrariato il dio del sole, afferrando il criceto e depositandolo delicatamente sul palmo della mano. Era minuscolo, grande la metà del suo palmo, e aveva degli occhi giganteschi.
-Puoi tenerlo se vuoi.
Apollo lanciò un’occhiataccia a Morfeo, che stava facendo di tutto per non ridergli in faccia. Senza grandi risultati.
-Umpf- borbottò, mentre un vago rossore gli colorava le guance sotto agli occhi divertiti del dio -allora per me va bene. Andremo al Campo Giove. Ma quando? Domani?
Morfeo serrò le labbra, cercando di evitare di sorridere, ma Apollo capì all’istante l’idea che si stava formando nella mente del dio e un sorriso feroce gli si dipinse sulle labbra.
Così avrebbe potuto vendicarsi su Ottaviano. Guardava un po’ troppo Rachel, per i suoi gusti.


Il Campo Giove era in subbuglio. Semidei su semidei correvano da una parte all’altra, strilla e voci di bambini si mescolavano nella notte. Alcuni anziani erano ancora in pigiama, altri avevano addosso una parte dell’armatura sopra mentre correvano gridando il nome del pretore.
I due dei invece erano perfettamente calmi e si guardavano intorno sorridendo soddisfatti e divertiti. Morfeo si era rivestito e aveva addosso una maglia con su scritto KEEP CALM AND LOVE MORFEO! di un bel viola acceso. Apollo invece aveva deciso di andare sul tradizionale: indossava una lunga tunica bianca che lasciava scoperte le braccia muscolose, incrociate sul petto.
-Zeus ce la farà pagare- mormorò il dio del sole, osservando una madre cercare di far scendere il figlio di sei anni scarsi da un ramo di un albero, dove si era piazzato per guardare gli sconosciuti.
-Già- confermò allegro Morfeo -Yoru, va’ ad aiutare quella povera donna.
Con uno strillo acuto Yoru si trasformò in un’aquila e si sollevò in aria, volando veloce verso la donna, che gridò terrorizzata vedendo l’animale volare a velocità supersonica verso il figlio. Il piccolo invece strillò entusiasto quando Yoru lo afferrò e lo sollevò in aria, facendogli fare un cerchio lungo tutta la piazza prima di planare e affidarlo alla donna, rimasta di stucco.
Un rumore diverso dagli altri distolse l’attenzione dei due dei dal piccolo che accarezzava la testolina piumata di Yoru, appollaiato sulla spalla della donna.
Un varco si aprì tra la folla, mostrando una ragazza dai lineamenti regali e in armatura completa procedere a cavallo verso di loro, seguita da due levrieri, uno d’oro e l’altro d’argento.
Aveva un’espressione dura, sospettosa, che non sparì nemmeno quando, guardando Apollo, il suo sguardo si accese di una scintilla di comprensione. Aveva capito chi erano.
Scese dal cavallo e si avvicinò ai due dei, seguita a ruota da un centurione con le labbra troppo rosse per essere un colore naturale.
Si fermò a qualche passo di distanza, con la mano posata sull’elsa della spada che portava al fianco. A quel punto era calato il silenzio.
-Sono Reyna, il pretore del Campo, ma penso che voi lo sappiate già.
Morfeo e Apollo annuirono all’unisono. Fu il secondo a prendere parola.
-Io sono Apollo, il dio del sole. Lui è Morfeo...
-Il dio dei sogni- completò Reyna, osservandoli così intensamente che i suoi occhi sembravano due lame affilate.
-Giusto. Vorremmo parlare con te in privato, senza tutta questa... gente- continuò Apollo, abbozzando un sorriso che non fece nessun effetto alla romana.
Il centurione dietro di lei avanzò di un passo.
-Reyna...
Il pretore alzò la mano e il ragazzo tacque di colpo.
-Penso che si possa fare- disse piano, scandendo ogni parola, poco convinta lei stessa. Poi annuì, sbattendo le palpebre. -D’accordo- raddrizzò la schiena e si voltò verso la folla, che si aprì di nuovo. Cominciò a camminare senza indugio, e i due dei la seguirono.
 

-Non capisco il motivo per cui siate venuti qui, sinceramente- confessò Reyna, intrecciando le dita sul tavolo. Erano nella sala delle riunioni, e Aurum continuava a guardare torvo Yoru. Morfeo doveva continuare a tenere una mano sul collo del proprio lupo per tenerlo fermo e impedirgli di saltare addosso a quel levriero antipatico.
-Come dicevo prima- iniziò Apollo -due ragazze del Campo Mezzosangue sono scomparse. Siccome le abbiamo cercate dappertutto con ogni mezzo possibile immaginabile sono rimaste due possibilità: o sono occultate da una magia molto potente o... non importa- si interruppe notando l’occhiataccia di Morfeo. Le sopracciglia di Reyna si aggrottarono ancora di più. -Quest’ipotesi è la più probabile. Ci sono pochissimi luoghi in cui potrebbero essere nascoste, compreso questo campo. Ci risulta che avete aumentato la potenza delle barriere che difendono il campo. Volevamo controllare che queste ragazze non c’entrassero nulla.
Reyna li fissò a lungo con i suoi occhi scuri, posando la schiena contro la sedia.
-Noi non c’entriamo nulla- dichiarò. -L’unico motivo per cui abbiamo aumentato la forza delle barriere è che abbiamo ricevuto un attacco da alcune arpie pochi giorni fa e volevamo essere sicuri...
-Reyna!- Un urlo ben poco virile interruppe le parole del pretore, che sospirò, voltandosi.
Un ragazzo biondo, vestito con una toga bianca e con degli orsacchiotti di peluche appesi alla cintura, procedeva a grandi passi verso di loro, il viso paonazzo. -Reyna, si può sapere che diavolo...
-Attento a come parli, ragazzo.
All’improvviso la voce di Apollo era diventata roca e matura, non era più quella di un ragazzo. Si era alzato in piedi e fissava torvo Octavian, che si era impietrito. Il dio aveva le braccia contratte e le mani strette al bordo del tavolo. I suoi occhi erano pozze d’oro colato che ribolliva.
-Sicuramente non hai idea di chi siamo, e non me ne può fregare nulla. Ma taci e lascia parlare il tuo pretore.
Morfeo posò una mano sulla spalla di Apollo, che aveva cominciato a risplendere di un’aura dorata.
Qui c’entra la gelosia.
Morfeo si alzò in piedi e sorrise dolcemente a Reyna, che guardava ansiosa il dio del sole.
-Grazie mille, pretore. Siamo stati fortunati a conoscerti. Stai facendo un ottimo lavoro. Manderò dei miei aiutanti per darvi una mano a rimettere in sesto il campo.
E, detto questo, sparirono.
Reyna si voltò verso Octavian, rimasto immobile. Si diresse verso di lui e, provando un po’ di compassione, gli posò una mano sulla spalla. Lui sbatté le palpebre e la guardò con aria persa.
Reyna lasciò ricadere la mano.
-Va’ a dormire, Octavian- mormorò con dolcezza, prima di uscire dalla sala con lo sguardo di lui sulla schiena.
 

Hogwarts, 19 marzo.
 

Celeste non aveva mai visto Rachel più pallida di com’era in quel momento. Erano sedute entrambe su un letto dell’infermeria, dove era stata portata Rachel quella notte, dopo che aveva pronunciato la profezia. Rachel aveva la schiena curva e i suoi occhi verdi erano fissi sul volto di Celeste, seduta ai piedi del letto con un taccuino e una matita tra le gambe.
-Come facciamo a spiegarlo?- Chiese Celeste, guardando le parole che aveva scritto sul foglio.
Le si erano impresse nella mente come se fossero state marchiate a fuoco.
Rachel si strofinò il volto con le mani, sospirando stanca.
-Non ne ho la più pallida idea- ammise da dietro le mani, coprendo uno sbadiglio. -Non possiamo dire tutto. Ci prenderebbero per pazze, a meno che non l’abbiano già fatto.
-Già.
Per qualche minuto Celeste lasciò andare i propri pensieri a briglia sciolta. Non aveva la minima idea di come tirarsi fuori da quella situazione.
-Ci vorrebbe Percy... o quantomeno Annabeth- sospirò passandosi una mano tra i capelli.
-E se ci rifiutassimo di rispondere?- Chiese semplicemente Rachel, guardando l’amica.
Celeste fece una smorfia poco convinta.
-Piton può leggere nel pensiero, ce l’ha detto Selene. Te lo sei dimenticata? Di sicuro non sarebbe piacevole.
-Giusto- mormorò Rachel, incrociando le gambe. Posò i gomiti sulle ginocchia e quando premette i pugni sulle guance assunse un’espressione così buffa che Celeste scoppiò a ridere. Davvero, questa volta. Non era una delle risate forzate degli ultimi giorni, ma una risata semplice, pura.
Rachel ne rimase stupita, ma un sorriso contento illuminò le sue labbra. Finalmente era riuscita a farla sorridere! Di scatto afferrò il cuscino a cui aveva appoggiato la schiena e glielo tirò addosso.
Celeste strillò sorpresa, ricevendolo in piena faccia, e l’amica riccioluta cominciò a ridere a crepapelle.
Ma un rumore interruppe quel momento di serenità, mentre la porta dell’infermeria sbatteva e un alquanto torvo professor Piton, seguito da un’ancora più cupa preside McGranitt e una mogia Selene si avvicinava al letto dov’erano sedute.
Celeste scorse una scintilla di terrore negli occhi verdi dell’amica e si voltò, perdendo il sorriso. I tre si fermarono davanti alle ragazze.
Calò un silenzio imbarazzato e incupito, mentre Selene si mordeva le labbra. Alla fine fu Rachel a parlare per prima.
-Sel, vieni qui.- batté la mano sul materasso accanto a sé e Selene obbedì, sedendosi sul bordo del letto. Le rivolse un sorriso incerto prima di tornare a fissare le proprie mani.
-Allora- esordì Minerva, osservando le tre ragazze, che sollevarono lo sguardo su di lei.
-Affrontiamo per prima la questione più urgente. Rachel, vorresti spiegarci cosa diamine è successo stanotte?- Mentre parlava, Minerva aveva fatto apparire due sedie dove lei e Severus si erano accomodati.
Gli insegnanti osservarono il volto dolce della ragazza diventare da un familiare rosso a bianco latte. Siccome rispondeva solo il silenzio, Minerva spostò lo sguardo su Celeste, che stringeva nervosamente il taccuino. Anche lei rimase in un silenzio ostinato, fissando le proprie caviglie.
-Oh, avanti!- Scattò Minerva, alzandosi bruscamente in piedi. Le tre ragazze trasalirono, mentre Severus le squadrava a fondo.
-Mi sono svegliata in piena notte con un’elfa domestica che mi diceva che Selene stava morendo dissanguata, Rachel aveva le convulsioni e Celeste era sull’orlo di una crisi isterica! Il minimo che potete fare è dirci cosa sta succedendo, se siamo in pericolo o meno! Ci siamo fidati a portarvi e accogliervi in questa scuola, ora ripagate la nostra fiducia!
Le parole dure della professoressa fecero scoppiare Rachel.
Si sentiva una stupida, irresponsabile ragazzina. Era passato del tempo da quando aveva accettato di essere l’Oracolo e avrebbe dovuto essere in grado di controllarsi. Ma non ci era riuscita, e ora lei e Celeste erano nei guai.
Strinse le labbra, trattenendosi dal piangere, e guardò negli occhi la professoressa. Quando parlò, la sua voce era perfettamente normale, ma più roca e inquietante del solito. A Minerva -e anche a Severus- vennero i brividi nel sentire le sue parole.
-Se ve lo dicessimo non ci credereste. Noi ci fidiamo e vi siamo grate, ma ci sono cose che è meglio non sapere, penso che questo lo comprendiate benissimo. Non sto parlando solo del passato di un uomo, ma del suo essere, di quello che è. Se vi raccontassimo tutto, ammesso che non ci sbattereste in un manicomio, sareste in pericolo. Non siamo mai state sicure di nulla: solo quello che siamo è certo, in quelli come noi. Siete sicuri di voler rischiare la vita dei vostri studenti, degli insegnanti, per sapere una cosa a cui non riuscireste nemmeno a credere? Io non penso.
Le parole di Rachel gravarono come macigni sulle spalle di tutti i presenti. Celeste aveva le mani serrate e le labbra tirate come se si stesse trattenendo dall’urlare. Rachel aveva raddrizzato la schiena e guardava negli occhi i due professori, che erano rimasti stupiti e inquietati dal suo discorso. Selene era l’unica che era rimasta impassibile, anche se dentro sentiva uno strano turbamento.
Severus si alzò in piedi, attirando lo sguardo di tutti i presenti.
-Ci sta minacciando, per caso?- La voce e lo sguardo del professore sarebbero bastati a far tremare anche Conan il barbaro, ma Rachel sostenne la sua lunga occhiata.
-No, signore- replicò, perfettamente calma e con un accenno di sorriso sulle labbra -affatto. Sto solo dicendo la verità.
Selene la guardò letteralmente a bocca aperta. Nessuno, nessuno aveva mai osato rispondere così all’insegnante di Pozioni.
Severus affilò lo sguardo, ma prima che potesse ribattere intervenne Minerva, con un tono più calmo e dolce.
-Vogliamo sapere lo stesso- posò una mano sul braccio di Severus per blandirlo, e stranamente lui non la scacciò. Fissava ancora torvo la rossa.
Fu Celeste a placare gli animi, con la voce dolce.
-Professori, sinceramente non ce la sentiamo di dirvi tutto... non ancora- calcò la voce su quell’ancora, vedendo il volto già torvo del professore di Pozioni incupirsi ancora di più. -Però- aggiunse subito -dateci qualche giorno per... parlare tra noi e vi racconteremo tutto. Anche se resto dell’idea che sarebbe meglio per tutti se voi rimaneste all’oscuro di tutto.
Severus era dell’idea di tirare fuori la bacchetta, immobilizzare le ragazze e tirare fuori i ricordi a forza dalle loro teste, ma Minerva non era dello stesso parere. Dopo averle fissate per qualche secondo, un po’ meno irritata, annuì seccamente.
-D’accordo. Tra due giorni nel mio ufficio, alle otto di sera. Severus, vieni con me, ho bisogno del tuo aiuto.
Facendo una delicata pressione sul braccio dell’amico la professoressa lo condusse fuori dall’infermeria. Non appena si furono allontanati di qualche metro Rachel e Celeste cominciarono a parlare a bassa voce con Selene, pensando che i due fossero fuori portata.
Severus colse delle parole preoccupate da parte della Corvonero, e si sarebbe volentieri fermato ad ascoltare se Minerva non l’avesse trascinato via con più insistenza.
 

🔼  🔺  🔼
 

Quella stessa sera Selene decise di andare sulla torre nord per appollaiarsi sulle pietre gelide e guardare i prati e il lago alla luce delle stelle. Il suo nome significava luminosa, ma lei preferiva la notte al giorno. Di giorno doveva fingere di essere felice se era triste, mentre di notte poteva piangere ed essere quello che era in solitudine.
Ed era ciò che stava facendo in quel momento, seduta sulle pietre fredde e scivolose della torre. Era rannicchiata contro il parapetto, le gambe raccolte al petto e il mento sulle ginocchia.
Faceva freddo, ma stranamente stava bene così com’era.
Si morse le labbra, asciugandosi le guance umide, e prese un respiro profondo.
Dei passi la fecero trasalire, ma quando si voltò verso l’imboccatura delle scale era troppo tardi per applicare su sé stessa un incantesimo di disillusione.
James la fissava.
Selene si tirò in piedi, senza nemmeno preoccuparsi di asciugarsi le lacrime. Il suo volto era migliorato molto, grazie agli incantesimi e alle pomate di Madama Chips. Non era più violaceo, gli occhi non erano gonfi. Solo la guancia era un po’ più rossa e gonfia del normale, e il labbro spaccato non era dei migliori, ma Selene l’aveva visto conciato peggio nella partita contro i Grifondoro l’anno prima.
-Ciao- le parole le uscirono strozzate dalle labbra, ma lui non ci fece caso.
Sorrise, avvicinandosi.
-Ciao- mormorò.
Selene lasciò che si fermasse davanti a lei, a solo pochi centimetri di distanza. Con una dolcezza che riservava solo a lei James allungò le mani e le posò sulle sue guance. Le sollevò il mento, guardandola intensamente negli occhi.
Quelli azzurri di James scintillavano nella semioscurità. I suoi ricci castani erano scossi dal vento, e Selene sentiva le guance diventare calde man mano che le mani del Serpeverde scivolavano sul suo collo.
-Perché piangi?- Mormorò lui. Selene scosse la testa, alzando le spalle.
-Non importa- abbassò lo sguardo, ma lui la costrinse con dolcezza a guardarlo negli occhi. Un brivido attraversò la schiena della Corvonero mentre lui posava la fronte sulla sua e le accarezzava la guancia.
-A me importa, invece, Sel- disse con calma.
Lei fece un sorrisino triste, come a dire che era l’unico.
-Ero triste. Tutto qui.
-Per tuo papà?
Gli occhi di Selene si riempirono nuovamente di lacrime. Una sfuggì al suo controllo e scese sulla sua guancia, finendo sul dorso della mano del ragazzo.
-Anche- mormorò. James fece un sorriso mogio.
-Non ti ho ancora fatto le condoglianze.
Una risata gorgogliante uscì dalle labbra della Corvonero, ma s affrettò a tornare subito seria. I suoi occhi si posarono sulla guancia di James. Posò delicatamente le dita sulla pelle rossa e gonfia, e si accorse della smorfia di dolore del Serpeverde.
-Scusa- si affrettò a dire, ma lui scosse le spalle ampie.
La guardò per qualche istante, poi prese un respiro profondo. Il suo cuore batteva così forte che sperava che Selene non lo sentisse. Si chinò, e si ritrovò a baciare le labbra morbide della Corvonero.
Selene era rimasta stupita dal gesto improvviso del ragazzo, ma dopo un istante di panico i suoi muscoli si erano sciolti e si era accasciata contro il suo petto muscoloso, circondata da quelle braccia di ferro che la stringevano come se non volessero lasciarla andare mai più. Chiuse gli occhi, alzando la testa verso di lui, aggrappandosi al collo del ragazzo. Sentiva il cuore battere a mille, ma c’era uno strano eco. Dopo qualche secondo capì che era il cuore di James.
Il ragazzo si chinò e le afferrò le gambe, sollevandola. Selene gli circondò la vita con le gambe, immergendo una mano nei suoi capelli morbidi, giocando con alcuni ricci.
Non c’era più Jason, finalmente.
Non sentiva il suo odore di menta e sigarette, solo quello di cioccolato di James.
Non sentiva la cicatrice che Jason aveva sulla spalla, sotto alle dita c’era solo la pelle morbida di James.
Non vedeva i tatuaggi né gli occhi di Jason, vedeva solo l’amore sconfinato in quelli di James.
Si scostò di qualche centimetro, guardando a bocca aperta il Serpeverde, senza parole. Lui sorrise, accarezzandole la guancia, e lei si rannicchiò sul suo petto, mentre lui si appoggiava alle pietre e allungava le gambe, seduto a terra. Le circondò la schiena con un braccio e restarono così.







ANGOLO DELLE CIAMBELLE CARNIVORE BLU E DEGLI ABBRACCI ABBRACCIOSI:
Ce 'ho fattaaaaaaaaaaaa!
Allora, siccome ho il presentimento che metà di voi arriveranno a buttarmi giù la porta prima di correre a nascondermi sotto al letto vi dico una cosa, anzi, annuncio:
Se mi ammazzate non potrò continuare a scrivere :D *asce, pugnali e lance si bloccano a mezz'aria*
Penso che quelli di voi (o quelle, ovviamente) che shippano SelxSev adesso proveranno un feroce istinto di staccarmi la testa come fa la Signora O'Leary con i manichini :D
Ma spiacente, eheh, per adesso ho deciso di dare un po' di pace a questa povera Corvonero :D avete visto i nostri due cuccioli in azione? Intendo Morfeo e Apollo! E Yoru non è un amore? *occhi a cuore*
Uhm, una cosa mi ha fatto tantissimo piacere: sette recensioni nell'ultimo capitolo! Siete grandi ;) spero che mi direte cosa pensate anche di questo capitolo.... ci conto tanto, eh!
 Non deludetemi, lui apprezzerà:


Detto questo, vi mando un bacio!

Anna
 

   
 
Leggi le 8 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<    >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Libri > Percy Jackson / Vai alla pagina dell'autore: Anna Wanderer Love