Fanfic su attori > Robert Downey Jr
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Autore: MrsSomerhalder    30/06/2014    2 recensioni
Durante il soggiorno per la prèmiere del film Sherlock Holmes, Miley Sullivan incontrerà l'attore Robert Downey Jr. La parte problematica di quell'uomo quasi perfetto porterà subito la ragazza a legarsi a lui, ma l'amore impossibile che sboccerà tra i due cambierà le vite di entrambi.
"Che ruolo stai interpretando, Robert? L'attore famoso infatuato della cameriera?" dissi, facendo per andarmene e lui mi trattene per il polso.
"Se mi proponessero una parte del genere, non l'accetterei." rispose con la sua solita ironia pungente, "Solo che adesso non sto recitando." concluse serio e con gli occhi lucidi.
"Non complicarti la vita con me."
"Le complicazioni sono il mio forte." sorrise, tirandomi a sè.
"Sarai la mia rovina, Robert Downey Jr."
Genere: Fluff, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: Lime | Avvertimenti: nessuno
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Me ne restai a guardare lo schermo luminoso del cellulare, con la wikipedia di Robert Downey Jr pronta per essere letta a fondo. La prima volta che mi informai sul suo conto fui troppo superficiale, ma perchè avrei dovuto tirar fuori gli scheletri dall'armadio? Proprio io, tral'altro, che di scheletri ne avevo a bizzeffe. Non avrei dovuto entrare così in confidenza con l'attore quella mattina e, di certo, non sarei stata una sorta di spia della sua vita. Così, chiusi la ricerca e lasciai il cellulare sul comodino. Di quali vizietti parlava Kate? Era possibile che quell'uomo ,all'apparenza quasi perfetto, potesse nascondere un passato buio? Ero proprio quello il mio più grande problema da quando ero diventata madre: pensavo troppo. Non ero più niente della Miley Sullivan di un tempo. La ragazza avventata, precipitosa e poco coscienziosa era sparita. Di lei era rimasto solo il vago ricordo, per lasciare spazio alla madre inquadrata che ero forzatamente diventata per prendermi cura tutta sola di Jordan. Andai in cucina intenta a preparare la cena. Spadellai tra i fornelli, forzandomi di non pensare a nulla. "Che si mangia stasera?" esclamò Kate, entrando in cucina con le mani sfregate. "Non ti aspettare chissà cosa, non sono una buona cuoca. Diciamo che ho dovuto arrangiarmi." risposi, sbucciando le cipolle. "Sii un pò più sicura, è molto buona." azzardò assaggiando la salsa che avevo preparato. "Adesso devo solamente rosolare la carne. Preferisci patate o fagiolini?" le indicai i due ingredienti, aspettando che mi rispondesse. "Patate. Senza ombra di dubbio." "Perfetto." sorrisi, "Una decina di minuti e dovrebbe essere pronto." Versai i bocconcini di carne in una padella con l'olio e la cipolla dorata e croccante. Prima che ci mettessimo a tavola, la nonna di Kate suonò alla porta. Aprii di soprassalto e il piccolo Jordan mi saltellava intorno, attendendo che lo prendessi in braccio. "Mamma io fame!" "Aspetta, Jordan." lo feci entrare in casa. "Piacere, lei deve essere Miley." mi strinse la mano quella vecchia signora. "La ringrazio infinitavamente per Jordan ed è un vero piacere conoscerla." "É stato un angioletto, si figuri." concluse, facendo per andarsene. Tutt'un tratto le buone maniere mi tornarono alla testa e la invitai a restare a cena, sperando vivamente che a Kate non dispiacesse. Dopo aver finito di sistemare, diedi una veloce ripulita alla cucina e uscii in strada per gettare l'immondizia. Portai fuori due sacchi pesanti, trascinandoli per l'atrio del palazzo. L'aria era piuttosto fresca e il cielo coperto da una massa concentrata di nuvoloni carichi di pioggia. Prima che rientrassi dal cortile che dava sulla strada, sentii qualcuno pronunciare il mio nome. Era una voce fin troppo familiare. Troppe volte avevo sentito sussurrare disparatamente il mio nome da quella voce profonda. Qualcosa di arcaico si fece spazio dentro me e un brivido mi percorse la schiena. Non poteva essere lui dopo tutti quegli anni. "Sono passati cinque anni." mormorai rabbrividita, "Che diritto hai di presentarti quì?" "Sono venuto per nostro figlio." "É mio figlio." sottolineai in preda alla collera. "Ho sbagliato, ma ora vorrei rimediare." "Non ci rovinerai la vita ancora una volta, tornatene a Detroit o da qualunque parte tu sia venuto." lo intimai, puntandogli saldamente il dito contro. Non avevo più paura di lui, non dopo tutto quello che mi aveva fatto. In un certo qual senso mi ero fatta le ossa. "Voglio solo vederlo." "Non entrerai nella sua vita." affermai sicura e diretta, spattendogli la porta in faccia. "Miley! Miley!" urlò battendo sulle vetrate del portone, "Apri questa porta o ti giuro che la sfondo. Sai che lo faccio!" Era un tipo violento, ma forse era proprio quello che mi aveva attirato in lui quando ero troppo giovane e stupida per rendermi conto in che guaio mi ero andata a impelacare. Conoscevo bene il suo brutto carattere e quando si arrabbiava faceva paura, ma questa volta era tutto diverso. Non ero più l'adolescente libera come il vento di un tempo, ogni mio gesto ricadeva direttamente su Jordan. Lo avrei protetto a qualsiasi costo da quel bastardo di suo padre. Raggiunsi velocemente la nostra camera e vidi che non sollievo che il mio splendido angioletto si era addormentato. Mi sdraiai accanto a lui e lo coccolai fra le braccia, stampandogli di tanto in tanto qualche bacio delicato sulla fronte. "Ti proteggerò da ogni male." sussurrai amorevolmente. Come il giorno precedente, quella mattina andai di buon'ora all'hotel Palace al centro di Manhattan per cominciare il turno di lavoro. Ero eccitata all'idea di quello che mi avrebbe aspettata nella stanza 361 dell'ultimo piano dell'edificio. Lui voleva rivedermi e anche io avevo una voglia spropositata di parlargli ancora. Mi avventai come una furia al piano delle suite e feci per dirigermi a capofitto nella stanza di Robert, ma come se qualcosa me lo impedisse mi bloccai. "Miley, sembri una bambina!" mi rimisi in riga, facendo dei bei respiri profondi. Bussai cautamente, per evitare che la circostanza imbarazzante della mattina prima potesse ripetersi, ma lui non rispose. Entrai di soppiatto e la prima cosa che notai erano le tende spalancata e il letto messo in ordine. Rimasi estasiata dai comportamenti di quell'uomo. Sorrisi con espressione ebete per almeno un paio di minuti, impalata davanti il baldacchino messo a punto. Nella camera di lui non c'era la minima traccia. Presi a rassettare un pò la tappezzeria e le bottiglie di vodka che erano state gettate nel cestino del bagno. Gli cambiai gli asciugami con alcuni puliti e iniziai a passare l'aspirapolvere. "Ho ordinato la colazione più di venti minuti fa e nessuno si è degnato di farsi vivo. Hotel a cinque stelle, eh?" farfugliò Robert entrando rumorosamente in stanza. "Buongiorno! Non sei sceso neanche oggi?" "Veramente avevo intenzione di mangiare qualcosa con te, ti stavo aspettando." "Mi stavi aspettando?" ripetei basita. "Certo, sapevo che saresti venuta." sorrise ironico. "Robert, come ti ho detto ieri, questo è il mio orario di lavoro. Capisco che per un divo del cinema come te è difficile capirlo, ma non posso distrarmi." esclamai stufa di ripetere sempre le stesse cose. Era facile per lui mandare a monte tutti i suoi doveri, ma se io non lavoravo non potevo dar da mangiare a mio figlio. "É un peccato. Un vero peccato, il cibo si sprecherá!" constatò prendendo un vassoio ricolmo di cibo da mano ad un ragazzo del servizio in camera. "Tu sei pazzo!" "Me lo dicono in molti, a dir la verità e forse lo sono davvero." ghignò posandolo sul tavolino in salotto. "Sembra tutto molto invitante, ma ancora non ho afferrato il concetto." "Cosa c'è da capire?" si avvicinò pericolosamente, lasciando cadere a terra la pezza che avevo preso per spolverare. "Perchè ti comporti così con me." mormorai, distanziandomi di qualche centimetro. "Non è abbastanza chiaro?" "Non giocare con me, Robert." lo intimai, riprendendo a pulire. Avevo capito cosa si era messo in testa: voleva circuirmi per potermi dare una bella 'ripassatina' e impiegare così un pò di tempo in cui si annoiava. "Non sono abituato ad essere rifiutato." sorrise malizioso, accarezzandomi una guancia con il dorso della mano. "É proprio questo il tuo problema. Bhè, abituati." gli feci l'occhiolino. "Tutto questo da fare per nulla." guardò il letto che aveva rifatto e la stanza vagamente sistemata, "Pazienza." fece spallucce, abbozzando un sorrisetto. "Voi del cast non avete una convention?" cambiai discorso. "Domani." "Magari potrei addentare qualcosa." aggiunsi da sprovveduta, cadendo miseramente nella sua trappola. Stava facendo l'offeso e mi aveva incastrata con tutte le scarpe. Era misero e triste il potere che aveva su di me.
  
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