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Autore: Flaesice    30/06/2014    1 recensioni
Penelope Penthon è una ragazza bella, sfacciata ed intraprendente; una ragazza che non si è mai arresa alle difficoltà della vita, che si è fatta da sola ed odia i pietismi.
Nel suo mondo non esistono le mezze misure: tutto deve essere necessariamente o bianco o nero, giusto o sbagliato.
Ma nella vita - prima o poi - si è sempre obbligati a scontrarsi col grigio, ed è proprio allora che tutte le certezze crollano e bisogna mettersi in discussione.
E' ancora una ragazzina quando per gioco decide di sedurre un suo compagno di scuola, il riservato Nathan Wilkeman, per poi allontanarlo definitivamente.
Il destino li farà incontrare cinque anni dopo nella meravigliosa Los Angeles; Penelope sempre più votata al suo stile di vita, ma Nathan?
Decisamente più esperto e meno impacciato cercherà di prendersi una piccola rivincita per il passato, ma si sa che la passione non è un'emozione facile da gestire nemmeno per una come Penelope.
Genere: Introspettivo, Romantico, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago, Scolastico
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Capitolo X

Pesantemente poggiato contro la poltrona in pelle nera, una mano sotto il mento a sfiorarmi il labbro inferiore col pollice, lo sguardo perso nel nulla in soprappensiero mentre immagini della sera precedente si susseguivano nella mente.  
Sospirai profondamente ripensando a quei profondi occhi color mogano, il suo fisico formoso e quelle labbra carnose, avvolta in quella vestaglia di seta rossa e fasciata da quel completo intimo di pizzo nero era…
Dio, non c’era un modo per definirla. Era semplicemente fantastica, perfetta, sexy oltre ogni immaginazione.
Ero stato uno stupido a pensare di poterla “usare” a mio piacimento, e nemmeno lo volevo più.
L’errore più grande che avessi potuto commettere sarebbe stato quello di lasciarmi sfuggire la magnifica opportunità che Penelope mi aveva offerto: un rapporto basato su del fantastico sesso senza coinvolgimenti.
“Sono in Paradiso”
Il pesante tocco alla porta mi costrinse a sistemarmi sulla poltrona, e sistemare qualcosa più in basso, nei pantaloni, dove qualcuno aveva preso vita.
«Avanti» dissi.
La porta si aprì e vidi entrare il capo in persona, mi alzai e gli porsi la mano «Buongiorno Mr. Rooter»
«’Giorno Nathan» rispose lui, il sorriso smagliante che risaltava sulla sua costante abbronzatura «Come va?»
«Molto bene, la ringrazio»
Lo vidi accomodarsi ed indicarmi la sedia invitandomi a fare lo stesso «Sono passato per dirti che ho mandato in stampa i tuoi lavori, nel giro di una settimana potrai vederli sui cartelloni pubblicitari di tutta la città»
Lo vidi sorridere per la mia espressione stupita.
«Davvero? Io credevo…» mi interruppi, davvero troppo sorpreso per poter dire qualcosa.
La risata profonda di Bill risuonò per la stanza «So cosa vuoi dirmi. Ti avevo detto che era una campagna pubblicitaria di prova, poi Miss Penthon mi ha convinto che un lavoro così ben fatto non poteva restare in un cassetto» spiegò.
Per un attimo pensai di aver capito male, poi mi ripresi consapevole che con Penelope nulla sarebbe mai stato come lo si aspettava.
«Oh sì, io…avevo chiesto un suo parere. Non credevo che avrebbe insistito per farli pubblicare»
«Ed invece l’ha fatto» disse soddisfatto «Quella ragazza ha una tenacia che…wow»
Tenne per qualche istante lo sguardo perso nel vuoto col sorriso stampato sul volto, come se stesse pensando a qualcosa di piacevole.
Difficile non capire che stesse pensando a Penny; sicuramente la trovava attraente o molto più probabilmente, conoscendola, c’era stato qualcosa tra loro, o magari c’era ancora.
Provai un’immotivata fitta di fastidio, che giustificai col classico istinto animale che si scatenava in ogni uomo dopo che aveva marchiato una donna, anche se non provava nulla per la suddetta.
«Già è molto brava nel suo lavoro» dissi in risposta alla sua affermazione.
«Non solo nel lavoro, Nathan. Penelope è una ragazza in gamba in molte cose, una donna caritatevole»
Ok, non c’erano più dubbi.
Penelope e Bill erano finiti a letto insieme, come prevedibile, ma perché venirmelo a sbattere in faccia con queste squallide allusioni?
Forse Bill aveva capito qualcosa ed agendo anche lui secondo l’istinto più primitivo dell’uomo, stava cercando di difendere ciò che era “suo”? Marcava il territorio?
Sentii il fastidio crescere ulteriormente ma dovetti trattenermi se non volevo rischiare di perdere il posto di lavoro.
«In qualunque caso sono lieto che il lavoro le piaccia, adesso se non le dispiace io tornerei a…»
“Pensare ad Penelope?” suggerì il mio inconscio.
«…lavorare» conclusi.
«Ma certo Nathan, a presto» disse stringendomi la mano prima di uscire dal mio ufficio.
Rimasi a guardare la porta in cagnesco per qualche secondo, molto agitato senza un motivo veramente valido.
Inserii la password al computer e decisi di andare da Penelope, avvertendo uno strano bisogno di vederla.
Arrivai fuori il suo ufficio, bussai con vigore e sentii pronunciare un “avanti” molto distratto.
Non appena entrai la vidi seduta alla sua classica postazione, i capelli vaporosi che le incorniciavano il viso, le lunghe ciglia curvate mentre gli occhi erano fissi sul monitor del pc, la mano dalle dita eleganti e le unghie laccate di rosso era posata sul mouse.
Stava lavorando, aveva due fantastiche fossette al centro della fronte che sicuramente erano dovute alla concentrazione, le donavano un’aria quasi corrucciata.
Richiusi la porta alle mie spalle e in quell’attimo esatto sollevò lo sguardo, i nostri occhi si incrociarono e l’amichetto dei piani bassi si ringalluzzì all’istante.
«Ciao» le sorrisi.
Lei ricambiò con un luccichio speciale negli occhi, quasi sembrava felice di vedermi.
«Ma buongiorno» si alzò e fece il giro della scrivania, si poggiò col sedere sul bordo ed incrociò le caviglie quasi si volesse mettere in mostra «A cosa devo questa visita?»
«E’ venuto a trovarmi Mr. Rooter» dissi semplicemente.
La vidi inarcare le sopracciglia e distogliere lo sguardo «Ops, mi hai beccata» mi sorrise furba, come al solito «Ti dispiace che mi sia intromessa?»
«No, è solo che mi stupisco dell’influenza che sai esercitare sul capo»
«Nessuna influenza, quei lavori erano ottimi» disse sicura, l’aria altamente competente.
«Per me…» provai a controbattere ma mi interruppe.
«Ti ha detto che gli sono piaciuti?» chiese.
«Si, ma…»
«Appunto!» sorrise, interrompendomi ancora.
Cavolo, era praticamente impossibile darle torto. Era così consapevole e sicura di se che non potevi obiettare se avevi una discussione con lei, dovevi soltanto arrenderti all’evidenza.
«Sei andata a letto con Bill?» chiesi senza mezzi termini, senza nemmeno che me ne rendessi conto.
La sua espressione stranita faceva supporre che forse non sapeva di cosa stessi parlando, ma con Penelope non si poteva mai avere una certezza assoluta, faceva sempre qualcosa che d’improvviso sconvolgeva tutti i tuoi piani, spiazzandoti.
«Posso capire il perché di questa domanda?» chiese in un mezzo sorriso, per niente infastidita.
Dopotutto non era il tipo di donna pudica, di quelle che fanno finta di essere delle sante e che si risentono se provi ad insinuare qualcosa sulla loro sessualità.
Penelope non aveva problemi a rapportarsi con gli uomini, e lasciargli credere quel che volessero fregandosene bellamente di quello che gli altri potessero pensare di lei.
«Da come parlava di te sembrava che Bill fosse molto…soddisfatto»
«Ah si?» chiese lei inclinando lievemente il capo ed arricciando le labbra.
«Sì. E non si è risparmiato nemmeno di decantarmi le tue doti di donna “caritatevole”»
Non appena sentì quella parola la vidi trasalire appena, poteva essere una conferma di quello che avevo pensato?
«In qualunque caso, se anche fossi andata a letto con lui, importa qualcosa?» domandò con voce sensuale, avvicinandosi con fare predatorio.
Se voleva distogliere l’attenzione dall’argomento ci stava riuscendo benissimo.
«No, è giusto per sapere con quanti uomini dovrò dividerti»
«Proprio con nessuno» disse sicura, venendomi sotto a muso duro «Perché non sono una proprietà tua, tantomeno di tutti gli altri uomini con cui decido di andare a letto»
Se fino a pochi secondi prima potevo dirmi eccitato, la sua vicinanza e quel suo tono così grintoso furono il colpo di grazia.
Posai le mie labbra sulle sue mordendole con tale veemenza da farla sussultare, un po’ per vendetta e un po’ per piacere quando mi staccai vidi la sua bocca storta in un ghigno minaccioso e divertito.
«Questo non avresti dovuto farlo, Nathan»
Si avvicinò alla porta che chiuse con due mandate, quando si voltò nuovamente  verso di me i suoi occhi erano letteralmente  fuoco vivo.
«Ora tocca a me» disse impugnando la lampo laterale del suo tubino, iniziando a tirarla giù molto lentamente.
Spostò prima una bretella lungo una spalla, poi l’altra, e quando il vestito cadde raccogliendosi ai suoi piedi, rimase col solo completo intimo a coprirla.
 Con ai piedi le eleganti decolté nere scavalcò l’abito per venirmi incontro, quando fu abbastanza vicino posò una mano a coppa sulla mia eccitazione stringendo lievemente.
 «Ti decidi a fare qualcosa, o quel tuo morso era solo il frutto di un attacco di gelosia isolato?» sussurrò.
Preso da una frenesia incontrollata la sollevai per farla sedere sulla scrivania, iniziai a baciarle le labbra, passando più e più volte la lingua laddove i miei denti avevano lasciato un solco nella carne morbida.
Nel frattempo le sue mani armeggiavano coi bottoni della camicia e quando fu aperta, passò ai pantaloni che spinse giù coi piedi lungo le cosce.
Potevo sentire la punta fredda delle sue scarpe di vernice solleticarmi la pelle, le nostre lingue calde giocavano tra loro mentre per i fianchi la tenevo stretta a me con tutta la forza di cui ero capace.
Un sentimento insano e perverso si fece strada nella mia mente, ma lo ricacciai all’istante.
Scesi con la bocca lungo il collo, le baciai i seni costretti nel severo reggiseno a balconcino mentre con le dita le sfioravo i capezzoli al di sopra della stoffa morbida.
«Oh Nathan, Nathan, Nathan…» pronunciò il mio nome all’infinito presa dall’estasi del momento.
Sentii le sue dita delicate allargare l’elastico dei boxer per farli ricadere allo stesso modo dei pantaloni, il mio membro svettava fiero tra le sue cosce divaricate.
«Dimmi…che mi vuoi» le sussurrai all’orecchio.
Le morsi il lobo, inarcò la schiena avvicinandosi ulteriormente «Dillo Penny, dimmelo» chiesi ancora una volta.
«Ti voglio» disse in un gemito strozzato «Ti…voglio»
Con l’adrenalina alle stelle spostai appena la stoffa del suo tanga, misi le mani sotto le sue ginocchia ed attirandola verso di me la penetrai con un colpo secco.
Iniziai a muovermi velocemente, incapace di trattenermi, quando le sue unghie presero a graffiarmi la schiena e le spalle, conficcandosi nella carne, morsi disperatamente la sua clavicola per evitare di urlare.
Eravamo in un ufficio, cazzo. Uno qualunque dei nostri colleghi avrebbe potuto scoprirci, Bill avrebbe potuto bussare da un momento all’altro, o Johanna avrebbe potuto chiamare per una comunicazione qualsiasi, ma non m’importava di nulla.
Nonostante non mi fossi mai trovato prima in una situazione tanto inverosimile, in quel momento l’unica mia preoccupazione era il godimento della donna che stavo scopando.
«Dio Penny…Penny»
Una mia mano si perse tra i suoi capelli, mentre con l’altra ancora la mantenevo. Alzando la testa mi ritrovai a guardarla negli occhi, lucidi e bellissimi, quando la vidi rotearli all’indietro inclinando la testa e spalancando le labbra per respirare meglio, mi tirai fuori dal suo corpo venendo all’istante.
Provai a raccogliere il mio seme con la mano ma inevitabilmente qualche goccia finì sul suo ventre e sulla coscia.
«Ti prendo dei fazzoletti» disse scendendo dalla scrivania, il respiro in affanno.
«Grazie»
Quando me li porse iniziai a pulirmi, vidi che lei faceva lo stesso.
«Mi dispiace»
«Per cosa?» chiese guardandomi perplessa.
«Beh…per quello» le risposi indicando il suo addome «Non ho saputo trattenermi»
«Oh, non è un problema» disse con un sorriso facendo dissolvere tutto il mio inspiegabile imbarazzo.
Finii di ripulirmi e mi ricomposi, Penelope indossò il suo vestito e tolse le mandate alla porta.
Sentivo il mio cuore battere all’impazzata, ma sapevo che non era dovuto solo allo sforzo o all’orgasmo appena avuto. C’era qualcos’altro sotto, qualcosa che aveva a che fare con Penelope e col modo in cui i nostri corpi si attraevano.
Non sapevo spiegarmi se fosse lei, i suoi modi di fare, o chissà quale altro assurdo motivo, ma le sensazioni che provavo quando l’avevo tra le mie braccia erano amplificate all’infinito.
Mi ritrovai a guardarla e sorridere, fino a quando non interruppe la mia contemplazione.
«Allora questo era il tuo modo per ringraziarmi?» chiese compiaciuta.
«Per cosa dovrei ringraziarti?» domandai divertito.
«Per averti fatto fare bella figura col capo» rispose ovvia.
«No, non era assolutamente per quello» dissi serio, squadrandola da capo a piedi, perfettamente in ordine anche dopo tutto quello che avevamo appena fatto.
«Oh…beh credo sia ora che ci rimettiamo a lavoro» tornò a sedersi davanti al computer, chiedendomi implicitamente di andarmene.
«Certo, ci vediamo…»
«Domani a lavoro» disse senza lasciare che finissi la mia frase, gli occhi puntati sullo schermo che cercavano di evitarmi.
«Sì, ok. A domani allora»
«Ciao»
 La guardai un’ultima volta, incapace di comprendere i suoi cambiamenti improvvisi d’umore, poi uscii.
Forse c’era ben poco da spiegare, il sesso era sesso, quello che veniva dopo non aveva importanza.
Non ci saremmo mai scambiati sguardi languidi carichi d’amore, carezze o parole dolci, non era questo che ci importava; non avremmo mai preteso l’uno dall’altra qualcosa in più rispetto a quello che già davamo, ed era questo che avrei dovuto avere chiaro in mente.

*** 
Cosa ne pensate di questo punto di vista di Nathan? In che termini collochereste il suo coinvolgimento?

 
   
 
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