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Autore: Serpentina    01/07/2014    8 recensioni
Lei: ha deciso di dedicarsi anima e corpo al lavoro, nonostante una migliore amica determinata a ravvivare la sua vita sentimentale, "più piatta dell'elettrocardiogramma di un cadavere". Dopo una cocente delusione, ha deciso di fare suo il mantra: "segui il cervello, perchè il cuore non ti porterà mai da nessuna parte".
Lui: strenuo sostenitore del motto "segui il cervello, perchè il cuore non ti porterà mai da nessuna parte". Il suo obiettivo è fare carriera, non ha nè tempo, nè voglia di perdersi dietro ai battiti di un organo che, per lui, serve soltanto a mandare in circolo il sangue.
Così diversi, eppure così simili, si troveranno a lavorare fianco a fianco ... riusciranno a trovare un punto d'incontro, o metteranno a ferro e fuoco l'ospedale?
Nota: il rating potrebbe subire modifiche.
Genere: Commedia, Romantico, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Het, Shonen-ai
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'United Kingdom of Faith'
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Hola! L’estate è finalmente arrivata, anche se dalla pioggia non si direbbe, e con lei la temutissima (per me) prova costume… ma non voglio pensarci, preferisco inondare di ringraziamenti Bijouttina, Calliope Austen, elev e madewithasmile, che hanno recensito lo scorso capitolo, DarkViolet92, che ha recensito e segue la storia, ed emanuelapezzella, Killerz, Shiho93, SweetCherry e Yukari87, che pure la seguono. Godetevi questo tuffo nelle atmosfere irlandesi (trapiantate a Londra), magari con un vivace reel in sottofondo, e chissà che alla fine del capitolo non vi venga voglia di ballare! ;-)
 



Love is like a roller coaster




“L’amore comporta un’insondabile combinazione di comprensioni ed equivoci”.
Diane Arbus

–Un brindisi a noi tre!- urlò stridulamente Bridget, decisamente brilla dopo diversi Martini. In un altro locale l’avrebbero quasi certamente buttata fuori, ma il bello e il brutto dei pub irlandesi era proprio questo: l’assoluta libertà. Volevi far baldoria con un bicchiere in mano? Bene! Volevi stare in un angolo a deprimerti? Benissimo! Volevi dissertare di economia, politica, sociologia, letteratura, storia e scienze? Fantastico! Volevi cimentarti in una gara di rutti? Meraviglioso! Insomma, l’unica regola era l’assenza di regole.
Faith levò in alto il boccale di birra e lo vuotò senza entusiasmo. Aveva accolto con piacere la proposta delle sue pazze migliori amiche di organizzare un’uscita al femminile, suggerendo di bere qualcosa all’Irish Stallion Pub - dove abitualmente si ritrovava con gli amici il venerdì sera, prima di ‘Genital Hospital’ - peccato che la serata non si stesse rivelando pari alle aspettative. Adorava Franz, ma da quando avevano presenziato al lancio del libro di Connie era stato così sfuggente che non voleva pensare a lui per una sera. Il problema era che, come la quasi totalità delle donne, Faith, per quanto razionale, possedeva una vena latente di auto-colpevolizzazione che la spingeva, nei momenti di crisi, a domandarsi di continuo dove potesse aver sbagliato; il pensiero che ad essere in torto in quella particolare occasione fosse Franz non l’aveva neppure sfiorata.
–Stai bene, F?- le chiese Abigail, occhieggiando con disapprovazione l’altra amica, che ci stava provando spudoratamente col barista. Aver notato che questi sembrava trovare più divertenti che seducenti le avances di Bridget fece sospirare entrambe di sollievo.
–Franz mi evita e non so perché. Secondo te come sto?- piagnucolò, per poi ordinare un’altra pinta. Non era nei suoi piani ubriacarsi, però, ora che Melanie, Allison, Monica e Connie se n’erano andate, poteva concedersi un’ultima pinta. Il barista rossiccio e lentigginoso da lei ribattezzato “Sam” ( per via della straordinaria somiglianza con l’attore che interpretava la spalla di Frodo nella trasposizione cinematografica de ‘Il Signore degli Anelli’), gliela porse con un sorriso che le parve vagamente familiare, sebbene non sapesse spiegarne la ragione, dato che conosceva l’uomo soltanto di vista e non sapeva neanche il suo vero nome. A dire il vero credeva addirittura fosse muto, finché non le rivolse la parola, ponendole una domanda inaspettata.
–Come mai la tua amica simpatica non è qui?
–Ti tocca specificare, le mie amiche sono tutte simpatiche- replicò lei con un sorrisetto da dietro il boccale ancora piuttosto pieno: che il destino le stesse dando una mano a formare un’altra coppietta felice?
–Quella brunetta riccia, con gli occhiali… che ordina sempre irish coffee… Damnaigh, com’è che si chiama? Ah, sì: Margareth!
Alla Irving andò di traverso la birra. Si coprì la bocca con la mano per impedire che preziose gocce di Guinness andassero perdute, dopodiché si ricompose ed esalò –C-Conosci Maggie?
–A volte scambiamo quattro chiacchiere quando venite qui il venerdì- rispose lui, specchiandosi in un bicchiere lindo a dovere.
–Che genere di chiacchiere?- inquisì Faith, scioccata: che le fosse sfuggito un flirt che avveniva proprio sotto il suo naso? “Impossibile”, si disse, “Meg è troppo timida per conversare con chicchessia. Saranno state quattro chiacchiere di numero. Sì, dev’essere così. Non c’è bisogno di preoccuparsi: Meg seguirà i miei consigli, si metterà con Paddy e vivranno felici e contenti bevendo irish coffee.”
–Chiacchiere- bofonchiò evasivo.
–Per definirla simpatica devono essere state chiacchiere divertenti- incalzò Faith, decisa ad andare in fondo alla questione.
–Non necessariamente- ribatté “Sam”. –Stiamo dando aria alla bocca inutilmente, eppure ho già intuito che sei cocciuta e troppo curiosa per il tuo stesso bene. Ora, se vuoi scusarmi, corro a salvare due ingenue fanciulle dai cocktail all’ultima moda. Ah, i giovani d’oggi!- sospirò scuotendo il capo. –Cos’ha che non va il buon vecchio whiskey?
–Non finisce qui!- gli urlò dietro Faith, ricevendo come risposta un ilare –Che avevo detto? Testarda come un mulo!
La replica della Irving venne stroncata sul nascere da una scatenata Abigail, che la trascinò a ballare, convinta che nulla curasse il mal d’amore meglio di un reel.

 
***

Alexander, pur facendo il prestigiatore di mestiere, non credeva a stupidaggini quali la telepatia tra fratelli. Franz era un libro aperto per lui semplicemente perché, dopo tanti anni, aveva imparato ad associare ai suoi stati d’animo determinati comportamenti; per esempio, in quel momento, seduto fin troppo comodamente, il sorriso spensierato in netta contraddizione con l’ombra che gli incupiva lo sguardo, non bisognava essere psicologi per capire che qualcosa lo tormentava e non aspettava altro che confidarsi. Conscio che il suo orgoglioso fratello non avrebbe mai affrontato l’argomento spinoso per primo, messo a letto Wilhelm e spedito Hans ad “ampliare i propri orizzonti con giochi educativi”, si schiarì la voce e disse –Allora, la presentazione è stata una noia mortale come avevi predetto?
–No- rispose Franz, mostrandogli il lavoro di Connie. –E’ stata breve, e il libro non era male. Ne ho acquistata una copia.
Alexander se la rigirò tra le mani, quindi esclamò –Ehi, è quello consigliato da Miss Vetriol! Una carogna, quella donna, ma nessuno ha più fiuto di lei in campo letterario. Ti autorizzo a regalarmelo per il mio compleanno. Ok, basta girarci intorno: cos’è successo tra te e Faith?
–Chi ti dice che riguarda Faith?- sbuffò Franz, girandosi di spalle. Non credeva nella lettura del pensiero, ma Xandi era pur sempre un mago, e che mago!
–Me l’hai appena confermato- asserì il maggiore dei fratelli Weil con aria saputa. –Avanti, sputa il rospo.
–Non sopporto quel Cyril- sibilò Franz, stringendo i pugni. –E’ così… perfetto! Lo odio con tutto me stesso!
–Ehm… chi diavolo è Cyril? Un deficiente che ci prova con Faith? Pestalo e falla finita!
–Peggio- gnaulò mestamente Franz, abbandonandosi contro lo schienale del divano. –E’ il suo ex. Non ho saputo molto, ma a quanto mi è stato dato capire l’ha lasciata lui, spezzandole il cuore.
–Bene!- rispose Alexander con fare incoraggiante. –Ehm, mi dispiace che quella poverina abbia sofferto, ma almeno sei sicuro che il cattivo ricordo di lui basterà a raffreddare eventuali ritorni di fiamma!
–E’ questo il punto, Xandi: non so se conserva i brutti ricordi della rottura, oppure li ha rimossi. Non parla quasi mai di lui, e le rare volte in cui ha toccato l’argomento si è limitata a darmi informazioni futili che al massimo potrebbero interessare a un funzionario dell’anagrafe. Oltretutto, ha conservato le fotografie di quando stavano insieme. E se… e se provasse ancora qualcosa? Se fossi solamente un sostituto, il rimpiazzo del perfetto Cyril?- sbraitò, per poi calmarsi e aggiungere, con falsa giovialità –Ora sì che posso donare le mie palle alla scienza… sempre che non si siano atrofizzate, dopo questa ventata di sentimentalismo da soap opera!
Franz, du kannst nichts dafür- asserì Alexander, usando il tedesco per enfatizzare il concetto. –L’amore è come un giro sulle montagne russe: vertiginoso ed eccitante. E’ normale sentirsi insicuri quando si tiene veramente a qualcuno. Credi mi sia privato della mia dose di paranoie amorose quando ho chiesto a Serle di sposarmi?
–Tu non hai avuto tempo di diventare paranoico, Xandi: vi siete sposati dopo una settimana!- obiettò Franz.
–Dieci giorni- precisò Alexander con sussiego. –E a distanza di sette anni la amo come la prima volta che l’ho vista, se non di più.
–Lo spero bene! La prima volta che ti ho visto eri sbronzo, hai fischiato, hai urlato “Ehi, bambola, il tuo culo mi ama e io ricambio” e hai cercato di mettermi le mani sotto la gonna!- ridacchiò Serle, di ritorno da un turno di lavoro sfiancante. Dietro la facciata ironica, però, era sinceramente commossa dalle parole di suo marito.
–Adesso sì che posso dubitare della tua sanità mentale, cognata cara: cosa ti ha spinto a sposare chi ti ha abbordata in modo tanto volgare?
–Semplice: mi ha corteggiata da sobrio- rispose lei con una scrollata di spalle
Alexander, arrossito per l’imbarazzo, pigolò –Non ricordavo di averti vista alla gara di bevute… dovevo essere sbronzo perso! Ah, ti ho tenuto in caldo la cena. E’ nel forno.
–Ecco perché ti ho sposato, bel biondo!- ridacchiò Serle, baciò suo marito sulla guancia e andò a cambiarsi.
Non appena fu fuori portata d’orecchie, Alexander sbuffò, tentando di riacquistare un contegno virile –Ehi, alla fine l’ho conquistata. E’ questo che conta, no? Torniamo a te, Faith e il fantasma di Cyril: le tue sono supposizioni, oppure le hai parlato?
–No. Non ne ho il coraggio- confessò Franz a testa bassa. –Temo che il mio incubo si avveri, che mi dica che lo ama ancora.
–Parlale, allora, e non solo per fare sesso al telefono!- tuonò Alexander.
–Sì, sì, tutto quello che vuoi, basta che abbandoniamo questi discorsi da femmine, ho paura che mi spuntino le tette da un momento all’altro!

 
***

Non appena si scontrò con la sobria semplicità delle altre allieve del corso di informatica, Maggie capì di essere ridicola: avrebbe tanto desiderato potersi coprire con un sacco di patate, ma non poteva. Accidenti a lei e alla sua decisione di seguire le indicazioni di Faith! L’amica, dopo aver infamato in tutti i modi Robert, le aveva consigliato di vestirsi e truccarsi come ad un appuntamento del venerdì sera, di sorridere il più possibile e mostrarsi sempre imbranata per attirare l’attenzione di Paddy.
“Onestamente non capisco perché mai dovrei voler attirare la sua attenzione. Certo, è discretoccio, gentile, beneducato, ma non ho intenzione di farmi prendere in giro da qualcun altro. Spiacente, approfittatori di questo mondo, trovatevi un’altra schiavetta!”.
La tensione scemò quando riconobbe una faccia conosciuta; agitò una mano ed esclamò, forse a voce eccessivamente alta –Sam!
Il destinatario rispose, manifestando educata perplessità –Veramente mi chiamo Ian.
Maggie, coloratasi di una violenta tonalità di rosso, balbettò –L-Lo s-so c-che n-non ti c-chiami S-Sam, p-però… ecco… la mia amica ti chiama così perché dice che sei uguale al Sam del film, sai, l’amico di Frodo, e credo abbia ragione, anche se ammetto di averlo cercato su Google perché mi sono rifiutata di vedere quei film, anche se tutti i miei amici stravedono per la saga, ma non fa proprio per me: tra gli orchi e l’occhio di fuoco avrei avuto incubi per mesi! Cos’hanno che non va i drammoni strappalacrime?
Damnaigh, come riesci a parlare tanto velocemente senza riprendere fiato?- esalò Ian, travolto da quel fiume in piena di parole.
–N-Non l-lo s-so. Buona coordinazione neuromuscolare?- rispose tentativamente Maggie, per poi aggiungere –Cosa ci fai qui, comunque?
–Cosa potrei mai fare a un corso d’informatica?- replicò Ian. –Imparare a cucinare biscotti?
–Non sarebbe una cattiva idea- ribatté lei, sedendosi alla postazione accanto alla sua. –Potresti servire biscotti a forma di trifoglio o arpa irlandese come accompagnamento agli alcolici.
–Biscotti… in un pub?- sbuffò scettico, anche se una piccola parte di lui non la riteneva un’idea tanto strampalata.
–Nessuno dice di no a un biscotto- asserì Maggie con convinzione. I biscotti, più che torte e pasticcini, erano la sua rovina: le bastava sentirne l’odore per trasformarsi in un pozzo senza fondo, e a cosa serviva comprare prodotti light, se ne ingurgitava quantità industriali?
–Ci penserò- le assicurò, quindi le chiese, bisbigliando per non farsi udire da Patrick –Venerdì tornerai con i tuoi amici? Siete tra i miei clienti più spassosi; un gruppetto così… originale!
–Di’ pure che siamo pazzi, non mi offendo- sussurrò la Bell di rimando, alternando lo sguardo dalla lavagna - su cui Patrick stava annotando le principali componenti dell’hardware - a Ian, che scarabocchiava su un quaderno, e che rispose, dopo un lungo silenzio carico di aspettativa –Ho detto che siete originali. Se avessi voluto definirvi pazzi avrei detto “strani”.
–Perché non “pazzi”?
–Perché è politicamente scorretto- rispose lui con un mezzo sorriso, prima di tornare a disegnare quelli che da scarabocchi si stavano tramutando in un paesaggio stilizzato.
Pensando a come avrebbe commentato un’affermazione del genere Erin, Maggie promise che non sarebbero mancati all’appuntamento del venerdì e aggiunse, prima di riprendere a scrivere appunti nella sua grafia stretta e appuntita col sorriso sulle labbra –Potrei farci un salto stasera stessa, un irish coffee è quel che ci vuole per riprendersi dalla prima lezione di informatica per imbranati!

 
***

Il mattino seguente, nella caffetteria dell’ospedale, Faith marciò con passo deciso verso le sue amiche per ascoltare di prima mano, e in presenza di testimoni, i progressi di Maggie nell’operazione “dimentica lo sfruttatore e accalappia l’amore”. Con suo grande rammarico, però, l’amica era assente ( in seguito apprese che aveva modificato le proprie turnazioni per ridurre al minimo i contatti con Robert).
Sbuffando, Faith si sedette con le altre e chiese –A cosa si deve tanta concitazione? E’ morto qualcuno?
–Io ci sono andata vicino, stamani- rispose Evangeline Ferrey mettendosi le mani nei capelli, talmente crespi che faticò a liberarle. –Stavo cercando degli asciugamani puliti, quando l’ho trovato.
–Oh, tesoro, sarà stato uno shock!- chiocciò Helen Gardiner, pediatra, rientrata da poco al lavoro dopo un periodo di assenza per maternità.
–All’inizio sì, poi, però, ho realizzato che non era un miraggio e ho saltellato per casa in estasi!- sospirò Evangeline in tono sognante. –Naturalmente acqua in bocca, eh! Andrew non deve assolutamente sapere che io so.
–Cosa?- sbottò Faith, che non aveva capito un’acca di quell’assurda conversazione.
–Ieri sera Andy ha accennato a una sorpresa per me, e guarda cosa ho trovato nella cassettiera del bagno!- trillò Evangeline, estraendo dalla tasca uno scatolino rivestito in velluto che conteneva… un anello. O meglio, l’anello. –E’ chiaro, no? Vuole chiedermi di sposarlo!
–Grande, troietta!- ruggì Diane, dandole il cinque. –Ti regalerò una scorta di slip commestibili alla fragola per la luna di miele!
–Adoro i matrimoni!- intervenne Jeff, smettendo di sorseggiare il suo drink ipocalorico. –Cibo e alcolici gratis, pettegolezzi a gogò, bei maschioni… oops, questa mi conviene toglierla: ora ho Demon, basta e avanza!
Faith impiegò più tempo degli altri a prendere nota della notizia; impallidì, rimase a bocca aperta, la richiuse, sgranò gli occhi, infine si alzò ad abbracciarla, chiocciando, orgogliosa –Oh, Eva, sono tanto felice per te! Tu e Drew siete fatti l’uno per l’altra, ho scommesso su di voi dal primo istante!
–Letteralmente- bisbigliò Erin, smaniosa di spettegolare, a un allibito Jeff. –E vinse cinquanta sterline!

 
***

Purtroppo Faith poté comunicare il succoso scoop a Maggie ( e interrogarla sul corso di informatica, naturalmente) soltanto il venerdì successivo, a causa dei turni incompatibili e dell’improvviso mutamento d’umore di Franz, passato dall’evitarla come la peste al trascinarla nel primo posto appartato disponibile per baciarsi col trasporto e la spensieratezza di due adolescenti in astinenza da mesi. Inutile dire che la Irving aveva messo immediatamente a tacere la voce interiore che si domandava il motivo di questo repentino risveglio degli ormoni per godere senza pensieri di questa piacevole svolta nel rapporto. Avrebbe indagato in seguito, seguendo uno dei tanti aforismi di sua nonna Beatrice, “Se un uomo fa qualcosa di carino senza motivo, un motivo c’è”, e se avesse scoperto che questo motivo aveva nome e cognome gliel’avrebbe fatta pagare cara.
–Non posso crederci! Le ha davvero fatto la proposta?- domandò una incredula Maggie, rovesciando sul tavolo parte della crema di liquore alle noci.
–Non gliel’ha ancora fatta, ma è questione di giorni- asserì Faith. Le due, come al solito, erano le uniche puntuali della comitiva, per cui aveva colto l’opportunità di aggiornare l’altra senza fare la figura della Mrs. Norris. –Ha comprato l’anello… e che anello! Semplice, ma d’effetto. A dire il vero gli zaffiri non mi piacciono molto, preferisco gli smeraldi, ma non sarò io ad indossarlo, quindi…
–Immagino stia gongolando- rispose Maggie. –Dopotutto, sei stata tu a farli conoscere.
–Non nego di provare un caldo senso di auto-compiacimento- ammise la Irving, sbracciandosi per palesare la propria presenza a Helen e suo marito, che avevano appena varcato la soglia dell’Irish Stallion. –Ma ad essere precisi si sono conosciuti per caso, io li ho soltanto incoraggiati. Eva, se ben ricordi, non voleva storie per non distrarsi dallo studio, finché quella vipera di Charlotte non insinuò che in realtà non si interessava ai ragazzi perché sapeva che avrebbe ricevuto esclusivamente rifiuti. Allora mi ordinò di portarla in discoteca, dove, guarda caso, si trovava Andrew, depresso per essere stato mollato senza tante cerimonie.
–Strano, non mi sembra un discotecaro- commentò Alan, marito di Helen, sedendosi accanto alla consorte.
–Non lo è, infatti- annuì Faith. –I suoi genitori l’avevano costretto a tenere d’occhio sua sorella, che era uscita con alcune amiche. Si è imbattuto in Eva per caso… nella toilette. Lui si annoiava a morte e lei tentava di sfuggire all’ennesimo psicopatico ubriaco che aveva provato a rimorchiarla. Quando li ho trovati stavano chiacchierando come vecchi amici, tant’è che la invitò a non ricordo che gara dove ci saremmo esibiti. Eva venne a sentirci, da cosa nasce cosa…. e adesso si sposano!
–Certo che ne hai di intuito per gli affari di cuore!- esclamò Alan. –Se non fossi profondamente fiducioso nel prossimo potrei quasi pensare che quel giorno, in biblioteca, abbia spinto Helen addosso a me.
–Santo cielo, no! Con chi credi di avere a che fare?- sbottò sdegnosamente Faith. –Mi sono limitata a suggerire alla cara Helen di frequentare più assiduamente quella particolare ala della biblioteca... e devi riconoscere che ha funzionato. Ora basta parlare di me. Meg, non ci hai detto niente del corso di informatica!
L’interessata avvampò, poggiò il bicchiere sul tavolo per evitare di rovesciarlo di nuovo, e squittì –Bene. Mi aiuta a non pensare a Robert, a migliorare il mio rapporto con la tecnologia e a conoscere gente.
–E Paddy? Si fa vedere ogni tanto durante il corso?
–Si fa vedere parecchio… è l’insegnante! Davvero bravo: preparato, disponibile e alla mano; alla fine della prima lezione ci ha offerto una birra qui, pensa! A quanto pare ha un conto aperto perché il proprietario del pub è suo cugino.
–Non a caso sono anni che non salda quel conto- confermò Ian, materializzatosi da loro col taccuino per le ordinazioni. –Buonasera ai nuovi arrivati. Cosa bevete? O preferite mettere qualcosa sotto i denti?
Maggie si illuminò con un sorriso radioso e, dopo che i Gardiner ebbero ordinato da bere, gnaulò –Potrei avere un altro po’ di questa deliziosa crema di liquore alle noci e sentire quel brano che mi piace tanto?
–Crema alcolica alle noci e ‘Duelling Violins’. Ricevuto- ridacchiò, mimò il saluto militare e tornò dietro il bancone.
Faith non ci aveva mai badato, ma in quel momento si accorse che era sempre stato il sosia di Sam a prendere i loro ordini, e si domandò il perché: non poteva mandare una cameriera come agli altri tavoli?
“Indagherò anche su questo… cazzarola, di questo passo avrò più casi di Hercule Poirot!”
L’arrivo inaspettato di Patrick la distolse da quei pensieri. Decisa a mettere in ottima luce Maggie, con la discrezione che la contraddistingueva esaltò i suoi pregi e la spronò a conversare. Fu lieta di notare quanto lui fosse amabile e premuroso nel rammentarle che la lezione successiva era stata spostata al mercoledì. Non appena le ebbe lasciate per raggiungere Ian al bar, Faith commentò –E’ un uomo d’oro. Sono felice di averti spinta a iscriverti a quel corso, sei entrata in contatto con persone amichevoli. Non sei d’accordo, Meg?
–Oh, sì, assolutamente- rispose lei con entusiasmo, e se Faith fosse stata attenta a vedere ciò che avrebbe dovuto, invece di ciò che voleva, si sarebbe accorta che Patrick portava la fede e che lo sguardo della Bell non si era affatto posato su di lui.

 
***

Andrew Dixon rientrò a casa stanco, sudato e col camice graffiato da un paziente felino particolarmente isterico. I muscoli gli dolevano e la sua unica aspirazione, in quel momento, sarebbe stata un bagno caldo, magari in compagnia della sua fidanzata. Peccato che non avesse una vasca e che i suoi rumorosi amici sarebbero arrivati tra mezz’ora, troppo poco per chi, come lui, amava trascorrere lunghi minuti sotto la doccia. Maledicendosi per il ritardo e per aver accettato di ospitare la baraonda del venerdì sera a casa sua, ripose la borsa da lavoro e controllò che il regalo che un amico gli aveva affidato fosse al suo posto.
Non trovandolo, chiese, in preda al panico –Eva, amore, scusa se ho tardato. Spero non sia arrabbiata. Senti, non è che per caso hai visto un anell… oh. Mio. Dio!
Decisamente, Evangeline non era arrabbiata. Una donna arrabbiata si farebbe trovare con le mani sui fianchi, o con un mattarello, non sdraiata sul letto seminuda!
–Tranquillo, l’anello è in buone mani- mormorò mentre lo trascinava sul letto, spogliandolo dei vestiti.
–E pensare che… credevo di essere io a farti… una sorpres… ah, Eva, sei… fantastica!
–Lo so. Sbrighiamoci, non abbiamo molto tempo!
–V-Voglio p-prima d-dirti una cosa… m-ma… l’anello?
–Ce l’ha chi era destinato ad averlo.
–Oh, bene. Chissà se a Claire è piaciuto.
Evangeline, che stava abbassandogli i boxer con i denti, si irrigidì, scattò a sedere e strillò –Claire? CLAIRE?
–Beh… sì. L’anello è per lei, e…
Il poveretto non riuscì a finire la frase perché la sua fidanzata iniziò a picchiarlo, ululando –Bastardo! Traditore! Stronzo! Volevi farmi una sorpresa, eh? Te la do io la sorpresa! Su per il culo ti ficco quel cazzo di anello, lo faccio arrivare al colon trasverso!
–Amore, stai delirando…
–Come hai potuto?- piagnucolò, rannicchiandosi ai piedi del letto. –Cosa ho fatto per meritarlo? Non mi ami più?
–M-Ma… ma io… volevo solo farti una sorpresa…
–Così hai pensato bene di mandarmi a fanculo e rimpiazzarmi con questa Claire! Gran bella sorpresa, complimenti!
Prima che Andrew potesse riprendersi dallo sconcerto, Evangeline si vestì, riempì un trolley e minacciò di andarsene. Stava lottando per trattenerla, quando bussarono alla porta; incazzato nero andò ad aprire e, incurante di apparire maleducato, ruggì –Non è un buon momento. Ripassate più tardi!
Poco dopo la scena si ripeté, solo che stavolta fu Evangeline ad aprire e urlare –Non è un buon momento. Ripassa più tardi!- ma Andrew accorse per impedirle di sbattere la porta in faccia al suo amico Garreth.
–Gar, scusa, ci hai beccati nel bel mezzo di una litigata e…
–Ah, non preoccuparti, capisco benissimo. L’amore non è bello se non è litigarello. Prendo il mio anello e vi lascio scannarvi in pace.
Evangeline si bloccò col braccio a mezz’aria, strabuzzò gli occhi e sibilò –Il tuo anello?
–Sì. Sai, voglio fare una proposta in grande stile alla mia Claire…
–Claire…
–Purtroppo, però, insieme a tanti pregi ha un difettuccio: è una ficcanaso. Per evitare che lo trovasse, o che lo ingoiasse il nostro cane, rovinando la sorpresa, l’ho affidato a Drew. Geniale, no?
–Geniale…
–Qualcosa mi dice che hai equivocato, Eva.
–Hai meritato comunque quei pugni: mi tenuto nascosto qualcosa di importante. P-Però… se l’anello non è per me- pigolò lei, consegnandolo a Garreth, –A-Allora… l-la sorpresa di cui mi hai parlato… non esiste.
–Certo che esiste!- esclamò Andrew, tirando fuori dalla borsa professionale una busta. –Questa estate non abbiamo potuto fare un viaggio degno di questo nome, perciò, senza offesa per le nostre famiglie, trascorreremo le vacanze pasquali a...
–Malta!- trillò Evangeline, per poi saltargli addosso. –Oh, Andy, è meraviglioso! Sei il migliore!
–Ah, sì? Non sono più un “traditore, bastardo e stronzo”?
Non seppe mai la risposta, perché in quel preciso momento la baraonda del venerdì sera ricomparve sulla soglia, Faith bussò e sbuffò sarcastica –E’ ancora un brutto momento, o possiamo finalmente vedere se l’infermiera Rooke ha convinto la moglie del paziente in coma a fare una cosa a tre col dottor Mc Kenzie?

 
***

Ogni tanto persino Brian Cartridge si sentiva stanco; in queste rare eccezioni alla sua proverbiale vita sregolata si concedeva un tè (al naturale o corretto), buona musica e un libro o un film.
Quella sera aveva scelto di rilassarsi aiutando suo cugino ad allenarsi per la gara cittadina di cruciverba. Adam era il campione uscente, ma non aveva alcuna intenzione di “uscire”; come ogni Cartridge che si rispetti era estremamente competitivo, viveva per vincere.
Squillò il telefono e, come al solito, Adam non si mosse di un millimetro, impegnato nel tentativo di battere il suo precedente record di tempo.
Sbuffando, rispose Brian, e una voce femminile piagnucolò –Grazie al cielo sei tu! E’ successa una disgrazia!
–Ok, respira e spiegami tutto con calma. Non agitarti, una donna in dolce attesa non deve agitarsi- esalò Brian, consapevole che quella frase aveva segnato la fine della sua tranquillità.
–E’ morto! Carter è morto! C’è il… medico con lui- squittì la donna con voce tremolante.
–Carter… morto? Non è possibile! Abbiamo cenato insieme ieri, e stava bene!- esclamò Brian, sconvolto. A parte i fisiologici acciacchi dovuti all’età, Carter Ryan godeva di ottima salute.
–E’ s-successo q-qualche o-ora fa. Non ha mangiato perché diceva di avere male allo stomaco, è andato a stendersi sul letto, ma poi si è sentito male, si contorceva dal dolore, ho chiamato l’ambulanza, stava malissimo, e quando sono arrivati… era già morto!
Inizialmente Brian pensò all’infarto ( suo padre ne aveva avuto uno due anni prima, e se non fosse stato per la prontezza di spirito di sua madre non sarebbe sopravvissuto), poi, però, ripensando al racconto della terza Mrs. Ryan, lo assalì un atroce dubbio: che una delle donne di casa avesse affrettato la dipartita del vecchio? Era plausibile: Carter era un eccellente uomo d’affari, ma aveva la presunzione di non ascoltare i consigli altrui; contro il suo parere, per non parlare del comune buon senso, aveva accolto in casa propria le sue due ex mogli e i rispettivi nuovi compagni, e aveva nominato lui, Brian Cartridge, donnaiolo e casinista, futuro padrino e tutore legale del nascituro. Sorrise al pensiero che Faith, se avesse ascoltato la telefonata, avrebbe cominciato subito a snocciolare congetture più o meno plausibili camminando su e giù per la stanza come una giovane Miss Marple del ventunesimo secolo. “Cazzarola, Agatha Christie venderebbe l’anima per essere qui adesso: i moventi bastano per una decina di romanzi gialli”, avrebbe commentato.
–Senti, so che è difficile mantenere la calma, però devi farcela. Non hai niente da temere, se non hai niente da nascondere- asserì, stringendo convulsamente la cornetta del cordless.
–Ma io ho qualcosa da nascondere, lo sai perfettamente!- replicò Mrs. Ryan tra i singhiozzi.
–Qualcosa collegato alla morte!
–Oh. Oh, no, quello no. Non sospetterai che Carter… oh, no, no, no! Non può essere!
–Datti un contegno, Crystal! Capisco che stai recitando la parte della vedova afflitta a beneficio della comunità, ma non c’è bisogno di fingere con me. Non avresti fatto quello che hai fatto se avessi provato anche solo un briciolo di affetto per tuo marito.
–Non sei nella posizione di potermi giudicare- sibilò Mrs. Ryan. –Puoi semplicemente scegliere se aiutarmi o metterti contro di me. Vedi, l’assicurazione ha qualche, ehm, dubbio sulla diagnosi di causa della morte, e la tua influenza potrebbe farmi comodo: voglio i miei soldi, e li voglio prima possibile!
–I soldi che Carter ti ha destinato, vorrai dire- la corresse Brian, poi, intenerito dal pensiero della creatura vittima della cupidigia materna ancor prima di nascere, aggiunse, prima di riattaccare –Le briciole. Per quanto riguarda quelli di tuo figlio… sta’ sicura che ti impedirò di artigliarli con le tue manacce rapaci, fosse l’ultima cosa che faccio!

 
***

–Dai, Franz, devi indovinare! E’ facile!- ridacchiò Faith, agitando il cucchiaino che aveva pulito dal budino al cioccolato.
–Ovvio che è facile… sai la risposta!- osservò Weil, infilzando il suo budino quasi volesse ucciderlo: da vero gentiluomo aveva ceduto l’ultimo al cioccolato a Faith, ritrovandosi a doverne mangiare uno alla vaniglia, che non gli piaceva. Ciliegina sulla torta (o meglio, sul budino), si sentiva dilaniato dalla tensione: invano si era sforzato di abbandonare la competizione col fantasma di Cyril, tornava continuamente a tormentarlo; all’inizio aveva pensato che evitarla avrebbe giovato, invece aveva peggiorato la situazione, così aveva invertito la rotta e cercato di oscurare il ricordo di Mr. Perfettino dimostrando fisicamente a Faith quanto la desiderasse.
–Pensaci, su: cosa c’è in profumeria?
–I profumi… no, troppo scontato- mormorò Franz. –Non lo so. Mi arrendo.
–Non puoi arrenderti! So che puoi arrivarci, impegnati!- lo pungolò Faith, rubandogli un po’ di budino alla vaniglia.
–Scusa, non sono dell’umore, ho altro per la testa.
–Qualcosa che spieghi come mai, tutto a un tratto, sei diventato assatanato?- chiese la Irving, che possedeva un intuito di prima classe.
–Sì. La verità è… che ti bacio per dimenticare- ammise.
–Dimenticare? Stai dicendo che sono la sostituta di qualche sgualdrina che ti sei portato a letto?- soffiò, tirandogli in testa il cucchiaino.
–Ahio! Fa male!
–Bene! Meriti di soffrire!
–Allora dovresti auto-punirti, perché mi stai facendo stare da cani!
–Per un cucchiaino? Mamma mia, come sei delicato!- sbottò Faith a braccia conserte.
–E’ Cyril il problema!- ringhiò Franz, incapace di trattenersi. –Mi dici che è storia passata, però non ne vuoi parlare, e questo mi fa credere che non è un capitolo chiuso. Anche perché, diciamocelo, chi conserva le foto del proprio ex nella cornice?
–Una persona matura, che riesce a ricordare i momenti belli di una relazione senza perdere di vista quelli brutti. Cos’avrei dovuto fare, secondo te? Buttare i suoi regali? Eliminarlo dagli album di nozze di Abby e Bridge e dal mio album di ricordi? Capisco che possa essere geloso, e mi dispiace che non me ne abbia parlato prima, ma non capisco perché dovrei cancellare ogni traccia di Cyril: sono stata felice con lui…. fino a un certo punto. Se potessi rivivere la mia vita daccapo ne farebbe parte, e se non riesci ad accettarlo…
–Ehi, ehi, ehi! Frena, frena, frena!- la interruppe. –Ecco cosa volevo sentire. Cioè, non esattamente - avrei preferito che lo mandassi al diavolo - ma ne stiamo discutendo civilmente, mettendo al centro i tuoi sentimenti, non la biografia di Cyril. Mi importa di te, non di lui.
–Sono contenta che abbiamo chiarito.
–Non ancora. Un’ultima domanda: nelle fotografie a casa tua sembrate una coppia affiatata, cosa vi ha fatto scoppiare?
Faith impallidì: non era pronta a rivelargli del matrimonio mancato, e della campagna diffamatoria di Solomon. Si fidava di Franz, sapeva che non l’avrebbe lasciata, ma la ferita era cicatrizzata solo parzialmente, in più temeva che l’avrebbe giudicata, e non l’avrebbe sopportato.
Decise quindi di giocare d’astuzia.
–Uhm… te lo dirò… se risolverai l’indovinello! Aguzza l’ingegno, Franz: cosa c’è in profumeria?

Nota dell’autrice:
Avanti, su, provate anche voi a indovinare: cosa c’è in profumeria?
Solo, fatemi il favore di inviare la risposta in PM, non sia mai che qualcuno indovini e spoileri la soluzione! XD
E ora… tiriamo un sospiro di sollievo: Franz ha sputato il rospo, alias Cyril! Era ora che si confidasse con Faith: l’amore è fiducia, e chissà che questo chiarimento non porti altre evoluzioni nel loro rapporto… ;-)
Il piano per sistemare Maggie prosegue; forse, però, la cara Faith farà la fine di Emma, e i suoi progetti non si realizzeranno interamente come previsti… dopotutto, Harriet trova la felicità con Mr. Martin, non col reverendo Elton (meno male, aggiungerei, e aggiungo anche di leggere questo classico della letteratura inglese, se non l’avete ancora fatto)!
Un applauso a Evangeline e Andrew! *applauso* Hanno fornito l’intermezzo comico, se lo meritano… senza contare che sono davvero una bella coppia (creata da Faith).
Fine degli scleri.
Serpentina
Ps: se volete ascoltare il brano richiesto da Maggie andate su Youtube e cercate “Lord of the dance, Duelling violins”, oppure visitate il mio profilo ( 
https://www.facebook.com/francy.iann ).
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
   
 
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