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Autore: ToscaSam    01/07/2014    0 recensioni
piccola storia bonus di Draco e Astoria nel loro futuro. Uno spezzone di vita fra l'ex pomposo figlio di papà, diventato adulto, e la sua futura moglie.
-- Per chi ha letto "Non avevo mai conosciuto Draco Malfoy, che sarei io", diciamo che è un piccolo bonus prima del vero sequel. è tuttavia una storia a se stante e si può leggere anche senza conoscere la storia che ho scritto in precedenza :)--
storia partecipante al contest "With ears to see and eyes to hear"
Genere: Romantico, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Astoria Greengrass, Draco Malfoy | Coppie: Draco/Astoria
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Dopo la II guerra magica/Pace
- Questa storia fa parte della serie 'Non avevo mai conosciuto Draco malfoy, che sarei io'
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La mosca cieca per maghi


Villa Malfoy aveva assunto un’aria molto strana ultimamente. Qualcosa nella sua indole sinistra e taciturna turbava la quiete consona a quelle antiche mura di pietra.
Era sempre splendida e maestosa, eppure un mago o strega che l’avesse vista adesso avrebbe palesemente colto l’atmosfera differente che vi si irradiava.
Se prima quell’alone verde che impregnava l’aria, dovuto soprattutto alle alte siepi scure, dava un tono di cupo potere e soggezione, adesso l’ambiente era febbrile e attivo, quasi pullulante di vita.
 
« Draco, per favore. Vedi di darti una calmata. Io devo uscire e andare da Madame Malkin per sentire a che punto è il tuo vestito. Voglio che al mio ritorno  tutto il salone sia in perfetto ordine».
La voce di Narcissa, per quanto mutata in bonaria, aveva sempre mantenuto la sua imperiosità. E quando una mamma dà un ordine, ma uno come si deve, non esiste figlio che non lo rispetti; in special modo quelli cresciuti nella bambagia, viziati da quella stessa mamma che ora puntava altezzosamente il dito.
Draco sbuffò, con uno straccio in mano e la bacchetta nell’altra.
Il suo viso pallido e appuntito, crescendo, aveva marcato sempre più la spigolosità del mento e degli zigomi, infossando quegli occhi vispi e grigi chiarissimi, che ora fissavano l’elegante signora vestita di tutto punto sulla soglia di casa.
« Io sono molto calmo, mamma. Sei tu quella che è agitata, mi sembra …» ma Narcissa non fece in tempo a ribattere una qualsiasi scusa, perché il figlio aggiunse, con voce suadente: « … e si. Va bene. Troverai tutto pulito e perfetto».
Sfoderò un mezzo risolino, mostrando beffardamente i denti bianchi. Sapeva di fare effetto a sua madre con quell’espressione.
Il volto di Narcissa si increspò nelle vicinanze delle labbra. Le comparve qualcosa che poteva essere un sorriso, ma misto a una certa amarezza. Se avesse indugiato ancora un poco sulla porta ad osservare il suo Draco, probabilmente qualche lacrima scintillante le avrebbe solcato le guance. Ma non poteva permetterlo, non ora che si era sistemata per uscire, non ora che poteva essere vista da estranei.
Quando la mano affusolata ed elegante della donna poggiava già sul pomello e il piede percorreva il suo primo passo fuori della porta, Draco parlò di nuovo:
« Dov’è papà?»
« Facciamo due passi insieme. Si smaterializza con me, dopo».
Questa consapevolezza illuminò la mente del giovane così alla svelta, che Narcissa se ne accorse senza nemmeno guardarlo e puntualmente riprese quel pensiero del figlio e lo riordinò educatamente nel suo cervello:
« Draco, mi raccomando. Non disturbare Astoria. Sarà stanca per il viaggio e … ecco, credo voglia stare un po’ da sola, oggi»
« Io non ho detto che la voglio disturbare»
« Draco, … »
« Mamma, su, vai. Si, farò il bravo. Si, pulirò tutto. Si, ti voglio tanto bene mammina, ciao».
E queste furono le sue ultime parole prima di voltarle le spalle, quasi irritato, ma sempre con una certa aria benevola.
Narcissa si decise a scendere i gradini di marmo della grande e maestosa villa, sempre lanciando sguardi e covando pensieri per quel che si lasciava alle spalle.
 
Draco, rimasto solo nell’ingresso, fece dietrofront verso il grande salone che doveva pulire. Era ancora molto poco addobbato, al contrario delle altre stanze al pianterreno e del giardino, eppure entro l’indomani doveva essere la parte centrale della cerimonia.
Con questo spirito, Draco si mise all’opera, alternando piccoli incantesimi di pulizia al sano olio di gomito. Effettivamente, gli incantesimi domestici non erano mai state il suo forte.
Da quando  non avevano più alcuna servitù (un ricordo quasi appartenente all’infanzia di Draco), Narcissa si era impegnata moltissimo ad insegnare al figlio quel minimo indispensabile per mantenere una casa dignitosa.
Come ogni ragazzo, Draco si era sempre applicato con riluttanza e anche ora che il suo esplicito compito era quello di ripulire una grande sala per la sua felicità, non riusciva ad impegnasi al massimo.
Se la prese particolarmente con una macchia ostinata sul grande arco di accesso alla sala.
Strofinò lo straccio nervosamente su quel piccolo difetto, senza che questi avesse intenzione di andarsene. Draco la prese sul personale e si infuriò parecchio quando vide che l’incantesimo che sua madre gli aveva insegnato per cancellare le macchie era inutile oppure non gli riusciva.
Non poteva vincere contro di lui, quell’insulsa macchia stupida e brutta.
Quando la stizza raggiunse un livello che a mente fredda avrebbe sfiorato il ridicolo, una consolazione gli giunse da dietro le spalle.
« Non sei arrabbiato con un oggetto, vero?»
Era una vocina candida e squillante che Draco conosceva bene. Appena la sentì e il suo cervello ebbe codificato il messaggio che tale angelico mezzo aveva trasportato, Draco capì che non si trattava di una conclusione tratta dall’osservazione di cosa stava facendo. Era una domanda che pregava semplicemente di non fare quel che risultava ovvio ma anche molto strano.
In pratica, Astoria Greengrass si stava chiedendo se il suo futuro marito era ancora sano di mente.
« Non ancora al punto di far esplodere l’arco».
Era sincero. Astoria riusciva a tirargli fuori ogni briciolo di nobiltà di sentimento che risiedesse in lui. Non che ne fosse mai stato privo. Era semplicemente sempre stato abituato a diffidare di quei particolari barlumi di bontà.
Le lunghe braccia fini di Astoria gli cinsero la vita, da dietro.
« Ti va se ti do una mano?»
« Assolutamente no. Mia madre mi ucciderebbe se sapesse che ho fatto lavorare la sposa invece di lasciarla alle sue riflessioni di addio al nubilato».
Il trillo di campanellini che seguì la sua battuta, conferì a Draco l’ennesimo trofeo interiore per aver fatto ridere Astoria.
« Va bene, allora. Però non ho voglia di stare da sola in quella stanza degli ospiti. È piuttosto tetra»
« Credo che lì dentro abbiano passato la loro ultima notte da nubili tutte le donne che poi hanno preso il cognome Malfoy. Dai secoli dei secoli …»
L’aria sarcastica di Draco continuava a divertire Astoria.
« È proprio per questo che mi inquieta, direi. Sai quante nonne defunte che mi scrutano. Le sento da dietro i muri che mi dicono “bei i miei tempi …” »
Draco si voltò e fece defluire la stretta di Astoria in un abbraccio frontale, colmando la differenza di altezza fra loro con un leggero sfiorare di labbra sopra i capelli scuri di lei.
« Che vuoi fare? Raccontarmi stupidate finché non avrò pulito tutto questo maledetto salone?».
Era sempre stato inutile. Da quando aveva conosciuto Astoria il suo lato acido era defunto. Certe volte rabbrividiva pensando al giovane uomo che era diventato: più paziente, meno stizzoso, più incline alla pazienza. Forse però, rabbrividiva di più se pensava a quel ragazzino biondo e pallido che era stato, perennemente desideroso di essere il primo, di essere il migliore, propenso all’astio e succube di una famiglia che l’aveva trascinato nei più profondi abissi della magia oscura.
Decisamente preferiva sopportare il suo tono amichevole che ritornare a vivere i traumi del passato.
Con quella piccola gazza ladra fra le braccia, Draco era al sicuro. Una gabbia aperta che quasi veniva protetta da chi la occupava.
D’un tratto Astoria alzò lo sguardo:
« Facciamo un gioco?»
Come ormai d’abitudine quel paio di neri bracieri inglobarono totalmente i grigi specchi di Draco. Lo sguardo penetrante di Astoria era stato uno dei motivi per cui si era innamorato di lei, parecchi anni prima.
Diventare adulto assieme a lei era stata una dura e costante prova di sincerità. Non c’era nulla che gli occhi di Astoria non captassero, nulla che Draco potesse nascondere. Era dunque arrivato al desiderio di non voler mai occultare qualcosa a quei due giudizi universali, a quegli scrutatori acuminati che sempre l’avrebbero attanagliato.
Se da un lato rappresentavano l’annullamento totale di una privacy interiore, dall’altro erano una compagnia costante e perenne. Parevano  come vecchi amici a cui Draco amava mostrarsi.
 
« Che gioco?»
Lo sbuffo che gli uscì fu involontario eppure Astoria parve gradirlo, giacché sfoderò uno dei suoi sorrisi sghembi ipnotizzanti.
Il volto di Astoria non era mai stato perfetto, né Draco l’avrebbe desiderato tale. C’erano quelle particolarità in lei che in nessun altra si sarebbero mai trovate: le labbra fini e asimmetriche rappresentavano la totalità di quell’insieme imperfetto eppure bellissimo.
Il viso ovale, maturando, aveva messo in risalto la forma allungata degli occhi e del naso. I piccoli nei che turbavano il pallore della carnagione di Astoria si confondevano con quei due adorabili ciuffetti ribelli all’altezza degli zigomi. Il resto dei capelli, scuri, erano lisci come una macchia d’olio.
« Dammi quello straccio!»
Di nuovo un ordine, sebbene giocoso, al quale Draco si sentì in dovere di obbedire.
Astoria afferrò lo straccio, prese in prestito la bacchetta di Draco e lo ripulì da quel poco di sporco che aveva catturato, poi restituì la bacchetta e si innalzò sulle punte dei piedi. Iniziò a trafficare intorno agli occhi di Drcao e prima che lui potesse ribattere o anche domandare di che si trattasse, si ritrovò completamente bendato.
« Se è uno scherzo sappi che non è divertente, Astoria Greengrass».
Usava la formalità per far capire che si stava irritando ma non era ancora al punto in cui la rabbia avrebbe preso il posto del sarcasmo.
Astoria si lasciò sfuggire un risolino, però tacque e Draco la sentì spostarsi velocemente.
« Dove diavolo vai? Se non mi spieghi immediatamente cosa hai in mente mi tolgo questo stupido straccio dagli occhi e …» ma si bloccò. Le sue mani indugiavano sul nodo stretto con cui lo straccio era legato sui suoi occhi.
« Non puoi» rise Astoria, accanto al suo orecchio, tanto da farlo sobbalzare. « Ho fatto un incantesimo di permanenza. Finche io non lo sciolgo, questo fazzoletto rimarrà esattamente dov’è».
« Toglilo immediatamente!»
« Ma certo che no! Voglio che tu mi aiuti a giocare a mosca cieca».
La voce di Astoria era in continuo movimento e l’irritazione di Draco non riusciva a donargli una mente lucida tale da farsi una mappa interiore degli spostamenti che quell’uccellino furbetto operava.
Se la poteva immaginare, dal suono delle parole: aveva senza dubbio quel mezzo sorriso adorabile quanto arguto, che idee particolarmente gradite le modellavano sulle labbra.
« Sa il diavolo che robaccia è mosca cieca
Disse fingendo di essere molto più arrabbiato di quello che effettivamente era. Va detto che il suo livello di calma si stava velocemente inclinando.
Un altro campanellino fu la risata di Astoria che continuava a sfrecciare per il grande salone.
Stavolta la risposta gli giunse da più lontano:
« Andiamo, vuoi dirmi che non hai mai guardato i bambini babbani giocare?»
« Perché mai avrei dovuto farlo?!»
Astoria aveva sempre avuto un fascino per i babbani. Non li considerava inferiori come lui era stato abituato a pensare, né tantomeno uguali ai maghi. Erano per lei come un popolo alieno dalle buffe usanze. Ogni tanto si perdeva a raccontare cose che aveva visto fare a questo o a quel babbano fuori dalla finestra.
« le regole per questa mosca cieca sono le seguenti: il tuo scopo è prendermi. Puoi usare solo incantesimi di pulizia. Appena la macchia, che mi sono appena fatta, sul mio vestito sarà pulita, ti toglierò la benda»
« Oh, sicuramente questo è un gioco babbano»
« Piantala di frignare e comincia! Io non parlerò. Dovrai riuscire a sentire i miei spostamenti. Guarda che so muovermi piuttosto bene in silenzio!»
Draco sbuffò. Per avere lui ventisei e lei ventitré anni non si sentiva granché un adulto. Meglio dire che la presenza gioiosa e attiva di Astoria lo manteneva al livello fisico e mentale del diciottenne che era stato al momento in cui aveva deciso di amare lei per il resto della sua vita.
C’era qualcosa nel modo di fare di quella sinuosa figurina nera, che ora udiva sfrecciare nel salone di casa sua, che lo intrigava e lo rendeva schiavo di ogni sua richiesta.
« Solo incantesimi di pulizia, eh?»
« Beh se vuoi» la voce di Astoria era adesso in un qualche punto imprecisato alla sua destra: « puoi usare anche il terzo anatema. Solo che poi non ci si diverte più tanto …»
« Oh falla finita e stai zitta! Hai detto che non devi parlare. Mi pare che tu ciarli anche troppo. Così riuscirò a beccarti in un batter d’occhio»
E lanciò quell’unico incantesimo che sua madre gli aveva insegnato.
Sentì che era finito contro qualcosa che evidentemente non era Astoria. La risatina di lei, tuttavia, tradì che si stava spostando verso sinistra e Draco non mancò di lanciare un secondo incantesimo in quella direzione.
 « Se continui a ridere perderai subito, sai?»
Disse Draco, spedendo il suo incantesimo in direzione dell’indistinta materia rumorosa che si spostava nel grande salone.
« Continui a ripeterlo, eppure non mi hai ancora presa».
La voce di Astoria, simile al cinguettio di un uccellino, creava linee immaginarie nella visuale oscurata del giovane bendato. Come un pittore che cerca l’ispirazione nella sua fantasia, Draco provava ad assegnare colori e contorni ai suoni che lo circondavano.
Non aveva mai fatto un gioco simile e doveva purtroppo ammettere a se stesso che era piuttosto divertente. Senza la vista (uno dei suoi alleati migliori, grazie al quale riusciva a lanciare sguardi penetranti e occhiate eloquenti), i suoi sensi parevano concentrati al massimo. Quasi come se esistesse uno strano lato della magia, per lui ancora inesplorato, i suono lo facevano sentire in un mondo tutto diverso.
Era difficile, purtroppo, affidarsi solo alle sfuggevoli risatine di Astoria per capire dove si trovasse e colpire.
 
« Oh, andiamo. Ti sei fermato?»
Di nuovo uno schizzo di colore immaginario si dipinse molto vicino all’orecchio di Draco, facendolo sobbalzare.
« La vuoi piantare?» gridò innervosito verso l’ignoto mondo sonoro, grattandosi l’orecchio per il solletico appena ricevuto.
Astoria si dileguò con uno sghignazzo e Draco lanciò il suo incantesimo con così tanta precisione da essere certo di aver fatto centro.
Niente.
La sua promessa continuava il suo gioco e volteggiava nel salone spostando piccole correnti d’aria ed emettendo lievi e candidi suoni.
Per un momento a Draco parve davvero di vedere con chiarezza il quadro interiore che era nato nei suoi occhi bui: i movimenti, come pennellate, dipingevano il soggetto che ahimè non stava in posa.
Ed ecco che l’artista, silenzioso e scaltro, mentre la sua modella si credeva impossibile da ritrarre, affinò la tecnica: il giovane biondo, quasi acquattato, pronto all’agguato, sentì la vittoria in pugno.
Un leone in caccia o un pittore all’opera. Quale delle due fosse la giusta similitudine era difficile da sapere. L’importante era l’immedesimazione.
Per uno abituato ad essere il migliore in tutto, questo gioco non poteva fare paura.
La preda era rumorosa e con lo slancio adeguato l’avrebbe catturata.
Innalzò la sua bacchetta e ascoltò gli indizi che gli venivano offerti con così tanta generosità.
E poi via! L’incantesimo guizzò veloce e potente e si schiantò palesemente contro ciò che era in movimento.
La gloria del vincitore gli scaldò il petto e gli si dipinse in volto:
« Ho fatto centro stavolta, eh?» le parole gli uscivano dal sorriso incontrollabile.
 
Astoria sospirò, sconfitta ma gongolante:
« Già … che peccato, avevamo quasi finito di pulire», disse lei, avvicinandosi e sciogliendo la benda al futuro marito.
Vedere di nuovo fu molto strano, ma ancora più strana fu la frase di Astoria in relazione a quanto gli si parò innanzi agli occhi: il salone tirato a lucido.
« Oh, andiamo. Cos’è quella faccia? Non è possibile che tu non avessi capito ….»
Astoria lo guardava esterrefatta, ma tale era l’espressione di lui.
« Io … no, davvero. Non ci avevo pensato, non avevo capito …»
« Oh santi numi. E allora perché mai avrei dovuto farti usare incantesimi di pulizia, se non per pulire il salone? Via, Draco!»
« Smettila di prenderti gioco di me!»
Astoria alzò un sopracciglio corredato dal sorrisetto sbilenco tanto amabile quanto sarcastico, poi si avviò a finire di ripulire un’incrostazione nella parete di legno antico del salone: « Mai semplicemente un “Grazie Astoria per avermi aiutato”, vero?»
 



---l'angolo dell'autruce---

Che bellino questo contest. Mi sono molto divertita!
Avevo ricevuto il pacchetto contenente la coppia Draco x Astoria e i prompt erano: "udito" e "giochi". Era infatti un contest sui cinque sensi.
Devo ammettere che è stato un po' complicato usare l'udito come senso principale, ma con qualche rigiro sono riuscita a trasformarlo in qualcosa che mi piaceva.

E poi Astoria e Draco... io ormai li adoro! *-*
La mia Astoria, la mia bambina!! è il personaggio a cui ho adorato di più creare il carattere. La sento come un'amica ;3;
si, ok. Sclero a parte.
Spero che questo bonus di "addio al celibato/nubilato" vi sia piaciuto e spero che seguirete tutta l'intera serie!! :D
 
  
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