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Autore: The Stranger On The Moon    01/07/2014    2 recensioni
La Bella e la Bestia, il Gigante e la Bambina, la Spada e la Rosa, così li chiamavano.
Poi la Bella ha domato la Bestia, la Bambina ha piegato il Gigante e la Rosa ha spezzato la Spada.
Come, chiedete?
Lui un tempo l'ha chiamato Peccato,
Lei un tempo l'ha chiamato Amore.
Genere: Drammatico, Generale, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Alexander Andersen, Enrico Maxwell, Nuovo Personaggio, Un po' tutti
Note: Missing Moments, What if? | Avvertimenti: Tematiche delicate, Violenza
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7. Lullaby

Una cosa di Andersen non riusciva davvero a sopportare, però: vederlo tornare dalle missioni.
Era sempre più stanco, spesso lo era tanto da non riuscire nemmeno a camminare, a volte anche ferito: e mai che si lasciasse aiutare.
Miryam iniziava a nutrire per lui un affetto incondizionato, pari a quello di un cane per il padrone: e se c'era una cosa che quel cane non sopportava, quella era di veder soffrire il suo padrone.
-Si lasci aiutare, padre- Lo supplicò una sera, vedendolo più distrutto del solito.
-Lascia...Lasciami stare, Miryam- Mormorò lui, aggrappandosi alla ringhiera e apprestandosi a fare le scale.
-Non ce la fa, padre, lasci almeno che la aiuti a salire.-
-Ce la fac-- -
Lo afferrò per la vita un attimo prima che stramazzasse a terra.
-Vede che non ce la fa? Lasci fare a me, da bravo, Metta il braccio qui...Sì, così. Adesso saliamo, un gradino per volta.-
-Questo qua pesa come un bove- Pensò intanto fra sé e sé.
-È ferito, padre?-Chiese.
Lui scosse la testa, ma quando andarono accidentalmente a sbattere contro il muro si morse il labbro inferiore e si portò di colpo una mano al fianco, rantolando.
-Allora è ferito! Strano, un rigeneratore come lei... Dev'essere stato qualcosa di particolarmente infernale, eh? Non importa. In camera mia ho delle bende, di medicina so qualcosa, ci darò un'occhiata io.-
Lo portò in camera sua e lo fece stendere. Si guardò brevemente intorno, curiosa:la camera del prete non era dissimile dalla sua. Aveva le pareti bianche, con una grande finestra in stile gotico su quella di destra e una su quella di fronte a sé, sopra al letto; ovunque c'erano pile più o meno alte di libri, in mancanza di una libreria; di fianco alla porta, a destra, stava una bella scrivania intagliata, di mogano, e sopra questa alcuni fogli scritti in grafia elegante, assieme ad un calamaio.

Sulla parte sinistra c'erano solo libri: su quella di destra invece c'era un piccolo televisore.
Attaccato alla parete frontale c'era un letto a due piazze, come il suo: pensò sorridendo che però lei poteva stare totalmente stravaccata, mentre uno della sua stazza occupava come minimo una piazza e mezzo.
Posto fra la finestra e il letto, quasi a protezione, stava un crocifisso di dimensioni abbastanza grandi: subito a fianco, un quadretto con l'immagine della Madonna.
A sinistra del letto c'era un comodino e, sopra di questo, due foto: una era con tutti i bambini dell'orfanotrofio, mentre l'altra raffigurava un piccolo Maxwell con un libro in mano, Yumie alla sua destra e Heinkel alla sua sinistra, intente a sbirciare dentro; dietro il trio, lui.
Sorrise, alla vista di quelle foto: quelle mostravano la parte umana dell'uomo che aveva la fortuna di conoscere e che tutti gli altri identificavano solo come il mostro di Dio.
Il mostro: che sciocchezza. Ora che lo vedeva sofferente sul letto, avrebbe detto piuttosto il martire di Dio.

Era solo un uomo. D'accordo, un uomo che, quando gli sparavano, sudava proiettili; ma era pur sempre un uomo. L'unica sua colpa era voler proteggere la sua religione ed i suoi fedeli a qualsiasi costo: era davvero così imperdonabile? Era davvero peggiore di coloro che ammazzavano tanto per il gusto di farlo? Lei non se la sentiva di condannarlo, né di chiamarlo “mostro”.
Spostandosi, notò una piccola cornice ovale accuratamente nascosta dietro alle altre, caduta all'avanti.
Si allungò ad alzarla - per amore dell'ordine più che per ficcanasare - e scoprì una foto in bianco e nero di lei da piccola, in braccio a lui. Notò che il vetro mancava, tranne per un bordo frastagliato che sembrava essere stato frantumato, e la fotografia era macchiata da tre piccole gocce di sangue. Ipotizzò che, in un accesso di rabbia, l'avesse sfondato con un pugno e ne fosse rimasto ferito.

Già. Eccolo là, il mostro.
Gli si accostò, sedendosi sul letto.

-Adesso guardo cos'ha. Ok?-
Se anche avesse avuto qualcosa da ridire, era troppo stanco per farlo.
Miryam gli sbottonò delicatamente la camicia, lasciandolo a torso nudo. Ignorò per abitudine lo spettacolo - nonostante di fisici così ben fatti ne avesse visti molto pochi in vita sua - e si concentrò sul fianco che sapeva ferito: il danno consisteva in un brutto foro, probabilmente da arma da fuoco, che gli aveva portato via parte della carne.
Attese un po', giusto per vedere se si rimarginava: ma passato un quarto d'ora le condizioni della ferita erano le stesse.
-Va bene; vado a prendere il necessario-Disse, alzandosi.
Tornò poco dopo con un asciugamano, delle bende e una bacinella d'acqua.
-Adesso le lavo la ferita: potrebbe farle un po' male-Lo avvertì.
Gli stese sotto l'asciugamano e prese a tamponargli l'area insanguinata con un panno; terminata l'operazione lo tirò a sedere e cominciò a bendargli la vita.
Si fermò più di una volta, preoccupata d'avergli fatto male, perché lo vedeva rabbrividire: non poteva sapere che rabbrividiva perché non aveva mai sentito mani così leggere e delicate sfiorargli la pelle a quella maniera, nonostante non avessero malizia.
Andersen, intanto, pregava Dio che non lo guardasse in faccia, perché era arrossito violentemente.
Quand' ebbe finito gli poggiò le mani sulle spalle.

-Ecco fatto. Adesso a nanna.-
Lo infilò sotto le coperte e gli sfilò gli occhiali dal naso, poggiandoli sul comodino. Ormai era quasi del tutto addormentato, quindi si azzardò ad accarezzare una volta soltanto quei capelli che stavano ritti come spine. Poi lasciò scivolare le dita sino al mento, un sorriso dolce a curvarle le labbra.
-Buonanotte;le voglio bene, padre.-
Gli depose il solito bacio sulla guancia e se ne torno in camera sua.

-Dio, che brutto affare-Pensò appena sveglio.
Poggiò l'avambraccio sulla fronte, fissando il soffitto con gli occhi socchiusi. Il pensiero gli corse alla notte prima e, suo malgrado, sorrise.

Gli era piaciuto essere toccato da una donna? Sì.

L'avrebbe rifatto? Sì.

Avrebbe dovuto pensarci anche solo lontanamente? Assolutamente no.
Che gli prendeva?Non gli era mai successo niente di simile. Era sempre stato uno al sicuro da tutti i vizi: bere, non beveva; fumare, non fumava; mangiava solo quel che gli serviva a campare; pigro non era; i soldi non gli interessavano; si credeva soltanto un'arma al servizio del Signore; non invidiava nessuno; e dalle donne poteva stare lontano. L'unico suo peccato era l'ira, ma era l'ira di Dio; e quindi era quasi giustificato.
Ma adesso... Adesso le cose stavano prendendo una piega che non gli piaceva.
Prima trovava gradevole la compagnia di Miryam, ma non gli era indispensabile averla affianco: da un po' di tempo a quella parte, invece, la mattina era ansioso di vederla, e gli doleva lasciarla, la sera, nonostante aspettasse tanto quel bacio. E adesso quando lo toccava gli andava il sangue al cervello... Era davvero finito.
Povera ragazza, proprio a lei era dovuto toccare il prete! Come se di maniaci non ne avesse già visti abbastanza.
Però, ieri sera, quel sorriso... Non se l'era sognato, vero? Gli aveva davvero accarezzato i capelli e il volto con quel bel sorriso...
Oi, oi, che stava dicendo? Lui era un prete, un uomo fatto e finito; figurarsi se era il caso di sospirare come una scolaretta per un sorriso e una carezza!
Spina dorsale, Andersen, spina dorsale! Erano forse quelli pensieri da farsi? Era un uomo di Dio, lui, sposo della Chiesa e della Vergine Maria, non poteva certo lasciarsi andare a cose simili! Era una prova, una tentazione, ecco cos'era, come Cristo nel deserto; e lui si era mostrato già abbastanza debole nella carne.
...Ma perché mai il Signore avrebbe dovuto mandargli un suo emissario e Satana nella stessa persona?

-Huh, Miryam...
-Sì?
-Riguardo a ieri sera... Grazie...
Ma non farlo più. Dillo, idiota, dillo!

Lei gli sorrise.

Lui si bloccò.
-Si farà aiutare da me anche la prossima volta, allora?
-I-io...Uh, s-sì.
Perfetto, deficiente!
La lingua gli si stava ammutinando contro il cervello.
-La ferita va meglio?
-Ah, sì. Ha iniziato a guarire stamattina.
-Cos'è stato?Lei di solito non torna ferito.
-Proiettili d'argento. Ci metto di piú a guarire, ma non è nulla di grave.
-Se vuole dopo le cambio la fasciatura.
Disse "D'accordo" prima di potersene rendere conto.
-Hm!Allora passi dopo pranzo in camera mia.

-Beh...Va molto lenta-Commentò la ragazza, esaminando la ferita. Era quasi nelle stesse condizioni della sera precedente, e ancora sanguinava, anche se meno copiosamente.
-Ok, ci metto un attimo.
-Fa' pure con comodo.
E basta!
Ripeté le operazioni della sera precedente, ma stavolta lui era ben sveglio:gli ci volle del bello e del buono per non arrossire e rabbrividire ad ogni piè sospinto.

Non era del tutto colpa sua: con la paura di fargli male che aveva Miryam finiva più ad accarezzarlo che a fare altro, ed era pur sempre cresciuta in un bordello.

-Dio mio, potevi anche scegliere una prova più facile-Pensò, mentre lei gli faceva scivolare le mani sul petto-Questa avrebbe corrotto anche San Francesco, altro che Babilonia.-

Alzò gli occhi al cielo e diede in un lunghissimo sospiro quando, girandogli intorno, gli aderì accidentalmente alla schiena.

-Mi scusi, padre!-Saltò su lei-Le ho fatto male?-

-No, no, tranquilla.

Non è quello il problema.

-Non si preoccupi, ho praticamente finito. Ecco!-Esclamò, dandogli una pacca sulla spalla.

Sia lodato il cielo.

-Ascolta, Miryam...

-Hm?

-Ceneresti con me, stasera...? Sempre se non ti infastidisco, ecco...

-Certo che no, padre, ma si figuri!

-Molto bene. Pensi che guarirà in giornata?

-Spero di sì. Altrimenti viene da me prima di andare a dormire, stasera, e le cambio le bende di nuovo.

-Certamente.

Ma porc...

 

Ah, finalmente una notte di riposo senza quel rumore abominevole.

Stanca com'era, si concesse solo un istante per ripensare alla giornata.

La ferita del prete era guarita verso l'ora di cena, restituendogli l'appetito di un pachiderma.

Ridacchiò fra sé e sé, al ricordo. L'aveva rimproverata tutta la sera, tra una masticata e l'altra, perché lei mangiava lentamente, a spizzichi e bocconi, come un uccellino. Del resto lei a quell'abbondanza non c'era abituata, e poi le avevano insegnato a non mangiare più di un tot per non prendere peso – rovinando così la merce che era il suo corpo - e perché, comunque, più di un tot da mangiare non c'era. Anzi, spesso e volentieri non c'era affatto.

Ad ogni modo, avevano parlato tanto che s'erano dimenticati anche di andare a studiare.

Visto che era guarito, non c'era stato bisogno di cambiargli la fasciatura; l'aveva salutato come al solito ed eccola là, a ciondolare dal sonno.

Sbadigliò. Era stata proprio bene...

Nemmeno il tempo di finire di pensare che già stava dormendo.

 

Chi non dormiva, una volta tanto, era Andersen.

Quella serata era stata una tortura.

Era stato un pazzo a chiederle di cenare con lui. Per far cosa, poi? Per spingersi meglio fra le braccia del demonio?

Si voltò sul fianco non ferito. L'altro non era ancora guarito del tutto, anche se le aveva detto il contrario. Non sarebbe davvero riuscito a sopportare tutto...Tutto quello una terza volta.

Dio, ma perché doveva essere così difficile resistere? Perché una donna così bella ed invitante?

E che ti aspettavi?Una racchia che ti dicesse “Non te la do neanche se butti fuori dalla testa il numero esatto di colpi esplosi nella battaglia di Waterloo”?

No, però...

Non una ragazza bellissima e scodinzolante che aveva iniziato ad idolatrarlo, che pendeva dalle sue labbra e a cui avrebbe potuto chiedere qualsiasi cosa.

Basta, doveva controllarsi.

E poi avrebbe dovuto pensare anche a lei, povera Miryam: solo perché Dio gliel'aveva inviata come prova non significava che fosse il diavolo, anzi; con tutte le probabilità lei era lì perché voleva solo servire Cristo, e fra quelle mura si sentiva al sicuro, protetta dal Signore.

Figurarsi se le doveva capitare tra i piedi anche il prete in crisi mistica.

Si trattava solo di aspettare: la cosa avrebbe fatto il suo corso...

Delle urla terrorizzate spezzarono il filo dei suoi pensieri e lo fecero scattare in piedi: il suo allarme raddoppiò quando capì che venivano dalla camera di Miryam.

  
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