Anime & Manga > Inazuma Eleven
Ricorda la storia  |      
Autore: Scattered Dream    01/07/2014    3 recensioni
< Ricordo il tuo nome. Ricordo il tuo tocco sulla mia pelle. Ricordo l'ombra del tuo sorriso. Sei un sogno troppo lontano da raggiungere, ma troppo vicino per non poter essere afferrato >
♣♣♣♣♣♣♣
< In qualche modo, in qualche posto ... Ci incontreremo ancora >
< Hai ragione >
< Ti troverò ovunque >
< Ed io ti aspetterò >
♣♣♣♣♣♣♣
“Non ti ho amato per noia, o per solitudine, o per capriccio. Ti ho amato perché il desiderio di te era più forte di qualsiasi felicità. E lo sapevo che poi la vita non è abbastanza grande per tenere insieme tutto quello che riesce a immaginarsi il desiderio. Ma non ho cercato di fermarmi, né di fermarti. [...] - Alessandro Baricco”
♣♣♣♣♣♣♣
"Quando due anime infine si sono trovate, si sono scoperte compatibili e complementari, hanno compreso di essere fatte l'una per l'altra, di essere, dunque, simili, si stabilisce tra loro per sempre un legame, ardente e puro, proprio come loro, un legame che inizia sulla terra e continua per sempre nei cieli. É questo l'amore che tu ispiri in me.
- Victor Hugo "
Genere: Generale, Sentimentale, Song-fic | Stato: completa
Tipo di coppia: Shonen-ai | Personaggi: Afuro Terumi/Byron Love, Hayden Frost/Atsuya Fubuki
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
The Red Kite


Il bambino sbirciò fuori dalla finestra, lasciando vagare lo sguardo fino all’albero di ciliegio sulla collina. Sotto la sua chioma rosata, una figura indistinta teneva con una mano il filo quasi trasparente di un aquilone.
E che aquilone! Grande, colorato, veloce: aveva tutto quello che un bimbo potesse desiderare. Suo padre continuava a dirgli che era normalissimo, uno di quei tanti giocattoli che vendevano nei negozi a poco prezzo, uno di quelli fabbricati dalle grandi aziende con sedi in ogni parte del mondo, ma a lui non interessava. Non sapeva se provenisse da un paese lontano, né conosceva il suo costo effettivo: ricordava solo che c’era sempre stato. Da che ne avesse memoria, quell’aquilone solcava il cielo ogni giorno, a prescindere che ci fosse la pioggia, il sole o la neve - per compiere un’impresa simile doveva essere speciale per forza, diverso da tutti gli altri aquiloni del pianeta.
 
<< Afuro, scendi subito da quello sgabello! >> La voce di sua madre lo colse di sorpresa, facendogli quasi perdere l’equilibrio. Scese velocemente dalla sedia su cui si era arrampicato per guardare fuori, lanciando un’ultima occhiata alla collina – sembrava così lontana da fargli credere che le sue gambe corte e magroline non ce l’avrebbero mai fatta a portarlo fin lì. Forse, un giorno, però, il proprietario dell’aquilone lo sarebbe venuto a prendere per farlo giocare con lui.
 
Dieci anni dopo
 
Era solo. Libero.
Sua madre e suo padre erano andati a fare delle compere in città, lasciando la grande villa nelle sue mani. Ovviamente, prima di andarsene gli avevano ripetuto almeno una decina di volte di non aprire agli sconosciuti, di chiamarli per qualsiasi problema e, soprattutto, di non uscire.  Insomma, le solite raccomandazioni che, in un modo o nell’altro, finiva per ignorare.
Chiuse il libro con uno sbuffo, alzandosi dal letto e avvicinandosi alla finestra. Aprì le imposte con un gesto elegante ma allo stesso tempo impaziente, quasi avesse paura che se non si fosse sbrigato non avrebbe trovato ciò che cercava.
E invece era ancora lì, sotto il ciliegio.
I suoi genitori non vedevano più il ragazzo dell’aquilone da parecchi anni, ormai. Una mattina si erano svegliati e semplicemente non se ne ricordavano più, come se la notte fosse passato qualcuno e avesse cancellato con una gomma anche la più piccola traccia di quella storia. E più Afuro cercava di far risvegliare i loro ricordi assopiti, più essi pensavano si trattasse di storie inventate da un ragazzino con troppa fantasia. Ad un certo punto, aveva creduto di esser diventato matto. La notte lo sognava e il giorno lo vedeva, era un’ombra fedele che si portava sempre dietro. Aveva passato ore intere a cercare una spiegazione a quell’enigma, ma presto si era dovuto arrendere davanti all’evidenza che l’unica soluzione sensata era andare a parlare con lui:  con quel tipo misterioso. 
Non si era mai azzardato ad avvicinarglisi, forse per paura o forse perché non aveva mai preso sul serio in considerazione l’idea, ma in quel momento, immerso nel silenzio, con il vento che soffiava leggero sul suo volto, la prospettiva di spingersi oltre, di superare quel confine che si era imposto da solo, gli sembrava incredibilmente giusta – d’altra parte, ne era attratto come lo sono le api dal miele.
Prese la sua decisione.
Scese al piano inferiore più veloce della luce, mentre un senso di ansia mista ad eccitazione gli riempiva il cuore. Come sarebbe stato il volto dello sconosciuto? Ed il colore dei suoi occhi? Una miriade di domande gli vorticavano in testa, eppure, in una remota parte della sua anima, sapeva già di avere tutte le risposte.
 
Fuori il sole splendeva luminoso, e solo qualche nuvola si lasciava trasportare pigramente nel cielo dalla brezza primaverile. L’erba del prato era di un verde brillante, e i primi fiori sbocciati profumavano l’aria con la loro delicata fragranza.
Non dovette percorrere così tanta strada come si era immaginato: la collina sembrava molto più distante dalla sua stanza. Arrivò a destinazione in una decina di minuti, ma solo dopo averne fatti passare altri cinque ebbe il coraggio di raggiungere la base del ciliegio. Poco distante dal tronco, un ragazzo se ne stava immobile con lo sguardo rivolto verso l’orizzonte, senza dare il minimo segnale di essersi accorto della sua presenza. Sembrava quasi irreale, con quell’espressione assorta ed il filo dell’aquilone stretto nella mano.
Afuro era un po’ imbarazzato. Aveva timore di parlare, interrompendo l’altro in qualsiasi cosa stesse facendo, ma non riusciva nemmeno a sopportare quella situazione di stallo in cui il tempo stesso sembrava essersi fermato per osservarli. Stava per girarsi e andarsene, quando finalmente il misterioso ragazzo posò gli occhi su di lui – occhi grigi come il mare in tempesta, occhi in cui era facile annegare.
 
<< Alla fine sei venuto >> disse semplicemente. Il biondo annuì, sentendo tutto l’imbarazzo di poco prima dissolversi. Poche volte durante la sua breve esistenza si era sentito così… Bene. Era come se, dopo aver camminato a lungo nel buio, avesse di nuovo trovato la luce. Una luce calda e avvolgente, come la coperta sotto cui si rifugiava nei pomeriggi più rigidi in inverno.
 
<< Mi stavi aspettando. >> Non era una domanda, era più una conferma ad una sensazione che provava da una vita. Aveva sempre reputato strana la costante presenza  di quella persona in quel posto, ma una vocina nella sua testa gli ripeteva di continuo che sarebbe stato terribilmente sbagliato se non si fosse trovata lì. << Mi chiamo Afuro Terumi >> si presentò, rimproverandosi per non averlo fatto subito: le buone maniere non si dovevano tralasciare nemmeno nei momenti più bizzarri.
 
<< Lo so >> gli rispose l’altro.
 
E Afuro seppe che era vero.
 
Si aggirava tra le strette viuzze della cittadella fortificata, procedendo spedito verso una delle quattro porte che conducevano oltre le mura, nei campi. Ogni tanto alzava lo sguardo per vedere se riusciva a scorgere ciò che stava cercando, riabbassandolo deluso subito dopo.
“Trova l’aquilone e troverai il ragazzo”, gli aveva detto la vecchia mentre filava la lana. E nonostante tutti la giudicassero pazza, e qualcuno la accusasse perfino di stregoneria, lui le credeva. Sapeva in cuor suo che quella era l’indicazione giusta da seguire, come se una bussola invisibile gli stesse indicando la strada.
Tuttavia, restava  il problema di come fosse fatto un aquilone. Nessuno sembrava averne mai sentito parlare prima, nemmeno i mercanti che arrivavano da altre città, e cercare una cosa senza conoscerne neppure la forma iniziava a diventare complicato.
Alcuni dicevano portasse sfortuna, altri che servisse a calcolare la direzione da cui soffiava il vento. Ne aveva sentite parecchie, di supposizioni sulla natura di quell’oggetto: non vedeva l’ora di scoprire quale fosse la verità.
 
La testa iniziò a girargli, mentre altre immagini di epoche lontane e luoghi perduti gli passavano davanti come in un film. C’era qualcosa che doveva ricordare, ma ogni volta che ci provava il ricordo scivolava via nello stesso modo in cui la sabbia sfuggiva alla presa delle dita.
L’aquilone, intanto, continuava a volare.
 
La guerra è prepotente: entra nelle vite delle persone senza averne il permesso.
La guerra ruba: ti ritrovi con un posto vuoto nel cuore prima ancora di rendertene conto.
<< Se non torni a casa ti vengo a prendere a calci all’Inferno >> lo minacciò, guardandosi intorno circospetto, per poi rubare un bacio al ragazzo in uniforme davanti a lui.
<< L’Inferno è troppo caldo, preferisco di gran lunga posti più freschi >> gli rispose l’altro.
Un risata leggera.
Forse l’ultima.


Il mondo iniziò a girare, il cielo e la terra divennero una cosa sola. Cadde in ginocchio, mentre un nome si ripeteva all’infinito nella sua testa: Atsuya.
L’aquilone tremolò.
 
Una stella cadente attraversò il buio della notte, scomparendo chissà dove.
<< Devi esprimere un desiderio >> disse Fubuki, infilandosi le mani in tasca.
Afuro aveva letto da qualche parte che bisognava stare attenti a ciò che si desiderava, perché si sarebbe potuto anche avverare. Proprio a causa di questo, dunque, pensò molto attentamente alla richiesta da fare. Doveva essere qualcosa di speciale, tipo l’eterna giovinezza – non sarebbe stato male restare bello e giovane per l’eternità. Alla fine, però, decise di rinunciarvi e di puntare su altro. Era una scommessa, forse la più rischiosa che avesse mai fatto, ma ne valeva la pena.
<< Voglio restare con te >> sussurrò, arrossendo un poco alle sue stesse parole. << Per sempre. >>
 
Quando riprese contatto con la realtà era disteso all’ombra del ciliegio, con la testa appoggiata sulle gambe del suo misterioso nuovo amico.
<< Atsuya Fubuki >> disse con decisione, quasi volesse avere conferma che i suoi ricordi non gli avessero giocato uno scherzo di cattivo gusto. Ma quando l’altro annuì, incurvando le labbra verso l’alto, le sue paure scomparvero: era tutto vero.
Intanto, l’aquilone stava perdendo quota.
 
 
<< Quindi resterai con me? >> domandò, ricevendo come risposta solo un breve cenno del capo da parte di Atsuya. << E ci rivedremo sempre? >> Un altro cenno di assenso.
Afuro rimase in silenzio per qualche minuto, guardando il rombo di stoffa colorata che volava sospinto dal vento. Era contento di poter restare con lui, di avere la certezza che in qualche modo si sarebbero rivisti, ma nonostante ciò un’inspiegabile sensazione di angoscia gli attanagliava le viscere. Aveva imparato che ogni cosa ha un prezzo da pagare: quale sarebbe stata la condizione per far avverare quel piccolo miracolo?
Il tocco leggero del suo compagno lo riportò alla realtà. << Andrà tutto bene >> gli promise.
E Afuro volle crederci con tutto se stesso.
 
 
Mentre apriva gli occhi, Atsuya gli scostò una ciocca di capelli biondi dalla fronte. A quel contatto, Afuro si alzò all’improvviso, mettendosi a sedere: le mani dell’altro erano più fredde della neve.
<< Buongiorno bell’Addormentata >> lo salutò con una punta di sarcasmo nella voce Fubuki. Il biondo emise un leggero sbuffo irritato. Voleva alzarsi, ma la testa gli girava ancora un po’ e senza un aiuto non sarebbe stato in grado di rimettersi in piedi da solo. Cercò quindi l’ausilio del tronco dell’albero, ma quando la sua mano andò ad appoggiarvisi, le dita passarono attraverso la corteggia. Riprovò, ma ogni volta sembrava che stesse cercando di aggrapparsi alla superficie dell’acqua.  Sentì una stretta sulla spalla, e si voltò quanto mai confuso: Atsuya poteva toccarlo e lui stesso poteva toccare Atsuya, ma allora perché non riusciva a fare altrettanto con il ciliegio?
<< Sedici anni in totale. >> Gli occhi grigi dell’altro ragazzo si velarono per un attimo di malinconia. << Sei passati a cercarti, dieci aspettando che tu venissi da me. >>
Afuro sentì il fiato mozzarsi per un attimo.  Atsuya Fubuki aveva guardato per anni l’oggetto dei suoi desideri con la consapevolezza di non poterlo raggiungere davvero. Cosa sarebbe successo se non lo avesse trovato? E se lui non gli si fosse mai avvicinato? Probabilmente sarebbero stati condannati a passare il resto di quella vita così, uno ad aspettare e l’altro a condurre un’esistenza mai realmente completa – convivere con la costante sensazione di mancanza, ma senza sapere cos’è che ti manca. Era quello, dunque, il prezzo da pagare per far compiere il loro piccolo, grande miracolo: dovevano trovarsi e avvicinarsi loro stessi l’uno all’altro, l’aiuto del Destino non c’entrava niente. 
<< E’ ora di andare. >> Atsuya gli tese una mano, sorridendogli – un sorriso che aveva imparato a conoscere nei suoi sogni, ma che dal vivo era dannatamente più bello.
Intrecciò le dita con quelle dell’altro, mentre l’aquilone precipitava a terra e loro due, insieme, salivano verso il cielo azzurro.
 
 
[E non c’è niente di speciale su nel cielo,
solo un aquilone che resiste al vento gelido.
M. Mengoni]
 
 
Qualche giorno dopo, sui giornali spiccava in prima pagina una notizia sconvolgente:
"Tragedia: adolescente viene trovato morto ai piedi di un albero di ciliegio dai genitori.
Motivi del decesso ancora ignoti."
 
 
 
 
 
 
 
 
  
Leggi le 3 recensioni
Ricorda la storia  |       |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Torna indietro / Vai alla categoria: Anime & Manga > Inazuma Eleven / Vai alla pagina dell'autore: Scattered Dream