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Autore: SparklingLetters    02/07/2014    1 recensioni
[Stable Queen]
Regina non ha vita facile, tra il complicato rapporto con la madre e l’isolamento dal resto del mondo. Poi, un giorno, fa amicizia con un ragazzino di nome Daniel…
Genere: Introspettivo, Romantico, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Cora, Daniel, Henry (Padre), Regina Mills
Note: Traduzione | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Nota dell’Autrice: Tutto ciò che posso dire è che le cose tornano a migliorare per Regina e Daniel. E il prossimo capitolo includerà alcuni doni. ;)

Capitolo 14
Mending Fences

«Ce n’è ancora uno, Lady Cora». Il locandiere combatte l’urgenza di farsi piccolo sotto il suo sguardo penetrante.
«Cosa vuoi dire, ancora uno? So perfettamente di aver invitato qui soltanto tre uomini».
«Con tutto il dovuto rispetto, Lady, ce n’è ancora uno che aspetta. Un ragazzo».
«Un ragazzo?» Questo sembra aver suscitato il suo interesse, e il locandiere torna a respirare più liberamente – forse dopotutto lei non s’infurierà. Almeno non con lui – il ragazzo è un’altra faccenda, ma di nuovo, chi lo ha invitato qui? «Fallo entrare, allora». Qualche strano capriccio sembra averla afferrata – tanto meglio. L’uomo fa segno al giovane di entrare e scompare frettolosamente fuori dalla porta.
«Ah. Il giovane Daniel». Cora sorride – è un sorriso stranamente agghiacciante, uno che lo rende ancor più nervoso, persino più guardingo. Non ha niente della luminosità o del calore del sorriso di Regina.
«Lady Cora». S’inchina. C’è una macchiolina di sporco su una delle sue scarpe, e lui maledice silenziosamente la propria distrazione. Il resto di lui è impeccabile, o così lui spera. Non ha senso perdere tempo a preoccuparsi di cose che non può più cambiare. Concentrati, Daniel. Concentrati.
«Hai preso un cavallo dalle stalle senza permesso?» La domanda arriva ancor prima che lui abbia tempo di riprendersi, e non è quella che si aspettava – ma si collega ad una questione che è sollevato di aver previsto.
«No, Lady Cora. Sono stato mandato a fare una commissione al villaggio. Il cavallo mi è stato affidato a questo scopo». L’ha programmato in questo modo, certo – la commissione e il colloquio nello stesso giorno – ma non deve condividere con lei questo pezzo di informazione, anche se probabilmente è abbastanza intelligente da riuscire comunque a capire i dettagli.
«Confido che questa commissione, qualunque fosse, sia ora svolta?»
«Sì, certamente. I miei doveri non ne soffrono mentre io sono occupato qui».
«Molto bene, dunque. Non fingerò di non essere sorpresa dalla tua presenza. Avevo indubbiamente pianificato che tu non ne facessi parte, ragion per cui ho mancato di informarti. Probabilmente dovrei saperne di più, ormai – i pettegolezzi viaggiano veloci. Andiamo dritti alla questione. Intuisco che tu ti credi capace di assumere l’intera responsabilità delle nostre stalle; persino ad un’età tanto giovane, senza tuo padre che ti guidi – è questo il tuo punto di vista?» lo sfida direttamente con aria di scherno.
Daniel mantiene la calma, anche se sente una fitta d’indignazione. «Sono stato cresciuto per questa occupazione sin dalla mia infanzia. Con la scomparsa di mio padre, sono pronto ad assumere la piena responsabilità e a superare la prova».
Sembra che la derisione le venga naturale, tanto ne è generosa. «Dunque credi di sapere tutto ciò che c’è da sapere? Di essere più intelligente degli uomini con cui ho avuto un colloquio prima di te? Di poter uguagliare decadi di esperienza?»
«Nessun uomo sa mai tutto ciò che c’è da sapere su un qualsiasi argomento, né l’apprendimento ha mai una fine». Forse sta esagerando un po’ col linguaggio. Sembro un libro di testo. Si impone di concentrarsi di nuovo. «Dove altri mi superano in esperienza, terrò loro testa con la passione».
La sua calma ha finalmente cancellato il sorrisetto dalle labbra di lei, solo per rimpiazzarlo con un cipiglio. «Comprenderai che non posso permettermi di rischiare un periodo di prova e di veder forse collassare l’intero edificio, nel caso tu dovessi fallire?»
«Non intendo mancare di rispetto, ma mio padre è… morto… da un po’, ormai». Ha detto e ridetto questa parte ripetutamente, imponendosi di passare sulla parola senza difficoltà, ma s’impiglia ancora nella sua gola. L’esitazione, comunque, è minima, e Daniel continua. «Le stalle sono in perfetto stato e i cavalli in buona salute. E li sono sempre stati anche nei momenti della malattia di mio padre. Non ho fallito prima, e non intendo iniziare adesso».
Cora lo esamina minuziosamente mentre parla. «Ci vuole coraggio a venire davanti a me con un tale programma, specialmente sapendo che non eri affatto preso in considerazione – questo te lo concedo. Ammetto anche che trovo questa tua testardaggine – o passione, come la chiami tu – un po’ affascinante. Le ambizioni sono lodevoli – fintantoché uno non fa il passo più lungo della gamba, certo».
«Tutto ciò che chiedo è di essere considerato al pari degli altri stallieri». A questo punto un momento d’ansia si insidia nel suo stomaco – questo potrebbe perfettamente essere il momento chiave. «A parte gli ovvi difetti di età ed esperienza, ci sono anche aspetti positivi nel continuare ad impiegare me».
A questo, Cora dà una piccola risata. «Oh, davvero? Te ne prego, quali sarebbero?»
Non deve permettersi di venire distratto – nemmeno dal fatto che lei lo sta chiaramente trovando divertente. O forse non è così – non davvero; forse lei sta solo cercando di scuoterlo. L’idea lo rassicura stranamente, e le parole attentamente ripetute escono facilmente dalla sua bocca.
«Una transizione tranquilla. Io conosco i cavalli e loro sono abituati a me, e conosco il modo in cui le stalle vanno dirette. So già come vanno le cose nelle campagne, tra i servi e i contadini. Riconosco gli affari urgenti e so quali cavalli preparare per quale proposito e quando – quali cavalli sopporteranno il giogo e quali no, e quali non vanno d’accordo tra loro. Da ultimo ma non meno importante, sono leale alla vostra famiglia, e non sarò attirato da un’opportunità migliore, nel caso dovesse presentarsene una».
Mentre lui parla, il viso di Cora acquisisce un’espressione solenne disturbata solo da un piccolo sogghigno – ma i suoi occhi assottigliati tradiscono attenzione. «Quale impressionante caso ti stai rivelando. Chi avrebbe pensato che un semplice stalliere potesse essere così eloquente?»
Daniel reprime un sorriso. Sa che dovrebbe essere offeso o ferito per l’implicazione che lui sia in qualche modo inferiore e da trattare con condiscendenza; eppure tutto ciò a cui può pensare è Regina che gli passa di nascosto i propri libri per anni senza che Cora ne abbia la minima idea. Se lei si aspettava un ignorante contadino alla propria mercé, ha tutte le ragioni di essere colta di sorpresa dalla persona che invece si trova davanti.
«Miro a soddisfare, Lady Cora» dice Daniel con aria seria. Osa dirlo…? «Dopotutto, i servitori sono un riflesso dei padroni, quindi è solo appropriato che manteniamo un’immagine positivo». Ecco… adesso è fuori. Cosa dirà Lady Cora? La bocca di lei si tende in una linea dura alle sue parole, e un cipiglio si forma sulla sua fronte.
Lo studia con attenzione; tutto ciò che Daniel può fare è non torcere il naso, non fare altro che sbattere le palpebre. Forse questo è il momento in cui tutto verrà deciso. Lui rimane ritto, guardandola dritto negli occhi con quella che spera sia una cortesia confidente, o un’educata sicurezza, con deferenza sufficiente per non essere considerato rude. Finalmente, la bocca di lei si tira in un ampio sorriso.
«Ragazzo intelligente. Molto bene. Ammetto che non c’era nulla del genere tra gli altri candidati, e fa piacere non essere circondati da idioti per una volta. Rimarrai». Adesso, Daniel deve combattere perché il suo viso non diventi una maschera di puro trionfo. Cora continua, comunque, e Daniel ascolta in un mezzo inchino: «Ma ricorda le mie parole, stalliere – ti tengo d’occhio. Non deludere la mia fiducia».
Sia una minaccia o un semplice avvertimento, abbia o meno un significato nascosto, lui non lo sa, né gli importa: ce l’ha fatta! Resterà! Il suo cuore sembra aver duplicato la propria grandezza nel suo petto. Hai sentito, Regina? Resterò!

L’inizio dell’inverno non offre molto in quanto a fiori. Una foglia di edera è quel che sceglie alla fine, dopodiché è solo una questione di resistere all’impulso di controllare ogni ora o quasi se è ancora o meno appoggiata al davanzale dove l’ha lasciata. Una coperta extra per resistere al freddo, e poi la migliore che possiede; un’ora extra nelle stalle piene di spifferi, e poi solo un’altra ancora – lei può sempre arrivare. Non succede.
Con la testa china, Daniel si stravacca su Ronzinante e gli dà qualche pacca sul collo. «Capisci cos’è successo, Ronzinante? Perché io ancora non lo so. Una cosa è certa, però: Regina è arrabbiata con me, e giustamente. Mi domando come potrò mai sistemare le cose se continua ad evitarmi…» Ronzinante sbuffa e colpisce la mano di Daniel col naso. «Giusto. Be’, meglio dormire un poco. Ci vediamo domani mattina».
Nessun’oscurità gli è mai sembrata così completa come la conca vuota del cottage quando torna alla sera: non una candela accesa, niente più di una scheggia di luna a sbirciare attraverso la finestra. Il papà usava avere un fuoco acceso entro il momento in cui Daniel finiva con i cavalli, ma ovviamente questo non è più il caso. Daniel tasta la sua via sino al bancone per accendere una candela quando una fiammella luminosa guizza davanti a lui, ed un’ombra snella accanto al banco si volta per fronteggiarlo.
«C’è freddo fuori. Pensavo che fossi già rientrato a quest’ora». La luce lancia ombre lugubri sul viso di lei. Daniel si sposta appena, tendendosi per cogliere la sua espressione. È infastidita? Distaccata? Triste? «Cosa c’è che non va? Di certo vedi che sono io?»
Daniel si dà una scrollata mentale. «Sì, naturalmente. Mi stavo solo…»
«Ebbene?»
«Mi stavo solo domandando quale sia il tuo stato d’animo».
«Co…? Perché?» I suoi occhi si ingrandiscono e la sua presa sulla candela si stringe. «C’è qualche problema?»
Lui si affretta a cancellare la sua pena. «No, no, non allarmarti, va tutto bene. Più che bene, in verità».
«Oh…» Il sospiro arriva dal profondo, e quasi dipinge l’immagine mentale del considerevole macigno che le cade dal petto. «Pensavo… pensavo avessi chiamato perché… be’… a proposito della posizione di stalliere» ammette lei con una punta di ansietà rimasta nel suo sguardo intenso.
«Rimarrò» dice in fretta lui. «Tua madre terrà me».
Il volto di lei si illumina alla notizia. «È meraviglioso!» Si muove verso di lui con l’impulso di abbracciarlo, ma si trattiene dopo una frazione di secondo, sembrando lievemente imbarazzata alla manifestazione traditrice di sentimenti. Combatte per comporre il proprio volto, e riesce a mantenere un’espressione seria mentre parla, anche se i suoi occhi sembrano brillare alla luce della candela. «Sono… sono felice di sentirlo, Daniel».
Lui sposta il proprio peso da un piede all’altro. «Regina…»
«Sì?» replica lei speranzosamente.
«Non è per questo che volevo vederti. Volevo scusarmi. Per l’ultima volta. Non so cosa mi avesse preso. Mi dispiace».
Le scappa un sospiro profondo; la fiamma della candela trema pericolosamente. «Mi sono chiesta se avevo fatto qualcosa di male, ma non sapevo cosa potesse essere. Ho continuato a cercare di dirti quanto irritanti fossero quei balli, ognuno più del precedente, e che il principe è un idiota a cui importa solo di se stesso – ma tu non mi ascoltavi» si lascia sfuggire con aria infelice.
«Perché eri via tutto il tempo e io ho pensato che ti piacesse più di m… più che spendere tempo insieme». Le parole gli sfuggono dalla bocca prima che lui possa fermarsi – e forse è bene che sia così, poiché la risposta non era mai sembrata arrivare quando la cercava consapevolmente, ma adesso emerge semplicemente alla superficie della sua mente.
«Perché l’avresti pensato? Io non…»
È quando lei inizia a difendersi che lui realizza che non ha bisogno di sentirlo. «Non importa. È stato comunque stupido da parte mia. La ragione per cui sono tanto arrabbiato con me stesso è che, anche se ti fosse piaciuto, non sarebbe stata affatto una buona ragione per innervosirmi. Solo perché non ne faccio parte non vuol dire che io non voglia che tu ti diverta».
«Potrei. Ma non mi diverto» sospira lei. «Lui non ascolta mai quello che ho da dire. Per lo più balliamo e mangiamo e beviamo e ci scambiamo vuote cortesie. Questo è tutto ciò che la corte sembra essere, comunque. Non è ciò che viene elogiata per essere. Vorrei che le cose tornassero com’erano prima».
Daniel sorride debolmente. Ironicamente, questo tra tutti è il momento in cui la realizzazione gli appare chiara: le cose non potranno mai tornare com’erano prima.
«Non succederà. Ma va bene. Ce la caveremo comunque. Giusto?»
«Giusto» annuisce lei. «Ma non voglio che le cose cambino per noi». Il respiro le si blocca in gola mentre fa un passo verso di lui. «Ho paura, Daniel».
«Paura?»
Lei china la testa, e la scuote lentamente. Daniel le si avvicina, prende la candela dalla sua mano, e la guida al tavolo. Appoggia la candela e prende una sedia per lei, poi una per sé. Regina seppellisce il volto nelle proprie mani. Quando lo rialza dopo un po’, è tirato ma asciutto, e piuttosto grave.
«Io non voglio questa vita, Daniel».
«Regina… Cos’è successo?»
«Niente. Almeno non ancora. E spero che rimanga così per tanto tempo – per sempre. Ma… la mamma vuole… Be’, il principe, dicono…» La sua mascella si stringe, e lei lo guarda quasi timorosamente. «Dicono delle cose su di noi. Come che bella coppia siamo, o saremo. O quanto bene mi starebbe una corona. E all’ultimo ballo… Ho sentito qualcuno parlare di che aspetto avranno i nostri figli!» grida Regina con esasperazione, lanciando in aria le mani.
Lo stomaco di Daniel ha un sussulto potente.
«Regina» farfuglia lui, «ma…» Le parole gli muoiono sulle labbra, non essendosi mai formate nel suo cervello in primo luogo.
«Daniel, non so cosa fare! Il principe non mi piace nemmeno. Posso a stento sopportare la sua presenza in una sala da ballo, come potrei mai…» Lei esita per un breve momento, incapace di trovare la parola o forse semplicemente di indursi a dirlo, «…vivere con lui? Io… Lui… Questa è una follia!»
Lui si limita a fissare il suo volto arrossato dalla rabbia, completamente sbalordito. Be’, cosa si aspettava? Non questo; mai questo.
«Daniel? Perché non dici niente?» dice lei dopo un momento di silenzio.
«Io… Scusa. Sono solo… Questo è tutto così inaspettato. Anche se non veramente… Ma… Oh, Regina. Mi dispiace tanto. Eccoti, con questo e altro da affrontare, e io – il tuo amico – vado a renderti le cose persino peggiori col mio stupido comportamento». Potrebbe schiaffeggiarsi da solo.
«No. Tuo padre era appena morto. Il tuo lavoro, la tua intera esistenza, era a repentaglio. E io – la tua amica – ero via tutto il tempo. Anch’io devo scusarmi».
«No, no, non è…»
«Sì, è così. Io…»
Si guardano l’un l’altra, fermandosi a metà della frase, e si limitano a fissarsi per un po’. Poi gli occhi di Regina brillano, e gli angoli delle labbra di Daniel si contraggono, ed entrambi cominciano a ridere.
«Facciamo un patto» suggerisce lui.
«Sembra una buona idea» ridacchia lei.
«Evitiamo di essere di nuovo acidi l’un con l’altra».
«E parliamo sempre dei nostri problemi» annuisce vigorosamente lei, prendendogli la mano.
Daniel abbassa lo sguardo con un lieve sussulto: la mano piccola e morbida di lei che stringe la sua più grande e più ruvida. Deglutisce e incontra di nuovo i suoi occhi, dando una lieve stretta alla sua mano. «Regina… a proposito del principe, e tutto quel…»
«Non devi dire niente. So che non sei tu a dover risolvere la questione. Avevo solo bisogno di dirtelo, sai? Tu mi ascolti – voglio dire che mi ascolti davvero. E ti importa».
«È così. M’importa veramente. Vieni…» Si allunga verso di lei, e lei si lascia attirare in un abbraccio. Con la testa di lei appoggiata nell’incavo del suo collo, lui le accarezza i capelli. Profumano di mele e cannella, e non gli sono mai sembrati così morbidi.










NdT: ()
Il prossimo aggiornamento arriverà lunedì 7 luglio!
  
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