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Autore: Harmony394    03/07/2014    7 recensioni
C’era una cosa che non aveva mai sopportato degli asgardiani: il fatto che fossero sempre maledettamente invadenti. Non aveva detto una sola parola da quando aveva rimesso piede su Asgard, eppure sembrava che tutti stessero cercando di tirargliene fuori quante più possibili solo guardandolo negli occhi. Il loro era uno sguardo avido, curioso e quasi famelico, ma nonostante la mordacchia gli stesse lacerando la lingua, scavando a fondo senza alcuna pietà, Loki non poté fare a meno di sorridere sardonico, divertito dalla situazione.
Era tornato, alla fine. Ma non da vincitore, né da perdente. Semplicemente, era ancora lì.
(...)
«Adesso, qui dinanzi a tutti loro, io ti chiedo: cosa hai da dire in tua discolpa?».
Sembrò che tutta Asgard pendesse dalle sue labbra: la plebe venuta ad assistere al suo ritorno ammutolì di colpo, le guardie rafforzarono la presa sulle loro lance e Sif e i Tre Guerrieri, come se fossero stati sincronizzati, strinsero più forte i pugni e digrignarono i denti, curiosi di sapere cosa avrebbe risposto.
Loki ghignò. «Vi sono mancato?».

[SEQUEL DI: LA VOLPE E IL LUPO] [LokixNuovopg] [Accenni al film THOR:TheDarkWorld]
[STORIA CONCLUSA]
Genere: Angst, Introspettivo, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Altri, Loki, Nuovo personaggio, Thor, Un po' tutti
Note: Movieverse, What if? | Avvertimenti: Spoiler!, Violenza
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'La Volpe e il Lupo.'
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~The last battle
 
No matter how many times you feel that way,
there will always be warmth here. 
Even if it was a mistake, I don't care, I'll always be by your side.
With the sound of tears and the looks of a sigh,
 
I'm sure this is where we are now. 
 
 
 
 
Il primo pensiero che attraversò la mente di Emily quando riaprì gli occhi fu di essere morta. Non sentiva più dolore, le ferite erano svanite dal suo corpo e con esse anche quel terribile senso di nausea ed oppressione. Forse gli dèi erano stati misericordiosi e avevano deciso di mandarla nel Valhalla, si disse. Emily sperò davvero che fosse così, lo desiderò con tutta se stessa. Guardandosi attorno, però, realizzò che quel posto non era affatto il Valhalla.
 
Si trovava in una grande distesa pianeggiante, ricoperta di nebbia ed alberi spogli. Il sole sembrava svanito, attorno a lei un caleidoscopio di colori artificiosi e sbiaditi le annebbiava la vista. Era come essere dentro il sogno d’un altro sogno. Emily non riusciva a capire, ma una cosa la sapeva: non era morta. Il cuore dei morti era fermo, freddo, mentre il suo continuava a pompare così forte da sentirlo rintonare nella testa. Per un istante, non seppe se esserne lieta o dispiaciuta.
 
Una luce accecante le schernì gli occhi all’improvviso; quando li riaprì, vide un enorme frassino, con lunghi rami nodosi pieni di foglie verdi e gialle, ai cui piedi vi erano tre bellissime donne intende a cucire un arazzo: lunghi capelli biondi e visi di porcellana. La luce del sole filtrava dalle fronde dell’albero e donava loro un’aura di saggezza e antichità. 
 
Ad un tratto una delle tre, la più anziana, le sorrise e le fece cenno d’avvicinarsi. Emily obbedì senza fiatare. Una volta vicina, poté scorgere il disegno impresso sulla tela: un otto rovesciato, simile ad un serpente che si morde la coda. Il simbolo dell’infinito.  
 
«Ecco», disse la donna, porgendole l’ago che aveva fra le dita. «Tessilo tu, il tuo Destino».
 
Emily aggrottò la fronte. «Io… io non capisco…», provò a ribattere, confusa. Poi tutto divenne sfocato, l’immagine delle tre donne svanì e con essa anche il paesaggio circostante. Emily fece appena in tempo a prendere l’ago che tutto divenne grigio e nebuloso.
 
«…nti?».
 
Qualcosa di pesante si annidò nel suo petto. Emily tossì così forte da ferirsi la gola. Si accasciò su se stessa, non riuscendo più a reggersi in piedi. Cosa stava accadendo? Cosa significava quel dono? E perché si sentiva così… così stanca?
 
«… za!... forza!».
 
Una voce. Lontana, familiare. Emily la udì lontana come un’eco. A chi apparteneva? D’istinto, pensò a Loki.
 
«EMILY!».
 
Ed Emily aprì gli occhi. Un sospiro uscì dalle sue labbra con prepotenza, come se fosse rimasta sott’acqua troppo lungo, e il cuore prese a battere come un forsennato contro il suo petto. Il viso gentile di Thor le apparve dinanzi come il più piacevole dei sogni, tanto da farle chiedere se stesse ancora dormendo.
 
«Thor…» La sua voce era così bassa che persino lei faticò ad udirla. Si mise a sedere mentre il mondo riprendeva colore e si delineava nei particolari. «…Sono morta?».
 
Thor le rivolse un sorriso dolce mentre la baciava sulla fronte e la stringeva in un abbraccio. «No, Emily», sussurrò al suo orecchio. «Sei viva, sana e salva».
 
Emily prese a guardarsi attorno, stordita dal sonno. Pochi metri più in là, vi era Hela: la guardava con sorpresa attraverso il suo unico occhio buono. Emily fece per alzarsi, ma subito tutto il suo corpo si irrigidì come se mille spade l’avessero trapassata da parte a parte. Solo allora ricordò le ferite che si era provocata lungo il tragitto del labirinto: non erano svanite, come aveva creduto nel sogno, erano ancora lì e adesso che l’adrenalina aveva lasciato il suo corpo, il dolore si era acuito a dismisura.
 
«Non fare movimenti bruschi, figlia di Asgard» Parlò Hela. Emily associò la sua voce allo stridio del ferro, tanto era fredda. «Necessiti di cure. Non sono in molti coloro che sopravvivono al mio Labirinto».
 
«Ma lei vi è riuscita!», esclamò allora Thor, balzando in piedi. «Dunque ora rendici ciò che avevi promesso!».
 
«Lo farò, Thor Odinson. Ma prima…».
 
 Hela fece un movimento in direzione del lupo che riposava ai suoi piedi e subito quello si alzò, ergendosi in tutta la sua statura: era enorme, dal pelo fulvo e con profondi occhi di ghiaccio. Le si avvicinò con passo felpato e per un momento Emily credette che volesse sbranarla. Solo quando iniziò a leccarle via le ferite, che al tocco della sua lingua si rimarginarono come per magia, comprese che non voleva farle del male. Confusa, guardò Hela.
 
«Non sono una stupida, figlia di Asgard. So quando un’anima merita di essere recisa e so quando non è ancora giunto il suo momento. Ho visto il sogno che hai fatto…», disse. Un brivido freddo risalì la schiena di Emily. Qualcosa le punse la coscia: infilò la mano nella tasca dei pantaloni e si accorse dell’ago stretto fra le sue dita sottili. Non era un semplice sogno, realizzò. «…e il tuo Destino è troppo grande per essere spezzato oggi. In quanto a te, Odinson…» Hela congiunse le mani al petto in segno di preghiera per poi allontanarle a poco a poco. Con sgomento, Emily vide una sagoma azzurrina prendere forma, dando vita a quello che pareva essere il fantasma di Jane Foster; infine Hela l’appoggiò a terra, le sfiorò la fronte con un dito scheletrico e subito questa prese colore. Quando Jane aprì gli occhi e trasse un profondo respiro, Emily si sentì il fiato mancare: era viva.
 
Subito Thor le si fiondò addosso e la strinse tra le braccia. Emily, ancora intontita, rivolse il suo sguardo a Hela.
«Cosa significava quel sogno?», chiese. Hela non rispose, perché tutto attorno a lei iniziò a diradarsi e annebbiarsi, proprio come era accaduto nel suo sogno. Emily scattò in piedi, affiancata da Thor che sosteneva una Jane pallida come un cadavere. «Cosa succede? Cosa stai facendo?!», gridò. Il macabro volto deturpato di Hela si affievoliva ogni momento di più ma il suo sorriso maligno continuava a rimanere lì, terribile come un incubo.
 
«La tua visione nasconde una tragedia. Il sangue sta sgorgando, figlia di Asgard, e macchia di rosso un trono fasullo fatto di neve e d’inganni. Bisogna mettere un punto alla fine della storia, ma se il finale sarà lieto o tragico sarai tu a deciderlo. Ricorda: non tutto è sempre ciò che sembra».
 
E prima che potesse ribattere qualcosa, tutto divenne nero. Emily sentì qualcosa afferrarle le gambe e le braccia in una morsa che le tolse il respiro: il suo corpo si irrigidì come ferro, il fiato le si mozzò in gola. Non riuscì ad urlare, ma udì perfettamente le voci di Thor e della mortale. Forse anche lei urlava, ma il dolore era così devastante da non capirlo del tutto. D’un tratto il suo corpo cozzò contro qualcosa di duro e polveroso e il suo naso prese una botta tremenda. Aprì gli occhi e comprese: quella era Midgard.
 
«Jane!» Emily si issò a sedere dolorante e lo osservò correre dalla mortale per chiederle se stesse bene. Emily si massaggiò il setto nasale, mentre Thor correva dalla mortale per chiederle se stesse bene.
 
«Fi fembfa il momenfo?» Domandò, alzandosi da terra con ancora le dita premute sul naso. Un improvviso senso di nausea le lambì le viscere: di certo quel viaggetto non doveva aver giovato alla sua salute. «Pofreste fentilmenfe degnarmi fi attenfione per finque minufi?!», chiese scocciata, il sangue che continuava a sgocciolare dal suo naso.
 
«Lady Emily», prese a quel punto la parola Jane, avvicinandosi a lei. «Io… non ti ho ancora ringraziato per quello che hai fatto per me. Thor me lo ha detto ed io… io non so davvero come ringraziarti. Ti devo la vita».
 
«Pofresti aiufarmi con il mio nafo, per esemfio», replicò Emily. «Credo di aferlo sbaffufo troppo forf
 
«Oh… sì, certo, ehm…», Jane cercò nella borsa attaccata alla cintura dei suoi pantaloni e, alla fine, estrasse un batuffolo di cotone. Gli spruzzò sopra qualcosa che faceva odore di fiori (È profumo, disse. Ci servirà dell’alcool per disinfettare la ferita. Al momento è tutto ciò che ho… scusa), glielo premette sul naso e infine vi mise sopra un pezzo di carta appiccicoso per tenerlo fermo.
 
«Avevo solo dello scotch dietro… Purtroppo Darcy mi ha fregato tutti i cerotti, diceva che le servivano come segnalibri provvisori» Si giustificò Jane, ma Emily non comprese nemmeno una parola di quello che disse. Cos’erano dei segnalibri? E che cos’era uno scotch?! Dubbiosa e col naso dolorante, decise di non fare domande.
 
«Jane…» Fu Thor a parlare. Emily e Jane si voltarono verso di lui: il paesaggio che vide le gelò il sangue. Midgard era in fiamme: le case erano crollate, i palazzi distrutti, i Chitauri continuavano a fare razzie, mentre gli Oscuri depredavano ed uccidevano ogni essere umano che incontravano. Emily non riuscì a parlare. L’orrore era troppo persino per respirare. «Credo che ci serviranno altri di quei così».
 

 
La conquista di Midgard procedeva secondo i piani. Quel folle di Odino era finalmente sceso dal suo trono dorato per difendere quell’ammasso di terre e lamiere, ignaro di essersi scavato la fossa da solo. Thanos era accanto a lei, statuario e terribile come sempre, eppure Eris era agitata. Aveva la sensazione che stesse per succedere qualcosa, e non qualcosa di bello. Scosse il capo, sbuffando. Doveva smetterla con quegli assurdi pensieri.
 
«Dov’è Loki?» Domandò d’un tratto. Thanos le riservò un ghigno sardonico e accarezzò il Cubo del Tesseract.
 
«Gli ho dato ciò che desiderava: un trono e un Regno da governare» Rispose. Eris non capì; aggrottò la fronte. Poi, tagliente come un rasoio, comprese cosa fosse successo e gli occhi le si riempirono di lacrime.
 
No… non Loki… lui… non poteva averlo fatto!
 
Si voltò con ferocia contro Thanos, gli occhi ridotti a due fessure dorate colme di collera. «Avevi promesso! Avevi promesso che non gli avresti fatto del male! Mi avevi detto che avremo potuto governare insieme Midgard mentre tu Regnavi nei restanti Nove Regni… avevi promesso! Tu… tu mi hai menti—uggh!» Il respiro le si spezzò in gola, quando Thanos l’afferrò per il collo. La sua presa era di ferro, impossibile da spezzare, ed Eris non poté fare a meno di dimenarsi a mezz’aria come un serpente in balia del suo aggressore.
 
«Cara sorella…», mormorò Thanos con voce melliflua, rafforzando la presa sul suo collo. «Dolce, sciocca sorella. Dovresti averlo capito: io mantengo sempre le mie promesse», la presa di Thanos si fece prepotente, cattiva, le sue unghie premettero sul collo candido di Eris, tagliandone la pelle e infiltrandosi nella carne. Eris si lasciò sfuggire un grido di dolore e rabbia. Il sapore stantio del sangue le inondò la bocca e si riversò giù dalle sue labbra. La sua mente viaggiava in cerca di un modo per sopravvivere e rimembrava ricordi lontani, dolorosi quanto quella presa: Loki che le diceva che non l’amava, Loki che baciava quella sgualdrina dai capelli rossi, Loki che la guardava con disprezzo, Loki che moriva a causa sua. Loki, il suo amato, dolce Loki…
 
Il freddo del pavimento di marmo premette sulla sua guancia all’improvviso, doloroso come un ceffone. Era finita, realizzò. In tutto quel tempo, aveva sempre creduto che un giorno sarebbe morta per mano di Loki; ma a lui poteva perdonarlo, a lui tutto era concesso, perché era Loki la persona che amava, l’unico ad averne il diritto. Ora invece si trovava in una pozza di  sangue, morente, tradita da colui che aveva chiamato fratello. Era dunque questa la sensazione che si provava ad essere traditi? Era davvero così doloroso?
 
La ferita sul suo collo era troppo profonda per essere rimarginata. Brividi di freddo le percossero il corpo mentre respirare diveniva sempre più difficile. Tentò di curarsi con l’ausilio della magia, ma era troppo debole persino per tenere gli occhi aperti. La sua mente andò a Loki… il suo bellissimo, meraviglioso Loki. Dov’era adesso? Anche a lui era toccata quella sorte? Il cuore le si strinse in una morsa a quel pensiero. Tutto ciò che gli era accaduto era stato solo a causa sua: la caduta dal Bifröst, la morte di suo figlio e adesso la sua morte. Eris si rese conto di quanto fosse stata egoista e perfida, di come un suo desiderio infantile avesse portato alla sua morte e a quella dell’unica persona che aveva mai amato, e si odiò come mai prima d’allora.
 
«Lunga vita alla Regina di Midgard…» La voce di Thanos era distante come un’eco. Eris fece un’immensa fatica per udirla. Qualcosa di freddo e metallico le colpì il viso; in un ultimo barlume di lucidità, Eris si rese conto che si trattava di una corona d’argento e gemme bianche, ora macchiate di rosso. «Tutti ricorderanno il suo immenso coraggio nel decidere di morire insieme al suo amato Regno…» disse ridendo sguaiatamente.
 
«Perché… tutto que… sto?».
 
Thanos ghignò, mellifluo. «Avevo bisogno di qualcuno che mi tenesse aggiornato sugli spostamenti di quel traditore, qualcuno che si fidasse di me ciecamente, che mi fosse vicino... E tu, con tutta la tua sete d’amore per quello stupido, non hai fatto altro che portarmi la sua testa senza che te ne accorgessi! Pensavo, in tutta onestà, di lasciarti in vita una volta aver conquistato Asgard e ucciso Odino, ma, come ben sai, io mantengo sempre le mie promesse. Ora, assieme al tuo amato Dio degli Inganni, governerai questo Regno fino alla sua totale distruzione… non era quello che volevi, Eris?».
 
«Non… non riuscirai… a farla franca…» Sussurrò lei con le ultime forze rimastegli. Thanos rise di gusto, una risata così fredda e glaciale da far freddare il sangue nelle vene, si chinò su di lei e le alzò il mento in modo tale che potesse incontrare il suo sguardo.
 
«Oh, sciocca sorella…», mormorò in tono amorevole. «Ci sono già riuscito».
 
Una fitta di dolore, simile a una scossa elettrica, la trapassò come uno spettro. La risata sguaiata di Thanos si affievolì fino a scomparire, le parole le morirono in gola. Poi un drappo nero scese sui suoi occhi e tutto divenne buio.
 

 
Midgard era in fiamme. Insieme a Thor e la mortale, Emily correva alla ricerca dei cosiddetti “Vendicatori”, umani dai poteri straordinari che avevano salvato Midgard. Secondo Thor, si trattava di eroi senza eguali, nulla poteva fermarli, ma vista la situazione Emily era molto scettica.
 
«Dobbiamo trovare Selvig!», urlò Jane, schivando una maceria. «È l’unico che può aiutarci!».
 
«Chi è Selvig? E dove si trova?!» Chiese Emily, aumentando il passo. Un Oscuro provò ad attaccarla, ma Thor fu più svelto e lo abbatté con un colpo di Mjolnir dritto in testa. «Bel colpo».
«Grazie» Rispose lui, sorridendo sotto i baffi. «Jane, dicci dove dobbiamo dirigerci!».
«Ehm, ecco, io non lo s—».
 
Vi fu un’esplosione proprio a pochi metri dinanzi a loro: Emily ebbe appena il tempo di scorgerne la causa, ovvero un essere fatto di metallo rosso e oro, prima che Thor facesse scudo con il suo corpo a lei e Jane. Non ne aveva mai visti prima d’allora e si domandò se tutti gli umani fossero in quel modo. Quando la maschera dell’EssereDiMetallo si aprì e un sorriso sornione e due profondi occhi scuri fecero la loro comparsa, Emily rimase allibita.
 
«Stark!», lo chiamò Thor. Emily si domandò che razza di nome fosse Stark e se avesse qualche significato particolare. «Si può sapere che ti è saltato in mente? Stavi per ucciderci!».
 
«Oppure ho salvato la vita a tutti e tre. Forse non lo avevate notato, ma proprio dietro quella colonna dove vi stavate dirigendo tanto in fretta c’erano almeno dieci Oscuri e una dozzina di Chitauri… non c’è di che, comunque», replicò. Il suo tono di voce era beffardo, a tratti canzonatorio; per un istante, ad Emily parve di udire Loki. «Oh… e tu chi saresti? La Ygritte* di Asgard? , domandò nella sua direzione. Emily non seppe cosa rispondere… cos’era una Ygritte? «Oh, lascia perdere, non mi importa… Ah, comunque, benThornato, Big Jim. Sentivamo la tua mancanza. Ah, e ciao anche a te, dottoressa Foster, mi avevano riferito che eri in luna di miele con il tuo innamorato. Considerata la situazione, forse era meglio se restavi dov’eri, sai? Ah e… oh!», dal palmo delle sue mani uscì un raggio di luce azzurrina che colpì in pieno due Chitauri alle loro spalle. Emily rimase a fissarli con occhi colmi di confusione, per poi spostare il suo sguardo sull’uomo in armatura. Per le Norne! «Bene, e altri due sono andati… e, oh, stavo dicendo: dottoressa Foster, credo che il dottor Selvig necessiti del tuo aiuto. Presumo si sia riparato insieme al resto dello S.H.I.E.L.D presso quelle mura laggiù; vai a fargli un po’ di compagnia, se ti va. In quanto a te, bell’imbusto... funziona ancora quel martello?».
 
«Certo».
 
«Bene, perché ci servirà. E adesso muoviamoci… ho scommesso con Barton che riuscivo a fare fuori più di cento Oscuri. Al momento sono arrivato a settanta, credi che prima di morire ci arrivo a novanta?».
 
«Vieni con me» Emily non riuscì ad udire la fine del discorso di Stark perché Jane Foster l’aveva afferrata per una manica e trascinata con sé. Insieme si diressero nel punto indicato dall’uomo di metallo. Prima di raggiungerlo, però, accadde una cosa che lasciò entrambe senza fiato: il cielo si squarciò in un enorme cerchio dalla quale entrarono diverse navicelle asgardiane. A capitanarle, in sella al suo cavallo Sleipnir, vi era Odino. Il cuore di Emily ebbe un balzo e un fortissimo senso d’euforia le scorse nelle vene: Odino era arrivato… Erano salvi!
 
Lo vide dirigersi verso un palazzo. Guardando meglio, comprese perché stesse andando proprio laggiù: c’era un… un essere, lì sopra, alto diversi metri, massiccio come non ne aveva ma visti e indossava un’armatura pesante e scura; al suo fianco, vi era un’altra figura, molto più longilinea e femminile: con sgomento, Emily comprese che si trattava di Thanos ed Eris. Ebbe l’impressione che i due stessero discutendo ed Eris pareva profondamente irata. Ad un tratto, Thanos la prese con forza e la sbatté sul pavimento come un panno usato. Emily sentì il fiato mancarle e d’istinto si premette le mani sulle labbra, sconvolta. Thanos si chinò su di lei e le sussurrò qualcosa; quando si rialzò, Eris non si mosse più.
 
«Forza! Dobbiamo andare!» La spronò Jane, ma Emily non la ascoltava. Eris… era davvero morta? Ed era stato Thanos ad ucciderla? Se era così, Loki… il suo Loki…
 
«No!» Disse, gli occhi sgranati dalla paura. Jane lasciò la presa d’istinto e la osservò con fronte corrugata. «Io… Jane… io devo trovare Loki… è qui da qualche parte!».
«Emily, no! È una follia! Ti farai ammazzare!».
«No, Jane, devi lasciarmi andare!» replicò Emily. Non scherzava. «Tu… tu corri dai Selfic o come si chiama, a Loki penserò io. Tornerò…» Fece per andarsene, ma Jane la trattenne per un braccio. Il suo sguardo era supplichevole e pieno di paura. Non andare, diceva, e lo stomaco di Emily si chiuse in una morsa piena di rammarico. «… lo prometto», aggiunse allora. Jane fece per abbracciarla ma all’improvviso vi fu un’ennesima esplosione e la terra sotto i loro piedi iniziò a tremare. Emily non aveva idea di cosa stesse succedendo, ma di certo non era nulla di buono. «Ora vattene! Non è sicuro qui fuori!», mormorò, tirandosi su il cappuccio del mantello per non respirare il fumo che le riempiva le narici. Jane la guardò un’ultima volta con rammarico, come se lasciarla andare le costasse una grande fatica, e infine andò via. Adesso Emily capiva perché Thor si fosse innamorato di lei: oltre ad essere una splendida fanciulla, Jane Foster era anche un’amica sincera e leale.
 
La terra tremò di nuovo, e allora Emily comprese che era il momento di muoversi. Mentre correva, un unico pensiero infestava la sua mente. 
 
Loki, che cos’hai fatto?
 

 
Quando Jane fece il suo ingresso nel laboratorio dello S.H.I.E.L.D, mezzo distrutto a causa dei bombardamenti da parte dei Chitauri ed Oscuri, Darcy fece cadere a terra una provetta dal liquido verdognolo che stava tenendo in mano e gettò un grido così acuto che Jane fu costretta a tapparsi le orecchie.
 
«Brutta stronza!» Gridò Darcy, correndo ad abbracciarla. Il volto di Jane venne sommerso dai scurissimi capelli bruni della sua stagista. «Sei proprio una cazzo di stronza, lo sai, vero? Dio, Jane! Ero così preoccupata… ti credevamo morta!».
 
«Lo sono stata in effetti… ma questo non è il momento giusto per narrarvi delle mie mirabolanti avventure nello spazio», aggiunse in fretta Jane, vedendo la faccia sconvolta di Darcy. Si rivolse a Selvig che, ancora scosso dal vederla, si era poggiato sul tavolo da laboratorio per non cadere. Dio… ma era mancata davvero per così tanto tempo? «Selvig, mettiti in piedi. Dobbiamo creare un modo per fermare quel pazzo».
 
Selvig, dal canto suo, sembrava proprio aver visto un fantasma. Jane poteva leggere nei suoi occhi chiari la paura e la certezza di non rivederla più, e la gioia immensa nel scoprire di essersi sbagliato. Se non si fosse trovata in una situazione di tale urgenza, probabilmente lo avrebbe stretto in un abbraccio.
 
«Io… ecco… cosa stavo facendo io, Darcy?» Rispose lui, guardandosi attorno con stupore.
 
«Credo che stessi dando un’ultima occhiata a quel coso… » Rispose Darcy, continuando a lanciare occhiate a Jane per assicurarsi che fosse davvero lei. Jane fu certa di sentirle dire a bassa voce qualcosa di simile a “Mi sembra di essere in un episodio di Doctor Who…”.
 
Si avvicinò al “coso” in questione, una sottospecie di enorme cannocchiale, con al centro un’apertura quadrata piena di pulsanti e fili di molteplici colori. Alzò un sopracciglio e guardò dubbiosa Erik.
 
«Cos’è questo?» Domandò.
 
«È un conservatore di energia, l’ha assemblato il dottor Banner nella speranza di ricaricarlo con qualcosa che somigliasse al Tesseract. Dovrebbe aiutarci a chiudere il portale, solo con quello possiamo muoverci contro Thanatos o… o come diavolo si chiama quel tizio viola. Dagli ultimi dati ricavati, però, abbiamo appreso che ha assorbito tutto il Tesseract o ciò che ne rimane e quindi, parlando con schiettezza, questo strumento è inutile…».
 
«No» Disse Jane, sicura. «Non è possibile. Ho studiato l’Energia del Tesseract e Thanos non può averlo assorbito tutto, sarebbe morto. Lui… deve aver tenuto ciò che ne è rimasto per distruggere il pianeta! Solo in questo modo potrebbe porre fine a tutto, ecco perché la terra trema e il cielo sembra andare in pezzi! È il potere del Tesseract, Thanos sta utilizzando ciò che ne rimane! Se solo…» Jane prese a camminare lungo il perimetro della sala, seria come non mai. Doveva cercare un modo per fermare Thanos. Il Tesseract, secondo gli studi fatti, si appropriava di tutto ciò con cui veniva a contatto, come le menti umane e i pensieri. Ma questo succedeva con un solo filo di energia. Per Thanos, che lo aveva assorbito quasi del tutto, la cosa doveva essersi spinta ben oltre.
 
«Quando il Tesseract aveva plagiato la mia mente», iniziò allora Selvig, con voce tentennante. «Ricordo… ricordo di essermi sentito vuoto e, allo stesso tempo, fortissimo. Era come se subissi dei forti sbalzi d’umore: alle volte capivo ciò che stavo facendo e me ne vergognavo, altre ero lieto di avere tutta quella conoscenza solo per me ed era come se non fossi più io, come se il Tesseract mi avesse assorbito completamente e agissi secondo la sua volontà…».
 
Come se il Tesseract mi avesse assorbito completamente…
Era come se non fossi più io…
Agivo secondo la sua volontà …
 
«Ho capito!» Chiara come il sole, la soluzione al problema si presentò a Jane come il più dolce dei balsami. Adesso capiva cosa doveva fare, come muoversi. «Thanos ha assorbito l’energia del Tesseract ma, essendo troppa da sopportare per un solo essere, questa si è fusa con il suo corpo e la sua mente, divenendo una vera e propria linfa vitale per lui. In poche parole, se riuscivamo a distruggere il Tesseract, distruggiamo anche lui!» Esclamò al colmo della gioia. Finalmente poteva rendersi utile, fare qualcosa per il proprio pianeta! Sul viso di Selvig si aprì un grande sorriso e la strinse in un abbraccio carico di energia. Poi, mentre lei ed Erik le diceva che era un genio e che era felice di riaverla con sé, Darcy prese la parola.
 
«Grande. Cioè, ehm, fantastico, sì, ma… come facciamo a rubarglielo? Voglio dire… è alto circa il triplo di ognuno di noi e grosso il doppio di Thor. Non sarà proprio una passeggiata, credo…».
 
«Ed è qui che entriamo in scena noi, signorina Lewis».
 
Lei, Darcy e Selvig si voltarono e subito il profondo occhio scuro di Nick Fury la squadrò da capo a piedi. «Lieto di averla di nuovo con noi, dottoressa Foster», disse.
 
«Quando è arrivato?!» Udì Darcy sussurrare. «Tu l’hai visto arrivare?!».
 
«Che ha intenzione di fare, direttore?» Jane avanzò un passo verso di lui. Nick Fury incrociò le braccia dietro la schiena, serio come non mai.
 
«Quello per cui ho ingaggiato i Vendicatori, dottoressa Foster», rispose, accendendo la cimice dentro il suo orecchio. «Vendicare la Terra».
 
 
Emily corse lungo i detriti della città con premura, il cuore che le batteva frenetico contro il petto e le dita strette attorno ai pugnali imbrattati di sangue scuro e vischioso. Era stata attaccata da due Oscuri e ci aveva quasi rimesso la pelle: l’avevano colta di sorpresa e colpita al braccio destro e alla spalla, facendola urlare di dolore. Era riuscita a scappare solo per un caso fortuito: un uomo, Emily non ne conosceva il nome, aveva scoccato una freccia centrando il cranio di uno di loro, che subito aveva preso fuoco ed era scoppiata come una bomba, uccidendo anche l’altro. Emily aveva appena fatto in tempo a ripararsi dietro ciò che rimaneva di uno strano oggetto con le ruote, che lui era già andato via. Se fosse sopravvissuta, Emily lo avrebbe ringraziato.
 
Il palazzo in cui si era diretto Odino non era molto lontano da lì, eppure il percorso per raggiungerlo pareva non finire mai. La strada era disseminata di rottami e buche, e quando arrivò proprio davanti all’entrata del palazzo, la trovò serrata da un enorme cumulo di macerie. Solo dopo una decina di calci alla porta, riuscì a farsi strada.
 
Notò subito che quello che le era parso un palazzo era in realtà un tempio molto diverso da quelli a cui era abituata: vi erano immagini ovunque, spesso violente o raffiguranti personaggi con ali e corone rotonde e dorate, pilastri possenti e bellissimi affreschi. Trovò un sentiero che dava su delle scale a chiocciola, ripide e piene di polvere. Le salì mentre il cuore batteva con violenza contro il suo petto. Si riscoprì agitata come non mai, era come se qualcuno le stesse stringendo il cuore con forza.
 
Stava per salire altri gradini, quando lo udì, alto e devastante: un grido.
 
Si voltò di scatto verso la voce e tentò di capire da dove provenisse. «C’è qualcuno qui dentro?!», chiese, sperando che non si trattasse di qualche cittadino di Midgard. Come risposta ricevette un altro urlo, più disperato dei precedenti. Presa dal panico, corse verso la voce che via via che si avvicinava diveniva sempre più angosciante e… familiare.
 
Giunse dinanzi a un’enorme porta di legno. Per un istante, ebbe timore di aprirla. Le parve di rivivere il momento in cui aveva tolto il lenzuolo dal volto di Vàlì per guardarlo un’ultima volta; non era pronta, non voleva farlo. Mille scuse le balenarono in mente per desistere dall’aprire quella porta ma Emily non aveva la minima idea del perché le stesse creando. Solo quando l’ennesimo grido la raggiunse, si decise ad aprirla.
 
Per un istante, sperimentò la più totale assenza di emozioni. Era come se non riuscisse a sentire più niente, a vedere nulla oltre quello che le si parava davanti. Forse il suo cuore aveva smesso di battere nel momento in cui aveva aperto la porta, o forse già da molto prima. C’era un trono, dinanzi a lei; sopra di esso un serpente, avvinghiato a una croce di legno, faceva colare il suo veleno dalle fauci spalancate sul volto di un uomo: aveva lunghi capelli neri e il viso pallido, ora ridotto a una grottesca maschera di sangue e muscoli pulsanti. Poi, tagliente come la lama di un rasoio, Emily riconobbe il viso di Loki – il suo Loki – e il dolore esplose in lei. Neanche si accorse di star urlando; le sue grida si confondevano a quelle di Loki, il suo dolore era in simbiosi col suo. Corse da lui: da vicino, la situazione era anche peggiore.
 
«Loki…» La sua voce era spezzata, i suoi occhi lucidi di lacrime. Loki alzò lo sguardo su di lei, i muscoli delle guance rossi e sanguinanti, ma non riuscì a dire una sola parola. Tuttavia i suoi occhi parlavano per lui e ciò che dissero distrusse Emily più di ogni altra cosa: Aiutami. «Oh, Loki…», singhiozzò allora, in preda al panico. «Va… va tutto bene. Va tutto bene. Sono qui con te, non ti lascerò più. Sono qui, riesci a vedermi? Sono Emily…», un gemito uscì dalle sua labbra. Tutto di lei era un tremito continuo, non riusciva a respirare, a parlare. «… La tua piccola volpe».
 
Ma Loki non rispondeva. Si limitava a guardarla con occhi vitrei e colmi di dolore e urlare. Emily osservò il serpente sopra di lui e provò a colpirlo con uno dei suoi pugnali. Tutto inutile, era come se non lo scalfissero neppure. Eppure doveva fare qualcosa, qualsiasi cosa! Si guardò attorno e la prima cosa che vide fu un grande vaso d’avorio. Con premura e senza un vero e proprio piano lo prese e lo svuotò dalla terra, poi lo mise sotto il muso del serpente. Grazie agli dèi, il veleno non scioglieva il materiale di cui era fatto il vaso. «Sono qui con te, Loki», ripeteva, come se dovesse rassicurare se stessa piuttosto che lui. «Non me ne andrò. Rimarrò qui tutta l’eternità, se dovrò. Sono qui con te…».
 
Non seppe mai quanto tempo passò. L’unica cosa di cui si preoccupava era di svuotare velocemente il vaso quando era pieno e rimetterlo sotto le fauci del serpente prima che il suo veleno colpisse di nuovo il volto di Loki. Sono qui con te, continuava a ripetere, Non me ne vado. Ironico come, fino a qualche giorno prima, avesse desiderato riempirlo di botte, quando adesso, invece, il suo unico pensiero era alleviare il suo dolore.
 
D’un tratto, Loki grugnì qualcosa di simile ad una parola. Emily si voltò subito verso di lui e lo vide sveglio e attento a ciò che stava accadendo. Provò a muoversi ma era evidente che il farlo gli provocasse un dolore senza eguali; d’istinto, Emily posò la mano libera sul suo petto, tentando di tranquillizzarlo.
 
«Non fare sforzi», sussurrò. «Sei ancora debole».
«Mi… mi dispiace…» La voce di Loki era più simile a un singulto che altro. Il cuore di Emily andò in pezzi e dovette mordersi a sangue l’interno guancia per impedirsi di piangere. Non doveva farsi vedere debole da Loki, non in quel momento. «Thanos… lui… lui mi ha…».
 
«Non parlare» Lo zittì lei, tentando di improvvisare un sorriso stentato. «Ormai è passato».
«Emily… io.. Vàlì—».
 
Vi fu un enorme boato: tutta la sala tremò e alcuni quadri cedettero dalle pareti. Gli occhi di Loki si sgranarono terrorizzati e il cuore di Emily mancò un battito. Stava crollando tutto, doveva scappare... ma non poteva. Non senza di lui. Ricordò la promessa fatta a Jane, e con amarezza realizzò che non avrebbe potuto mantenerla.
 
«Devi… devi scappare… qui… qui sta crollando tutto…» Era la voce di Loki. Emily lo guardò come se lo vedesse per la prima volta: metà del suo volto, lì dove il veleno del serpente aveva colpito, era scorticato e ustionato, i suoi capelli erano stati ridotti in meri brandelli corvini e tutto il suo collo era avvolto da uno spesso strato di sudore e cicatrici. Con la mano libera, gli accarezzò una guancia e gli sorrise con dolcezza. No, non lo avrebbe lasciato.
 
«No, Loki. Resterò qui, insieme a te», sussurrò. Diversi pezzi di intonaco si staccarono dalle pareti e i vetri delle finestre andarono in frantumi. Senza che potesse fare niente per fermarle, le lacrime rigarono il volto di Emily. Con immenso sforzo, Loki alzò una mano verso la sua guancia. Emily l’afferrò e vi poggiò il viso con tenerezza. «Ricordi? Te lo avevo promesso. Tanto tempo fa, quando eravamo felici…».
 
Il viso deturpato di Loki si contrasse in un sorriso obliquo.
 
«Io lo sono ancora… felice» Disse. Ed Emily si sentì struggere dal dolore, come se avesse appena ricevuto una pugnalata dritta al cuore. «Non era così che doveva andare, Emily… avevo pianificato tutto… il destino di Vàlì… doveva… doveva essere cambiato .
 
Ricorda: non tutto è sempre ciò che sembra…
Tessilo tu, il tuo Destino…
 
L’ago… L’AGO!
 
Emily si precipitò a cercare l’ago nelle tasche dei suoi pantaloni e quando lo prese l’osservò come se lo vedesse per la prima volta.
 
«Voglio essere io a cucire il mio Destino» Disse. Quello che avvenne dopo la lasciò senza fiato: l’ago venne pervaso da una luce dorata e, man mano che diventava più luminosa, esso cresceva sempre di più, fino a diventare una…
«… Spada!» Esultò Emily, le mani che le tremavano dall’emozione. Era una spada lunga, affilata, ma comunque leggera proprio come un ago. L’elsa era dorata e con un grosso smeraldo incastonato al centro. Si voltò verso Loki e subito comprese ciò che doveva fare: insaldò bene l’arma, sotto lo sguardo sconcertato di Loki la sguainò verso l’animale e lo colpì. A differenza della volta precedente, il colpo andò a segno e la testa del serpente cadde proprio ai suoi piedi: le fauci ancora spalancate e gli occhi infidi che la fissavano. Emily guardò Loki, che la fissava a sua volta con occhi sgranati, e subito lo liberò dalle catene forzando il lucchetto con la spada. Quando fu libero, Loki si rimise in piedi e sussurrò delle parole in una lingua che Emily non conosceva. Nel giro di pochi istanti le sue ferite scomparvero e poté riprendere a respirare normalmente; tuttavia rimase una profonda cicatrice sul lato sinistro della sua guancia e una vistosa ustione che gli copriva gran parte della guancia destra. Emily lo osservò mentre tornava quello di sempre, lo sguardo beffardo e vendicativo che conosceva, e gli si avvicinò. Loki incurvò le labbra in un sorriso e… uno schiaffo deciso lo colpì dritto in faccia.
 
«Questo», disse Emily, avvicinandosi. «Era perché te ne sei andato».
«Emily, ascolta, io–».
«E questo» Prese il suo viso fra le mani e lo avvicinò al suo, premendo con forza le labbra sulle sue. La bocca di Loki sapeva di sangue e ferro, ma ad Emily non importava. Erano salvi. Loki era salvo. Lei lo era. Nulla importava. «È perché ti ho ritrovato».
 
Loki stava per rispondere qualcosa, ma d’un tratto tutto il tempio prese a tremare, una parte del pavimento si staccò e cadde al piano inferiore. Lei e Loki si guardarono per un momento, senza sapere cosa fare, poi iniziarono a correre verso l’uscita più vicina.
 
«Presto, di qua!» Gridò Loki, scendendo le scale che conducevano al piano di sotto. «Dobbiamo andare!».
 
Emily lo seguì. Le loro mani erano ancora intrecciate.
 

 
Mentre percorreva la scalinata che portava all’uscita, Loki non riusciva a pensare ad altro che agli ultimi eventi: Thanos lo aveva tradito, gli aveva fatto credere che avrebbe riportato in vita Vàlì solo per attirarlo in trappola, e lui si era fatto ingannare come uno stupido moccioso. Il dolore atroce che aveva sentito quando la prima goccia di veleno si era posata sulla sua guancia non l’avrebbe mai dimenticata, così come non avrebbe mai dimenticato la frustrazione che gli aveva schiacciato il cuore e i polmoni in una stretta di ferro. Ora il dolore era terminato, grazie ad Emily, ma la rabbia… quella era più forte di prima.
 
Quando varcarono l’uscita, ciò che si prospettò loro davanti fu la più completa e totale devastazione: il fuoco era ovunque, così come la morte; urla di terrore riecheggiavano nel cielo cupo e pieno di navicelle. Fra di esse, notò Loki, vi erano anche le navi delle legioni asgardiane e questo significava che Odino era con loro. Un brivido percosse il suo corpo dalla testa ai piedi, ma non era di paura. Forse, si disse, abbiamo ancora una speranza.
I Vendicatori lottavano contro le forze nemiche proprio come durante la battaglia di New York, solo che questa volta le possibilità di vittoria erano poco meno del dieci percento.
 
«Loki…» La voce di Emily era lontana come un’eco. Loki si voltò a guardarla. L’aveva creduta morta nello scontro contro la gigantessa, persa per sempre, eppure lei era tornata, viva, bellissima come la ricordava, le sue mani calde che gli sfioravano il volto, e Loki si era sentito schiacciare dalla felicità e il sollievo. «Dobbiamo trovare Jane… lei ci dirà cosa fare».
 
«Non ce ne sarà bisogno», rispose Loki, materializzando un pugnale. «So già cosa fare», il suo sguardo corse alla ricerca di Malekith. Prima di Thanos, doveva uccidere i suoi alleati. «Tu va’ dalla mortale. Mettiti in salvo».
 
«Non me ne starò chiusa in un buco mentre tu vai fuori a farti ammazzare!» Ribatté lei, rossa di rabbia. Loki le cinse le spalle con forza.
 
«Fa come ti ho detto», disse, lapidario. «L’unica cosa di cui non ho bisogno è saperti in pericolo nel campo di battaglia. Vai dai mortali e cerca di studiare qualcosa su come raggirare Thanos… al resto penserò io».
 
«Ma—» Le labbra di Loki premettero su quelle di Emily prima che lei potesse rispondergli. Fu un bacio differente dagli altri, più intimo, significativo. Era il loro ultimo bacio. Percepì Emily tremare. Le baciò la fronte.
 
«Andrà bene» Sussurrò, facendo per andare, ma lei lo trattenne per un braccio. Loki la guardò: sulle sue labbra sembravano danzare una decina di frasi, i suoi occhi brillavano di una luce frustrata e impaurita.
 
«Quando tornerai», disse, la voce incrinata. «Sarò qui ad aspettarti».
 
Loki sorrise. «Lo so», rispose. Ed Emily lo strinse in un abbraccio, uno dei più dolorosi che Loki avesse mai ricevuto. Chiuse gli occhi per un momento e capì che tutto ciò che desiderava era stringerla fra le sue braccia per sempre. «Non lasciarmi sola, Loki. Promettimi che tornerai», sussurrò Emily al suo orecchio. Loki sciolse l’abbraccio.
 
«Lo farò», rispose. «È una promessa», e, per la prima volta, non stava mentendo.
 
Il sapore delle labbra di Emily era ancora sulla sua lingua quando raggiunse il centro della battaglia. C’era Thor, pochi metri più in là: lui e Odino stavano lottando contro Malekith e una decina di Oscuri. Vide il Padre degli Dèi parare un affondo di Malekith e replicare con un colpo ben assestato della sua lancia dritto al petto; Malekith grugnì come un cane rabbioso e provò ad attaccarlo di nuovo ma, nuovamente, il colpo venne parato e il clangore del cozzare del metallo riecheggiò nel cielo. Poco più in là, Thor era accerchiato da una massa di Oscuri che stava, seppur con lentezza, uccidendo uno ad uno.
 
Malekith gettò un grido di frustrazione e alzò i propri pugnali, Odino tentò a sua volta di colpirlo con Gungnir ma fu lento e la lama del pugnale affondò nella sua armatura, trapassandola come se fosse stata burro. Sul suo fianco destro si aprì una ferita che lo fece accasciare su se stesso.  Da qualche parte in mezzo alla calca, Loki udì Thor gridare.
 
Lascialo morire, Loki. E’ il tuo momento. Non dovrai nemmeno sporcarti le mani. Lascia che lo uccida, vendicati, sussurrava una voce nella sua mente. Loki si trovò di fronte a un bivio e, a differenza di ciò che aveva sempre creduto, era indeciso sulla strada da intraprendere.  Poi Malekith si avventò su Odino, e il tempo si fermò. Senza averlo premeditato, senza pensarci, Loki urlò.
 
«NO!».
 
 Malekith si fermò. Per un istante, Loki non riuscì a realizzare cosa fosse davvero successo. Aveva fermato Malekith. Gli aveva impedito di uccidere Odino, di adempiere alla vendetta per cui era arrivato a quel punto. Gli occhi infidi di Malekith si posarono su di lui, cattivi e sospettosi, così come quelli di Odino, che ora lo fissavano con sorpresa e sgomento; lo stesso sguardo di chi ritrova una speranza perduta da tempo. Non guardarmi così, vecchio. Non farlo, dannazione. Non tu.
 
«Credo di dover essere io ad avere l'onore, dopo tutto questo tempo» Disse, evitando di guardarlo negli occhi.
 
«Dannato...!» Gridò Thor, avventandosi contro di lui, ma una decina di Oscuri lo tennero fermo. Quando uno di loro tentò di ucciderlo, Malekith lo schiantò contro un veicolo. Un sorriso sardonico era dipinto sulle sue labbra bianche.
 
«No. Voglio che lui veda» Dichiarò. Poi fece un cenno d’assenso nella sua direzione, e allora Loki comprese che era giunto il momento adatto. Si avvicinò a Odino che, con ancora la ferita aperta e sanguinante, lo guardava con occhi colmi d’angoscia. In quelli stessi occhi, Loki rivide se stesso bambino mentre correva ad abbracciare l’uomo che aveva chiamato padre per tanto tempo, le sue carezze che gli spettinavano i capelli. Chiuse gli occhi e agì. La lama del suo pugnale si ritrovò puntata al collo di Malekith in pochi secondi.
 
«Cosa… cosa stai facendo, razza di idiota?!» Fu la sua protesta. Loki strinse la presa sul suo collo e si avvicinò al suo orecchio.
 
«Ti avevo detto di non fidarti di me», ghignò. «In quanto a voi, sporchi inetti: un solo passo falso e il vostro Re si ritroverà un coltello piantato dritto in mezzo alla gola, è chiaro?», gridò in direzione degli Oscuri che lo accerchiavano. «Liberatelo… adesso!» disse poi, indicando Thor con lo sguardo. Vedendo che non ascoltavano, Loki avvicinò di più la lama alla gola di Malekith, che prese a sanguinare. «ADESSO!», ripeté, la voce alta diverse ottave, e Thor venne rilasciato. A Loki bastò una sua sola occhiata per capire cosa fare; un ghigno si dipinse sulle sue labbra. Prima che gli Oscuri potessero fermarlo, diede un calcio alla schiena di Malekith, che cadde in avanti. Si rese invisibile agli occhi degli Oscuri nel momento stesso in cui udì Thor fracassare la testa di Malekith col Mjolnir e prese Odino di peso trascinandolo fuori da quella carneficina. Solo dopo averlo spinto dietro un veicolo, Loki tornò a essere visibile ai suoi occhi.
 
«So che hai ancora abbastanza energia per curare quella ferita, vecchio» gli disse con freddezza. «Quindi vedi di darti una mossa, o si infetterà ed io non ho la minima intenzione di salvarti una seconda volta», concluse. Fece per andare ma Odino lo tenne fermo per un braccio. Loki lo guardò e lo stomaco gli si strinse in una morsa. Per la prima volta – per la prima, dannatissima volta, Odino non lo guardava con pietà o con amarezza… ma con fierezza.
 
«Sei tornato quello che conoscevo» Disse. Loki strinse le labbra e si liberò dalla sua presa.
 
«No», rispose. Non aveva dimenticato che era stato lui, nonostante tutto, a raccoglierlo da quelle montagne gelate, tanto tempo prima. «Ho soltanto saldato un debito», e, senza aspettare una risposta, corse verso la battaglia. Scorse i Vendicatori lottare contro Thanos e l’Altro, ma era evidente che fossero in netto svantaggio. Svincolando fra un ammasso di cadaveri e detriti, Loki li raggiunse ma si tenne ben alla larga dal centro della battaglia. Thanos non era Malekith e combattere contro di lui era come condannarsi da soli a una morte lenta e dolorosa.
 
Stanno cercando di prendere il Tesseract, comprese Loki, guardando quei pagliacci in calzamaglia. Stupidi. Non è rubandoglielo che cambierete qualcosa. Bisogna distruggerlo. E Thanos vi ucciderà tutti prima che possiate riuscirci.
 
Due mani viscide e fredde lo afferrarono per la collottola. Loki ebbe appena il tempo di capire cosa stesse accadendo che il suo aggressore gettò un grido fortissimo, disturbante. Con orrore, Loki si rese conto che quello non era un grido. Era un richiamo.
 
Vide un centinaio di Oscuri dirigersi verso di lui e afferrarlo da tutte le parti e trascinarlo al centro della battaglia, i loro volti mostruosi e senza espressione lo fissavano senza pietà. Loki si dimenò dalla loro presa con tutta la forza che aveva in corpo, gridando e scalciando, ma fu tutto inutile. Erano in troppi. Uno di loro si avvicinò a lui armato di un enorme fucile e glielo puntò dritto addosso. Sudore freddo imperlò la sua fronte, scendendogli giù per il collo e la schiena.
 
No. No, no, no! Non posso morire. Non così!
 
Il fucile venne attivato ma, prima che potesse sparare, un urlo mostruoso riecheggiò attorno a lui.
 
«LUI È MIO! FUORI DAI PIEDI!» Thanos si avventò sull’Oscuro che brandiva il fucile e lo lanciò lontano con una spinta, mandandolo a schiantarsi contro un palazzo. Loki si guardò attorno alla ricerca dei Vendicatori, di qualcuno che potesse fare qualcosa, ma l’unica cosa che vide furono gli occhi scintillanti di Thanos che si dirigevano minacciosi verso di lui. «Voi Giganti di Ghiaccio siete duri a morire, non è così?» lo prese per il colletto e lo alzò a mezz’aria, ghignando contro il suo volto. Guardandosi attorno, Loki comprese perché i Vendicatori non fossero giunti in suo soccorso: vi erano un centinaio di Oscuri e di Chitauri che li tenevano impegnati. Non sarebbero giunti in suo soccorso neanche potendo, dopotutto. Era solo, adesso. Doveva inventarsi qualcosa… qualsiasi cosa! Alla fine, chiara come il sole, l’idea giunse. Loki sorrise. 
 
«Sei uno sciocco, Loki Laufeyson, combatti ancora per una causa già persa da tempo... Sai bene che perderai ogni cosa».
 
«No» mugolò Loki, stringendo i denti. «Sei tu lo sciocco…».
 
«E perché mai dovrei esserlo? Sei tu quello che sta per morire. Questa volta non ci sarà nessuno a salvarti».
 
«Non ce ne sarà bisogno…» Ribatté Loki. Thanos aggrottò la fronte, lo sguardo di chi non riusciva a capire, e Loki ghignò. «Perché sarò io ad ucciderti».
 
La copia di se stesso svanì dalle dita di Thanos come sabbia al vento. Thanos non ebbe il tempo di comprendere cosa stesse accadendo che Loki agì: inforcò l’elsa del pugnale e colpì la mano sinistra di Thanos, quella che reggeva il Tesseract, tagliandola di netto. Il rumore delle ossa che si spaccavano fu terribile quanto il sangue che fuoriusciva dal suo polso, nero e vischioso e che si espandeva a chiazze d’olio. L’urlo di Thanos fu quanto di più terrificante avesse mai udito. Loki raccolse il Tesseract e fece appena in tempo a scansarsi, prima che Thanos si scagliasse con ferocia verso di lui. Si gettò di lato e corse il più veloce possibile. Lo aveva preso… aveva il Tesseract!
 
«THOR!», chiamò, scorgendolo pochi metri più avanti alle prese con dei Chitauri. Doveva distruggere il Tesseract, solo lui poteva farlo, solo il Mjolnir era abbastanza potente! Era la loro unica speranza! «THOR, PRESTO!», quello si voltò verso di lui e subito fece per andargli incontro, capendo il suo piano; mulinò il Mjolnir verso la sua direzione ma, di colpo, l’Altro gli fu addosso facendo volare via il martello che finì proprio ai piedi di Loki. Le rune impresse sul suo dorso erano ancora ben visibili: Chiunque impugnerà questo martello, se ne sarà degno, riceverà il potere di Thor.
 
E Loki agì. Senza pensare, senza ponderare l’idea che fosse una follia, che avrebbe fallito, che Thanos lo avrebbe ucciso in pochi istanti, si avventò sul Mjolnir e agguantò il suo manico. Solo quando Thanos venne spazzato diversi metri indietro a causa del colpo appena ricevuto, Loki realizzò di averlo sollevato.
 
«LOKI!» Era la voce di Thor. Loki la udì lontana come un’eco. Lo aveva sollevato… il Mjolnir… il martello di Thor… lui… lui ci era riuscito. «LOKI, SBRIGATI!!».
 
Fu come se l’intero universo si fosse fermato. All’improvviso, Thanos si gettò addosso a Loki con la furia di un leone dalle fauci spalancate e dagli occhi iniettati d’odio e rabbia. Con mani tremanti d’eccitazione, Loki capì cosa doveva fare: gettò il Tesseract ai suoi piedi e, nel momento stesso in cui Thanos gli fu addosso, lo colpì col Mjolnir. L’energia rimasta venne spazzata fuori all’improvviso e Thanos venne scaraventato metri più in là.
 
«NO! NO, NON LO FARE! TU, INSULSO ESSERE INFERIOR-» Un altro colpo. Il Tesseract prese ad incrinarsi sotto il colpo violento del Mjolnir, e lo stesso accadde a Thanos. Tutto il suo corpo si stava frammentando in tanti, minuscoli pezzi, come l’intonaco di un muro che cede, formando tante piccole crepe. Thanos portò una mano al petto, mentre tentava di raggiungere Loki, ma ad ogni passo si sgretolava sempre più velocemente.
 
«Questo è per Vàlì!» Un enorme vento si innalzò su di loro, forte come lo era la potenza del Tesseract, ma Loki continuò a tenere ben salda la presa sul martello. La sua voce era pregna d’odio, una furia feroce che aveva contenuto per tutto quel tempo. Caricò un altro colpo sul Tesseract, che prese a spezzettarsi in più punti. Il grido di Thanos rimbombò come ferro sbattuto. «Questo è per avermi ingannato!», continuò lui, sovrastando le sue grida.
 
«NON LO FARE! TU… SPORCO TRADITORE… TI ROMPERÓ LE OSSA UNA PER UNA!».
 
Il corpo di Thanos era ridotto a poco più di un enorme, disgustoso ammasso di crepe e venature azzurre. Il suo volto era deformato, i suoi occhi fuori dalle orbite. Si trascinava verso di lui con pesantezza, come se il suo corpo fosse troppo da sopportare. Loki strinse le labbra mentre rimembrava il corpo di Vàlì scosso dai brividi e il cuore che gli veniva strappato dal petto.  
 
«E questo invece è per te, Thanos!», berciò Loki, il vento che gli scompigliava i capelli e il fuoco dei veicoli in fiamme che infuriava dietro di lui. Alzò il Mjolnir e guardò Thanos dritto nei suoi occhi colmi, per la prima volta, di paura. «Come vedi, anch’io so mantenere le promesse!», e il Mjolnir colpì il Tesseract un’ultima volta, mandandolo in mille pezzi. Un enorme boato irruppe attorno a lui e Loki venne spazzato via da una folata di vento potente come non ne aveva mai sentite. Thor lo afferrò prima che potesse schiantarsi contro un muro di mattoni ed entrambi si ripararono dietro una colonna. Un’ esplosione proruppe all’improvviso, devastante: le orecchie presero a fischiargli, fuliggine e fiamme regnarono sovrane e le voci dei restanti Chitauri ed Elfi Oscuri si diffusero nell’aria sotto forma di strilli acuti e agonizzanti. Poi, il nulla.
 
Forse passarono giorni, o mesi interi, da quel momento. Loki non lo seppe mai. Dopo quella che parve un’eternità, Thor prese la parola.
 
«Lo hai sollevato» Disse. In un primo momento, Loki non capì di cosa stesse parlando; la testa continuava a ronzargli e tutto il suo corpo doleva come se qualcuno lo avesse preso a pugni senza pietà. Poi ricordò e il suo cuore fece un balzo: il Mjolnir. Era ancora fra le sue mani. D’istinto, provò ad alzarlo e le viscere gli si contorsero in una morsa di ferro quando rimase fisso a terra.
 
«Non capisco…» Sussurrò, più a se stesso che a Thor. «Non… non si alza più».
 
«Chiunque impugnerà questo martello, se ne sarà degno, riceverà il potere di Thor. Questo dicevano le scritture, Loki» Thor e Loki si voltarono di scatto. Odino, Gungnir in mano e sentinella asgardiana a sorreggerlo, si dirigeva verso di loro. La ferita al costato era guarita, eppure il vecchio orbo sembrava più vecchio ed esausto che mai. «Tu, Loki, seppur per un solo momento, ne sei stato degno. Volevi salvare non solo te stesso, ma anche gli altri e questo il Mjolnir l’ha percepito, per questo motivo si è lasciato sollevare», spiegò. Loki non seppe se sentirsi fiero o amareggiato. Decise di essere troppo esausto per pensarci.
 
Alcuni lamenti provennero da dietro di loro. Loki si voltò e vide Barton sopra l’agente Romanoff, ma non seppe dire chi stesse proteggendo chi, la bestia dissennata ridotta a poco più che un omuncolo nudo come un verme e il tizio biondo con la testa poggiata su una roccia, esausto. Pochi metri più in là c’era Stark, l’unico che si teneva in piedi. Tutti avevano una cosa in comune: lo fissavano come se fosse un fantasma.
 
«Thor, di’ ai tuoi stupidi amici di smetterla di fissarmi così» Mormorò a denti stretti. Aveva già male ovunque, non necessitava anche di loro.
 
«Lo hai ammazzato», disse a un tratto la Romanoff, confusa. «Eri suo alleato… perché l’hai fatto?».
 
Loki rise. «Dopo tutto questo tempo, agente Romanoff, non hai ancora capito che fidarsi di me è come sperare che il mondo giri al contrario? Sono il Dio degli Inganni. Faccio quello che mi pare, non devo tener conto di voi idioti».
 
La Romanoff non disse nulla, ma era evidente che non gli credeva. Loki conosceva i suoi segreti e sapeva che era l’ultima persona che avrebbe creduto a quella stupida menzogna campata in aria, creata giusto per non dar false speranze a nessuno. Gliene fu grato, ma rimase comunque in silenzio.
 
«Quindi è finita», disse dopo un po’ il tizio biondo, e la realizzazione d’aver davvero ucciso Thanos travolse Loki come un’onda, sommergendolo d’un sentimento euforico come non ne aveva mai provati prima. Si alzò di scatto, le gambe doloranti e un mezzo sorriso obliquo sul volto, e vide ciò che rimaneva del Titano e dei suoi sottoposti: cenere. Stupida, semplice cenere. Era morto… e insieme a lui tutto il suo esercito. Era stato ucciso dalla sua stessa arma, il Tesseract.
 
«Loki!» Una voce lontana riecheggiò nell’aria. Loki si voltò: Emily correva verso di lui, i capelli sporchi di cenere e un enorme sorriso sul volto. Dietro di lei vi erano una decina di agenti dello S.H.I.E.L.D, una ragazza dai capelli scuri e una maglietta con una cabina blu disegnata sopra e la donna di Thor. Tutti si dirigevano verso di loro. Loki non ebbe il tempo di inquadrare i loro volti, perché una chioma di riccioli rossi gli offuscò la vista e le labbra di Emily premettero forti sulle sue.
Rimase immobile per qualche istante ma alla fine l’euforia ebbe la meglio e rispose al bacio con così tanta passione da sollevare Emily per aria.
 
«Ce l’hai fatta! Io… io ti ho visto! Ho visto tutto! Tu… tu l’hai ucciso! L’hai ucciso! E… e hai sollevato il Mjolnir e... e poi...» lo sproloquio di Emily venne messo a tacere da un ennesimo bacio. Quando si allontanarono, Loki la guardò dritto negli occhi.
 
«Emily, quando sono scappato, l’ho fatto per un motivo: Thanos mi aveva proposto un patto, aveva detto che avrebbe riportato in vita Vàlì e che ci avrebbe risparmiati. Mi sono lasciato ingannare come uno stupido, ma se solo sapessi quanto ho desiderato che Vàlì tornasse in vita, che tutto tornasse come prima…».
 
Lo sguardo di Emily, da prima gioioso e caloroso, si ombreggiò di una tristezza antica, dolorosa. Chinò il capo, poggiandolo sul suo petto. «Basta così. Non hai nulla di cui scusarti, Loki. Sai, Vàlì ha sempre desiderato un padre che fosse valoroso e coraggioso… Tu oggi hai salvato tante persone, e hai ucciso Thanos, vendicandolo. Lui sarebbe fiero di te».
 
«Io—» Tutto si fermò. Il tempo, lo spazio, tutto. Era come se qualcuno avesse messo in pausa il tempo. Loki non riusciva a capire… cosa stava accadendo? Si allontanò da Emily, che rimase immobile, e si guardò attorno con ansia crescente. All’improvviso, vi fu una luce accecante, luminosa come non ne aveva mai viste prima, e una donna apparve: il suo volto era diviso in due parti, una scheletrica e l’altra umana con luminosi occhi penetranti. Accanto a lei, vi era un lupo dal pelo fulvo e corvino e con occhi di due colori diversi: uno e dorato e l’altro azzurro cielo. Loki non ebbe bisogno di parole per comprendere chi era quella donna, lo sapeva già benissimo.
 
«Tu sei Hela, la Signora degli Inferi. Perché se giunta qui? Vuoi la mia morte per aver ucciso Thanos?».
 
Il viso mostruoso di Hela si contrasse in una smorfia simile a un sorriso beffardo. Loki portò istintivamente una mano all’elsa del proprio pugnale, il cuore che scalpitava nel petto.
 
«Hai liberato i Nove Regni da una minaccia grande più del Cosmo stesso, Loki Laufeyson, vincendo il tuo passato di delitti e inganni. Le Norne e gli Antichi Dèi hanno discusso, e hanno preso una decisione», disse. Loki aggrottò la fronte perplesso, le ginocchia erano un tremolio convulso. Che decisione? Di cosa stava parlando?!
 
Hela si avvicinò di più a lui e lasciò una carezza sul dorso del lupo ai suoi piedi. Questo le leccò le dita per poi avanzare verso Loki con passo felpato, si sdraiò ai suoi piedi e cadde in un sonno profondo. «Questo è il tuo nuovo inizio», dichiarò Hela con solennità. Prima che Loki potesse capire cosa stesse accadendo, svanì così come era arrivata e tutto tornò alla normalità.
 
Guardò ai suoi piedi: il lupo era ancora lì, grande come non ne aveva mai visti prima. Udì la voce di Emily chiamarlo lontana come un’eco; insieme a lei vi erano altre centinaia di voci, tutte che chiedevano la medesima cosa: “Da dove è sbucato fuori quel lupo?”. Con mani tremanti e il cuore in gola, Loki allungò la mano verso il suo manto e lo accarezzò. A quel tocco, accadde qualcosa che nessuno, nemmeno Odino, riuscì mai a spiegarsi: il lupo prese a perdere pelo, divenendo sempre più piccolo e magro; il suo muso si accorciò fino a divenire un naso umano, le sue zampe divennero mani e piedi, il suo pelo si trasformò in arruffati capelli corvini. Quando alzò il capo, rivelando un viso che conosceva benissimo, Loki udì qualcuno urlare, ma non seppe dire se fosse stato lui o qualcun altro. Ciò che scoprì una volta riacquistata coscienza, fu di essere caduto a terra come un fantoccio di legno e che Emily stava piangendo copiosamente, ma non di dolore, e abbracciava  quello che aveva tutta l’aria di essere un bambino.
 
Poi, quando quest’ultimo posò lo sguardo su di lui, Loki credette di morire.
 
Si tirò in piedi di colpo, inciampando sui suoi stessi piedi, e quando gli arrivò vicino quasi non scoppiò a piangere. Era il suo Vàlì, suo figlio, il suo piccolo Vàlì. Le sue mani erano quelle che ricordava, le sue gambe le stesse, la sua bocca piena come quella di Emily e i suoi occhi di due colori differenti: uno azzurro e l’altro dorato con la pupilla verticale, come quello del lupo. Accanto a Loki, Emily piangeva commossa e baciava Vàlì, sussurrando il suo nome, ringraziando gli dèi e sorridendo fra la lacrime. Lo stringeva come se da lui dipendesse la sua stessa vita, come se temesse di vederlo svanire di nuovo da un momento all’altro. Dal canto suo, Vàlì sembrava profondamente confuso e tentava di dire qualcosa, ma Emily non lo lasciava parlare tanti erano i baci che gli dava.
 
«Madre!», sbottò ad un tratto, rosso di vergogna per tutte quelle effusioni. «Madre, cosa sta accadendo? Perché piangi? Cos’è accaduto? Mi gira la testa… non ricordo più nulla», si lamentò. Poi il suo sguardo si posò su quello di Loki e la sua piccola fronte si aggrottò in un cipiglio stranito. «Madre, cosa ci fa lui qui? E perché tutte queste persone ci fissano?» Chiese, riferendosi agli sguardi sbigottiti ed emozionati dei presenti. A quel punto Loki si tolse la cappa di dosso e l’avvolse attorno al piccolo corpo nudo di Vàlì, senza smettere di guardarlo nemmeno per un momento. Quando sfiorò i suoi capelli corvini tanto simili ai suoi, Loki sentì i suoi occhi bagnarsi di lacrime. Non pianse, però. La gioia era troppa anche solo per respirare.  
 
«È una lunga storia, ragazzo», disse, prendendo una delle sue piccole mani fra le sue, il cuore che sembrava scoppiargli nel petto. «Ti va se te la racconto?».
 
 
 
 
 
- Note dell’Autrice.
  1. Per chi non sapesse chi sia Ygritte: http://img3.wikia.nocookie.net/__cb20130211182438/iceandfire/images/1/16/Ygritte.jpeg , è un personaggio cazzutissimo di Game of Thrones. Se non sapete di che sto parlando, shame on you and on your cow.
  2. La canzone è “And I am Home”, tratta dall’anime di Puella Madoka Magica. No, non rimpiango niente. 
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LOKIIII’D!!! :D

Ed eccoci finalmente all’ultimo capitolo! Scusate l’immenso ritardo, ma vi assicuro che è già tanto che sia riuscita a postarlo oggi, considerata la situazione che c’è in casa mia. XD

Siamo davvero giunti alla fine! Non ci credo… non ci credo, caspita! Ho davvero concluso questa storia una volta per tutte. Adesso manca solo l’epilogo e… basta. Non riesco ancora a realizzarlo, sono senza fiato.

Spero che il “colpo di scena” vi sia piaciuto. Avevo in mente questa fine fin dall’inizio, ma l’idea di farvi penare per tutto ‘sto tempo mi allettava troppo. Mi perdonate, vero? Ehehe :)

Spero di aver mantenuto i personaggi IC fino alla fine, o perlomeno di non essere andata troppo in OOC. Ad ogni modo, se avete qualcosa da dire, non esitate a lasciare il vostro parere!

Lascio i commenti malinconici alla fine dell’epilogo, perché al momento questa storia, nonostante sia arrivata all’ultimo capitolo, non ha ancora una fine. Se tutto va bene, l’epilogo arriverà fra pochi giorni.

Non so davvero come ringraziarvi per il sostegno dimostratomi fino a questo punto. Siete preziosi, tutti voi. Sappiate solo che se non fosse stato per ognuno di voi, questa storia forse non sarebbe giunta fino a questo punto. Quindi grazie, grazie e grazie mille ancora.

Un ringraziamento speciale va alla mia Beta,
 vannagio, che mi ha seguita e supportata per tutto questo tempo. Se sono cresciuta da un punto di vista “narrativo” lo devo soprattutto a lei.

Vi mando un bacione.
 
P.S: Se vorrete contattarmi, qui ci sono i miei indirizzi Facebook e Ask:
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