Capitolo 1: Il viaggio.
<<
Pa', prendo la moto.
>> Gajil si mise il borsone in spalla e si sporse in
sala, cercando suo
padre. Lo trovò addormentato sul divano, con un giornale
aperto sulla faccia.
Sospirò pesantemente e andò a toccargli la
spalla, svegliandolo di soprassalto.
<<
Chi, cosa? Eh?
>> l'uomo sulla quarantina guardò il figlio,
poi sbuffò e si passò una
mano sulla faccia assonnata. << Che c'è? Stavo
dormendo... >>
brontolò, mettendosi seduto e slegandosi la coda di cavallo.
Anche lui aveva dei
lunghi ed ispidi capelli neri, uguali a quelli di Gajil.
<<
Prendo la moto, vado
in montagna. >>
<<
Mhm. >> ci fu un
secondo di silenzio, del quale il ragazzo approfittò per
allontanarsi dal
divano e dirigersi verso la porta. << CHE? LA MOTO? NO.
>>
<<
Eddai, non rompere! Te
la riporto domenica sera! >> si lamentò Gajil,
roteando gli occhi al
cielo.
<<
Eh no, la moto non te
la do. >> l'uomo si alzò e gli si mise di
fronte: lo superava in altezza
di qualche centimetro ed il suo sguardo colore del fuoco era
particolarmente
minaccioso.
<<
Va bene, va bene. Come
sei rompiscatole. >> brontolò, senza
perabbandonare l'idea di prendere la
moto. Un luccichio gli illuminò gli occhi rossi, mentre un
sorriso gli
increspava le labbra in un ghigno. << Oh, ha chiamato la
mamma mentre
dormivi, ti ha lasciato un messaggio! L'ho scritto sul frigo!
>> disse,
indicando la cucina.
L'uomo
spalancò gli occhi e
corse nell'altra stanza, mentre Gajil afferrava malamente le chiavi
della moto
e scappava dalla porta principale, ridendo a crepapelle. Da quando sua
madre se
n'era andata di casa, suo padre non faceva altro che aspettare il suo
ritorno.
Era stato facile ingannarlo per ottenere quello che voleva.
Onde
evitare che suo padre
uscisse in strada ad urlare come un ossesso, si mise subito in sella e
partì
sgasando e sgommando sul vialetto di casa. Si voltò solo un
secondo, proprio
nel momento in cui il genitore cercò di raggiungerlo mentre
urlava qualche
spergiuro misto ad insulto. Il ragazzo tornò a guardare la
strada, sentendosi finalmente
libero: la casetta in cui sarebbe andato a stare per quel week end non
era una
grande cosa, era dei nonni materni e distava circa un'oretta e mezza
dalla
città. Era un posto tranquillo, niente conoscenti, solo lui
e l'aria fresca
dell'alta quota, dove poteva non avere orari e allenarsi
finchè voleva.
Parcheggiò
dopo una ventina di
minuti davanti ad una casa bianca e grande, dove abitavano i nonni, e
bussò
alla porta di casa: non aveva le chiavi della casa, quindi doveva
chiederle ai
proprietari. Sperava solo non ci fosse la nonna, voleva fare una cosa
rapida e
indolore.
<<
Chi è?? >>
<<
Sono io, nonna...
>> mentre diceva quelle parole, Gajil già
stava pensando ad un modo di
chiudere la questione rapidamente.
<<
Ohhhh!! Guarda chi si
fa vivo! >> una bella signora, alta e slanciata dai
lunghi capelli
bianchi gli aprì, facendogli un sorriso molto cordiale e
affettuoso.
<<
Ciao... >> non
era che Gajil non volesse bene a sua nonna, per carità. Era
solo che la nonna
era una donna particolarmente loquace e impicciona, continuava a
chiedergli di
presentarle la sua fantomatica fidanzata (come se a lui interessasse
averne
una, poi) e di portarla a cena da loro, ma soprattutto voleva a tutti
costi un
nipote. << Mi potresti dare le chiavi della casa in
montagna? >>
<<
Tu mi potresti
presentare la tua ragazza? >>
Ci
risiamo, pensò tra sé
e sé il ragazzo, schiaffandosi una mano sulla fronte.
<< Non ce l'ho la
fidanzata... >>
La
signora fece una smorfia
contrariata, come se non ci credesse. << Certo, certo...
ed io sono una
carriola senza ruote. >>
<<
Ma che dici? >>
<<
E Lluvia? >> i
grandi occhi celesti della donna si illuminarono.
<<
Ancora? Te l'ho detto,
è solo una mia amica. >>
brontolò: gliel'aveva spiegato centinaia,
ma no, migliaia di volte che Lluvia era solo un'amica, che si
conoscevano da
quando erano piccoli e che non ci sarebbe mai potuto essere nient'altro
che
amicizia. Mai. Ma tanto lei no, lei era convinta e tutte le volte gli
chiedeva
di lei, per quello aveva smesso di farle incontrare... diventava
imbarazzante.
<<
Che stress. Oh, hai la
moto di tuo padre? >> la donna allungò lo
sguardo sul vialetto.
<<
Già... quindi mi
servono le chiavi prima che quel pazzo venga qui a riprendersela.
>>
La
signora ridacchiò, poi alzò
gli occhi al cielo e sospirò. << Ho capito che
non diventerò mai bisnonna
di questo passo.. >> esalò mentre scompariva
dietro la porta e
ricompariva poco dopo con il mazzo di chiavi in mano.
<<
Grazie. >> Gajil
fece per prenderle, quando la nonna si mise la mano dietro la schiena.
<<
Che c'è ancora?? >>
<<
Devi promettermi che
ti prenderai cura di te. >>
<<
Che? >>
<<
Io lo so, cosa fai tu.
Non te ne frega niente di nessuno, pensi solo ad allenarti e non ti
curi di
come le altre persone, le ragazze, per intenderci,
potrebbero vederti.
>>
<<
Ma che cavolo di
discorso è? Non ho bisogno di una donna! >>
sbottò il ragazzo, indignato.
<<
Certo, adesso! Ma ne
avrai bisogno, come tutti. Quindi, promettimi che ti prenderai cura di
te
stesso. >>
<<
Nonna... >>
<<
Promettimelo. >>
Gajil
sospirò pesantemente, si
passò una mano sulla faccia e poi sbuffò.
<< Okay, okay, te lo prometto.
Ora dammi le chiavi. >>
<<
Certo. >> la
signora gli porse la mano con le chiavi e fece un sorriso furba.
<< Buon
week end, Gajil. >>
<< Sì, ciao! >> lui si voltò col bottino e salì di nuovo sulla moto: ora niente l'avrebbe più fermato.
~~~~~~~~~~
Erza
sfrecciava a gran velocità
diretta a casa di Lucy: la bionda l'aveva pregata di passare a
prenderla per
prima, aveva una sorpresa per tutte le ragazze.
<<
Erzaaaaaaa!!!!
>> Lucy saltellò sul posto, salutando l'amica
con la mano.
La
rossa parcheggiò ed uscì
dall'auto; si avviò verso la bionda, si salutarono e prese
alcune borse che
stavano ai piedi di Lucy, ignorando una cassa di legno.
<<
Non mi chiedi cos'è?
>> domandò Lucy, prendendo faticosamente la
cassa in braccio e facendo un
sorriso sornione.
<<
Hai detto che è una
sorpresa, no? >> rispose pragmatica Erza, scrollando le
spalle. Osservò
la bionda mettere la cassa tintinnante dentro il bagagliaio, pur non
potendo
fare a meno di chiedersi cosa ci fosse lì dentro.
<<
Vino. >>
<<
Vino? >>
<<
Tantissimo vino.
Voglio fare ubriacare Levy. >> Lucy ridacchiò
e si sfregò le mani un
comportamento da classica cattiva dei cartoni animati.
<<
E perchè? >>
Erza si rimise al posto di guida, guardando Lucy che si sedeva di
fianco e
sorrideva.
<<
Perchè mi costringerà
a studiare. >> spiegò, come se fosse la cosa
più ovvia del mondo.
<<
Non ha molto senso...
>>
<<
Come sei seria!!
>> la rimproverò scherzosamente Lucy,
sorridendo. Partirono alla volta
della casa di Lluvia, la raccattarono insieme alle sue enormi borse blu
scuro,
poi andarono a prendere Levy.
<<
Ciao ragazze! >>
salutò la ragazza minuta, infilandosi in auto dopo aver
messo i bagagli dietro.
<< Erza, non credi di aver preso troppe cose per un solo
week end?
>> chiese, abbracciando la borsa a mano con dentro i suoi
fidati libri.
<<
Non si può mai
sapere... >> disse enigmatica la ragazza dai capelli
color del fuoco,
sorridendo. << Ho parlato con mia zia per la casa, dice
che l'unico
problema è che c'è un solo bagno. >>
<<
E allora? >>
fece Lluvia, non capendo quale fosse il problema.
<<
Niente, era per
avvertirvi. C'è una casa di fianco, ma dovrebbe essere
vuota. >> continuò
la rossa, scrollando le spalle.
<<
Come organizziamo le
due giornate? >> chiese Lucy, stiracchiandosi sul sedile
del passeggero e
chiudendo gli occhi nocciola.
<<
Io direi che domani
mattina studiamo un po', poi al pomeriggio ci rilassiamo, e facciamo la
stessa
cosa domenica... vi va? >> propose Levy, sorridendo
tranquilla. Di certo
non si aspettava minimamente la vendetta che avrebbe fatto ricadere su
di sè.
<<
Lluvia pensa che
sarebbe meglio fare una g->>
<<
E' perfetto Levy!
Un'ottima idea! >> esultò, per così
dire, Lucy, sporgendosi nei sedili
dietro per coprire la bocca di Lluvia.
<<
Lucy rimettiti seduta.
>> la rimproverò immediatamente Erza: le
afferrò la maglietta e la tirò
di nuovo giù a sedere, senza distogliere lo sguardo dalla
strada.
<<
Perchè? >> non
fece in tempo a dire altro che la ragazza alla guida iniziò
una salita
ripidissima e ad una velocità particolarmente alta.
Le
altre tre si appiattirono
contro i sedili, bianche in volto, stringendo i manubri sopra le
portiere fino
a far diventare le nocche perlacee. Nessuna di loro aveva mai passato
abbastanza tempo in auto con Erza Scarlett per potersi aspettare una
guida del
genere: le ruote stridevano sull'asfalto con una ferocia che sembrava
il
ruggito di un leone, mentre il motore era talmente surriscaldato che a
breve
avrebbe cominciato a fare fumo, così avrebbe giurato Lucy.
Ad
ogni curva credevano
sarebbero morte, e quando la superavano tiravano un respiro di
sollievo, ma non
potevano stare tranquille per molto perchè si sa, le strade
di montagna non
sono rettilinei, bensì un'ammasso di curve e tornanti.
<<
Lluvia sta per
vomitare... >> mormorò la ragazza dai capelli
celesti, portandosi le mani
davanti alla bocca e lasciando di conseguenza il manubrio.
rotolò addosso a
Levy, che venne quasi schiacciata dal peso della sua compagna di classe.
<<
ERZA,
RALLENTAAAAAAA!!! >> provò a pregarla
quest'ultima, terrorizzata
dall'idea che i suoi libri venissero sporcati dal vomito dell'amica.
<<
Erza, ti prego!
>> la implorò allora anche Lucy, poco prima di
urlare quando si vide di
fronte un dirupo.
Al
che, Erza sterzò
violentemente e tornarono in carreggiata: Lluvia rotolò di
nuovo dalla sua
parte, le lacrime agli occhi per il mal d'auto e le mani sempre premute
sulle
labbra; Levy urlò a squarcia gola, rannicchiandosi su se
stessa; Lucy rimase immobile
e paralizzata, non aveva neanche la forza di aprire bocca. L'unica cosa
che
volevano, tutte e tre, era scendere da quel trabiccolo infernale e
toccare con
i piedi la terra e l'erba, basta asfalto e basta ruote, ne avevano
già
abbastanza.
<<
Siamo arrivate.
>> Erza inchiodò davanti una graziosa casetta,
un po' rustica ma
apparentemente accogliente. Erano ormai le dieci di sera, il cielo
aveva
iniziato a colorarsi di quel bell'arancione caldo, abbandonando
l'azzurro delle
giornate di inizio estate.
Le
tre passeggere uscirono
dall'auto buttandosi a terra, chi ringraziava Dio per essere ancora
vive, chi
cercava di convincersi che era stato solo un brutto sogno e
nient'altro, chi
invece si riprometteva che non avrebbe mai più fatto un
viaggio lungo in macchina
di Erza. O almeno, mai più con Erza come conducente.
<<
Dio mio, terra... che
bella, la terra... >> sussurrò Lucy,
appiattendosi contro l'erbetta
fresca che le solleticava la faccia. Le sembrava un sogno essere
rimasta viva
dopo quel viaggio pazzesco.
Levy
fu la prima a mettersi in
piedi, faticosamente ed aiutandosi mettendo le mani sulle ginocchia, e
a
respirare a pieni polmoni l'aria di montagna. Doveva ammetterlo,
sembrava un
bel posto. Si diede un'occhiata intorno e notò una
motocicletta nera, parcheggiata
proprio vicino all'auto di Erza.
<<
Erza, non doveva
essere vuota la casa? >> domandò infatti,
alzando un sopracciglio blu.
<<
Sì, sarà il padrone di
casa che viene a controllare le tubature.. >> la
rassicurò la rossa,
aprendo il bagagliaio e iniziando a svuotarlo da tutte le borse.
<<
Mah... >> Levy
scrollò le spalle e andò ad aiutare le amiche a
portare dentro le cose.
<<
Wow! >> esclamò
Lluvia, non appena Erza spalancò la porta d'ingresso: una
bellissima
casetta, tutta in
legno chiaro, una stufa
, una cucina completa di forno e fornelli e quattro camere da letto con
letto
matrimoniale, armadio e baule.
<<
E' una bella casa,
vero? >> disse compiaciuta Erza, posando le borse in una
delle camere da
letto.
<<
Molto suggestiva.
>> mormorò Lucy, con gli occhi che le
brillavano.
<<
Suggestiva? >>
Levy le si avvicinò e le sgomitò il fianco,
facendo un sorriso furbo. <<
Ci scriverai su qualcosa? >> chiese, sorniona.
<<
E che ne so, dipende da
come andrà.. >> ridacchiò l'altra,
imbarazzata. Nonostante Levy leggesse
ormai tutto quello che scriveva, era ancora un po' a disagio a parlarne.
<<
Andrà sicuramente
bene! >> dichiarò Erza, esortandole a
prepararsi per la notte. Sarebbe
stato un gran week end, già lo sapeva.