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Autore: Ammimajus    03/07/2014    3 recensioni
Louisa crede che ogni cosa abbia il suo posto: si definisce una nemica accanita della mobilità; quello che pensa è che la necessità di lavorare e ordinare meticolosamente le sia stata iniettata alla nascita - da un medico sadico e puntiglioso, probabilmente. Non si aspetterebbe mai che la vita abbia ordito la più ironica delle torture contro di lei.
Genere: Angst, Romantico, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Slash | Personaggi: Harry Styles, Liam Payne, Louis Tomlinson, Niall Horan, Zayn Malik
Note: AU, OOC | Avvertimenti: Gender Bender
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Cardi, gladioli, un rametto di mirto

 

1
 
 
“Non mi fido, come la lavanda,
Mi difendo, come il rododendro.
Sono sola, come la rosa bianca, e ho paura.”
 - Vanessa Diffenbaugh, Il linguaggio segreto dei fiori.
 
 
 

"Non c'è tempo a sufficienza" è la scusante preferita da Louisa per evitare abilmente qualsiasi invito al divertimento. Sulla sua Moleskine nera, d'altro canto, una giornata sempre uguale è appuntata su trecentosessantacinque fogli diversi - vacanze comprese. Una lavagnetta di fianco al frigorifero mostra un piano alimentare più accurato che mai; le magliette e le camicie sono divise per sfumature di colore, nell'armadio, così come le gonne o i pantaloni. Louisa crede che ogni cosa abbia il suo posto: si definisce una nemica accanita della mobilità; quello che pensa è che la necessità di lavorare e ordinare meticolosamente le sia stata iniettata alla nascita - da un medico sadico e puntiglioso, probabilmente. Non riesce a liberarsi della voglia di sudare, prolifera e prolifica com'è, e anzi, alle fatiche quotidiane più concrete, si aggiunge la somma di quelle dettate dalla lotta alla libertà.
Louisa ipotizza, ancora, di aver ereditato quell'indole così poco interessante dal ramo paterno della sua famiglia, un po' perché suo padre è sempre stato lo stereotipo consolidato dell'uomo d'affari e un po' perché resta poco di salvabile nella famiglia materna, se non sua madre stessa. Le ultime lettere di suo zio Ben, di fatto, provengono tutte dall'Ohio, un posto che Louisa non approva affatto, rimarcandone la totale insignificanza; anche se sua madre implora Ben di tornare a casa, quello continua imperterrito con il suo insensato viaggio da figlio dei fiori e attraversa l'America a bordo di una Cadillac troppo vecchia per rombare ancora. Sua zia Rosie, poi, è volubile abbastanza da aver sposato tre uomini diversi e aver divorziato con ciascuno di loro.
Le dita della ragazza picchiettano insistentemente sullo schermo del cellulare, mentre il sole le indora la chioma e le riscalda la pelle. Sedici e cinquantotto. Tredici sono i minuti di ritardo che ha contato, uno per uno. Tenta di immaginare cosa stia facendo quel buono a nulla che è costretta ad aspettare, e spera vivamente che stia correndo con il fiatone per la strada, tentando contemporaneamente di allacciare le stringhe delle scarpe - in un angolo recondito del suo cervello, spera ci inciampi, in quelle scarpe lerce e gigantesche. Alle sedici e cinquantanove sta ancora aspettando, le braccia incrociate sul petto e le labbra increspate; alle diciassette manda un messaggio alla madre, lamentandosi della mancanza di tatto di certi individui.
Un minuto dopo le diciassette, Zayn Malik arriva barcollando all'ingresso del parco cittadino. Louisa, come la gran parte degli studenti di Pacifica, ha notato Zayn a malapena, durante gli anni di liceo; Liam Payne - lo studente più popolare della scuola, probabilmente anche il più esente da schemi e stereotipi - eclissa del tutto la figura esile, distaccata e insignificante del migliore amico. Zayn, poi, sembra non essersi distinto in niente che possa essere degno d'interesse, ad esclusione dell'imbarazzante ritardo che porta agli appuntamenti.
"Era ora" esclama Louisa insofferente, allungando il braccio verso Zayn, il polso appena piegato per mostrare le lancette dell'orologio. "Di preciso, cosa nell'ultima mezz'ora ti ha impedito di essere puntuale?"
Zayn scuote appena il capo e muove i pollici su un cellulare talmente antiquato che potrebbe benissimo diventare un pezzo da museo. "Niente ..." borbotta infastidito, ingiuriando mentalmente le ragazze di buona famiglia e le persone facoltose che hanno occhi solo per loro stesse.
Louisa sospira rumorosamente e si addentra velocemente nel parco, seguendo un'andatura che, a detta di Zayn, sarebbe riduttivo definire buffa. Lui ride sotto i baffi mentre la guarda ancheggiare sgraziata per i vialetti acciottolati, sciorinando parole al vento e parlando di strani programmi di studio che il ragazzo non ha la minima voglia di seguire. Manda un messaggio a Liam - "Salvami dalle grinfie di questa pazza" - e continua ad escogitare i modi più vari per metterla in difficoltà. Lui, d'altro canto, sente di essere in grado di cavarsela in ogni situazione e non nasconde le sue indubbie capacità di sopravvivenza e mimetizzazione in qualsiasi ambiente. Ad ogni modo, considera che per sopravvivere, o mimetizzarsi, sia necessario essere invisibili. È profondamente convinto di questa teoria com'è sicuro di sapere che esistono infiniti universi - e diamine!, non ammetterebbe mai di aver studiato queste impossibili teorie filosofiche.
"Da quanto tempo non prendi almeno una D in un compito del professor Lloyd?" gli chiede Louisa, camminando imperterrita e rivolgendogli le spalle con quell'aria di sufficienza che Zayn giura di detestare.
"Dalla fine dello scorso anno, suppongo".
Il viso di Louisa, ora voltatasi verso di lui, si contrae in un'espressione contrariata che ha ben poco di femminile, poi la ragazza sceglie di appostarsi sotto una grande quercia, si sfila il cardigan verde e immacolato che indossa, e lo stende sull'erba fitta per sedersi sul prato. "Disastroso" commenta poi, rivolgendo uno sguardo sconsolato ai propri appunti.
Zayn ha, probabilmente, appena il trenta per cento di possibilità - questi sono i suoi calcoli astrusi, e del tutto infondati - di superare il corso del professor Lloyd. La sua maglietta maleodorante gli ricorda quanto sia stato stupido seguire lezioni talmente impegnative, quell'anno, e le palpebre che minacciano continuamente di chiudersi lo rimproverano per essersi impuntato a continuare il liceo - come se fosse possibile, nelle sue condizioni! "Hai una sigaretta?" chiede svogliatamente a Louisa, adagiandosi sul prato con la naturalezza più sfrontata.
Lei, impettita, gli rivolge un'occhiata torva e continua a rovistare nella borsa, alla ricerca di chissà quale nozione perduta. "Assolutamente no!" risponde, la vocina stridula che pare pronta a tormentare le orecchie di Zayn.
Sono quelle le battute finali di una conversazione destinata a concludersi presto. Zayn gioca con i fili d'erba sottili, mentre Louisa blatera qualcosa a proposito di un programma di studio serratissimo e dettagliato, oltre che infallibile. Il ragazzo continua a fare cenni del capo, dandole l'impressione di essere ascoltata, e intanto conta già le ore di sonno che gli mancano. Trentotto - ed è il tipo che dorme appena può.
 
***
 
"Com'è andata?" chiede Niall Horan - amico d'infanzia di Louisa, del tutto inopportuno e fuori dalla norma - afferrando un carillon elaborato da una delle tante mensole che affollano le pareti della camera.
"Definisci come è andata" sbuffa lei, distesa sul letto con le mani dietro la nuca, la gonna a ruota increspata sulle lenzuola insieme a un groviglio di pensieri.
"Questo mezzo asino a cui devi fare da tutor... è almeno passabile?"
Louisa scoppia a ridere, domandandosi come possa essere amica di una persona come Niall. "Questa tua ansia di trovarmi un fidanzato deve finire, Nialler. Inizia ad essere inquietante" commenta, rigirandosi sul letto e affondando la testa nel cuscino.
"Questa mia ansia inquietante finirà quando riuscirò a far tornare in vita i tuoi ormoni. Se non mi ricordassi di te che urli e cammini con il pannolino, probabilmente mi sarei già offerto volontario per un'ipotetica relazione, sai?"
Louisa è abituata a discorsi come quello, e Niall è il solo con cui possa concedersi di farli. “Vale lo stesso per me” scherza, un dono che riesce ad elargire a pochissimi eletti; poi gli lancia addosso un cuscino, sperando di convincerlo a cambiare argomento il più presto possibile.
Quello, come da copione, non desiste. “Allora, come si chiama? Com’è?”
“Zayn Malik. Invisibile su tutti i fronti.”
Niall risponde a modo suo, a metà tra il puerile e l’animalesco, mostrando il broncio più brutto di sempre. “Sei prevenuta!” dice, accusando la. “Questo Malik… non è uno della cricca di Payne? Dovrebbe essere uno sportivo!”
Louisa fa una smorfia di disappunto. “Dovrebbe, infatti. Fai bene ad usare il condizionale, dato che in realtà è pelle e ossa.”
Il successivo quarto d’ora è un susseguirsi incalzante di domande, da parte di Niall, e una serie di risposte telegrafiche fornite con grande fastidio da Louisa. Il ritratto che ne esce fuori è chiaro quanto negativo: Zayn Malik, diciassette anni, buono a nulla di professione, con una sorprendente propensione all’apatia e un fascino alquanto relativo. Niall esce incuriosito da quella conversazione, Louisa desidera solamente dormire profondamente per tutta la notte, ignorando la fastosa cena che gli Horan e i Tomlinson organizzano almeno una volta al mese, per celebrare con eccessivo entusiasmo il successo delle attività familiari nonostante la crisi.
Poi, pur di adempiere ai compiti giornalieri, scende a piedi nudi in salotto e mangia una fetta di tacchino rispettando tutte le imposizioni del Galateo, mentre Niall – al suo fianco – mastica rumorosamente una quantità improponibile di insalata. Le etichette, ha imparato Louisa, sono molto più flessibili di quanto si pensi.
 
***
 
Correre a perdifiato non è certo in cima alla lista dei desideri di Zayn: d’altronde lui, per pura presa di posizione, ha deciso di rifiutare qualsiasi ruolo particolare. Non si arrischierebbe mai a farsi dare dello sportivo da una scuola intera, dal momento che – come ha appreso a sue spese – ogni etichetta porta un determinato quantitativo di responsabilità.
Nota con la coda dell’occhio la figura di Louisa che chiacchiera con Niall Horan, dirigendosi all’interno della scuola, e sgattaiola dietro il tronco robusto di un albero, terrorizzato dall’idea che lei possa rivolgergli uno dei suoi sguardi indagatori o, peggio, torvi e disgustati.
Sobbalza, il cuore che batte all’impazzata contro lo sterno, quando: “Amico, che diamine stai facendo?” domanda Liam Payne, baldanzoso quanto divertito, lo zaino sistemato elegantemente su una sola spalla e lo sguardo interrogativo e terribilmente vivo, interessante. Gli assesta una pacca possente e dolorosa sulla spalla, poi sorride allegramente. Qualcosa, dentro Zayn, brucia all’istante; tuttavia, si riprende nel giro di qualche momento e: “Sfuggivo alle grinfie della pazza” confessa poi, facendo spallucce e indicando Louisa. Afferra di fretta la borsa e barcolla verso l’aula maledetta del professor Lloyd, i libri che sbattono ripetutamente contro i fianchi. Zayn, in effetti, non è il tipo che porta avanti lunghe conversazioni.
 
“Dunque, la regola è questa: due sorgenti identiche danno interferenza costruttiva nei punti P per i quali la differenza delle distanze dalle sorgenti è uguale al multiplo intero della lunghezza d’onda.”
Un brusio si dirama velocemente nell’aula e alla fine un ragazzo dalle spalle robuste – un certo Mark Dumont – esordisce con una delle sue: “E lei si aspetta che impariamo queste cose, professore?”
Lloyd sorride appena, inarcando elegantemente un sopracciglio. “In realtà, mio caro, io lo pretendo” minaccia.
Zayn sbuffa e stramazza sul quaderno immacolato, tentando disperatamente di rimanere sveglio. “Stronzate”, scrive poi su un foglio bianco con la sua grafia sghemba e irregolare. Si vergogna un po’, a comporre poesie, quando poi maltratta le parole con quel suo modo di scrivere frettoloso e incomprensibile. Sembra che le sue mani non riescano a star ferme, sempre a voler tremare e muoversi e gesticolare, implacabili e imbarazzanti.
Louisa è seduta in prima fila, proprio dietro la cattedra, e di tanto in tanto gli tende occhiate nervose, come a volerlo spronare a divenire parte attiva della lezione, incurante del fatto che Zayn sia terrorizzato da Lloyd e dai suoi ragionamenti contorti sulle onde luminose. Scarabocchia altre parole su un quadernetto che dovrebbe contenere solo formule e problemi risolti, e alcune di esse le sottolinea e le ripassa con tanto vigore che il foglio finisce per strapparsi in più punti. Zayn pensa che in quel quaderno ci sia tutta la sua mente, e si sente disperatamente autorizzato a farne l’uso che più gli piace.
“Malik” lo richiama ad un certo punto Lloyd – e potrebbero essere trascorse ore, da quando ha enunciato la Regola Oscura, come ha preferito considerarla Zayn. “Vedo che stai prendendo appunti, complimenti.”
Zayn sarebbe tentato dall’idea di confessare la verità, e cioè che a lui la fisica non piace affatto e che, in generale, la vita e il mondo fanno così schifo che non vede l’utilità di studiarli, ma poi ricorda quanto sia inopportuno farsi notare così tanto e annuisce mestamente, illudendosi di averla scampata.
Lloyd sorride ancora, riducendo la bocca ad una fessura sottile e irregolare sul viso. “Allora potresti rispondere ad una domanda” suggerisce, incrociando le braccia sul petto. Pochi istanti dopo, si rivolge a lui, l'espressione minacciosa che ricorda un guerriero greco pronto a lanciare un dardo: “Cosa prevede il modello ondulatorio riguardo alla velocità di propagazione della luce nel vuoto e nella materia?”
La risposta di Zayn è che ha voglia di vomitare e preferisce andare in bagno. Rifugiatosi in infermeria, assalito da un malessere improvviso, riesce a sfuggire ad un’intera giornata scolastica e si appisola, confortato dalle premure della signora Simmons.
  
Louisa, dal canto suo, non può fare a meno di pensare alla pessima uscita di scena di Zayn, e si domanda di continuo cosa gli sia passato per la testa, o se sia afflitto da strani disagi mentali. Sono le quattordici e trentotto, è terrorizzata dall’idea che Zayn possa scappare via senza sorbirsi il sermone che lei ha mentalmente preparato, perciò dimentica di salutare Niall e, nonostante lui urli a gran voce qualche insulto, si trascina rapidamente verso l’infermeria, continuando a scusarsi con gli studenti che urta lungo la strada.
Riesce a scorgere, con la coda dell’occhio, uno Zayn borbottante che si allontana furtivo dall’infermeria, il cellulare in mano e il ciuffo insolitamente scarmigliato. Louisa alza il braccio per farsi notare, ma lui sembra non avere occhi per niente e per nessuno, quindi è costretta ad gridare il suo nome, mentre una piccola folla di studenti la osserva infastidita.
Quando Zayn si accorge che Louisa ha iniziato a tormentarlo senza averne il diritto, sbuffa e le rivolge le spalle. Tuttavia, sa già che deve arrendersi  presto e lasciare spazio all’impertinenza della ragazza. “Cosa vuoi?” chiede, irritato, escogitando già alcuni piani per liberarsi della sua presenza, quando la sente avvicinarsi a passi piccoli e veloci.
Louisa pretende di essere ascoltata, e lo afferra per un braccio nel tentativo di farlo fermare – proprio a due passi dal portone d’entrata, il che per Zayn è un vero strazio. “Mi avevi promesso che ti saresti impegnato, che non saresti scomparso all’improvviso e che ti saresti dimostrato più maturo”.
Zayn si acciglia. “Davvero ho promesso tutto questo?”
Louisa gli lancia un’occhiata torva e annuisce silenziosamente, le braccia adesso incrociate sul petto in un gesto impaziente. Odia perdere tempo.
“La mia promessa potrebbe entrare in vigore a partire da domani?”
“Nemmeno per sogno”.
Louisa, a quel punto, gli consegna un foglio di carta ripiegato; è piuttosto inorridita da tanta ostinazione e improduttività, e non comprende affatto come si possa vivere una vita senza obiettivi. “Azzardati a mancare al prossimo appuntamento e giuro che supplicherò Lloyd di non farti passare il corso. Nemmeno l’individuo più stupido sulla faccia della terra mi impedirà di ottenere crediti per il college” asserisce, la voce più acuta che mai e il fastidio che trasuda a fiotti dalla pelle. “Tanti saluti” conclude poi, afferrando le chiavi dell’auto dalla borsa e piantando ripetutamente i piedi sul pavimento, come in una marcia militare di cui Zayn promette di fare l’imitazione.

Alle diciotto e cinquanta, sia Louisa che Zayn stanno riordinando i propri spazi. Lei cammina a grandi falcate lungo la sua camera ampia e, di tanto in tanto, si chiede furiosamente perché il mondo non condivida il suo senso del dovere. Zayn, a sette chilometri di distanza, sceglie quali magliette deve necessariamente lavare e quali, invece, possono essere utilizzate ancora qualche volta. Sente delle urla al piano inferiore, e non riesce a capire se la voce stridula che si rivolge a Yaser appartenga a sua madre o alla maggiore delle sorelle. Decide che non gli importa proprio quando dispiega il foglietto consegnatogli a scuola da Louisa. “Mercoledì 3 marzo, ore 17.30. Jazz caffè”. Zayn si dispera e inizia ad arrovellarsi, alla ricerca di un modo per guadagnare qualche spicciolo e mostrare un po’ di galanteria, offrendo almeno un caffè alla sua nuova tutor. Probabilmente, pensa, è arrivata l’ora di vendere un altro paio di jeans.
A sette chilometri di distanza, in una villa con giardino e piscina, il cellulare di Louisa trilla per un messaggio. “Avvistato oggi questo Malik, l’amico di Payne. Dai dei ritratti delle persone che sono sempre peggiori della realtà”. Louisa urla tutta la sua irritazione e si ripromette di fare un dispetto a Niall, tanto per ricordargli quanto sia inopportuno. 


 
Angolo dell'autrice. 
Ciao, hola, salut, hello - e scusate, ho finito le lingue a mia disposizione. 
Quanti secoli sono passati dall'ultima volta che ho pubblicato una schifezza su Efp? Una miriade, deduco, dato che avevo quasi dimenticato la password. Mi è venuta in mente l'idea folle e suicida che sia opportuno scrivere una long (o una mini-long?), il che - probabilmente - sarà il progetto più disatteso di sempre. Questo qui è un piccolo insignificante prologo che ha la presunzione di fare le veci del primo capitolo. 
Se avete trovato qualcosa di minimamente simpatico nel personaggio di Zayn Malik (haha, avete sul serio trovato qualcosa di simile?), sappiate che il merito non è mio, ma dello stesso Zayn, dal momento che mi ha urlato di farsi scrivere in questo modo. Dunque, non sono affatto responsabile delle sue azioni o, peggio, dei suoi misfatti. Inoltre, se avete pensato che io mi sia dimenticata di qualcuno - ehm, ehm... come posso dimenticarmi di quel qualcuno? - sappiate che l'apparenza inganna spesso u________u 
Capirete molto presto perché ad un titolo così profumato corrisponda un capitolo così insipido e, forse, avrete modo di perdonarmi. 
Ringrazio G, che la scorsa settimana - a Milano, per il concerto dei bimbi - mi ha chiesto come mai non scrivessi più. La verità è che temo di aver perso me stessa lungo la strada. 
Ringrazio Carmi, che beta le mie storie e mi regala parole più belle di quelle che merito. 
A voi tutti, 
ci vediamo presto!
Cassie. x
   
 
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