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Autore: Hoshimi_    03/07/2014    2 recensioni
Ian si è iscritto a West Point, campus nel quale sogna di allenarsi sin da bambino per poi andare a combattere nell'esercito. Paura e ansia lo accompagnano in questo luogo fino a quando un ragazzo -Mickey Milkovich- non si offre di aiutarlo ad ambientarsi, sebbene in maniera sarcastica e disinteressata. Un ragazzo solo all'apparenza sicuro di sè, che cercherà una modo per essere salvato in Ian.
Genere: Generale, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Ian Gallagher, Mickey Milkovich
Note: OOC | Avvertimenti: nessuno
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Ian fu investito da un soffio di aria gelida quando scese dal pulmino bianco dopo quattro lunghe ore di viaggio: non aveva scambiato molte parole con gli altri ragazzi e uomini seduti attorno a lui fino a poco prima; nessuno sembrava trovare imbarazzante il silenzio che si era creato ma anzi tutti volgevano lo sguardo altrove, persi nel pensiero della vita e delle persone che stavano lasciando.
Ma non Ian Gallagher. Per tutta la durata del tragitto si era concentrato su ogni dettaglio possibile in quel bus, imparando a memoria persino l'abbigliamento del ragazzo seduto di fianco a lui; cercando di non pensare che ogni secondo di più lo stava separando per quattro anni dai suoi cari.
Non sapeva se doveva presentarsi o meno, tentare di instaurare un dialogo in quel freddo silenzio che tanto si rispecchiava nel paesaggio invernale; ma optò di serbare futuri tentativi di socializzazione per i giorni seguenti.
Una volta sceso dal pulmino, si mise in riga, stretto tra le spalle di due uomini di una spanna più alti di lui, sperando che il suo lieve tremore non rivelasse il suo nervosismo: sentiva la gola bruciare ad ogni respiro, le guance rosse per il gelo. Un caporale robusto e dall'aria arcigna fece l'appello e indirizzò ognuno di loro verso un edificio, assegnando al contempo una stanza.
''Gallagher, Ian. edificio C, stanza 24.''
Prese la sua sacca e si diresse confuso verso una costruzione che si trovava di fronte a lui, senza sapere bene cosa avrebbe dovuto fare: chiedere indicazioni sarebbe stato fuori luogo. Si maledisse per non essere rimasto qualche secondo in più per sentire se qualcun altro era stato assegnato al suo stesso posto e seguirlo. Si fermò sulla soglia dell'ingresso, indeciso se muoversi o meno.
''Ian Gallagher''
Si girò, negli occhi il terrore di aver commesso qualche sbaglio già il primo giorno, ma si riprese presto: era solo il ragazzo seduto di fianco a lui nel pullman.
''Già perso?''
Non aveva ancora pronunciato una parola e già passava per la matricola di turno. ''In realtà..''
''Tutti i miei cazzo di fratelli hanno frequentato West Point- disse sfiorando con la mano il muro alle sue spalle- da piccolo venivo qui a salutarli ogni tanto. Il tuo dormitorio è lì'' Lo sguardo di Ian il suo cenno a destra e rispose farfugliando un ''Grazie'' dirigendosi goffamente verso la direzione indicata, l'eco di una risata soffocata alle sue spalle.
Poco dopo giaceva steso nella sua branda, le mani dietro la testa, intento a guardare il soffitto: lasciava vagare i pensieri su quella giornata che era passata come una nuvola di fumo. Si sentiva fuori posto, sbagliato. Nulla gli apparteneva. Non lì.
La stanza si stava lentamente riempiendo.
C'erano una trentina di brande separate da un corridoio; la sua era l'ultima, adiacente a una delle due finestre della camera.
Ian si guardò intorno, cercando volti famigliari che sapeva di non poter trovare; almeno fino a quando non entrò con passo cadenzato il ragazzo che gli aveva indicato la stanza: non sembrava interessato alle persone che la occupavano né si aggirava con aria confusa cercando la propria branda. Si stava avvicinando sempre di più a lui, così Ian si alzò, non sapendo bene cosa dire o fare: il ragazzo attraversò il poco spazio che li divideva e si sedette sul letto accanto.
''Allora Gallagher ti sei ambientato?''
Difficile non cogliere l'ironia palese nella sua voce, accompagnata da un sorriso di scherno.
Non si dette la pena di rispondere.
Invece si distese di nuovo supino sul duro materasso, preferendo la contemplazione del soffitto alla sfacciataggine di quel ragazzo saccente; lui d'altro canto ne sembrava divertito.
Ian provò d'improvviso l'istinto di tirargli un pugno in piena faccia, in maniera da cancellare quel sorriso dalla sfumatura sarcastica che non si era tolto nemmeno per un istante: lui conosceva quel posto, probabilmente aveva degli amici, chissà quanti comandanti si era arruffianato nel corso degli anni.
Mille pensieri si affollavano nella sua testa, mescolati a sentimenti di invidia per uno sconosciuto la cui unica colpa era di avere una famiglia che lo aveva istruito ad una futura carriera militare.
Come poteva detestare così profondamente una persona che nemmeno conosceva? Era ridicolo.
Stava per scusarsi per il suo comportamento quando un uomo in divisa entrò nel camerone: tutti abbandonarono le loro attività per posizionarsi sull'attenti di fianco alla propria branda.
Tutti tranne il ragazzo di fianco a lui, che anzi voltava palesemente le spalle al comandante appena giunto.
''Milkovich''
Il ragazzo scrollò la testa e sbuffando si alzò di mala voglia facendo ciondolare le braccia. Ian avrebbe giurato di aver sentito un ''vaffanculo'' appena percettibile uscire dalla sua bocca.
''Ci si vede in giro, Gallagher''
Detto questo uscì seguendo a poca distanza il caporale.

                                                                                                                   ***
L'ora di coricarsi arrivò presto quel giorno.
Tutti i ragazzi nella stanza sembravano stanchi, ma un leggero chiacchiericcio si stava diffondendo mentre socializzavano con i rispettivi vicini.
Ian non aveva avuto questa fortuna. Il suo vicino di branda non era ancora tornato e nessun altro pareva disposto a lasciare il proprio giaciglio per attraversare la stanza nella penombra in modo da conoscere il ragazzo dai capelli rossi seduto con le spalle al mondo: una lampadina pendeva dal soffitto, rischiarando a malapena l'angolo in cui si trovava. La luce che lo sfiorava era quella della luna, la quale faceva risaltare la sua pelle lattiginosa costellata di leggere efelidi.
Aveva appena chiuso gli occhi, quando sentì il rumore della porta che sbatteva, mentre passi veloci percorrevano la stanza fino ad arrivare alla branda di fianco alla sua: percepì il rumore stridulo delle molle del materasso non appena lui si stese su di esso.
Ian lo udì borbottare qualche vaffanculo sottovoce mentre lo armeggiava impacciato con le coperte.
Sapere che era tornato lì lo faceva sentire al sicuro: che cosa insensata. Solamente perchè quel ragazzo aveva dimostrato falsa gentilezza verso di lui, già lo reputava un punto di riferimento; doveva smetterla di avere quella dannata fiducia nelle persone.
Fu improvvisamente assalito dalla paura di quello che lo aspettava il giorno dopo, dall'ansia di tutti gli sguardi che l'avrebbero giudicato ed esaminato. Il suo respiro cominciò a farsi affannato, sentiva la pelle farsi rovente, stava perdendo il controllo.
Doveva concentrarsi, ricordarsi di stare calmo.
''Stai calmo Ian, cazzo. Calmati''
Il suo orecchio percepì il lieve respiro del ragazzo steso a meno di due metri da lui: era regolare e leggero, con un ritmo scandito da intervalli precisi.
Non sapeva per quanto l'avesse ascoltato, ma ad un certo punto si rese conto di essersi rilassato.
Per la seconda volta in quelle 24 ore quel ragazzo l'aveva aiutato senza nemmeno saperlo: l'indomani avrebbe come minimo dovuto chiedergli il nome.
Qualche minuto dopo scivolò nel sonno senza nemmeno accorgersene.

  
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