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Autore: _cashmere    04/07/2014    3 recensioni
Panem, Distretto 9.
Venetia Castro, un'orfana di soli dodici anni, giura vendetta contro coloro che l'abbandonarono in quell'istituto buio e freddo. E promette di utilizzare tutti i mezzi a sua disposizione per distruggere la sua famiglia fin dalle radici.
Ma un mistero si cela dietro tutto questo. Qualcosa di talmente grande che potrebbe mettere a repentaglio la sua stessa vita.
Quali eventi spinsero sua madre ad abbandonarla? Perché tutti coloro che incontra sembrano volerla tenere alla larga dalla verità? E soprattutto, chi è lei veramente?
*
Rimase lì, ad osservare le chiazze vermiglie che navigavano sulla superficie dell'acqua come navi alla deriva nonostante gli occhi le bruciassero. Era sempre stata sadica nei confronti del suo corpo, le piaceva spingerlo al limite. Chissà fino a che punto sarebbe riuscito ad arrivare, fino a quando avrebbe resistito.

[Chapter IV – But you can never leave]
[EDIT 8/07/16 – storia in revisione]
Genere: Angst, Malinconico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Altri
Note: What if? | Avvertimenti: Contenuti forti, Incest, Violenza
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- Questa storia fa parte della serie 'I fantasmi sono fatti di memoria.'
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Schwartz's Roses






Pensavamo morisse mentre dormiva
Pensavamo dormisse mentre moriva




CHAPTER III
But you can't never leave




Venetia chiuse gli occhi mentre l'acqua fredda le avvolgeva il corpo, avviluppandola in un abbraccio che le fece accapponare la pelle.
Era consapevole di aver appena intrapreso un'affascinante avventura, eppure si sentiva già stanca. Evidentemente nell'elaborare il suo meraviglioso piano di vendetta aveva trascurato alcuni dettagli molto importanti.
Primo fra tutti quella sciocca ragazzina pensò.
June. Innocente, dolce, piccola June. Alcune volte la sua ingenuità riusciva persino ad intenerirla. 
Più immacolata di un fiocco di neve.
Forte in lei era il desiderio di insudiciare quel candore, di ucciderne ogni nobile impulso. Avrebbe voluto veder scomparire tutti i suoi sogni profumati di dolcezze, cancellare quell'odioso, timido sorriso che si intravedeva appena dietro una porta appena aperta. 
Non c'era un perché dietro le sue perverse fantasie, si erano semplicemente impadronite della sua mente e avevano scavato a fondo, diventando più concrete giorno dopo giorno. 
Se continui così, cara Venetia si disse, sorridendo appena. Finirai con il presentarti sotto casa sua armata di motosega, e al diavolo i Castro.
Si immerse quasi completamente nel liquido freddo, lasciando affiorare in superficie solo la punta del naso. Le sarebbe piaciuto vedere il profilo delle persone che si trovavano sott'acqua, era convinta che solo in quella circostanza potessero mostrarsi per come erano davvero. O forse le era venuta questa fissa per il semplice fatto che una volta si era vista con gli occhi aperti sott'acqua, e mai come allora era apparsa al suo stesso sguardo per come avrebbe voluto essere davvero.
Letale.
Una iena magra e affamata.
Dischiuse lentamente le labbra, e l'acqua si tinse di una lieve sfumatura di rosso. Di sicuro sangue che le era rimasto tra i denti, nulla di particolarmente eccitante.
Rimase lì, ad osservare le chiazze vermiglie che navigavano sulla superficie dell'acqua come navi alla deriva nonostante gli occhi le bruciassero. Era sempre stata sadica nei confronti del suo corpo, le piaceva spingerlo al limite. Chissà fino a che punto sarebbe riuscito ad arrivare, fino a quando avrebbe resistito.
Si passò una mano lungo gli zigomi, risalendo pian piano fino agli occhi e poi alla fronte. Reclinò la testa all'indietro con un piccolo gemito mentre le sue dita sottili si facevano strada tra i capelli, che ondeggiavano adagio nell'acqua come incantati da una melodia che solo loro potevano sentire.
Non era mai stata bella, né probabilmente lo sarebbe diventata in futuro. Ma aveva un fascino particolare, un'aura di pericolo appena percepibile che la rendeva intrigante ed inquietante al tempo stesso. 
E si, lo adorava. Erano gli sguardi fugaci che i passanti le rivolgevano – un misto tra timore e riverenza – che la facevano sentire viva. Indistruttibile.
La sua mano iniziò a scendere verso il basso. Si sfiorò appena il collo, leccandosi i denti quando trovò due forellini all'altezza della giugulare simili a feritine causate dalla puntura di un insetto molesto. 
Aveva tutto, opportunità per l'eternità, lei apparteneva alla notte e per questo era libera. Le dispiaceva che non si potesse dire lo stesso di quei miseri soldatini di piombo attaccati alla vita terrena, poiché quando il mondo sarebbe divenuto solamente pace e notte, senza gemiti né bisbigli alcuni, non sarebbero divenuti altro altro che un sepolcro di oscena angoscia satura di vermi precipitati dal cielo.
Tutto quel riflettere l'aveva messa così di buon umore che le venne voglia di intonare un motivetto  composto in uno dei momenti di noia molto frequenti in quell'orfanotrofio.

Tenebra soffice, tenebra mia,
Prendimi con te e trascinami via…

La sua voce era un gorgoglìo roco e confuso. Fiotti liquidi le entravano dalla bocca per poi uscire subito dopo, e a quel punto non riuscì più a reprimere la risata malevola che le era salita alle labbra da quando aveva iniziato a fantasticare su June. 
Si premette il palmo contro il naso e le labbra per non ingerire acqua, e senza pensare vi affondò i canini. Contemplò con stupore l'impronta dei suoi denti, erano bellissimi.
Sono un piranha rise tra sé; e sé. Anzi, sono ancora più pericolosa. Qual è l'animale più pericoloso al mondo?
In preda all'autocompiacimento, Venetia iniziò a formulare pensieri assurdi. E rideva, rideva come poche volte aveva fatto fino ad allora. La si poteva definire in stato di ubriachezza.
Avendo esaurito l'intera scorta d'aria che aveva immagazzinato nei polmoni risalì in superficie, muovendo le gambe come una sirena. Era bello, bellissimo sghignazzare fino ad avere il mal di pancia senza apparenti motivazioni, era bello essere temuta e rispettata da chiunque incontrasse, era bello essere considerata un presagio di morte.
Quella era libertà.  





Aveva ancora i capelli bagnati quando un inserviente le annunciò la visita di June May April Hussman.
Le piaceva l'armonia di quei tre nomi insieme. Una volta aveva letto che solo i nomi dei mesi estivi potevano essere dati alle bambine.
June. May. April. Magari i suoi genitori l'avessero chiamata April. Al confronto, Venetia sembrava ancor più brutto e sgraziato di quanto non lo fosse in realtà. 
Un motivo in più per vendicarsi, sia con i suoi genitori – se ancora in vita – sia con le generazioni a loro precedenti. Del resto, non potevano essere morti tutti.
Venetia? »
La biondina si avvicinò alla branda facendo ondeggiare l'orlo del vestitino pizzato. Era evidente che l'insopportabile puzza di fumo e sangue che impregnava l'aria la faceva sentire a disagio, ed il suo disagio era fonte di gioia per la dodicenne.
Stupida, stupida ragazzina. 
June si passò nervosamente una mano tra i capelli, e con una punta di imbarazzo annunciò: « Mia madre mi ha detto di chiederti se questa sera volevi unirti a noi per la cena. »
La sua espressione era cordiale, ma i suoi occhi dicevano che la proposta di Frieda Hussman era dettata perlopiù dalla pietà che provava nei suoi confronti. 
Dì alla tua mammina che idee del genere non le devono passare neanche per l'anticamera del cervello. » rispose stizzita. Non aveva bisogno della magnanimità di nessuno, lei, tantomeno di quella di una ricchissima vecchia incartapecorita. 
Ammetto che entrambe – sia io che mia madre – avevamo immaginato che tu avresti rifiutato. » continuò June con un vago sorriso, che dimostrava tutto il suo compiacimento per la previsione azzeccata. « Ma mi tocca insistere. »
Venetia si concedette qualche minuto per riflettere. Al momento l'ultima cosa che avrebbe voluto fare era cenare insieme ad una famiglia di nababbi estremamente snob. In più la loro era una cattiveria gratuita: tutti gli Hussman sapevano che pochissime volte nella sua vita si era cibata di qualcosa che non fosse sangue.
D'accordo. Magari la loro cattiveria non è gratuita, e io ho fame. Chissà se la babbiona è saporita… si disse.
Un pensiero le attraversò fulmineo la mente, facendole brillare gli occhi. Quanto era stata stupida a non pensarci prima, appena la ragazzina le aveva fatto quella proposta.
Doveva andare a tutti i costi. Anche solo per un istante, ma doveva andare.
E va bene! » sbottò, sperando che June non notasse l'insolito luccichio che le illuminava le iridi. « Se proprio insisti, allora considerami dei vostri. »
Perfetto. » fece June, incrociando le mani all'altezza della pancia. « Non farti problemi per via del cibo. La cosa importante è che tu possa allietare la nostra serata con la tua gradevole presenza. » 
Pronunciò l'ultima frase con un accento strano, quasi di scherno. Ciò la indusse a pensare che, malgrado tutto, anche quella creatura insulsa e inutile che era June Hussman potesse essere cattiva, in fondo. Forse in tutta l'umanità esisteva un lato perfido che si nascondeva sotto i sorrisi e le moine, di cui pochi erano a conoscenza. Solo che in alcuni era più visibile che in altri.
In June era quasi inesistente, ma proprio per questo era naturale. E a lei piacevano molto le cose genuine.
Forse con un po' di buona volontà sarebbe potuta diventare meno detestabile e più simile a lei. O forse doveva semplicemente rimanere la June di sempre, l'essere più inutile che fosse mai esistito in tutto Panem.
Ma se è davvero così inutile sussurrò una vocina maligna proveniente da qualche parte dentro di lei. Perché l'hai scelta come compagna di avventure?
Decise di ignorare la provocazione che si era lanciata. Digrignò i denti e si leccò le labbra come un animale, facendo rabbrividire la quindicenne. Il suo disagio la faceva sentire potente.
Devi proprio essere così… Così… » farfugliò, in cerca delle giuste parole. 
Così come? » 
Così… Spudorata. » Arrossì nel pronunciare l'ultima parola e distolse in fretta lo sguardo dal viso emaciato di Venetia, ora deformato da una smorfia sarcastica.
Fai sul serio, Hussman? » le chiese. « Perché se trovi impudico questo, non oso immaginare cosa farai quando… »  
I suoi occhi si spalancarono quando notò l'espressione esterrefatta di June. Le sue guance, di norma scarlatte quando si trovava in imbarazzo, erano diventate quasi violette.
Hussman, hai mai baciato un ragazzo? »
Il labbro inferiore della ragazza tremò. « Io… » 
Mio Dio! » esclamò, senza più reprimere le risate. « Alcune volte mi chiedo se sei umana, piccola Hussman. »
Non sono io quella anormale qui. » ribatté piccata la bionda.  
Per un breve istante Venetia pensò che forse, se non si fosse trattato di June May April Hussman, avrebbe anche potuto mostrarsi un tantino solidale. Ma il soggetto in questione era probabilmente la persona più noiosa dell'intero universo e – cosa assai strana – una delle adolescenti più bizzarre fisicamente che avesse mai visto. Neanche lei era bella, nonostante la corporatura slanciata e gli occhioni blu le mancavano alcune caratteristiche fondamentali che la potessero rendere tale, ma era particolare. E questo le piaceva e la ingelosiva al tempo stesso.
   Un attimo dopo si pentì di averlo pensato. Particolare o no, era pur sempre la Hussman, e questo bastava per instillarle nel petto una piacevole sensazione di disprezzo ogni volta che guardava quel volto pieno e leggermente tondeggiante.
Questione di punti di vista. » fece, ed il solo tono di voce lasciò intendere a June che non era il caso di proseguire la conversazione. In fondo, Venetia trovava sempre il modo di avere ragione. Nel poco tempo che aveva trascorso con lei aveva compreso a pieno la sua abilità nell'arte di truccare le carte in tavola quando si trattava di discussioni, e non c'era verso di coglierla a corto di argomentazioni.  
Con un saltello salì sopra alla branda, che cigolò sotto il suo peso. Chissà quanto doveva essere malmessa – pensò June – se non era più capace neppure di sopportare la pressione esercitata da un corpicino come quello della dodicenne. 
Nell'oscurità quasi totale, June si sentì afferrare per un braccio, ed il contatto con cinque dita sottili e gelate la fece sussultare.
Ci vediamo per cena. » sussurrò una voce.





 
_______________
#Cash
… Alla faccia che avrei dovuto aggiornare presto.
Lo so, sono passati mesi dall'ultimo aggiornamento, al punto che molti di voi a malapena si ricorderanno di questa povera sfigata qua, ma vi assicuro che nel frattempo ho riordinato le idee, ho progettato con cura tutto quanto (finalmente so come farla finire, yay!) e ho fatto una prima stima del numero dei capitoli. Ne dovrebbero essere una cinquantina, compresi il prologo e l'epilogo. Eh si, ho abbastanza cose da scrivere ^^
Poiché adesso è finalmente estate ho intenzione di postare almeno un paio di capitoli, considerando anche che dall'anno prossimo avrò meno tempo da dedicare alla scrittura. Non voglio lasciare SR incompleta! *coccola la sua storiella malcagata*
Altra cosa: questo capitolo è molto introspettivo/delirante, e viene dato molto poco spazio all'azione. Mi rifarò con i prossimi, statene pur certi. Già il seguente dovrebbe essere più “dinamico”.
La smetto qui, altrimenti rischio di fare il solito papiro che poi nessuno si fila.
Alla prossima 
♡    



 

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