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Autore: King_Peter    04/07/2014    2 recensioni
Sta per tornare.
La sua storia sta per essere riscritta: paure misteriose rinasceranno, oscure forze.
Dolori dimenticati.
Qualcosa che gli Dei dell'Olimpo avevano persino dimenticato, qualcosa che ha covato rancore tra le fiamme del Tartaro e che adesso risorge per cercare vendetta, quella stessa vendetta che le è stata impedita anni prima e che ora brucia nelle sue vene del mondo come un fuoco.
Quel fuoco che brucerà il mondo.
Quel fuoco che dieci semidei dovranno spegnere.
Quel fuoco da cui deriverà la cenere della vita, il sapore di ruggine della vittoria.
♣♣♣
Sul volto di lei si dipinge un'espressione di terrore, mentre la sua mano corre al pugnale che porta al fianco, legato ad una cintura di pelle.
Cerca di trattenerlo, gli strappa persino la camicia di dosso pur di fermarlo, ma lui continua a camminare verso il mare aperto, non riuscendo più a sentire la sua voce, come se fosse atona, senza suono."

♣♣♣
""Potete solo rispondere alla chiamata."
Fissò ognuno con i suoi occhi millenari, come se stesse cercando di capire il legame che li univa, inutilmente.
"Potete solo giurarlo sul fiume Stige."
Genere: Avventura, Fantasy, Guerra | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Altro personaggio, Dei Minori, Gli Dèi, Nuova generazione di Semidei, Quasi tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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11.  A hero’s not afraid to gave his life
 
 
Selene,
"Aloud I pray, for Calmer Seas"
 
 
Selene era ancora scossa per ciò che le era successo nel bagno delle ragazze del Pacha, ma riuscì lo stesso ad addormentarsi, tra le braccia di Warren, il figlio di Ares, l'unica semidea che aveva finalmente sciolto la sua indistruttibile corazza di ghiaccio e aveva finalmente potuto arrivare veramente al suo cuore, la parte che lui aveva seppellito per troppo tempo sotto strati e strati di solitudine e sgradevolezza e che Selene aveva finalmente riportato alla luce, proprio come avrebbe fatto un archeologo dinanzi ad uno dei reperti più antichi del mondo.
Si, Selene poteva essere considerata un'archeologa sotto questo tipo di luce.
Mentre allentava la presa sulla realtà, catapultandosi nel mondo dei sogni, ripensò a quando sentiva il tono dolce e soave della voce di suo padre cantare alle sue orecchie, la ninna nanna che aveva sempre ascoltato prima di addormentarsi e che le aveva impedito brutti sogni, almeno fino all'inizio di quella mortale impresa.
Quando si svegliò le sembrarono passati solo pochi minuti, quando invece erano appena scoccate le undici precise e buona parte del gruppo di semidei erano svegli e si stavano preparando a partire verso l'Empire State Building.
Selene sapeva che quella era la dimora degli dei, l'Olimpo, ma non lo aveva mai visto di persona e la cosa la incuriosiva parecchio, cercando di scacciare il senso costante e fastidioso che le veniva procurato delle parole velenose che le aveva rivolto lo spirito di Bloody Mary nel bagno del Pacha NYC, profetizzando amore e morte in un'unica, fottutissima frase che adesso continuava a vagare nella sua testa, mentre lei continuava in maniera assidua a cercare di zittirla, con qualsiasi mezzo le fosse concesso per controllare la sua mente.
Warren le sorrise, un sorriso che assomigliava più ad un ghigno, ma la figlia di Morfeo non sembrò farci caso, vedendo solo il lato positivo della cosa: dopotutto non si poteva cambiare una persona da un momento all'altro, no?
Selene cercò di spazzolarsi i capelli, ma era una cosa impossibile senza una spazzola, così lasciò perdere e si unì al capannello di semidei che si era creato intorno a Luke, Warren e Bashir: quest'ultimo aveva proposto una sorta di trasporto anticonvenzionale verso l'edificio più alto di New York, quello che il figlio di Tanato continuava a chiamare "viaggio nell'ombra", cosa di cui Selene non aveva mai sentito parlare e che, da un lato, la spaventava più di quanto lo mostrasse realmente.
"Cos'è esattamente?"
La voce di Hope suonava come una candela esposta ad un alito di vento, mentre sembrava che stesse per svenire per la paura dato che, come Lia le aveva una volta accennato, Hope aveva una paura matta del buio e lei stessa aveva cercato di aiutarla, donandole una palla di luce, cosa che non aveva funzionato e che aveva peggiorato ulteriormente il rapporto tra le due sorelle.
"Cioè, non intendi un vero e proprio viaggio tra le ombre, giusto?"
La sua suonava solo come un pio desiderio, ma in realtà il nome diceva già tutto ed era chiaro che era qualcosa a che fare con il buio, l'ombra e la morte.
"Dovete solo prendermi per mano e correre assieme a me. Il buio può essere usato come una porta da tutte le creature degli Inferi e, dato che mio padre è Tanato, posso farlo anch'io." spiegò Bashir, il tono calmo come se si stesse preparando tranquillamente per un allenamento con fantocci al campo, mentre i suoi occhi affascinanti e misteriosi saettavano e si scontravano con quelli di tutti gli altri semidei, sfidandoli a protestare, "È facile, basta chiudere gli occhi."
Archie spostò il suo peso da un piede all'altro, come se qualcuno stesse dando fuoco al suo fondoschiena semidivino.
"È sicuro, vero?" chiese, dubbioso, mentre esponeva a Bashir ciò che tutti si stavano segretamente chiedendo, forse dubitando un po' troppo delle capacità del figlio di Tanato.
"Certo che è sicuro." rispose lui, la voce un po' stizzita, come se si fosse offeso, "Di cosa avete paura?"
Nessuno rispose, ma era talmente ovvio che Bashir sembrò mangiarsi le mani per la scarsa speranza che gli altri membri del gruppo nutrissero verso i suoi confronti.
"Posso andare io per prima." disse Lia, sorridendo al figlio di Tanato come se stessero condividendo chissà quale segreto, "Io mi fido di te."
Bashir le sorrise di rimando, spazzolandosi per bene la sua giacca di pelle dalla polvere e porgendole la mano, invitandola, come un vero galantuomo, a scontrarsi contro un muro: le finestre della sala erano state oscurate, così come aveva voluto Bashir dato che aveva detto che il viaggio nell'ombra andava meglio di notte e, quindi, il buio era essenziale per la buona riuscita del loro piano.
Lia e Bashir corsero verso un angolo buio della sala, sparendo e poi riapparendo poco dopo nello stesso punto in cui erano spariti, i capelli completamente in disordine, mentre la figlia di Ecate aveva in volto un'espressione che nemmeno la più grande e pazza delle montagne russe avrebbe potuto darle.
"È.una.figata.pazzesca!" commentò estasiata Lia, spalancando gli occhi e continuando a tenere la mano a Bashir, porgendo quella libera agli altri, invitando anche loro a scontrarsi tutti contro il muro: in breve formarono una catena, stringendosi a vicenda le mani come se fossero le loro ancore di salvataggio in mezzo ad una tempesta nell'oceano, correndo all'unisono verso il muro, sperando, chi più, chi meno, che Bashir non fallisse.
Per un terribile istante ci fu solo il buio e un vento che continuava a sferzare il volto di Selene, poi qualcosa le strinse lo stomaco e venne come risucchiata, ritrovandosi infine con le ginocchia a terra, sbattendo le ciglia per cercare di riabituare i suoi occhi alla luce del giorno.
Erano ai piedi dell'Empire State Building: per Selene fu la cosa più emozionante che le fosse mai capitata, tralasciando il fatto che poi le venne quasi un infarto per come il suo cuore stesse battendo nel petto, dandole l'impressione che volesse uscirne e andare a farsi due passi.
L'Empire State Building scintillava sotto la luce del sole come se fosse stato costruito come un migliaio di specchi, la gente andava e veniva in continuazione, chi con in mano una borsa di pelle, indosso un completo elegante, l'espressione potente e fiera in viso.
Finalmente Selene capì come potesse sentirsi una formica quando il proprio nido veniva calpestato: ecco, lei adesso provava la stessa sensazione mentre persone in giacca e cravatta, poliziotti e persino ragazzi continuavano a girarle intorno, sotto lo sguardo fiero e imponente della sommità dell'Empire State Building da dove, sperava, suo padre la stesse guardando.
"Ragazzi, e se provassimo a salire sull'Olimpo?" propose lei, eccitata al pensiero di poter vedere finalmente la dimora celeste degli dei e i loro troni, oggetti enormi a cui era legato il loro potere nella nuova civiltà, "Chissà, magari potrebbero anche darci un aiuto!" esclamò, cercando l'approvazione degli altri nove, mentre Hope aveva deciso di fare un salto ai bagni prima che cominciasse a vomitare in faccia a qualcuno.
Non le piaceva il modo in cui la stava guardando Luke dato che, sul volto, aveva la tipica l'espressione di Chirone che, tradotta ai poveri mortali, verrebbe come un "No signorinella, non possiamo salire sull'Olimpo. Abbiamo una missione da portare a termine, nel caso lo avessi dimenticato."
Selene sentì una fitta allo stomaco, scontrando i suoi occhi con quelli tempestosi di Luke, identici a quelli di sua madre Atena o almeno, così si mormorava: non avrebbe ceduto, sapeva essere davvero ostinata, quando ci si metteva.
L'unica pecca?
Anche i mostri potevano possedere la stessa abilità e, purtroppo, quel giorno non avevano nessuna intenzione che dieci freschi bocconcini di semidei salissero sull'Olimpo.
No, purtroppo per loro, volevano solo il loro sangue.
 
 
Successe tutto così velocemente: Selene sguainò Moondream con un solo colpo, mentre i mortali continuavano a urlare e a scappare in tutte le direzioni, vedendo chissà che cosa attraverso la Foschia e, per scappare in quel modo, non doveva essere nulla di carino e coccoloso.
All'inizio non riuscì a capire cosa fossero dato che sembravano solo dei demoni alati con la faccia pelosa, zampacce simili a dei polli e una voce roca che continuava a urlare cose senza senso, senza senso almeno all'inizio, prima che Luke urlò quella parola e le si drizzassero i capelli in testa.
"Le arai!" urlò il figlio di Atena, affettando con la sua ascia un demone che lo incolpava di aver ucciso una dracena, "Gli spiriti delle maledizioni!"
Bashir soffocò un gemito, abbassandosi giusto in tempo per evitare il fendente di uno dei mostri che gli stava alitando in faccia.
"Grazie, ce n'eravamo accorti!" rispose lui, brandendo la sua falce e partendo alla carica.
La figlia di Morfeo era rimasta così imbambolata a guardare ciò che stavano facendo gli altri che quasi una delle arai le staccò la testa, poco prima di essere infilzata dal bronzo celeste della sua spada.
"Maledetta semidea!" sciamò una, "Hai ucciso e massacrato migliaia di mostri greci ... adesso ne pagherai tutte le conseguenze, assumendo il peso delle loro maledizion ..."
BAM!
Un colpo secco, ecco cosa aveva fermato l'arai prima che terminasse la sua ramanzina e poco prima che Selene cadesse a terra, urlando il suo dolore, reggendosi il fianco: non ricordava nulla di ciò che aveva studiato al campo, nulla che le potesse essere utile al momento, almeno.
Il fianco le esplodeva di dolore, mentre Warren continuava a trucidare e ad uccidere accanto a lei, divertendosi come un pazzo e non sembrando accusare il peso delle maledizioni delle arai, almeno per adesso: rotolò poco prima che le unghia di pollo di una di loro la infilzassero, brandendo la sua spada e scacciando i mostri che le si avvicinavano, cercando di non ucciderne per non continuare a farsi del male.
I mortali erano spariti, il cielo di mezzogiorno si stava lentamente colorando di una strana sfumatura nera, come prima di una battaglia leggendaria, mentre gli dei non si facevano scrupolo a vedere morire i loro figli.
Selene pregò suo padre, inutilmente dato che la voce di Chirone continuava a ricordarle che gli dei non possono combattere le battagli dei loro figli, non direttamente almeno.
Il dolore continuava ad aumentare, mentre combatteva accanto a Warren e accusava dolore in ogni parte del suo corpo, non prestando nemmeno più attenzione a ciò che le arai dicevano, cercando solo di rimanere viva.
Quasi preferì essere stata ammazzata da Bloody Mary in quel maledetto bagno, almeno si sarebbe risparmiata quella carneficina: stavano arretrando, spingendosi sempre più verso l'entrata dell'Empire State Building.
Verso l'Olimpo.
"Avrete presto bisogno del suo aiuto per vincere una battaglia che da soli non potrete superare."
La voce di Eunomie, la terza delle sorelle che avevano incontrato i gruppo dei semidei, rimbombò nella sua testa, come un avvertimento: Selene non voleva darle ascolto, non poteva chiedere a Warren di invocare Nemesi e poi scoprire un prezzo troppo salato da pagare.
Ma non avevano scelta.
Luke continuava a mimare con le labbra il nome della dea della vendetta, mentre Jake bruciava e congelava le arai, sul suo volto si mischiavano emozioni contrastanti e le sue armi sembravano tremolare, come se si stessero trasformando, tenute a freno solo dalla forza di volontà del figlio di Ermes.
Sentiva le frecce di Daphne fischiare sulle sue orecchie, la magia arcana di Hope e Lia brulicare sotto i suoi piedi e la fredda mano della morte toccare le sue spalle, ma sapeva che non ce l'avrebbero fatta.
"Sel!" urlò Warren alle sue spalle, scaricando proiettili di bronzo celeste sulla faccia di una delle arai e piegandosi dal dolore.
"Warren!" rispose lei tra la foga del combattimento, "Non possiamo farcela! Devi, devi ... "
La figlia di Morfeo non fece in tempo a terminare la frase che venne afferrata da tre o quattro mostri  che la stavano tirando ognuno per un arto, come la vecchia tortura barbara, facendola urlare di dolore.
"Di Immortales!" imprecò Liz, guardando in direzione di Selene e mollando, con la grande sorpresa della figlia di Morfeo, una chiave inglese infuocata sul mento delle tre arai che l'avevano catturata.
Moondream scivolò per terra, baluginando debolmente.
Warren la guardò, affettando un'altra delle arai senza nemmeno guardare.
"Non potete ucciderci." li avvertirono le voci delle arai, come se stessero sciamando, "Continueremo a tornare e tormentarvi, impedendovi di respirare."
Gli occhi di ghiaccio di Selene incontrarono quelli rossi di Warren.
"Nemesi!" urlò al cielo, la rabbia che si riversava nella sua voce, "Io ti invoco, dea della vendetta!"
Il cielo si squarciò.
 
 
[...]
 
 
Liz,
"Will burn Up the Light"
 
No, no, no.
Stava andando tutto esattamente come Liz aveva temuto, purtroppo: il sogno che aveva fatto era ancora ben marcato nella sua memoria, come se fosse una macchia che non voleva andar via.
La figlia di Efesto sospettava che invocare Nemesi non fosse una mossa saggia e il prezzo che avrebbero dovuto pagare sarebbe stato qualcosa di troppo grande persino per un gruppo di dieci semidei.
Ma la sensazione più terrificante arrivò con la comparsa teatrale di Nemesi, la sua moto del terrore, l'esercito di cani che abbaiavano arrabbiati, nel vero senso della parola, con la schiuma alla bocca, verso le arai, un lampo di paura sul loro volto peloso.
"Una dea?!" chiesero, "Non era nei piani."
Il cielo collassò su sé stesso, mentre i tuoni continuavano a scuotere la terra e la dea della vendetta sorrideva maliziosa, la mano coperta da un guanto da motociclista sulla testa di uno di quei cani che si era portata al seguito, aspettando solo uno scambio di sguardi con Warren, il figlio di Ares che aveva stretto un patto pericoloso con lei, forse più pericoloso di quel branco di arai.
"BANZAI!" urlò Nemesi, dopo aver messo il casco sulla cascata di ricci neri e aver fatto partire la moto verso il gruppo nutrito di arai che sciamarono via in maniera disordinata, cercando di mettersi in salvo, non avendo scampo dato che vennero massacrate dalle bocche violente dei cani che non aspettavano altro che carne di mostro per banchettare e festeggiare la loro vittoria.
Liz cadde sulle ginocchia, lasciando la presa sulla sua chiave inglese, con la quale aveva rifatto i connotati ai mostri che avevano preso Selene, lasciando che questa tintinnasse sull'asfalto, osservando lo scenario apocalittico in cui si trovava come protagonista, lo skiline di New York completamente oscurato dalle nuvole nere, continuando a protestare con tuoni e fulmini, come se lo stesso Zeus si stesse divertendo un mondo a cercare di fulminarli.
Il rumore del motore della moto di Nemesi sarebbe sempre rimasto per sempre impresso nella mente di Liz che, di motori, ne aveva visti passare tanti, al contrario dei ragazzi, purtroppo.
Quello era l'inizio della fine.
La dea della vendetta si avvicinò al figlio di Ares, squadrandosi come se uno dei due avesse appena mangiato le caramelle dell'altro: la prima a interrompere quello scontro di sguardi fu la dea che si tolse il casco e lo mise sottobraccio, reggendosi perfettamente sulla sua moto pac-man.
"La bilancia è in equilibrio, adesso." disse Nemesi, "Ogni favore deve essere ripagato e questo già lo sapevi." lo avvertì la dea, guardando negli  occhi Warren.
"Io dico di no."
Si sollevò un "oh" generale.
"Che diavolo stai blaterando, semidio?" chiese sospettosa Nemesi, appoggiando il casco alla moto con fare minaccioso.
"Ti propongo un altro patto." disse calmo Warren, quella calma tipica delle persone mentalmente instabili o con gravi problemi psichiatrici, "Ci concederai un altro favore, ma, quando riscuoterai il tuo prezzo, sarò solo io a pagare."
Luke era sul punto di prenderlo a schiaffi.
"Warren, ti rendi conto di ciò che stai facendo?!" gli chiese, l'ascia insanguinata tra le mani.
Il figlio di Ares ghignò, come se quello fosse solo un gioco, Monopoly piuttosto che Risiko, ma gli occhi grigi di Luke erano duri come sfere di metallo e non ammettevano un no come risposta.
"Smettila, mammina." sibilò lui, "So benissimo cosa sto facendo."
Nemesi osservava i due con una scintilla maliziosa negli occhi, forse calcolando ciò che aveva da guadagnarci in quel nuovo accordo: Liz avrebbe voluto rompere la sua chiave inglese in testa a Warren, ma non poteva farlo.
"Sai, forse dovresti dare ascolto alla ragione." rise Nemesi, indicando Luke, "O forse è la pazzia a guidare la tua scelta ... Ne sei davvero sicuro?" gli chiese, inumidendosi le labbra.
Warren annuì.
"Bene." concluse la dea, rimettendosi il casco in testa, "Sai cosa fare quando ne avrai bisogno, semidio."
Il modo in cui disse semidio non piacque per niente a Liz, ma decise di lasciare correre, come la polvere che sollevò la moto quando sfrecciò via.
"Andiamo." disse affranto Luke, "Credo che avremmo molto da fare nelle prossime ore."
Fu una liberazione trascorrere delle ore senza fare niente, ma con il senso costante che stava per succedere qualcosa di brutto, di molto brutto, preparandosi al peggio.
Si toccò il petto, mentre sentiva il peso del suo cuore nel suo petto, temendo che da un momento all'altro si sarebbe fermato.
"Respira, respira."
Si era appena seduta su una poltrona, quando sopraggiunse Jake che le sorrise e si sedette accanto a lei, mentre i loro occhi si incontravano e cercavano di fuggire ad ogni contatto che trovavano.
"Liz."
"Jake."
"Sento di doverti dire una cosa." disse il figlio di Ermes, prendole una mano che Liz cercò di ritirare, non riuscendoci veramente: sin da quando aveva incontrato quel ragazzo albino nella foresta del campo mezzosangue aveva sempre provato una certa attrazione verso di lui, quasi come se fosse stata colpita dalle frecce divine di Eros.
"Si, ti ascolto." rispose lei, semplicemente.
Erano terribilmente vicini per gli stantard di Liz, ma non gliene importava più nulla: la sua testa aveva messo la marcia, viaggiando ad una velocità pazzesca, iniziando a fare progetti per il futuro.
In fondo, che male c'era?
Poteva morire lì da un momento all'altro con il suo cuore traballante.
"No, prima io." riprese lei, stoppandolo proprio nel momento in cui lui aveva aperto bocca e sentendosi vagamente in colpa per ciò che aveva fatto.
Osservò i suoi lineamenti, così diversi da quelli degli altri figli di Ermes, i suoi capelli biondo chiaro, i suoi infiniti occhi rossi.
"Sono malata, Jake."
Fu come una pugnalata, per lui: Liz se ne accorse, ma sapeva di doverlo dire a qualcuno. Se fosse morta per aver avuto un infarto, gli altri avrebbero saputo il perché, almeno.
"Come ... come sei malata?" gli chiese lui, scostandosi leggermente da lei, come se fosse, improvvisamente, radioattiva.
Liz indicò il suo petto.
"Ho una malformazione al cuore." confessò, "Potrei morire da un momento all'altro." disse e, quando lo fece, sembrò sentirsi molto più leggere come se quel peso enorme che continuava a sentire nel petto si fosse finalmente sciolto, rotto.
Impossibile da riparare.
Jake sembrava sul punto di vomitare, ma si ricompose e si avvicinò a lei: Liz si aspettò che dicesse qualcosa, ma sentì solo le sue labbra sulle sue, il loro sapore, lasciandosi andare completamente, sapendo che era la cosa che aveva sempre voluto, sin dalla prima volta che lo aveva visto.
"Non mi importa." sussurrò lui, malizioso, "Mi piaci così come sei."
Ancora un bacio, un bacio prima che il mondo esplodesse, dentro e fuori la figlia di Efesto.
"Che dovevi dirmi?" chiese Liz, gli occhi che le sembrarono stati appena immersi nello zucchero e poi nel caramello.
"Niente di importante." fece spallucce lui, "L'importante è che adesso siamo insieme."
Si guardarono negli occhi.
"Noi due."
Liz aveva sempre lavorato con le macchine, non sapeva bene come funzionassero gli esseri umani: quell'avvicinamento con Jake era insolito per lei, ma allo stesso tempo le piaceva, come se allo stesso tempo lo bramasse e lo temesse.
Rimasero lì per un momento che per Liz sembrò infinito, poco prima che un tonfo sordo scuotesse l'edificio dell'Empire State Building e il cuore della figlia di Efesto facesse un capitombolo.
Le sembrò che qualcuno le avesse appena sfilato la terra da sotto i piedi.
"Che sta succedendo?!" chiese quasi urlando a Luke mentre si precipitavano verso l'entrata, brandendo ognuno le rispettive armi.
Liz sentì il respiro caldo di Jake sulla sua spalla, mentre tutto si faceva sfocato e confuso, come il sogno o il sogno di un sogno.
"Niente di buono." tirò ad indovinare, indicando l'esercito che avanzava verso di loro, "Nessuno viene a farci visita e dubito che sia una visita di cortesia."
 
- - - 
 
*panda's corner
This is the end.
Ok, forse non è propriamente saggio cominciare un angolo autore dell'undicesimo capitolo con una frase delle canzoni di Adele ._____. Ma volevo informarvi che mancano solo 4 capitoli alla sospirata fine ç____ç
Viaggio nell'ombra, dritti verso l'Olimpo, seconda stella fino al mattino (?) No, devo aver sbagliato qualcosa .-.
Comunque, Bashir trasporta tutti all'Empire State Building con un viaggio nell'ombra: ho pensato, se possono farlo i figli di Ade possono farlo anche quelli di Tanato, no? u.u
Insomma, sempre morte eh éè
Spero che i personaggi che soffrivano di paura del buio siano stati tutti sottolineati, altrimenti mi scuso ^^"""
Warren stringe un secondo patto con Nemesi, purtroppo, e vi informo che nel prossimo capitolo ci saranno scintille, tuoni, fulmini e saette, quindi ... stay tuned!
E poi arriviamo allo shippamento della Jaliz *^*
Quanti di voi aspettavano questo momento trepidanti? u.u Finalmente si baciano e Liz rivela a Jake che è malata di cuore dato che ha una malformazione all'aorta ewe
Triste, no? 
Così come è iniziata potrebbe finire subito ç___ç
Ah, ultima cosa! 
Ho i capitoli 12 e 13 già pronti, quindi aggionerò lunedì/martedì con il 12 e poi a poca distanza anche con il 13 ... compiacetevi perchè vi dico che mi sto sentendo una merda a scrivere quei capitoli ç___ç
Beh, non voglio svelarvi nulla di più :')
Recensite e ... hasta la vista! :3


 
  
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