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Autore: AnonymousA    04/07/2014    1 recensioni
Gioca con le mie ciocche di capelli ribelli, arrotolandole attorno alle dita per poi srotolarle e cominciare da capo; senza aggiungere un'altra parola e senza voltarmi. Solo che è tremendamente difficile dimenticare la sua presenza alle mie spalle, così come è complicato spicciare una parola. [...]
Le sue mani mi afferrano per le spalle e mi voltano, rivelando finalmente il suo viso. I miei occhi sono rapiti dai suoi che mi risultano indecifrabili, straboccanti di emozioni che non riconosco. Mi chiedo quali sensazioni la mia presenza stia suscitando in lui.
Senza staccare gli occhi dai miei, mi solleva sul ripiano del lavabo, incastrandosi tra le mie gambe. Sento un tuffo al cuore e, per un istante, mi si mozza il respiro. [...]
Genere: Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago
Capitoli:
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E... tadan! Un nuovo capitolo tutto per voi, nella speranza che vi appassionate di più. 
Non so con quanta frequenza pubblcherò, dipende tutto dalle idee che mi brulicano in testa.
Spero che vi piaccia e BUONA LETTURA!




Io e Beth conoscemmo Tanya ed Elly a quattordic'anni. 
La cosa di cui, ogni volta che ne parliamo, ci stupiamo è che le conoscemmo nella stessa serata. Beth dice che è stato un segno del destino, che le nostre vite sono state intrecciate fin dall'inizio. Al centro esatto di ognuno di essi vi era un nodo: il giorno del nostro incontro era stato già prestabilito.
Avere quattordicianni significa essere passionali e tragici allo stesso tempo; significa dedicare più tempo allo specchio che ai libri ( ce ne vergognamo ancora oggi, davvero). 
Vuol dire avere gli ormoni in subbuglio, e che se il ragazzo per cui hai una cotta, dopo esserti preparata per tre ore, non ti degna nemmeno di uno sguardo, passare la serata nel bagno a piangere addosso alla tua migliore amica.
Sono sempre stata un tipino ( così mi definiva mio padre), anche con gli sbalzi ormonali in atto, non ho mai permesso a nessuno di trasformarmi  nel suo bersaglio personale e bombardarmi fino all'esasperazione.
Accadde solo una volta, la prima e l'ultima. Eravamo state invitate alla festa di Nancy Murofit, la ragazza più carina della classe. Ed era una di quelle feste per ragazzini - definita così da Beth - organizzate alle sette di sera e destinate a finire entro le dieci, se non volevamo essere sgridate dai nostri genitori.
La festa era stata allestitina in giardino, al centro del quale, vi era un'enorme piscina rettangolore; il volpino albicocca circospezionava i bordi di essa, abbaiando e ringhiando ad ogni rumore o persona disturbasse la sua quiete.
Darrin Warron, la mia cotta di allora, passeggiava a braccetto di due ragazzine che gli sbavavano addosso, conosciute perché frequentavano francese insieme. Era stato bocciato due volte, e aveva il fascino del ragazzo sedicenne dall'aria matura, rispetto ad un quattordicenne con gli ormoni impazziti e dalla faccia ricoperta di brufoli.
Beth aveva insistito affinché indossassi i suoi jeans attillati e il top a fascia che mi aveva regalato mia madre, che faceva pendant con i miei occhi. 
Gettai i capelli all'indietro e mi feci coraggio, accompagnata da Beth, per passargli accanto e salutarlo innocentemente.
Quando arrivai quasi vicino a lui, Anthony Linnen mi spinse ed io caddi addosso a Darrin. Lui scivolò ma riuscì a mantenere l'equilibrio ed io mi aggrappai a lui.
Non so perché lo fece, forse perché cadere era troppo umiliante per la sua personalità e voleva utilizzarmi come scarica barile, in modo che si focalizzasse l'attenzione su di me; fatto sta che ad alta voce disse: « Oh, mio Dio April! Hai fatto la doccia nelle fognature, per caso? Puzzi come la merda! »
Ricordo ancora la sua faccia disgustata, e l'enfasi che utilizzò nel pronunciare quella frase.
Naturalmente, tutti presero ad indicarmi e a ridere come dei matti. Tutto ciò che usciva dalla bocca di Darrin era considerato dagli altri assolutamente fico e divertente, e non poteva essere ignorato. 
« Non è vero! » urlò Beth al mio fianco, ma i nostri compagni di scuola erano così impegnati a ridere da non sentirla neppure, e il suo tentativo di aiuto fu del tutto ignorato.
Strinsi le mani in pugni chiusi così forte, da conficcarmi le unghia nella carne; ricacciai indietro le lacrime e sibilai a denti stretti alla mia amica « Ora gliela faccio pagare »
Tirai Beth e scappammo via, tanto nessuno avrebbe rimpianto la nostra assenza. E poi la serata era stata rovinata, ormai, per noi.
La cacca di un volpino può essere molto consistente date le dimensioni, ma comunque non era abbastanza per il mio scopo. Così riempii un secchio di acqua e terreno, poi mescolai la cacca di volpino ( con i costanti conati di vomito di Beth accanto a me) e ritornai alla festa, carica di adrenalina e assetata di vendetta.
Darrin mi piaceva, ma dal momento che mi aveva screditato davanti a tutti i miei amici, ad una festa della quale, probabilmente, avrebbe parlato l'intera scuola, non mi aveva dato altra scelta: sarebbe stato lui, il centro dei pettegolezzi scolastici. Non io.
La festa continuava indisturbata e, come avevo sospettato, nessuno aveva fatto caso alla nostra assenza. 
Darrin era seduto sdraiato su una sediolina bianca, come se fosse il padrone di casa; raccontava chissà quale emozionante storia, e tutti i ragazzi pendevano dalle sue labbra. 
Beth si unì a loro indisturbata, su mio consiglio. Le dissi « Goditi lo spettacolo ».
Mentre svuotavo il contenuto del secchio sulla sua testa, pensai fosse davvero un peccato rovinare il bianco immacolato della seggiolina.
Darrin si alzò furibondo e si voltò nella mia direzione, per scoprire chi fosse il colpevole e magari fare a botte. Calò un silenzio primordiale su tutti gli invitati, così la mia voce apparve ancora più squillante quando gli urlai melliflua « Hai mangiato merda a cena, Darrin? »
Ricordo solo le risate sovrapposte di tutti i miei compagni, i loro sguardi di approvazione, di divertimento, di ammirazione, anche. Da allora nessuno ha mai provato di nuovo ad umiliarmi.
Esattamente undici mesi dopo conoscemmo Tanya ed Elly, ad una festa.
Il primo anno di liceo era volato in fretta e, in men che non si dica, Beth aveva fatto strage di cuori. Veniva invitate alle feste più in, conosceva le persone più popolari della scuola ed io ero conosciuta come la sua migliore amica. Nessuno faceva caso a me. Non che non fossi carina, ovvio. Avevo la piena consapevolezza della mia fisicità, ma non sono mai stata una reginetta. 
Beth riuscì ad ottenere un invito alla festa più gettonata della scuola: quella di Noel Likken, diplomando. Tutti i ragazzi più popolari della scuola sarebbero stati lì, insieme all'intera squadra di football. 
Io e Beth eravamo eccitatissime all'idea di prendervi parte, eravamo le uniche matricole a cui era concesso andare.
Dopo poche ore dall'inizio della festa, però, scoprimmo che non era così: non eravamo le uniche pivelline invitate. Ne eravamo una dozzina, più o meno. Qualcuno di loro era stato invitato per diventare lo show della serata.
Beth mi strinse il braccio, sapevo cosa stava pensando: eravamo contente di essere lì, ma non a quel prezzo. Non a discapito di qualcun'altro.
Per fatalità, fu proprio così che conoscemmo Elly.
Entrammo nel soggiorno della casa enorme di Noel, poiché da lì provenivano gli strilli e le risate. Capimmo subito perché.
C'era questa ragazza minuta, dalla pelle del cioccolato schiacciata al muro che reggeva, con la bocca, una sacca entro cui i ragazzi gettavano i loro bicchieri, ancora colmi delle loro bibite. E, quando non riuscivano a fare canestro, i bicchieri e il loro contenuto venivano riversati su quella povera ragazza. Elly.
Furono quegli occhi nocciola liquidi così tristi, così disperati, che mi colsero alla sprovvista.
E, senza nemmeno rendermene conto, gridai al tizio che stava per partecipare al gioco « SCUSA?! »
Solo che la mia fu solo l'eco di altre due voci. Mi voltai per capirne la provenienza: la prima era sicuramente quella di Beth, ne ero certa. Poi vidi una ragazza dai capelli scuri e ricci, con le mani poggiate sui fianchi come se fosse sul piede di guerra, che posava il suo sguardo sconcertato da me a Beth, e al tizio che avevamo ripreso. Era lei la seconda voce che aveva fatto eco alla mia: Tanya.
La ragazza ci ignorò, si diresse verso il ragazzo che aspettava il suo turno, gli strappò il bicchiere da mano e glielo riversò addosso. Quel ragazzo era Dereck, il fratello di Noel.
Ma lei non si mostrò intimorita e disse « Forse dovresti esserci tu al suo posto: saresti il degno sostituto del cesso! »
Il quarterback capitano della squadra di footbal, nonché migliore amico di Noel, restò a guardare impressionato da ciò che stava accadendo. 
Qualche amico di Dereck, però, non la prese bene e le diede una spinta, allorché intervenemmo io e Beth. Lei gli diede uno spintone, mentre io raccolsi il primo bicchiere pieno di birra e glielo riversai sui pantaloni.
« Ops! » affermai ad alta voce, fingendomi dispiaciuta. 
I suoi compagni di classe, i giocatori della squadra di football e lo stesso capitano, Johanatan, cominciarono ridere, ridicolizzandolo con la scusa che si era fatto mettere nel sacco da tre matricole. 
Ricevammo l'approvazione di Tylor, Ashley e Bettany, le Mean Girls dei giorni nostri. 
Johanatan non riusciva a togliere gli occhi di dosso a Tanya: una settimana dopo le chiese di accompagnarlo al Ballo di Fine Anno e si baciarono.
La prima cosa che dissi ad Elly fu: « Strano modo di divertirsi, non è vero? »
Da quel momento in poi, diventammo amiche. Ervamo attratte l'une della altre come calamite: non potevamo ignorare un simile magnetismo. Le BETA sono rimaste sempre insieme.
« Dov'è questa festa? » chiedo a nessuno in particolare, dato che le mie amiche sono tutte nella mia stanza.
« A Ocean Drive » sbiascica Beth intenta a passare il lucido sulle labbra carnose. 
« Ricordami perché ci andiamo » dico un po' annoiata. Dopo le numerose feste a cui abbiamo partecipato al liceo, non ne sono molto fan. 
Beth sospira spazientita « Per conoscere gente nuova. E perché il padrone di casa è davvero sexy »
Tanya alza gli occhi al cielo « Chi è che non è sexy per te? »
Sorrido a Tanya e, quando Beth mi lancia un'occhiataccia, alzo le mani scrollando le spalle nella più innocente delle espressioni. 
« E comunque April non ha bisogno di conoscere gente, vero? » insiste perfida.
« Già! » esclama Beth come se avesse appena avuto un'illuminazione « Domani devi uscire con il tuo Carter? »
Mi alzo dal letto e le guardo torve « Prima di tutto, non è il mio Carter. E secondo, sì: ci esco domani »
« A che ora? » si ostina Tanya.
« E dove? » s'intromette Beth.
Alzo le mani per tenere a bada la loro curiosità « Non lo so! In realtà... non ne abbiamo parlato. Ho pensato che venisse alla caffetteria.. non so.. »
« Ragazze... » la voce flebile di Elly interrompe la nostra discussione; lentamente esce dal bagno della mia camera, e ne osserviamo esterrefatte la trasformazione.
Dopo che Beth le aveva detto che alla festa ci sarebbe stato Tom, si era lasciata convincere da Tanya ad occuparsi di lei. 
Il tubino morbido verde acqua sembra esserle stato cucito addosso e mette in risalto le sue curve, enfatizzando il colorito dorato della sua pelle; persino gli occhi sembrano più scintillanti. Tanya le ha abilmente raccolto i capelli in una perfetta coda alta e liscia, lasciando una piccola sporgenza sul davanti. 
Le ciglia nere e folte fanno da cornice a quegli occhi nocciola liquidi, così intensi e magnetici; le gote rosa le conferiscono un aspetto sano, florido. Le labbra carnose sono lucide, lasciate al naturale.
« Oh mio Dio! » squittisce Beth.
« Sei bellissima, tesoro » le dico io, prendendole le mani e alzandole, per guardarla meglio.
Tanya sorride raggiante e soddisfatta. « Ben fatto » mi complimento.
Ho deciso di indossare un semplice short di jeans, una canotierra bianca ornata di disegni astratti colorati. Odio le scarpe col tacco, quindi ho optato per le mie adorate converse verde smeraldo.
La casa di Ethan - l'amico sexy di Beth- è un'esplosione di luci e colori: gli alberi sono allestiti di luci bianche e blu a intermittenza, la balconata indicata da migliaia di freccette che si illuminano al passaggio.
La musica è assordante, all'interno dell'abitazione ci sono corpi ammassati ovunque che si scontrano, che si cercano e si trovano, che ballano incuranti di chi gli sta intorno. 
Ethan ci accoglie come un vero padrone di casa: si presenta, ci offre da bere, ci indica dove possiamo trovare gli alcolici. 
Tanya vola in ricognizione, mentre io spingo - letteralmente- Elly via, affinché, quando verrà avvistata da Tom, non ci troverà d'intoppo con lei.
« Allora April » comincia Ethan « Mi hanno detto che prepari dei caffè favolosi »
Gli sorrido compiaciuta e accetto il suo complimento « Be' dipende chi è la tua fonte. Ti ci puoi fidare? »
Batte una mano sulla mia spalla divertito « Credo di si »
Scrollo le spalle, ostentando indifferenza « Allora, forse, ti hanno detto giusto »
Devo ammettere che non è niente male e che forse - sì, forse - Beth non aveva torto. Ha i capelli così neri, da emanare, di tanto in tanto, dei riflessi blu, tanto sono scuri; e gli occhi verdi sembrano ancora più brillanti grazie alla pelle abbronzata. Fanno la differenza, poi, anche i muscoli addosso un corpo così possente.
« Fa la modesta! » mi schernisce Beth « Dovresti davvero assaggiare i suoi caffè! »
Ethan mi scruta a fondo, mentre gli spunta sul viso un ghigno di piacere. 
« Sì, hai ragione Beth » conferma lui « Dove si trova il Good April Caffè? »
Oddio, conosce anche il nome. Mi sa tanto di stalking. « Nei pressi della Baia di Biscayne »
Annuisce senza togliermi gli occhietti languidi da dosso. D'un tratto mi sento nuda, esposta; troppo ricercata dai suoi occhi.
E' davvero bello, affascinante anche. Ma.. Ma cosa? Mi urla subito il mio cervello. E immediatamente, nella mia mente, mi appaiono distese di prati grigi, governati da un sole caldo e brillante, dorato.
Questi occhi verdi non sono neanche lontanamente paragonabili a...  Accantono immediatamente il pensiero, mentre sento il battito del cuore accellerare nel petto.
Guardo Beth nel tentativo di farmi aiutare a tagliare la corda, ma lei sembra non capire.
« Sai Ethan, la mamma di April prepara dei Muffin deliziosi » insiste.
« Ma non dirmi » risponde affascinato, lanciandomi un sorriso che dovrebbe voler dire " ti faccio sciogliere al sole come un ghiacciolo".
Annuisco con un sorriso tirato « Eh già »
« Sì » continua Beth « E il locale è carinissimo »
La fulmino con lo sguardo: che diavolo sta tentando di fare? Perché mi vuole gettare tra le braccia di Ethan?
« Così mi incuriosisci, Beth » l'avverte, scrutandomi ancora con la coda dell'occhio.
Bel lavoro, Beth.
Tracanno in un solo sorso la birra del mio bicchiere. Ethan mi osserva con una strana espressione dipinta sul volto.
« Ne vuoi un po'? » mi offre una bottiglia di vodka assoluta. Me ne faccio versare un po'.
« Non c'è del succo di frutta in casa? » chiedo.
Ethan mi guarda come se fossi un alieno in fase di trasformazione che gira dentro casa. Liquido il tutto con un gesto della mano « Lascia. Faccio io. »
Al secondo tentativo non individuo la cucina, bensì la sala bar della casa. Meglio ancora.
Vige una semioscurità molto gradita agli occhi e un silenzio rassicurante, soprattutto dopo la visione di milioni di luci e il volume della musica pari agli ultrasuoni.
Piccole lucette posizionate all'interno del bancone, illuminano di poco la stanza: è accomodante e raffinata, degna dei miglior signori di Miami Beach. 
Comincia la mia ricerca di un succo di frutta che mi aiuti a diluire la vodka, troppo forte per essere bevuta da sola. Ho vaghi ricordi ( dato che ho cercato di sopprimerli) dei tempi in cui mi ubriacavo alle feste e non sono per niente piacevoli. Ho un cattivo rapporto con l'alcool: diciamo che in quantità limitate, ci andiamo a genio l'un l'altro. Motiv per cui necessito di un succo di frutta alla svelta.
Ne trovo uno alla pesca in un piccolo frigo, incastrato nella cavità esteriore del bancone bar. Riempo il bicchiere fin quando non è quasi colmo: preferisco avvertire di più il sapore dolce della frutta. Il mio palato mi ringrazierà.
« Preapari anche i drink, oltre al caffè? »
La voce, vellutata e roca al tempo stesso, mi coglie di sorpresa, provocandomi un crampo allo stomaco così forte da immobilizzarmi. Mi volto lentamente, per non mostrarmi sorpresa. Carter mi sta davanti, in tutta la sua innata imponenza, sovrastandomi. Sorride. E' il gigante buono.
« Non molti, in realtà » sussurro, inevitabilmente colpita dalla sua presenza.
Carter sorride. Regge un bicchiere con una mano, mentre ha l'altra infilata nella tasca del pantalone. Indossa una maglietta semplice, blu, che si sposa con i suoi occhi grigi; un paio di jeans chiaro e delle scarpe da ginnastica bianche. 
La barba è sempre lunga, ma si vede che ha subìto una spulciatina dal barbiere: è molto più ordinata. Devo dire che anche così gli sta benissimo.
« Cosa ci fai qui ? » non riesco a trattenere la domanda, che suona un po' come un'accusa. 
Scrolla le spalle e sembra non far caso al mio tono di voce involontario « E' la festa di un mio amico »
« Ethan? » sbotto stupita.
Lui aggrotta le sopracciglia « Sì, sì. Ethan è il mio migliore amico »
Sarebbe stato meglio una bastonata in testa. Mi costringo a sorridergli. 
« Tu come lo conosci? » domanda che dovevo aspettarmi.
« In realtà, prima di stasera non lo conoscevo » spiego « E' amico di Beth, la mia migliore amica. E' lei che ci ha portate qui »
Poggia la bibita sul ripiano del bancone e si siede accanto a me, pericolosamente vicino « Capisco »
Sorseggio un po' dal mio bicchiere, imbarazzata da questo silenzio e dal fatto che non so come uscirne. Lo guardo con la coda dell'occhio e noto che ha il viso corrucciato, un po' infastidito. 
Non so cosa dire ed essere da soli nella stessa stanza mi causa un effetto devastante sul mio corpo, mi ricorda un po' la prima volta che ci siamo conosciuti; quando pensai che avrebbe potuto farmi a pezzettini e nessuno se ne sarebbe accorto. Inevitabilmente, sorrido.
« Mi trovi divertente? » domanda, un po' risentito. Il viso non del tutto rilassato.
Scuoto la testa « No. Pensavo. »
« A cosa? » chiede subito.
« Niente » liquido « Niente d'importante »
Mi alzo per uscire dalla stanza, ed in un attimo mi afferra il braccio portandomi ad un soffio dal suo petto. Il suo viso è così vicino da provocarmi un capogiro.
« Vuoi ballare? » sussurra senza staccare gli occhi dai miei. Ho la gola secca. Annuisco solamente. 
Per la prima volta in vita mia, maledico me stessa per non aver indossato le scarpe col tacco. Mi avrebbero sollevata di un po', portandomi ad un'altezza accettabile; sarei sembrata più carina, più... Non lo so! Tutta quest'ansia mi divora.
Non ci sono le basi per ballare un lento, ma lui la fa sembrare la cosa più naturale del mondo per cui mi adatto. Ci muoviamo in tondo, lentamente, come se ci dondolassimo dolcemente, senza fiatare. E' difficile sostenere il suo sguardo così, il più delle volte, mi trovo a fissare il suo petto, o le mie scarpe. Non mi ero mai sentita così impacciata con un ragazzo in tutta la mia vita.
« Sembri davvero piccola, lo sai » dice all'improvviso « Quanti anni hai? »
Sono lieta che abbia trovato qualcosa che possa distrarci l'uno dall'altro,  ma sono un po' risentita dell'insinuazione. Comunque, rispondo: « Ventidue. E tu? »
« Sono un po' più grande » asserisce e capisco dal modo di pronunciare che sta sorridendo. Ancora non oso guardarlo. 
« Di quanto? » chiedo curiosa.
« Ventisette » risponde tranquillo.
« Di ventisette anni? » chiedo ironica « Sono ben portati, però! »
Ride davvero divertito della mia battuta ed io trovo il coraggio per alzare lo sguardo su di lui, e sono contenta di essere riuscita ad allentare la tensione. Sorrido assieme a lui.
Ma come potrei non sentirmi vulnerabile davanti a quegli occhi grigi?
« Be', comunque si nota la tua età matura » lo punzecchio, ora che mi sento più sfrontata.
« Ah, ma davvero? » mi canzona.
« Sarà la barba » lo stuzzico, simulando noncuranza.
« La barba » mi fa eco.
Annuisco vigorosamente « Assolutamente »
Mi fa fare una giravolta e poi mi ritira a sé, riprendendo la danza. Poi ridiventa penserioso e dice: « Mmh, chissà se... »
E si blocca di colpo, ed io con lui. Lo fisso sconcertata, senza capire su cosa stia riflettendo.
Così, quando si avventa su di me per farmi il solletico, mi prende completamente alla sprovvista.
« Sarà... la... barba.. eh? » ripete a tratti per lo sforzo di tenermi ferma, tra le mie risate isteriche quasi vicino al pianto.
« Ti... prego! » ansimo tra le risate « Basta! »
Carter mi da pace, ma non mi lascia andare. Quando mi accorgo che mi tiene stesa tra le braccia è troppo tardi per farsi prendere dall'ansia delle sue labbra, dei suoi occhi che si specchiano nei miei. Del suo profumo intenso ed inebriante.
Vedo il suo viso avvicinarsi lentamente al mio, e ad ogni centimetro accorciato il mio cuore esplode con creptio scoppiettante. Sento un calore nuovo sbocciare da fin dentro le viscere, per risalire più su, tra il cuore e le labbra.
Riesco a sentire il soffio tiepido del suo respiro sulle sue labbra, le sue sopracciglia folte e irregolari sono di quel timido biondo che mi ricorda i bambini piccoli e paffuti.
Poi la porta si apre, portando con sé i rumori di un'altra serata, lacerando e distruggendo l'atmosfera calda e serena che si era creata.
« Dovrei averne qualche altra bott... » dice la voce a qualcun altro, che si blocca di colpo alla nostra vista.
Carter mi ha subito lasciata andare, creando quell'imbarazzantissimo momento in cui, di solito, nei film eseguono la battuta dicendo « Ho interrotto qualcosa? »
« Ehi » dice la voce che si è accorto di noi, che ha riconosciuto i nostri volti. Ethan.
« Carter » continua lui « Vedo che hai conosciuto April »
L'insinuazione nella sua voce mi giunge come uno schiaffo e mi fa raggerlare lo stomaco. Gli tirerei volentieri un pugno sulle gengive. Così, per sfizio.
« Veramente » precisa Carter con una punta di acidità « La conoscevo già da un po' »
« Non me l'avevi detto » suona come un'accusa.
« Non credevo di doverlo fare » risponde lui. 
I due si guardano in cagnesco, ignorando del tutto me e l'accompagnatore di Ethan, venuto qui per prendere chissà cosa. 
« Ma tu non sei... » afferma Ethan, lasciando cadere la frase affinché Carter ne capisca il significato. Lo vedo irrigidirsi e chiudere le mani in pugni. Ma non sono migliori amici?
« Non sono affari tuoi » sibila Carter.
Ethan ride divertito, si avvicina poggiandogli una mano sulla spalla « Rilassati! Era per scherzare »
« Bel modo di merda » risponde Carter, non del tutto soddisfatto. Il loro linguaggio è ancora criptico per me. Carter è... cosa?
Accanto a Carter, davanti a queste persone, mi sento in tremendo imbarazzo. Me ne sto lì, zitta, senza far nulla e nessuno di loro pare tenere in considerazione la mia presenza.
Decido di averne abbastanza del loro battibecco adolescenziale e, senza voltarmi indietro, esco dalla stanza a grandi passi. Proseguo spingendo tra la folla, che è aumentata durante la mia assenza, sento qualcuno chiamarmi alle mie spalle, oltre il trambusto, ma non mi volto, non presto attenzione. Voglio solo trovare le mie amiche e passare il resto della serata con loro.
Cammino impettita, trovando sul mio percorso corpi ammassati, bicchieri vuoti sparsi sul pavimento, mozziconi lasciati qua e là, senza alcuna cura. Una strana rabbia mi monta dentro e lo so, so bene il motivo del mio fastidio. Carter non ha dato minima importanza a me, a ciò che stava accandendo tra noi, al momento che è stato rovinato con tanta irruenza. 
Sono arrabbiata perché, durante la discussione, Carter non ha tenuto conto di me. Nemmeno una volta, neanche per un momento, ha pronunciato il mio nome o si è voltato a guardarmi. Come se volesse dissociarsi da quell'impressione che avremmo potuto dare, facendoci trovare abbracciati. E' come se quel momento l'avessi vissuto solo io.
Mi sento una stupida a pensare di aver provato delle sensazioni, senza neppure condividere qualcosa di concreto con lui. 
Sono già così coinvolta senza percepire il suo odore, senza riconoscere i suoi tratti, senza aver imparato il tocco delle sue mani. Cosa ne sarà di me, quando - e se- mi mancheranno i suoi sospiri? 

  
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