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Autore: Blackmoody    04/07/2014    3 recensioni
[...] e sulla parete si delineò una fenditura dai contorni danzanti, una sorta di stretto uscio aperto su stelle e oscurità che vacillavano e svanivano a tratti. Qualcuno allora si fece avanti attraverso quel nulla, titubante e forse sorpreso, e il Dio degli Inganni distinse una robusta creatura dalla pelle cerulea coperta da una leggera armatura di cuoio scuro. Un manto di pelliccia gli pendeva dalle spalle e una corta daga dal fianco sinistro, e le sue iridi sanguigne lo fissavano prive di astio.

Circa un anno dopo l'ultima grande battaglia contro il Folle Titano, la vita di Loki di Asgard ed Erin di Galway scorre pacifica – in attesa, forse, di nuove opportunità di conquista da cogliere. Ma c'è qualcosa del suo passato con cui l'Ingannatore ha ancora un conto aperto: qualcosa che giungerà dal buio di vaste e antiche lande di ghiaccio e neve.
SEGUITO DI THE MAJESTIC TALE, post-Avengers, sedici capitoli.
Genere: Avventura, Azione | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Altri, Loki, Nuovo personaggio, Thor
Note: Otherverse | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'The Majestic Tale of the Mischief Maker and the Flute Maiden'
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15.

Is there a man who would be king?

 

 

 

 

 

 

«Non saresti degno di alcun perdono, figlio di Bòr.»

La voce di Frigga trafisse Odino con più freddezza d’un pugnale affilato, incurante del languore del tramonto che imporporava cielo e tendaggi e l’oro scintillante dei bastioni. Il re tremò nel voltarsi a guardarla, certo che la sua sposa lo avrebbe fronteggiato furente e livida come una tempesta di fulmini, eppure ciò che vide lo spaventò molto di più: la regina lo fissava altera, implacabile e gelida come una statua, temibile come una delle Norne.

Thor se n’era da poco andato, scombussolato e insieme felice per quanto aveva appreso, e i regali coniugi erano rimasti i soli occupanti degli alloggi reali.

Odino sentì l’inoppugnabile impulso di prostrarsi ai piedi della moglie e implorarla finché avesse avuto fiato per farlo. Il coraggio che aveva racimolato per riuscire a confessare tutto quel che aveva rammentato e scoperto sembrava essergli scivolato via dal corpo assieme alle ultime parole che aveva pronunciato, e uno schiacciante senso di colpa ne aveva preso il posto.

«Lo so. So, dolce e saggia figlia di Fyörgynn, che per averti tradita non merito perdono.» cominciò a dire in tono spezzato, avvicinandolesi a braccia spalancate e tese, ma Frigga gli puntò un dito contro e le sue iridi blu ebbero un lieve guizzo di sorpresa:

«Tradito me? Oh, lo hai fatto, Odino, e tuttavia è per aver tradito lei che non meriti perdono.» lo interruppe, e fu il turno di lui nel mostrare stupore.

«Io non ho tradito Farbáuti.» protestò debolmente.

«Hai tradito la sua fiducia. Non t’implorò forse di portarla via dai Ghiacci Eterni, quando la guerra fosse giunta al termine?» ribatté la Madre degli Dei con malcelata stanchezza, come una maestra che ripete per l’ennesima volta un concetto a un allievo cocciuto.

Il sovrano abbassò entrambe le mani, colpito: «Non pensavo che Laufey l’avrebbe uccisa. Non pensavo che aspettasse un figlio da me! E con quale motivazione avrei potuto condurla qui, a palazzo, senza sollevare scalpore?» tentò ancora di difendersi maldestramente.

Frigga rise, di una risata arida e graffiante assai simile a quelle irose di Loki: «Hai ragione, non hai pensato affatto.» lo schernì; «Ma sei ed eri il re di Asgard, e se avessi voluto avresti potuto portarla via con te senza fornire alcuna spiegazione a chicchessia. Avresti potuto garantirle rifugio e requie in qualsiasi angolo dei Nove Regni, e lasciare che allevasse vostro figlio lontano da crucci e occhi indiscreti e permetterle di vivere serenamente il resto dei suoi anni. E invece è morta malamente a causa della tua codardia, Odino.»

Cadde il silenzio nella stanza, e il Padre degli Dei desiderò che il Sonno lo cogliesse in quel preciso istante per liberarlo dal senso di colpa come già era accaduto in passato. Non era però più tempo di fuggire e mentire, e dunque egli chiuse l’occhio buono, inghiottì un profondo respiro e tornò a mirare la moglie, conscio che nessuna scusa lo avrebbe scagionato.

«L’ho amata. Prima d’incontrare te, io l’ho amata.» si ritrovò a mormorare scioccamente.

Il viso di Frigga si distese appena: «Non lo metto in dubbio. Ma a Jotunheim l’hai usata soltanto. Non importa che tu l’abbia fatto anche per nostalgia e antico affetto. Hai usato la sua solitudine e la sua tristezza, hai usato la sua posizione, hai usato la sua speranza di veder sconfitto il crudele consorte che le era stato imposto, e hai agito in questo modo unicamente per vincere la guerra. L’hai amata perché ti andava e come un uomo qualunque l’hai sedotta e abbandonata subito dopo aver ottenuto ciò che volevi. Per questo, Odino, io non ti perdono.»

Un’improvviso refolo di vento fece frusciare le tende e le fronde degli alberi dal perenne fogliame scuro che adornavano il cortile esterno. Assomigliava a un sospiro, e il canuto dio rabbrividì mentre una strana pace gli calava addosso.

«Non è dunque per il torto che ho fatto a te che ho il tuo disdegno, moglie mia.» constatò.

«Il torto che hai fatto a me è misero rispetto a ciò che Farbáuti ha subìto.» assentì lei, asciutta. Avanzò lentamente verso il balcone e si appoggiò a una colonna, lo sguardo puntato sul disco di fuoco liquido del sole che baluginava tra torri e bastioni.

Odino la seguì: «E Loki?» chiese in un soffio. Nemmeno lui sapeva quale fosse il reale senso di tale quesito – disprezzi anche lui, adesso?, avrebbe potuto significare, o forse voleva essere una curiosità, una semplice e fondamentale conferma.

«Loki resta comunque mio figlio, e io come figlio lo amo. L’ho cresciuto e amato come madre anche per Farbáuti.» gli venne risposto; la voce di Frigga si era nuovamente addolcita, eppure riacquistò durezza quand’ella soggiunse: «Ti sei macchiato di un grave torto anche nei suoi confronti, Odino. Per insicuro che fossi circa l’essere suo padre, perché dargli la terribile certezza d’esser figlio di Laufey? Perché non dirgli semplicemente ch’era un trovatello di sangue misto? Il caos che hai così generato, o re, ha rischiato di portarci tutti alla fine di ogni cosa.»

La volta celeste aveva assunto una splendida sfumatura carminio. Oltre i monti l’occaso era infiammato dagli ultimi barbagli del giorno, e fioco si udiva il canto delle onde che lambivano la costa della capitale. La regina rimase dov’era, ma il sovrano del Reame Eterno decise ch’era giunto il momento di sottrarsi alla sua vista e arretrò fino a lasciarsi inghiottire dall’ombra bronzea che regnava all’interno.

«Domani renderemo omaggio a Erin, ai prìncipi e agli altri eroi. Parlerò al popolo, Frigga. Ho ben chiaro cosa devo fare e cosa tutti dovranno sapere.» disse.

La sua sposa non fece domande e nemmeno si mosse, stagliata contro il rosso del cielo come una cariatide, e Odino scivolò fuori dalla camera a passi mesti.

 

 

Erin non era più tornata nello smisurato salone delle cerimonie da quando gli asgardiani avevano celebrato la vittoria contro Thanos inneggiando a lei e a Loki, il giorno in cui quest’ultimo aveva chiesto la sua mano. Il Padre degli Dei era solito ricevere sudditi, dignitari e ambasciatori nella sala del trono ai piani superiori della reggia e nella corte delle udienze: l’immenso spazio delimitato da colonne che riceveva aria e luce attraverso l’ampissima balconata circolare posta sopra l’alto seggio aureo del re veniva perciò utilizzato soltanto in occasioni di estrema importanza quali incoronazioni e trionfi, restando vuoto e immoto nella sua vastità echeggiante per il resto del tempo.

Ma in quel magnifico meriggio primaverile era di nuovo brulicante di vita e fervore come l’irlandese lo rammentava e come meritava di essere. Dal soffitto pendevano ondeggiando le insegne scarlatte e oro della stirpe di Bòr, dal porticato il sole allungava i propri raggi irradiando l’intero ambiente e cortigiani, dame e popolani mormoravano con bramosia dietro le due file di guardie che costeggiavano il camminamento d’onore.

«Guardali, moglie, guarda come scalpitano. Avevi ragione quando dicevi che la gente ama questo genere di cose, piuttosto che le minacce.» mormorò l’Ingannatore all’orecchio della musicista senza dissimulare il proprio divertimento.

«Io ho sempre ragione, marito.» sghignazzò lei. Il ricordo dei primi tempi della loro relazione le parve estremamente delizioso. «Perché i tuoi concittadini hanno questa incredibile fissazione per le celebrazioni tamarre?» aggiunse.

Lui rise con garbo: «Pur avendo ancora qualche difficoltà nel capire i termini volgari di Midgard che tanto ami utilizzare, Erin, sono persuaso che ciò che è tamarro piaccia molto anche a te.»

«Quanto mi conosci bene!» sospirò lei, inorgoglita.

In quella Thor comparve alle loro spalle, in cima alla gradinata che in quel giorno dell’anno precedente era stata testimone dell’abbraccio tra i coniugi. Come loro, anche il Dio del Tuono sfoggiava l’armatura completa e il manto rosso da guerra, Mjölnir in pugno; la stessa Erin si era rifiutata di indossare abiti e orpelli femminili, quella volta, e faceva fiera mostra della giacca di pelle macchiata del sangue bluastro degli jotun al di sotto della cappa indaco che aveva messo durante la cavalcata con Sif, Hödr e i suoi uomini. Aveva il flauto alla cintura e Boomstick in mano, poggiato sulla spalla destra.

«Fratello, mia coraggiosa Dama del Flauto.» li salutò il biondo sorridendo quieto; sembrava mancare della sua consueta, rassicurante tracotanza.

«Cosa ti turba, fratello? Di norma queste situazioni sono il tuo forte, assieme all’agitare sgraziatamente quel Martello.» lo canzonò infatti Loki. Il re e la regina avevano intanto fatto il loro ingresso sulla pedana del trono, accompagnati da Fandral, Volstagg, Hogun e Sif – e né al principe cadetto né alla donna d’Irlanda sfuggi l’occhiata che Thor lanciò in direzione della guerriera.

Lo squillo delle chiarine troncò la conversazione tra i tre e il brusio del pubblico. Odino pronunciò le frasi di rito, introducendo i figli e la nuora in qualità di prodi salvatori del Reame Eterno, nonché l’una degli altri; quindi i principi e l’irlandese sfilarono affiancati tra le ali di soldati e folla, e tra le ovazioni crebbe persino un canto, lo stesso canto che aveva scandito il rientro dei cavalieri vittoriosi da Jotunheim. Ed Erin, come quella notte, ebbe un fremito.

Quando si furono inchinati dinanzi al trono gli astanti tacquero e il sovrano si alzò in piedi, affiancando Frigga: teneva Gungnir rivolto verso terra e mirava il trio con espressione intenerita e malinconica, ed era invece la sua sposa ad apparire regale e ieratica com’egli usualmente si presentava. L’Ingannatore e la flautista si scambiarono una scorsa d’intesa, curiosi di sapere a cosa era dovuto l’atteggiamento dimesso del Padre degli Dei e a cosa avrebbe portato.

«Thor, Loki, figli miei, e straordinaria Erin di Galway, noi vi salutiamo e vi onoriamo.» egli disse, e le genti di corte e di spada ripeterono in coro le sue parole.

«E noi onoriamo te, padre.» replicò il Dio del Tuono parlando a nome del trio.

Odino assentì con un lieve sorriso: «Non vi sono ragioni per cui dobbiate onorarmi. Nessuna, salvo quella di riverire colui che sta per cedere il proprio scettro.»

Un basso grido di stupore serpeggiò nel salone, subito messo a tacere da un gesto del re, che così riprese: «Troppo a lungo ho rimandato questo momento e non posso rimandarlo oltre. Gli errori che ho commesso sono divenuti insostenibili, e se anche non fosse ancora per me tempo di cedere il trono ugualmente lo farei, giacché non ne sono più degno.»

Frigga si lasciò sfuggire un breve sospiro e lo osservò di sottecchi.

«In questo fausto giorno io, Odino figlio di Bòr, annuncio pertanto la fine del mio regno.» proclamò il Padre degli Dei: «E di fronte ad Asgard tutta…»

«Padre.» lo interruppe Thor a gran voce, e non vi fu persona che non lo fissò con rinnovata sorpresa; «Padre, ascoltami. Prima che tu dica altro, concedi a me di esprimermi.»

Loki ed Erin si scostarono di un passo, osservando alternativamente il sovrano e il biondo, e prendendo coraggio questi proseguì:

«Ignoro quali siano gli errori insostenibili che ti turbano, ma so perfettamente quali pesano sulle mie spalle. Da quando mi dichiarasti immeritevole di succederti sono soltanto cambiato, non divenuto più savio, e continuo a sbagliare laddove un grande signore non dovrebbe farlo. Sono impulsivo, sciocco, testardo. Sono capace di comandare fulmini e tempeste e abbattere giganti e bestie, e tuttavia non riesco a salvare coloro a cui tengo, non da solo. Non riesco nemmeno a comprendere il mio stesso cuore.»

Guardò per un attimo Sif, per la seconda volta, e lei ricambiò con volto grave e immobile; il Dio degli Inganni ebbe un presentimento ruggente e gradevole e strinse le dita della moglie tra le proprie, sforzandosi di non sogghignare prima di udire la fine del monologo del fratello.

E Thor s’inginocchiò: «Nemmeno io sono degno di questo trono, né tantomeno di quello scettro. E sarei oltremodo felice se questo trono e quello scettro andassero a Loki. Sarei felice e onorato di servire sotto di lui. Perciò ti prego, padre, per quanto ha fatto, rimediato, imparato e sofferto sino ad ora, fa’ di Loki il re che merita di essere.»

Attonito, l’interpellato perse all’istante la voglia di ridere, tale fu la sua meraviglia nell’assimilare quel che il primogenito di Odino aveva testé affermato in tono vibrante: il suo nerboruto e caparbio congiunto aveva rinunciato alla corona ammettendo le proprie mancanze ed esaltando invece le sue doti e le sue gesta, dichiarandosi pronto a essergli fedele suddito. Quasi boccheggiando cercò gli occhi di Erin e scoprì che li aveva spalancati e lucidi, una mano premuta sulla bocca a coprire il sorriso che le si andava allargando fino agli zigomi e, sospettò, a trattenere uno dei suoi gaudiosi turpiloqui midgardiani.

Colto da un’istintiva ispirazione, l’Ingannatore imitò l’altro genuflettendoglisi al fianco e si portò un ossequioso pugno al petto: «Ti sono immensamente grato per il tuo nobile discorso, fratello. Eppure non mi ritengo migliore di te, né più encomiabile, e sono reo di sbagli e colpe che non riuscirò mai a cancellare del tutto. Non sono certo di poter accettare di brandire Gungnir nuovamente, qualora nostro padre decidesse di darti ascolto.» asserì con quanta più umiltà gli fu possibile raggranellare – e avrebbe invero risposto l’esatto contrario, se non avesse saputo con totale sicurezza che un pretenzioso, immediato “sì” gli avrebbe allontanato il trono molto più di un servile e modesto diniego.

L’unanime anelito commosso dei presenti confermò il suo pensiero; il Dio del Tuono gli scoccò uno sguardo supplichevole e riconoscente al contempo, mentre l’irlandese, la regina, i Tre e la dama guerriera trattenevano il fiato, e il Padre degli Dei levò un braccio per imporre la quiete.

«Entrambi i miei figli riconoscono di non essere perfetti ed entrambi hanno dimostrato grande tempra e saggezza. Entrambi i miei figli parlano come parlerebbe un buon re.» dichiarò: «Entrambi, perciò, saranno re.»

Thor e Loki, ancora inginocchiati, sollevarono di scatto la testa, e la donna d’Irlanda non fu in grado di reprimere un’esclamazione inarticolata che fu però coperta da quella lanciata dai sudditi. Frigga vacillò impercettibilmente e l’antico monarca percosse con lo scettro il gradino più alto della scalinata per riottenere il silenzio: «Mai prima d’ora Asgard ha avuto due sovrani. Ma io non posso né intendo scegliere tra coloro che sono sangue del mio sangue. Sangue del mio sangue.» ribadì con la voce che tremava d’emozione; «Entrambi i miei figli sono caduti per poi rialzarsi in ritrovata gloria. Entrambi hanno conosciuto la rovina e la perdita, la passione e la guerra, le stelle e altri mondi. Entrambi sono stati uomini per ridiventare dèi. Entrambi loro sono migliori di me, e so che per questo devo rendere merito a colei che con me li ha generati e cresciuti e alle fanciulle che li amano. E se i miei figli accetteranno l’immenso onore che sto loro chiedendo di accordarmi so che tu, Dama del Flauto, sarai una magnifica regina.»

Allora anche Erin cadde in ginocchio, più per incredulità che per una questione d’etichetta, e tornò a cercare le dita del marito. Sembrava che il cuore volesse scoppiarle.

«E come… come regneremo?» farfugliò Thor con la gola e le labbra aride.

«Completandovi come sempre avete fatto. Vi dissi un dì che entrambi eravate nati per essere re, e così è.» sorrise il re chinando il capo; «Cosa rispondete, dunque, figli miei?»

Non vi fu alcun rumore nello sterminato salone. Il primogenito mirò l’Ingannatore e la musicista, dedicò loro un cenno d’accordo e lasciò che fosse il fratello a parlare:

«Accettiamo, padre.» fu il semplice responso, e non appena la sua eco si dissolse tra le altissime volte del soffitto, oltre il vasto lucernario circolare, un boato incomparabile esplose tra la folla, gioioso e liberatorio.

I tre si rialzarono, scossi, l’irlandese e il suo divino consorte che si tenevano per mano; Frigga era raggiante nella propria commozione, Fandral, Volstagg e Hogun gridavano ridendo e con le braccia spalancate, e Sif aveva un piglio incerto dipinto sul viso – non appariva né lieta né cupa, e soltanto lei e Thor avrebbero potuto spiegarne il perché.

Il Padre degli Dei decise che l’incoronazione effettiva avrebbe avuto luogo di lì a pochi giorni: dovevano essere invitati rappresentanti, ambasciatori e ospiti da ciascuno dei Nove Regni, e naturalmente la famiglia Anwar-McNulty e la giovane Jane Foster. Il pubblico rimase forse leggermente deluso, pregustando già un’immediata, tripla investitura, e tuttavia la prospettiva di una nuova cerimonia mitigò quella generale insoddisfazione.

I due principi e la donna d’Irlanda abbandonarono la sala camminando fianco a fianco così com’erano giunti, e la gente seguitò ad acclamarli senza posa. Ed Erin socchiuse le palpebre e rise e Loki la strinse a sé, e insieme contemplarono il compimento dell’ambizione che entrambi, sin dall’inizio, sin da prima d’incontrarsi, avevano coltivato.

 

 

 



 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Note

Questo è il penultimo capitolo.

Sono felice di essere riuscita a dare spazio anche a Frigga prima della conclusione della vicenda, e mi son tolta la soddisfazione di farle dare una solenne strigliata a Odino. Ho voluto inserire una citazione dal primo numero del Thor a fumetti, e se la riconoscete al volo vi faccio tanto di cappello :)

Il titolo viene dalla già nominata Shock to the system di Billy Idol, uno dei brani portanti della storia, mentre come colonna sonora del presente capitolo ripropongo la Suite del Parsifal di Wagner. Per ringraziamenti, ulteriori aneddoti e quant’altro aspetterò l’epilogo, ma nel frattempo svelo l’identità di colei che è stata fidata e affidabile correttrice di bozze & test reader per la saga intera, ovvero la mia compare Frau Blücher – che non ringrazierò mai abbastanza, temo!

Spero che da qui alla fine definitiva chi mi ha seguita in silenzio mi lascerà un piccolo commento ;)

Vi do appuntamento al gran (uh?) finale. Ossequi asgardiani a tutti!

 

 

  
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