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Autore: The_Grace_of_Undomiel    04/07/2014    1 recensioni
Sam è un ragazzo di sedici anni mezzo, che si è appena trasferito in una nuova città.
A causa del suo carattere un po' timido ed insicuro, il giovane non si era mai sentito accettato dai precedenti compagni di classe ed era spesso deriso o emarginato. In conseguenza a ciò, Sam vede nel trasferimento un'opportunità per incominciare una vita migliore della precedente ed è molto ansioso, oltre che timoroso, di iniziare la nuova scuola. Purtroppo però, le cose si mettono subito molto male per il ragazzo, diventando sin dal primo giorno il bersaglio dei più temuti bulli di tutto l'istituto, I Dark, e da quel momento in poi, la vita per lui diventa il suo incubo personale.
Ma col passare del tempo, imparerà che a volte non bisogna soffermarsi solo sulle apparenze e le che le cose, a volte, possono prendere una piega del tutto inaspettata...
Dal testo: "I Dark si stavano avvicinando sempre di più, ormai solo pochi metri li separavano da Sam e Daniel. Avanzavano uno vicino all’altro, formando una sorta di muraglia, tenendo al di fuori tutto quello che c’era dietro di loro"
Genere: Commedia, Generale, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago, Scolastico
Capitoli:
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Quando Sam rientrò a casa la trovò completamente vuota. Sua madre gli aveva detto che lei ed ed Holly sarebbero tornate verso le quattro e mezza del pomeriggio, ma invece di Amber non sapeva assolutamente nulla. Ovviamente non si era neppure sognato di aspettarla fuori da scuola, di sicuro la sorella avrebbe pranzato fuori assieme al sua nuova compagnia di amici.
Con lui era un’insopportabile arpia acida e scorbutica, ma agli occhi degli altri sapeva diventare una vera compagnona, sempre pronta a far casino ed aiutare il prossimo, per cui le era facile trovarsi degli amici. Ma restava sempre e comunque un’ipocrita.
Nonostante fosse passato già un po’ di tempo dallo scherzetto degli idranti, Sam era ancora completamente fradicio, in più il ritorno a casa in compagnia di un vento glaciale Marzolino non era stato proprio un toccasana. Aveva tuttora i brividi di freddo, ci mancava anche la febbre ed era a posto. Decisamente, prima di prepararsi qualcosa da mangiare, era il caso di farsi una bella doccia calda.
Si diresse in bagno e si spogliò, guardando con rammarico l’orribile macchia di china sui jeans, tra l’altro i suoi preferiti. Non sarebbero bastati ottocento lavaggi in lavatrice per farli venire puliti, probabilmente erano da buttare. Li cacciò con malavoglia nella lavatrice, poi entrò nella doccia.
Proprio in quel momento gli venne in mente che solo lui possedeva il secondo mazzo di chiavi, perciò, se fosse arrivata Amber, non sarebbe potuto andarle ad aprire.
“Beh, pazienza, se vuole entrare passerà dalla finestra” pensò con una scrollatina di spalle, rilassandosi sotto l’inebriante getto di acqua calda.
Una volta finito, sì sentì molto meglio e decise di prepararsi qualcosa da mangiare. Uscì dal bagno e arrivò davanti alla rampa di scale, che avrebbe portato al piano di sotto e di conseguenza alla cucina.
Guardò il corrimano e per un attimo gli venne la folle idea di scendere scivolando su di esso come nei film, ma il ricordo di uno dei racconti di Daniel gli fece tornare il buonsenso.
“Se per caso in una giornata di pazzia ti viene voglia di fare il figo e di scendere dallo scorri mano”  gli aveva detto intonando la voce stile spot televisivo “Reprimi all’istante questo desiderio: eviterai così di spiaccicarti contro la porta d’ingresso! Parola del tuo vicino di banco!”.
Nel ripensarci, al ragazzo venne naturale sorridere, rendendosi ancora  più conto di quanto fosse folle quel tipo, e scese le scale in modo normale.
Quando fu in cucina apparecchiò per sé, per un attimo aveva ponderato l’idea di apparecchiare anche per Amber,  scartando poi l’opera di gentilezza in un nanosecondo, e si preparò una pasta: l’unica cosa che sapesse cucinare, in effetti.
Mentre buttava gli spaghetti nell’acqua, la sua mente continuava a passargli in rassegna l’immagine dei volti dei Dark, coi loro i ghigni e le loro espressioni da delinquenti.
Si sentì terribilmente inquieto. Non aveva mai visto prima di allora quei tipi in atto di tormentare qualcuno, per cui si chiese in che modo agissero e che cosa sarebbe toccato a lui. Certo, la bastardata della china non gli aveva fatto molto piacere, ma di sicuro quello era niente rispetto a quando facevano sul serio. E lo scherzetto degli idranti era di per se una bambinata, non avevano dato fuoco all’istituto; non ancora almeno.
Probabilmente avrebbe fatto la fine di quel povero studente di cui gli aveva accennato Daniel, costretto a cambiare scuola a causa dell’esasperazione. Cosa accidenti avevano potuto fargli per istigarlo ad andarsene!?
“Inoltre come faccio questa settimana?” rifletté Sam “Visto che devo fare la strada più lunga è possibile che mi ribecchi Kyda...”.
Kyda. Lei era quella che lo spaventava più di tutti. Forse era il suo così essere apatica, la sua espressione che non comunicava nulla o il suo sorriso esclusivamente sarcastico (oltre al fatto che era stata lei a rovesciargli addosso l’inchiostro). In più il suo aspetto aveva qualcosa in inquietante, tutta vestita di nero e con quegli occhi carichi di trucco, rendendoli quasi pesti.
Sam non era riuscito a distinguere il colore dell’iride e questa cosa lo aveva urtato molto. Era sua abitudine, appena conosceva una persona, soffermarsi sui suoi occhi; aveva letto da qualche parte che attraverso di loro si riusciva a cogliere la personalità di un individuo, almeno parzialmente.
Ad esempio, gli occhi di Daniel erano di un bell’azzurro limpido, sereno, e trasmettevano tranquillità; quelli di sua madre erano verdi come i suoi, forse in alcuni punti più tendenti sul dorato, e davano un senso di calore e protezione, quelli di Holly erano di un castano chiarissimo e soprattutto molto grandi. Per finire gli occhi di Amber erano di un colore insulso, insulso come lei.
Mentre era impegnato a fare queste riflessioni, prese la pentola della pasta ormai cotta e la scolò nel lavandino. Solo in quel momento si rese conto che, distratto com’era, si era dimenticato di prendere lo scolapasta.
Guardò esterrefatto gli spaghetti sparpagliati nel lavello, col vapore che si stava ancora disperdendo.
-BRAVO IMBECILLE!- sbottò, insultandosi . Raccattò la pasta incavolato nero e la buttò nella spazzatura. Adesso era costretto a prepararsela di nuovo, ma si rese conto con sgomento che era finita. Rovistò disperatamente in tutte le dispense e nel frigo, alla ricerca di cibo, ma non c’era assolutamente niente, in quanto sua madre doveva ancora andare a fare la spesa. Persino il pane era esaurito, se lo erano mangiato a colazione.
Imprecò e andò a stravaccarsi malamente sul divano, decidendo di saltare il pranzo. Sarebbe potuto uscire e andare a comprarsi un panino, ma era troppo pigro per farlo.
Accese la tivù e cercò qualche bel programma da guardarsi, ma rimase deluso: c’erano solo noiose soap  che trasmettevano ormai da vent’anni e passa o stupidi programmi di cucina, che gli facevano venir fame.
Spense la televisione, poi si rese conto che si era scordato di fare una cosa importantissima, non aveva più chiamato il suo migliore amico Luke!
Rapido, prese il cellulare e compose il numero del ragazzo.  Attese qualche istante, finché finalmente non gli rispose la voce simpatica dell’amico:
-Oh, finalmente! Ma allora non sei schiattato!-
-Ciao anche a te, Luke! No, non sono morto, come puoi vedere, anzi, sentire. Solo che tra una cosa e l’altra non ho avuto tempo di chiamarti...-
-Ma sì tranquillo- lo tranquillizzò l’altro, ridendo –Allora dimmi un po’, com’è la casa?-
-Bellissima, una super villa! Proprio quelle che piacciono a me, mia madre non poteva sceglierne una migliore!- esclamò, allegro.
-Ottimo, sono contento per te! Comunque, parlando di cose più interessanti, come va la vita da Roxvuldiano?- domandò Luke, curioso.
A quella domanda Sam si irrigidì d’istinto. La giusta risposta sarebbe stata “da schifo”, ma non voleva far preoccupare già l’amico e parlare di cose spiacevoli, non dopo neanche due minuti di telefonata. Perciò rispose, sforzandosi di assumere un tono neutro  -Normale...-
Dall’altro capo del telefono ci fu una breve pausa e Sam sapeva benissimo cosa volesse dire, Luke ne faceva una ogni volta che non era convinto di qualcosa e i silenzi stavano a dire che stava riflettendo.
-Che intendi per  ‘normale’?- domandò infatti.
 -Normale, vuol dire che sta andando in modo normale. Tu che intendi per normale, scusa?- 
-Stai calmo! Dicevo solo che mi sembrava una risposta un po’ strana, tutto qui. Ma se dici che è tutto ok mi fido- commentò Luke, un po’ risentito.
Sam sospirò –Scusami, non volevo fare l’antipatico... Solo che oggi è una giornata no-
Si morse subito un labbro per la frase detta. Con quell’affermazione si era tradito da solo.
-Ah! Ecco, allora avevo ragione! Lo avevo capito subito, perché io sono nella tua testa! Si può sapere che è successo!?- gli domandò infatti a raffica il ragazzo.
-Diciamo che l’inizio della scuola non è stato tra i migliori...- mormorò Sam.
Gli raccontò per filo e per segno tutto quello che era successo, a partire da quando era uscito a quando era rientrato.
-Non riesco ancora a crederci! Fammi capire, quindi ora tu sei nel mirino della peggior categoria di bulli!?- esclamò sbigottito Luke.
-Nemmeno io riesco ancora a crederci...Vado via da una scuola che era un incubo, mi ritrovo in una che è un inferno!- si demoralizzò Sam, spiaccicando la faccia contro un cuscino.
-Dai non dire così, le cose si aggiustano sempre, ricorda!- cercò di tranquillizzarlo Luke.
-Questa volta ho i miei dubbi, come ti ho detto quei Dark sono la calamità fatta persona! Non oso immaginare a che cosa mi faranno...Mi chiuderanno in un cassonetto domani!-
-Ma questo non credo...Ad ogni modo, cerca di non rimanere mai da solo. Per esempio, stai il più possibile con quel Daniel di cui mi hai parlato...Sembra un tipo molto simpatico, no?- disse l’amico, contento.
-Sì e un autentico folle, fa morire dal ridere! Dovresti conoscerlo!- rise Sam.
-Allora appena ci sarà l’occasione me lo presenterai!- il ragazzo fece una pausa, poi disse serio –Comunque ciò che mi stavo chiedendo è: che ci fa una ragazza in mezzo a quella banda di delinquenti?-
-Ci ho riflettuto anche io, evidentemente è una tipa che si trova bene solo con gente come loro. Il simile con il simile...- commentò con una smorfia.
-Mh si capisco...E a proposito di ragazze, com’è lì? Ce ne sono di fighe?-
-Abbastanza, la più eclatante è quella tizia di nome Chanel e lo stesso vale per la sua migliora amica Jennifer. Ce ne sono anche altre, ma non ci ho fatto caso più di tanto...- rispose disinteressato.
-Questo è male! Dovresti iniziare a guardarti un po’ intorno, sai amico?- consigliò Luke.
-Ho cose più importanti a cui pensare, per esempio  escogitare un piano per la mia sopravvivenza- disse Sam, liquidando la questione.
-Ho capito, ho capito...- sospirò l’altro –L’unica cosa che puoi fare è seguire il mio consiglio, poi vedi come vanno le cose-
Il ragazzo annuì, anche se l’amico non poteva vederlo.
-E invece a te le cose come vanno?- domandò.
-Come vuoi che vadano? Come al solito! Solita vita, solita scuola, solite facce di merda. Con l’alternativa che ora non ci sei più...- rispose Luke, un po’ triste.
-Ci vedremo prestissimo, te lo prometto!- lo rassicurò.
-Guarda che ci conto, eh!-
Parlarono ancora per una mezz’oretta ed infine si salutarono e terminarono la chiamata.
Sam sorrise, sentendosi molto più sollevato. Le chiacchierate con Luke avevano sempre un effetto benefico, lo facevano sentire subito meglio e gli facevano tornare il buonumore.
Rifletté un attimo sulle cose che aveva da fare. Fosse stato per lui sarebbe rimasto spaparanzato sul divano o sarebbe andato al computer, ma gli avevano già assegnato una caterva di compiti, in particolare doveva ricominciare il ritratto di Holly.
Andò nella sua stanza e si mise immediatamente al lavoro, senza perdere altro tempo. Non alzò la testa dai libri per almeno due ore; aveva questa dote, quando iniziava a studiare non si distraeva mai e di conseguenza riusciva a terminare tutto relativamente in fretta.
Il trillo del campanello lo riportò alla realtà.
“Cibo!” fu la prima cosa che pensò, credendo che si trattasse di sua madre ed Holly dal ritorno dalla spesa. Corse ad aprire alla porta, ma con delusione constatò che si trattava di Amber.
-Era ora! Ho suonato tre volte, Sminchio!- sbottò seccata.
-Ciao anche a te, Crudelia. Passata una buona giornata?- domandò lui sarcastico.
-Sì abbastanza, ho conosciuto della gente molto In, sono già nel gruppo dei popolari! Infatti ho pranzato con loro- rispose la sorella compiaciuta, buttando lo zaino blu per terra.
Lui fece una smorfia, senza commentare, mentre lei non si prese nemmeno la briga di chiedergli come fosse andata.
Il resto della giornata trascorse rapidamente, durante la quale i due fratelli si tormentarono o ignorarono, finché alle 18:30, Holly e la madre rientrarono a casa. La donna aveva in mano quattro sacchetti della spesa, mentre la bambina ne teneva uno piccolino, che venne subito abbandonato nel centro della cucina, mentre Holly correva davanti alla televisione.
-Finalmente arrivano i viveri!- esclamò Sam, guardando sognante le buste.
-Già, ho comprato tantissime cose, per un bel po’ saremo a cavallo!- sorrise la madre, iniziando a mettere a posto la spesa.
-Che si mangia stasera?- chiese il ragazzo, ispezionando i sacchetti.
-Del polpettone di carne e verdura, una mia specialità!-
-Disgustoso...- borbottò Amber, comparendo sulla porta.
-Sempre cortese vedo, vero Amber?- commentò la mamma, guardandola con disapprovazione.
L’altra la ignorò e cominciò ad apparecchiare per la cena.
Cenarono un bel po’ di tempo dopo e durante il pasto Sam subì un autentico quarto grado.
-Allora, com’è andata oggi?- chiese la donna.
-Ehm, bene direi...- mentì il ragazzo, con un tono neutro.
-Sul serio? Come sono gli insegnanti?- continuò la mamma.
-Mi sembrano tutti abbastanza competenti, a parte il prof di Arte che è fuori come un pogiolo e quella di Mate che è un’ esaurita!- scherzò lui.
-Capisco. E invece con i compagni?- proseguì diretta.
A quella domanda Sam si bloccò. Non poteva dirle la verità, proprio non poteva.
-Sono...persone simpatiche! Mi…ehm… hanno accolto bene! In particolare ho fatto amicizia con un ragazzo di nome Daniel, è il mio vicino di banco- rispose, con un sorriso tirato.
-Ma questa è una bellissima notizia! Sono davvero contenta per te! È bello sapere che non tutti i ragazzi di oggi sono dei bulli, ma che anzi, accolgono volentieri un nuovo studente, non trovi?- esclamò radiosa la mamma.
-Mai stato più d’accordo...- rispose Sam, nascondendo la faccia nel bicchiere. Un bugiardo, ecco cos’era. Ma perlomeno, lo aveva fatto a fin di bene.

Il giorno dopo, rispetto a quello precedente,  arrivò  a scuola di buon’ora, essendosi alzato molto prima il mattino. Vendendo,  incontrò nuovamente Chanel, la quale non lo degnò di un minimo sguardo, invece di Kyda, per fortuna, non ci fu nemmeno l’ombra.
-Allora, hai già subito agguati?- gli domandò Daniel, mentre si dirigevano con il resto della classe nel corridoio per prendere i vestiti e le scarpe da ginnastica.
-No, per il momento no...- sussurrò Sam, guardandosi attorno circospetto, per poi tirare un sospiro di sollievo, constatando che i Dark non erano nei paraggi.
-Mh, allora significa che stanno architettando qualcosa...Ne sono più che sicuro- ragionò Lipton, pensieroso.
-Ti prego, non mettermi ansia pure tu, basto io! Già stamattina, quando sono uscito, credevo di trovarmeli sotto casa o nascosti dietro un albero per farmi chissà quale cattiveria!- esclamò Sam, nervoso.
-Dai, adesso non esageriamo. Da quel che so, i Dark fino ad oggi si sono limitati ad “operare” nell’istituto e non fuori- tentò di tranquillizzarlo, ma con scarsi risultati.
Arrivarono dagli appendini e Daniel afferrò rapido il sacchetto con dentro i vestiti di ricambio e le scarpe. Dovevano muoversi, ormai erano rimasti gli unici a non essere ancora scesi giù in palestra, dove li aspettava il professore di ginnastica.
A Sam in generale non piaceva molto l’attività fisica, ma se c’era uno sport che adorava quello era il basket. Era un giocatore nella media, di certo non eccelleva, ma niente gli dava più soddisfazione che centrare il canestro con il pallone. Quando ancora viveva ad Amentia, qualche volta praticava quello sport  al di fuori della scuola, ma in seguito al trasferimento aveva dovuto abbandonare e, al momento, sua madre non poteva permettersi di iscriverlo ad un corso.
Anche lui prese il sacchetto con i vestiti e fece per prendere quello delle scarpe, quando si accorse che era sparito.
-Non c’è!- esclamò, allarmato.
-Di che stai parlando?- chiese Daniel.
-Il sacchetto con le scarpe! L’avevo appeso qui stamattina, ne sono sicuro!- rispose il ragazzo.
-Ah. Non è che per caso lo hai appeso nell’appendino sbagliato? Sono tutti molto simili, magari hai ceppato corridoio...Ma è comprensibile, sei appena arrivato- sorrise l’altro.
-No, no! Il posto è questo, guarda che mi ricordo bene!- replicò, un po’ risentito -Semplicemente è  scomparso !-
Il compagno di banco ci ragionò un attimo su, poi rispose –Ora che ci penso...Potrebbero anche avertelo preso loro-
Sam sobbalzò –I Dark dici? E perché mai? Si tratta solo di stupide scarpe da ginnastica, tra l’altro nemmeno firmate! Perché avrebbero dovuto rubarmele?- domandò, confuso.
-Solo per il gusto di romperti le scatole. Ma non credo che te le abbiano rubate, piuttosto credo che te le abbiano nascoste...-
-Allora devo ritrovarle, non posso far ginnastica senza, il prof mi uccide- disse Sam, iniziando ad agitarsi. Il professor Burns era rinomato per il suo essere severo ed esigente e non sopportava che gli studenti prendessero sottogamba la sua materia. Inoltre, detestava i ritardatari.
-Facciamo così: tu mettiti a cercarle, io intanto vado giù e ti copro. Dirò al professore che arriverai a breve, ma che hai avuto uno spiacevole contrattempo.  Fidati di me, me la cavo bene in queste cose- ammiccò Daniel.
-Sei la mia salvezza, ti ringrazio! Farò il prima possibile!- rispose Sam e subito dopo l’amico si affrettò a raggiungere gli altri, mentre lui rimase da solo in corridoio. Si guardò attorno spaesato.
Dove accidenti avrebbero potuto nascondere le sue scarpe? Da dove cominciare a cercare? Doveva ragionare, anche se il tempo stringeva.
Per prima cosa iniziò a setacciare nelle zone lì vicino, dietro le porte, dentro a classi vuote,  magari le avevano buttate da qualche parte negli altri corridoi...Niente. 
Nel frattempo il tempo scorreva e Sam si chiese per quanto tempo Daniel sarebbe riuscito ad abbindolare il prof.
“Ragiona come un Dark!” si impose, concentrandosi al massimo. Corse a vedere dentro tutti i bidoni della spazzatura, ma delle sue scarpe non c’era traccia. Iniziò a perdere ogni speranza, quando gli cadde l’occhio sui bagni maschili che erano proprio lì a fianco. Colto da un presentimento, ci entrò subito, poi cominciò a controllare dentro ogni gabinetto finché dentro uno di essi non trovò proprio il suo sacchetto delle scarpe.
-Bingo...- mormorò, mentre lo tirava fuori con disgusto (ringraziando il cielo che quei folli non gli avessero lasciato qualche ricordino sopra).  La sacca era completamente zuppa, perciò il ragazzo fu costretto a lanciarla direttamente nel cestino del bagno.
Anche se era riuscito a ritrovarlo, era comunque punto a capo, perché non aveva le scarpe, ma non aveva più tempo di pensare ad una soluzione, anche perché non ce n’erano, quindi fu costretto a scendere in palestra.
Al suo arrivo, vide che tutti i suoi compagni si erano messi a coppie e facevano passaggi con il pallone da calcio.
Appoggiato contro il muro vi era il prof Burns, un bell’ uomo sulla quarantina completamente pelato, che guardava nervosamente l’orologio, con a fianco Daniel tutto sorridente.
Quando si accorsero di lui, l’amico gli corse incontro con sottobraccio un pallone, mentre l’insegnante lo guardò con disapprovazione e andò a segnarsi qualcosa sul registro.
-Trovate le scarpe?- domandò Daniel.
-Si, dentro a un water- rispose Sam con una smorfia.
-Oh, mi dispiace...Come sospettavo sono stati loro...- mormorò il compagno di banco mogio.
L’altro scrollò le spalle, non c’erano altri commenti da fare.
-Allora, andiamo a giocare?- chiese Daniel.
-Ma...Stiamo insieme a ginnastica??- si stupì Sam.
-Sì, beh, io pensavo di sì...Ma, ecco,  se non vuoi, non mi offendo...- rispose il biondo, preso alla sprovvista.
 Sam non riusciva a crederci. Daniel gli aveva chiesto se giocavano assieme. Nella precedente scuola per lui l’ora di ginnastica era come andare al patibolo, ogni volta non sapeva con chi stare quando bisognava mettersi a coppie, o finiva da solo o faceva il terzo incomodo, che era senz’altro peggio.
-No, no affatto!- si affrettò a correggersi  -Andiamo!- e i due andarono a giocare.
Fecero qualche passaggio, divertendosi molto, finché un pallone da calcio non colpì violentemente la nuca di Sam. Quest’ultimo barcollò un po’, iniziando a vedere tutto annebbiato, e sentendo bruciare su tutto il capo.
-Accidenti Sam! Che mina, va tutto bene??- esclamò Daniel preoccupato, correndo a soccorrerlo e facendolo sedere piano a terra.
-Sì, tranquillo...- sussurrò massaggiandosi la nuca dolorante –Ma chi è stato?-
Proprio in quel momento arrivò con tutta calma Tony, che recuperò il pallone e che disse con un sorriso bastardo stampato in volto –Oh, mi rincresce molto- e detto questo ritornò dal suo gruppo, dove tutti, a parte Kyda, ridevano come dementi.
Il resto della lezione proseguì senza intoppi, anche se a Sam pareva che la testa potesse scoppiargli da un istante all’altro.
Alla fine, tutti gli alunni andarono negli spogliatoi a farsi la doccia, il prof Burns non trasgrediva su ciò, a parte Sam che venne trattenuto.
-Visto che sei arrivato in ritardo Wild, rimarrai qui più a lungo per recuperare i minuti perduti. Tirerai qualche pallone in porta- disse severo l’insegnate –Ti giustificherò io con la Symons-
Il ragazzo emise un sospiro depresso e ubbidì. Dopo un quarto d’ora, poté finalmente andare negli spogliatoi a lavarsi. Non c’era anima viva, era rimasto solo lui.
Si spogliò rapidamente e si fiondò sotto la doccia, cercando di fare il più veloce possibile, sia perché l’acqua era gelida, sia perché stare lì da solo gli metteva un po’ di ansia, sia perché era in ritardo.
Mentre si stava insaponando gli parve di sentire un rumore, ma non gli diede troppo peso: probabilmente era  la sua immaginazione che gli tirava brutti ciocchi.
Uscì, si mise l’accappatoio e fece per iniziare a rivestirsi, ma con orrore si accorse che non c’era traccia dei suoi vestiti da nessuna parte. Com’era possibile? Li aveva lasciati proprio sulla panca lì a fianco.
Li cercò disperatamente, ma non riuscì a trovarli, persino quelli da ginnastica erano spariti, perciò non poteva neppure indossare quelli.
Sentì il panico impossessarsi di lui. Come faceva ora a ritornare in classe senza indumenti? Qualche bastardo doveva averglieli presi senza che lui se ne accorgesse, di sicuro erano stati i Dark.
-Cosa cazzo faccio adesso??- farfugliò, mettendosi le mani fra i capelli.
Si sedette sulla panca e cercò di pensare a qualcosa, ma non gli venne in mente niente. C’erano due possibilità: o tornava in classe in accappatoio, scatenando l’ilarità dei compagni di classe e diventando lo zimbello di tutti, o restare lì per sempre.
All’improvviso la porta dello spogliatoio si aprì si scatto e sulla soglia comparve Mark De Vere.
-Mark!- esclamò Sam, raggiante. Forse quel ragazzo poteva essere la sua salvezza.
-Oh, ciao Wild. Evo venuto a pvendevmi i vestiti da ginnastica, gli avevo dimenticati di là in palestva e sono venuto a contvollave se avevo dimenticato qualcosa anche qui...Ma tu che ci fai lì in accappatoio? La Symons è invipevita, favesti meglio a muovevti!-
-Il problema è proprio questo! Non posso venire in classe, mi hanno rubato tutti i vestiti!- gli spiegò Sam.
Mark sgranò gli occhi –Come vubati?- domandò confuso.
-Proprio così, qualcuno se li è presi, ma forse tu puoi aiutarmi!- esclamò.
-Lo favei volentievi, ma in che modo?-
-Prestami i tuoi vestiti da ginnastica, sempre meglio di niente, per favore!- lo implorò il ragazzo.
L’altro lo guardò un po’ perplesso, poi rispose –Oh, ma cevto! Ma non sono molto adatti per stave in classe, sono una maglietta e dei pantaloncini da calcio...-
-Non ha importanza, sono pur sempre vestiti!- affermò Sam e afferrò la sacca del compagno di classe, dopodiché li indossò rapidamente.
Lui e Mark ritornarono speditamente in classe, dove Sam si prese una sfuriata da parte della Symons, per il fatto che era arrivato in ritardo e per il suo abbigliamento fuori luogo. Ritornò cupo al suo posto e fu proprio allora che notò che i Dark portavano i suoi vestiti.
Travis indossava la sua felpa azzurra col cappuccio, Kay i suoi jeans, Tony la sua maglietta, Oliver le sue Converse rosse e tutti gli ghignavano cattivi. Ma mancava ancora una cosa all’appello, nessuno di loro aveva con se l’orologio da polso verde, quello che gli aveva regalato suo padre e a cui teneva tantissimo, quand’ecco che gli cadde l’occhio su Kyda. La ragazza guardava verso di lui neutra, poi, piano, abbassò il polsino della propria felpa nera, mostrando a Sam l’orologio e sfoderando un sorriso carico di sarcasmo.
Il giovane sospirò rammaricato e si andò a sedere.
-Ehy, Sam! I Dark si sono presi i tuoi vestiti...!- esclamò Daniel in un sussurro, agitato.
-Lo so, ho visto- lo interruppe –Infatti mi sono dovuto far prestare degli indumenti da Mark-  mormorò.
-Cavolo...Cosa hai intenzione di fare ora?-
-Non farò niente. Non posso competere con loro, nessuno può, me lo hai detto tu. Per i vestiti non importa, ma la cosa che mi dispiace di più è di aver perso l’orologio, quello era speciale...- 
-Allora in un qualche modo lo riprenderemo, te lo assicuro- affermò con forza il biondo.
Sam sobbalzò –E come? Non possiamo, ci riempiranno di botte, è meglio lasciar perdere-  ribatté  il ragazzo.
Daniel lo guardò triste, poi disse –D’accordo allora, come desideri...-
Il resto della giornata passò rapidamente e fortunatamente Sam non subì altre cattiverie, ad eccezione di uno sgambetto da parte di Kay.
Infine giunse l’ora di uscire da scuola. Tutti gli studenti si precipitarono fuori dall’istituto, mentre Daniel e Sam vi si diressero con tutta calma, più che altro per evitare di essere schiacciati dalla folla.
Stavano camminando tranquillamente, quando poco lontano videro i Dark al completo appoggiati contro il muro e con le braccia incrociate. Stavano aspettando proprio loro.
Sam si ghiacciò all’istante e percepì Daniel irrigidirsi. Proseguirono, avvicinandosi sempre di più al gruppo che a sua volta gli stava vedendo incontro e Sam era certo che, qualunque cosa avessero intenzione di fare,  non gli sarebbe piaciuta affatto.


*Note dell'autrice*

Buon Salve a tutti! Ecco pubblicato il quarto capitolo, spero vi piaccia! :) Fatemi sapere il vostro parere con delle recensioni!!!
Un beso <3

The_Grace_of_Undomiel




  
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