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Autore: Persej Combe    04/07/2014    2 recensioni
Un giorno, tanto tempo fa, ho incontrato un bambino. Non lo dimenticherò mai. È stato il giorno più emozionante di tutta la mia vita. Nessuno potrà mai avere la stessa esperienza che ho avuto con lui. Ciò che abbiamo visto, è precluso soltanto a noi.
...In realtà, non ricordo neanche il suo nome. Non ricordo nemmeno se ci siamo presentati, a dire il vero. Però non smetterò mai di cercarlo. Un giorno so che le nostre mani si uniranno di nuovo, come quella volta. Perché noi siamo destinati a risplendere insieme per l’eternità.

[Perfectworldshipping]
Genere: Drammatico, Introspettivo, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Shonen-ai, Shoujo-ai | Personaggi: Elisio, Professor Platan, Serena
Note: Missing Moments, OOC | Avvertimenti: Tematiche delicate | Contesto: Videogioco
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- Questa storia fa parte della serie 'Eterna ricerca'
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11 . Dopo un tramonto non può nascere che un'alba


 

   Tu-tun tu-tuntu-tun tu-tun. Il treno sferragliava sulle rotaie.
   Elisio prese in mano l’Holovox. Sul display lesse il nome della persona che lo stava chiamando. Rispose attivando solamente l’audio.
   «Sì?» disse con l’apparecchio appoggiato all’orecchio.
   Platan intanto si strinse a lui con amorevolezza.
   «Bene. Molto bene» disse con voce seria e profonda.
   Rivolse un’occhiata al Professore, i suoi occhi grigi puntati sulla mano libera brillanti d’amore mentre gliel’accarezzava. Si morse le labbra.
   «Sì», rispose, una piccola virgola d’incertezza era scivolata in quella “s”, «Tornerò in tarda notte, perciò nulla potrà essere iniziato prima di domattina. Sì. A domani».
 


   La mattina di quel medesimo giorno Platan ed Elisio erano seduti sui sedili dello stesso treno, che però in quel momento stava viaggiando nella direzione opposta. Erano all’incirca le nove e un quarto. Nonostante Platan si fosse svegliato appena un’ora e mezza prima e di solito avesse bisogno di più tempo per rendersi veramente attivo o di bere almeno due o tre tazze di caffè, stavolta era fresco come una rosa.
   «È stata proprio una bella sorpresa!» disse «Vederti piombare il giorno del mio compleanno senza preavviso a casa mia dopo una settimana che non ci vediamo con due biglietti per il treno in mano... Non me lo aspettavo davvero, è stato molto carino! Ma dove mi stai portando?».
   «È una sorpresa...».
   «Ah, certo, certo!» rise.
   Elisio teneva sulle gambe una borsa. Platan la stava guardando incuriosito dal momento in cui era entrato nel suo appartamento e lui lo aveva accolto in pigiama.
   «Cosa c’è lì dentro?» chiese.
   «È una sorpresa anche quella», rispose Elisio. Poi vide la faccia delusa di Platan e gli sfuggì una risata.
   «No,» disse «in realtà non lo è! Ci sono i panini per il pranzo».
   «Oh, panini! Quindi stiamo andando a fare un pic-nic?».
   Elisio annuì, Platan sorrise.
   «Era da tanto che non facevamo un pic-nic insieme. Mi fa piacere».
   Tu-tun tu-tuntu-tun tu-tun. Il treno sferragliava sulle rotaie.
   «Allora, come è andato il viaggio a Cromleburgo? Stamattina a quanto pare eravamo così di fretta che non ho avuto il tempo di chiederti nulla».
   «Tutto bene».
   «E il convegno? Era pesante?».
   In realtà non c’era stato alcun convegno. Elisio aveva inventato questa scusa per coprire le sue vere intenzioni.
   «Beh, sai com’è, come al solito era pieno di professoroni che parlavano in modo pomposo senza in realtà dire niente. Ma tutto sommato è stato interessante...».
   «Mh».
   «Oggi ne approfitterò per riposarmi un po’ insieme a te».
   Si scambiarono un sorriso. Trascorsero il resto del viaggio in silenzio. Verso l’ora di pranzo il treno arrivò a destinazione ed Elisio coprì gli occhi di Platan con le mani per non fargli ancora vedere dove si trovassero. Scesero dal treno. Il Professore stringeva forte le sue braccia per paura di cadere.
   «Tienimi, per favore!».
   «Ti tengo, stai tranquillo».
   Si fermarono in un certo punto. Elisio gli tenne gli occhi ancora chiusi finché la stazione non si fu svuotata e il treno ripartito. Adesso c’erano solo loro due. Allontanò piano le mani.
   «Aprili», gli disse.
   Platan sbatté le ciglia un paio di volte e poi mise a fuoco la vista. Davanti a lui, oltre al parapetto su cui si stava appoggiando, vi erano distese di prati verdi, casine di campagna semplici e accoglienti, fiumi e poi delle meravigliose cascate le cui acque si riversavano nella zona sottostante. Sentì la felicità sprizzargli da tutti i pori.
   «Oh, Elisio, questo non me lo dovevi fare!» esclamò «Mi sarei immaginato qualunque posto, ma questo...!» non riuscì a finire la frase da quanto era emozionato.
   «Sei contento?» gli chiese sorridendo.
   «Troppo, troppo contento! Grazie, Elisio, davvero!».
   Lo abbracciò, tenendo la testa girata per guardare il paesaggio.
   «Possiamo... Possiamo rimanere qui un altro po’?».
   «È il tuo compleanno, non devi neanche chiedermelo».
   Si sedettero sulle poltroncine e restarono lì qualche altro minuto. Platan aveva un sorriso bellissimo in quel momento, mentre si guardava intorno con aria sognante.
   «Ponte Mosaico... Era da tanto tempo che non tornavo qui. Sai, ho molti ricordi legati a questo posto. E sono felice di poter mettere anche te in questi ricordi. Finalmente siamo qui insieme... Devo essere sincero, avevo pensato più volte di portatrici, un giorno, ma a quanto pare mi hai preceduto!».
   Ad un tratto iniziò a suonare il suo Holovox. Platan si scusò con Elisio, prese l’apparecchio e rispose.
   «Ciao, Platan! Buon compleanno!» esclamò l’ologramma di Diantha «Sto per passare a casa tua, preparati, andiamo a mangiare la nostra torta preferita!».
   «Diantha, sei sempre molto gentile, ti ringrazio! Però stavolta credo che per la torta dovremo lasciar perdere», sorrise.
   «Cosa? Ma come, facciamo così tutti gli anni!» disse dispiaciuta.
   «Beh, è che non saprei neanche come raggiungerti... Ecco, guarda dove siamo!» e dicendo così girò l’Holovox riprendendo con la telecamera le cascate.
   «Ponte Mosaico?! Ehi, quest’anno hai fatto le cose in grande! E poi... Siamo...? Chi c’è lì con te?» lo punzecchiò rivolgendogli un’occhiata maliziosa. Platan girò di nuovo il dispositivo e inquadrò sé stesso ed Elisio che la stava salutando con una mano.
   «Si è presentato a sorpresa stamattina alla porta di casa mia e mi ha portato qui!» spiegò il Professore.
   «Elisio, sei il solito galantuomo!» rise Diantha «Allora immagino che starete lì tutto il giorno, non è così? Platan, non penso che ti dispiaccia se rimandiamo i festeggiamenti a un’altra volta... Ah, accidenti, qualcun altro mi sta chiamando... Scusatemi, devo attaccare. Mi raccomando, voi due, divertitevi! Ci vediamo presto!».
   «Diantha, che ragazza d’oro...» disse dopo aver messo via lo strumento «Comincio ad avere un po’ di appetito, che ne dici se andiamo a trovare un posto dove mangiare?».
   Andarono via dalla stazione e si sistemarono su un prato vicino alle cascate, lontano dalle abitazioni. Mangiarono i panini che aveva preparato Elisio e chiacchierarono di varie cose. Platan ogni tanto volgeva lo sguardo intorno a sé e si ricordava di quando da piccolo aveva vissuto in quei posti. Così capitava che si mettesse a raccontare qualche aneddoto ed Elisio lo ascoltava con interesse. Spesso si ripetevano momenti del tipo:
   «Sì, e alla fine gli ho detto proprio così, davvero!» rideva il Professore, con le lacrime agli occhi.
   «Non ci posso credere!» l‘altro scoppiava scoppiava a ridere «Oh, Platan! Eri incorreggibile!».
   «Lo so!».
   E ridevano insieme di gusto.
   Si misero a sparecchiare, lasciando solo la tovaglia a terra. Il Professore ci si sdraiò sopra a pancia in su, le mani posate dietro alla testa.
   «Che bello il cielo, oggi, eh?» disse.
   Elisio si distese accanto a lui. Allungò una mano verso il suo viso e gli accarezzò una guancia con il dorso di un dito.
   «Credo di non averti mai visto così raggiante».
   «È che mi sento tanto bene con te qui vicino a me...» prese la sua mano e la tenne lì, che gli sfiorava la pelle con dolcezza. Elisio poteva sentire il respiro di Platan soffiare piano sul suo polso. Gli si avvicinò un altro po’ finché le sue labbra arrivarono a toccargli l’orecchio destro.
   «Anche io sto bene con te...» sussurrò dandogli poi un bacio sullo spigolo della bocca. Il Professore si girò verso di lui. Osservò le sue labbra. Per qualche secondo sentì come se il fiato gli fosse mancato. Quanto avrebbe voluto... Eppure l’altro non pareva propenso. C’era una strana e velenosa ruga sulla sua fronte. Riuscì a trattenersi a stento. Spinse la testa contro il petto di Elisio cercando di cancellare quel pensiero.
   «Platan...».
   «Mh mh?» mugugnò.
   «Ecco... Riguardo quello che mi hai detto qualche giorno fa... Ci ho pensato tutta la settimana...».
   «Tutta la settimana?».
   «Tutta la settimana. Non pensi che sarebbe meraviglioso se riuscissimo a costruire un mondo perfetto dove vivere in pace, facendo a meno di tutti quegli sciocchi stolti? Un mondo in cui ognuno possa riuscire veramente a far fiorire la propria bellezza senza essere ostacolato da quelle persone spregevoli?».
   Platan sospirò e si strinse a lui.
   «A volte faccio proprio fatica a capirti. Che intendi dire?».
   «Intendo dire che... Noi due potremmo...».
   Si arrestò. Non era sicuro che quello fosse il momento giusto per dirglielo. Non era neanche certo che sarebbe riuscito a comprendere davvero ciò che pensava di fare. Molti si erano rifiutati di capire. E se anche lui avesse avuto la stessa reazione, dando luogo a uno sfogo esagerato? Rischiava di rompere il loro rapporto in maniera irreparabile. Era anche il suo compleanno, non valeva la pena rovinarlo per un’incomprensione.  Decise che avrebbe affrontato l’argomento più avanti, quando avrebbe avuto la certezza di non essere respinto.
   «Noi due cosa?» chiese Platan dopo un po’ che Elisio aveva fatto cadere in modo incerto il discorso.
   «Noi due potremmo...» cercò di trovare un modo per continuare «Noi due...».
   «Noi due potremmo andare a fare una passeggiata, più tardi. Ti va?».
   «Oh!» quanto era grato, stavolta, del fatto che lo avesse interrotto! «Sì, mi pare un’ottima idea!».
   Platan gli sorrise.
   «Quando ti sarà tornato in mente quello che volevi dirmi, avvertimi, d’accordo?».
   Passarono il resto del pomeriggio sdraiati su quella tovaglia rossa a quadri. Si appisolarono uno accanto all’altro, cullati dal rumore delle cascate vicine. Nell’aria si mescolavano il profumo dei fiori e dell’erba. Il sole, lentamente, si abbassava verso l’orizzonte fino a quando il cielo si colorò d’arancio, qui e lì, sparse a macchie, nuvole rosee e soffici. I due, seduti sul telo, osservavano quello spettacolo silenziosamente, le loro mani intrecciate fra di loro.
   «Non trovi anche tu che sia romantico?» chiese Elisio.
   «È uno dei tramonti più romantici che io abbia mai visto...» sospirò Platan. Strofinò la testa contro la sua spalla. Elisio si sentì invaso da un’immensa tenerezza. Lo sguardo gli cadde sulle loro dita, così saldamente unite. Sorrise.
   «Platan, anche tu rendi il mio mondo perfetto», disse.
   L’altro alzò il viso verso di lui.
   «È per questo che noi due dobbiamo farlo insieme...» continuava Elisio, carezzandogli i capelli setosi «Altrimenti non avrebbe alcun senso...».
   Vide Platan sobbalzare e girarsi di scatto. In pochi minuti il crepuscolo stava cedendo il posto alla notte. Il Professore si alzò, facendo cenno ad Elisio di fare lo stesso. Prese la tovaglia da terra e la ripiegò.
   «Non possiamo stare qui. Dopo il tramonto questo posto è chiuso», disse.
   «Chiuso?».
   «È vietato andarci. Non è che ci siano dei cancelli o che, però è la regola... Senti, da ragazzino ho passato un brutto guaio, quindi non ho intenzione di rimanere qui un minuto di più».
   «...Era qui?».
   Volse lo sguardo al cielo stellato.
 

   Un forte vento, forte a tal punto da rendergli difficoltoso restare con i piedi ben piantati sul terreno.
   Un bagliore rosso rubino sulla cima di una collina e un assordante urlo di dolore che squarciava l’aria.


   «Elisio, per piacere!» gli gridò Platan, qualche metro più in là. Elisio scosse distrattamente la testa e tornò alla realtà. Raggiunse il compagno e insieme si diressero sulla via che portava al centro del paese di Ponte Mosaico. Tuttavia, qualcosa fece rabbrividire il Professore. Afferrò il foulard rosso di Elisio e tirò l’uomo verso di sé, nascondendosi dietro a un masso.
   «Ma che diavolo...?!».
   «Shhh!» spinse le dita sulle sue labbra «C’è un agente di polizia che sta controllando la zona. Se ci becca qui, finisce male».
   Restò in allerta, tendendo le orecchie. Intorno, le cascatelle riflettevano la chiara luce delle stelle e della luna. Ecco, la guardia si stava allontanando. Platan si concedette un sospiro di sollievo.
   Girò la testa verso Elisio. Mentre osservava i suoi occhi azzurri sentiva il cuore battergli forte. E poi le sue labbra...
   Le sue labbra erano così vicine... Ne sentiva il profumo. Un profumo dolce, invitante. Avrebbe tanto voluto assaporare quel sapore sconosciuto. Ormai non ne poteva più di aspettare che facesse lui la prima mossa.  E poi gli aveva anche già fatto intendere quanto fosse grande la sua attrazione per lui. Che motivo c’era di aspettare ancora? Scostò la mano dalla sua bocca, la posò sul suo viso. Lo avvicinò di pochi millimetri al proprio. Rivolse ad Elisio un’occhiata languida. Poi chiuse gli occhi.
   Le sue labbra leggermente increspate lo facevano tremare. Si sentiva provocato e ammaliato insieme. Elisio bruciava. Dentro, bruciava come un fuoco. Gli accarezzò i capelli osservando le sue sottili e graziose ciglia scure. Era incerto. Dopotutto, si era ripromesso che per non rovinare quell’amore, lo avrebbe celato dietro a un’amicizia... Ma in quel momento, come del resto aveva già compreso nel corso della giornata, capì di essere impotente anche in quel campo. Guardava Platan e vibrava come mai aveva fatto prima. Non poteva più opporsi. Non poteva più nascondere il suo sentimento. Quella passione non avrebbe mai potuto essere al pari di un’amicizia, neanche per finta...
   Abbassò il viso, allungò di poco il collo. Spinse piano le labbra contro quelle di Platan.
   Che meraviglia... Eppure era solo un semplice bacio...
   Dopo qualche attimo in cui si erano crogiolati in quella delicata tenerezza, si allontanarono. Si guardarono negli occhi in silenzio per un lungo istante.
   «Dammene ancora...» lo pregò Elisio con un sussurro, avvicinandosi di nuovo. Platan sentiva il suo dolce respiro accarezzargli le guance. Passò una mano fra i suoi capelli e lo baciò.
   «Ancora, ancora...» andava ripetendo però l’altro. E quindi da due baci ne diventavano tre, quattro e poi cinque, sei, sempre di più, sempre di più, finché non si potevano più contare.
 «Ti darò tutti i baci che vuoi, dovessi anche baciarti per tutta l’eternità...» sussurrava Platan in quel morbido schioccare di labbra.
   «E io ricambierò... Ricambierò in ogni momento, in ogni istante...» sospirò Elisio.
   Si baciarono a lungo, come se sentissero il bisogno di dover recuperare tutti quei baci che non si erano mai dati ma che per tanto tempo avevano sognato e desiderato più di ogni altra cosa. Platan avvolse le braccia attorno al collo di Elisio e si tirò su sulle punte dei piedi. Si abbracciarono, si accarezzarono. Per la prima volta condivisero il loro sentimento d’amore.
   «Sei il mio principe», gli sussurrò all’orecchio Elisio.
   «Et tu es mon roi», disse l'altro di rimando.
   Si baciarono di nuovo finché non sentirono in lontananza il debole fischio del treno.
 Fu come l’amaro risveglio da un sogno bellissimo. Risveglio che però sanciva anche l'alba di una storia insieme, l'intensificazione del loro amore perpetuo.
   Tenendosi la mano, ripresero il cammino, scambiandosi di tanto in tanto qualche tenue sorriso. Arrivarono alla stazione e salirono sul primo vagone, alla ricerca di un posto libero dove mettersi. Una voce robotica con un accento incomprensibile proveniente da un altoparlante appeso al soffitto delle cabine avvertiva i passeggeri dell’imminente partenza. Il messaggio registrato veniva ritrasmesso ogni manciata di minuti. Mentre la voce scandiva l’ultimo avviso, Platan ed Elisio trovarono due sedili vuoti e ci si sedettero. Il treno cominciò a muoversi e dal finestrino videro le cascate di Ponte Mosaico allontanarsi sempre di più fino a diventare un puntino luminoso nell’oscurità della notte.
   «Ecco! Quasi me ne stavo per dimenticare! E pensare che invece è la cosa più importante!» esclamò Elisio nel momento in cui diede un’occhiata alla sua borsa.
   «Che cosa?» chiese l’altro osservandolo con curiosità.
   «Chiudi gli occhi».
   «Eh? Di nuovo?».
   «Ho detto chiudili!».
   «Va bene, va bene, va bene!» serrò le palpebre «Ecco, sono chiusi! E adesso?».
   Elisio prese una scatolina dalla borsa. L’aprì. Poi prese la mano sinistra di Platan e la posò sulla propria gamba. Osservò le sue dita snelle e bianche per qualche secondo, poi gli sfilò l’orologio dal polso.
   «Oh! È freddo!» rise Platan sentendo a contatto con la pelle ciò che Elisio gli stava annodando lì «Che cos’è? Un bracciale?».
   «Guarda tu stesso».
   Platan riaprì gli occhi e sorrise: «Ah! Un orologio nuovo!» disse contento.
 «No, non è solo un orologio: prova a premere quel pulsante lì».
   Il Professore pigiò un bottoncino al lato del quadrante e sussultò, sorpreso. Davanti ai suoi occhi era apparsa una schermata con un omino blu.
   «È un Holovox a forma di orologio?» con un dito scorreva fra le pagine a ologramma.
   «Sì. È un nuovo modello che ho progettato qualche mese fa, ma non è ancora in commercio. Questo ho voluto personalizzarlo un po’ per te. Guarda,» avvicinò l’indice «se tu tocchi qui, puoi accedere a una serie di applicazioni. Ho pensato di installarne alcune speciali che ti sarebbero potute piacere».
   «Quante applicazioni scientifiche! E c’è anche un prototipo del Pokédex! Elisio, ma è fantastico! Sei stato stupendo! È un regalo bellissimo!».
   Elisio gli stampò un leggero bacio sulle labbra e gli sorrise, guardandolo negli occhi.
   «Per te farei questo e altro», disse.
    Tu-tun tu-tuntu-tun tu-tun. Il treno sferragliava sulle rotaie.
   Improvvisamente iniziò a squillare un Holovox. Platan avvicinò l’orologio all’orecchio.
   «No, non è il mio, e l’altro l’ho spento. Elisio, credo che stiano chiamando te».
   «Sì, è il mio, lo sento vibrare nella tasca. Aspetta un attimo, adesso rispondo».
   Elisio prese in mano l’Holovox. Sul display lesse il nome della persona che lo stava chiamando. Rispose attivando solamente l’audio.
   «Sì?» disse con l’apparecchio appoggiato all’orecchio.
   Platan intanto si strinse a lui con amorevolezza.
   «Elisio, i preparativi sono quasi terminati», disse la voce di Akebia dall’altro capo.
   «Bene. Molto bene» disse lui con voce seria e profonda.
   «Ci manca solo la tua autorizzazione. Una sola parola e il progetto potrà avere l’avvio. Preferisci che aspettiamo il tuo ritorno?».
   Rivolse un’occhiata al Professore, i suoi occhi grigi puntati sulla mano libera brillanti d’amore mentre gliel’accarezzava. Si morse le labbra.
   «Sì», rispose, una piccola virgola d’incertezza era scivolata in quella “s”, «Tornerò in tarda notte, perciò nulla potrà essere iniziato prima di domattina».
   «D’accordo. A domani, allora. Avviserò anche gli altri».
   «Sì. A domani».
   «Il Team Flare è pronto a costruire l'alba di un nuovo e meraviglioso mondo».



***
Angolo del francese.
     * Et tu es mon roi = E tu sei il mio re .


 

  
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