Anime & Manga > Magi: The Labyrinth of Magic
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Autore: Halloween_    04/07/2014    3 recensioni
Aysel non ha null'altro che un telo scuro nella testa: niente ricordi e per lei tutto parte dal momento in cui si sveglia in una strana stanza.
Ha paura, sì, ma è anche intenzionata a fare l'impossibile per riavere la sua memoria e, forse, la sua attrazione quasi maniacale per il cielo notturno significa qualcosa.
Il destino, però, le rema contro e tra tutte le sfortune è riuscita a stuzzicare anche la curiosità dell'Oracolo di Kou. La terrorizza, quel Judal, eppure la attira come un cielo stellato terribilmente oscuro e affascinante.
~.~.~.~.~.
{STORIA IN REVISIONE}
.~.~.~.~.~
Kuro❤︎
Genere: Avventura, Generale, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Judal, Nuovo personaggio, Un po' tutti
Note: What if? | Avvertimenti: Tematiche delicate
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Torno a essere noiosa, perché ogni tanto ci vuole: se vi piace ciò che scrivo, lasciate un commentino. Ve lo chiedo con il cuore, ci tengo a sapere le vostre opinioni e critiche.
Non stiate timidi che non mangio nessuno io.
Grazie per l'attenzione. ❤︎









Capitolo III

Paura.



Il cuore le martellava nel petto come impazzito, più le voci di Judal e della ragazza si facevano vicine più sentiva i tonfi sordi rimbombare dal centro del petto sino alle orecchie. Erano assordanti, fastidiosi e le mettevano solamente ansia da sommare a quella che già le annebbiava la mente. Non riusciva a pensare con lucidità, d’altronde se l’avesse fatto, non si sarebbe certo nascosta appena dietro l’angolo leggermente in ombra; no, avrebbe salutato e proseguito per la sua strada.
Picchio sul muro dietro di sé la testa, una due tre volte, nella speranza fosse tutto un orribile sogno e così si sarebbe risvegliata nel suo letto, a casa sua.
Già, casa sua… Chissà com’era. Grande o piccola? Accogliente o vuota? Vitale o spenta? Di legno o di paglia?
«Esistono davvero le case di paglia?» ragionò con la voce ridotta a un sussurro, non poteva rischiare di farsi scoprire per un errore così sciocco!
Il legno produsse un leggero scricchiolio quando i due salirono i tre gradini che dividevano le passerelle dal terreno cotto dal sole; Aysel pregò ancor di più, chiunque fosse in ascolto, di non farli passare per quella via. Sentiva i due bisticciare, la voce femminile che prorompeva in qualche acuto rimprovero contrapposto al tono strafottente e sarcastico del Magi.
Se doveva essere scoperta, tanto valeva ascoltare almeno cosa stessero dicendo, no?
E così fece: tese l’orecchio per origliare le parole che si stavano dicendo, capiva poco con il cuore a riempirle le orecchie del suo martellare incessante, ma colse un riferimento a lei e si sforzò di zittirlo per ascoltare meglio.
«Allora Judal-chan?»
«Ah? A cosa ti riferisci vecchia befana?»
La ragazza proruppe in un lamento stridulo «Non chiamarmi così!» e dopo aver alzato la voce di un paio di ottave, si ricompose come se nulla fosse accaduto, «Mi riferivo alla persona che hai detto di aver trovato vicino al palazzo. Cosa ne hai fatto?» non riuscì a nascondere del tutto la curiosità.
Aysel si figurò il Magi camminare con le mani dietro la testa e l’espressione annoiata in viso, d’altronde non poteva sporgersi quindi si arrangiava immaginando i due impegnati nella conversazione.
«Ah, Aysel.» disse lui, ma fu costretto a interrompersi a causa di uno sbadiglio «L’ho tenuta nella mia stanza, adesso però credo sia a zonzo per il palazzo. Se non l’hanno già uccisa.» soggiunse dopo una breve pausa a effetto.
Il volto della principessa cambiò venti differenti tonalità di rosso «J-J-Judal-chan! Nella tua st-stanza?! È una cosa assolutamente indecente!» portò una lunga manica davanti al viso, tentando di coprire il rossore delle guance e sfuggire allo sguardo divertito del ragazzo che proruppe in una grossa risata.
Anche Aysel, dal suo nascondiglio, ridacchiò divertita; almeno finché un’immagine –di lei distesa tra i cuscini dell’ampio letto con Judal a tenerla bloccata con i suoi muscoli e i loro visi pericolosamente vicini– non le balenò alla mente facendola avvampare e diventare più rossa della principessa. La scacciò di prepotenza: lo conosceva da nemmeno un giorno, che diamine!
Impegnata com’era a far sbollire le guance accaldate tamponandoci sopra le sue mani gelide –chissà perché aveva le dita così fredde–, aveva scordato di ascoltare il resto della conversazione e non aveva nemmeno notato che Judal e Kougyoku avevano proseguito per la strada da cui era venuta lei e perciò era salva. Quando, finalmente, si rese conto che i due non erano più lì, decise di riprendere la sua piccola avventura all’esplorazione del palazzo; si rimise quindi in piedi, sbatacchiò un po’ la lunga gonna per pulirla –era tanto bella e le dispiaceva sporcarla– e scese nello spiazzo sotto il sole, proseguendo nella direzione da cui era arrivato Judal assieme alla ragazza.
Mentre camminava, era più impegnata a rimuginare sul pezzo di conversazione origliato che a guardarsi attorno. «Quindi… Judal mi ha trovato, cosa piuttosto ovvia sicché ero nella sua stanza. Però che diamine ci facevo fuori dal palazzo, io?!» con un verso di frustrazione si mise le mani nei capelli: ci capiva sempre meno di tutto ciò che le stava accadendo! Troppe cose in troppo poco tempo, faticava ad assimilarle.
Sentiva la testa scottare per il sole, ed ebbe lo strano impulso di avventarsi su una colonna e sbattercela forte anche a costo di aprirsi in due il cranio: voleva ricordare e scappare da quel palazzo.
Voglio scappare da lui. Da Judal.
La considerazione così improvvisa e sconvolgente la colpì come uno schiaffo; non si capacitava di poter essere spaventata a tal modo da una persona, le pareva un’assurdità. Eppure… Eppure sentiva un cieco terrore a pensare all’opprimente sguardo cremisi del Magi bruciarle la schiena, la sua oscura presenza che la schiacciava come un macigno; doveva essere masochista –non poteva essere altrimenti– poiché una piccola e malsana parte di lei che era incuriosita –quasi attratta– da Judal.
Sembrava una gabbia di pazzi quel palazzo: che un solo giorno lì l’avesse resa matta? «Per essere interessata a un tipo terrificante come quello, beh, devo essere ammattita pure io… Magari la mancanza di ricordi mi porta a vedere Judal come un appiglio?» sembrò valutare con attenzione quella possibilità, una mano sotto il mento e l’aria pensosa. Alla fine fece un gesto –come per allontanare un insetto molesto– e decreto l’idea come una grandissima idiozia, «Impossibile.» affermò.
Persa in considerazioni varie si era bloccata in un angolo dello spiazzo, sotto le fronde ampie e verdi di un albero, che riluceva di un colore smeraldino colpito dai raggi del sole, e aveva preso a dondolare avanti e indietro sui piedi. Punte e talloni, punte e talloni, e ancora, punte e talloni; sembra come impaziente di qualcosa mentre parlottava a mezza voce tra sé. E rimuginava richiamando alla mente l’immagine di Judal stravaccato sul letto che sogghignava, ma era certa –non sapeva bene come né perché– che fosse irritato; le stava succedendo spesso di percepire sensazioni strane, non sue, e la cosa la inquietava abbastanza. Ma subito i suoi pensieri virarono altrove. Erano un enorme ammasso aggrovigliato che non riusciva a districare, e passava da un ricordo all’altro, dalla preoccupazione e paura, all’imbarazzo con un lieve tono porpora a tingerle le gote. Sì, imbarazzo, perché solo in quel momento le tornò alla mente com’era stata audace, la sera prima, addormentandosi sullo stomaco del Magi. A ripensarci sentiva le guance andare a fuoco, e le tamponò con le dita ancora fresche.
«Ma che diamine!» sbottò di punto in bianco, «Perché mi faccio così tanti problemi?!» e si appoggiò alla corteccia ruvida dell’albero, la schiena seminuda coperta dai lunghi capelli, e sospirò «Va bene, devo ammettere che Judal è bello e ha un fisico di tutto rispetto e- Si può sapere che sto blaterando?!» prese a rimproverarsi da sola, per fortuna senza alzare troppo il tono di voce, ma sempre parlottando tra sé come un matta e il corpo da favola del Magi nella testa. E via, l’ennesimo sospiro lasciò le sue labbra che mordicchiò leggermente prima di dar voce a un pensiero che la ossessionava «Però m’inquieta.» assaporò la parola che le scivolò fuori quasi a fatica e la trovò amara «Mi fa tanta paura, in certi momenti.», si pensò strana a fare considerazioni del genere su qualcuno che conosceva da appena un giorno ma, d’altronde, che altro doveva fare? Non aveva ricordi e la situazione in cui si trovava non era delle migliori, quindi preferiva tenere la mente occupata con pensieri ora maliziosi ora terrorizzati, piuttosto che ragionare sulla sua amnesia.
«Diamine! Sbavo dietro al fisico di un tizio che m’inquieta da impazzire, quando non ricordo nemmeno che faccia ha mia madre o il nome della mia terra natia?!» abbandonò la testa all’indietro lasciandola scontrare con la corteccia dura, magari una botta l’avrebbe fatta rinsavire oppure si sarebbe ricordata qualcosa… Ora come ora le andava bene qualsiasi cosa, anche la più insignificante. Persino prima chiacchierando con Kouha, quando aveva ricordato la sua età, era stata incredibilmente felice; non era certo una gran cosa, però, per lei che nella mente aveva solo un velo scuro, aveva significato così tanto da essere quasi ridicola l’emozione provata per una cosa banale come sapere i propri anni.
Un brivido le corse dal collo sino alla pancia, passando per l’incavo dei seni e provocandole una sensazione di freddo sulla pelle accaldata dall’afa; sentiva, però, anche un qualcosa di appiccicoso, dove scorreva la goccia dal leggero colore rosato. L’osservò, con occhi curiosi, scendere sino alla pancia piatta –sembrava un po’ sottopeso– e fermarsi all’ombelico, dove l’asciugò con un gesto rapido. Chissà da dov’era caduta quella gocciolina gelida e appiccicaticcia?
Istintivamente spostò lo sguardo in alto, tra le fronde degli alberi, dove scorse la figura, pigramente sdraiata su un possente ramo, di Judal che addentava un frutto rosato e tondeggiante; certo che, considerò Aysel, la sfortuna l’aveva a morte con lei!
Era sicura che, schiacciata dallo sguardo rubino del Magi, le sue guance avessero cambiato una vasta gamma di tinte, dal rosso più intenso come un incendio sino al più lieve tono porpora. Era confusa, smarrita come un agnello indifeso che si allontana dal gregge, e adesso mancava solo che uno dei tanti interrogativi –forse quello più a portata di risoluzione o, magari, il più complesso e oscuro– che le vorticavano per la testa, la ascoltasse fare considerazioni non proprio innocenti su di lui.
Aveva ammesso di avere paura di Judal: era come se il sopraddetto agnellino disperso nel bosco buio si dipingesse sul candido vello la parola “Mangiatemi”, un invito allettante per affamati lupi. Ed era il medesimo errore che Aysel aveva appena commesso, seppur involontariamente, dando a Judal –il predatore– un esplicito invito a “mangiarla”, per così dire.
«J-Judal!» esclamò, cercando di apparire il più naturale possibile, e stirò un sorriso sulle labbra, «Ti stavo proprio cerc-»
«Fifona.»
«Io non-»
«Maniaca.»
«Ju-»
«Patetica.»
«Altro?» domandò con una nota di sarcasmo, più per coprire l’imbarazzo –sarebbe sprofondata in quel medesimo istante se solo avesse potuto– che per altri motivi. In effetti, si augurava non avesse altre frecciatine per lei, il Magi dal sorriso sin troppo divertito.
Non replicò, bensì si lasciò cadere dal ramo atterrando con sorprendente leggerezza a un soffio da Aysel che, d’istinto, arretrò di un passo. Si maledisse come mai aveva fatto –o almeno dal momento in cui si era svegliata, il giorno prima– per quella prova di debolezza: non voleva mostrarsi spaventata davanti a un essere così schifosamente arrogante.
Optò per sviare il discorso. Studiò lo strano frutto che l’Oracolo teneva ancora stretto in mano, dalla forma tondeggiante e il colore rosato; doveva essere molto succoso vedendo le gocce ampie che colavano dalle zone addentate.
«Che cos’è?» domandò puntando il dito e fissando gli occhi blu, grandi e curiosi, in quelli cremisi di Judal, affilati e annoiati.
Nemmeno questa volta rispose. Avvicinò il frutto ad Aysel, come a volerglielo offrire, ma quando questa fece per afferrarlo, con un abbozzo di sorriso e sorpresa dalla strana gentilezza, Judal lo scostò rapidamente riportandoselo alle labbra e addentandolo con gusto. La ragazza sollevò un sopracciglio in un’espressione a metà tra il rassegnato e lo scettico. Per un momento si era illusa e, doveva ammetterlo, c’era rimasta piuttosto male, ma doveva aspettarselo da un arrogante sadico come Judal; le c’era voluto davvero poco per inquadrare il ragazzo.
E lui sorrise, divertito «Una succosa pesca.» disse addentando nuovamente il frutto e asciugandosi con un gesto sbrigativo il succo che colava da un lato della bocca.
«Pesca…» Aysel fece rotolare la parola in bocca, assaporandola e, appurò, l’aveva già sentita: conosceva quel frutto. «È dolce, vero? Però anche appiccicosa…» annuì e non badò minimamente all’espressione accigliata del Magi.
Aprì bocca, la ragazza, voleva porgere un’altra domanda, anzi, convincere quel presuntuoso di un Oracolo a farle assaggiare la pesca, ma non parlò mai. Si bloccò, paralizzata da un brivido gelido che le corse sulla schiena e da una sensazione sgradevole, come se una coltre nera la stesse per inglobare, soffocandola. E la sua mente le urlò di correre, fuggire da lì e non voltarsi. Ma le gambe ignorarono quel comando e sembravano divenute di dura e pesante roccia, un blocco unico con il pavimento.
Alzò il viso, Aysel, alla ricerca degli occhi del Magi, nell’impulso disperato di comunicargli il suo malessere, ma quelle pozze rubino erano troppo intente a fissare qualcosa oltre per curarsi della ragazza aggrappata al suo braccio.
«Oh Judal, così sarebbe lei la ragazza che hai trovato?» parlò una voce femminile dal timbro tranquillo che, però, fece contorcere le viscere di Aysel che si voltò con lentezza esasperante, combattuta tra la curiosità e la paura e l’impulso irrealizzabile della fuga.
«Sì.» fece il Magi e si spostò di un passo avanti. La ragazza seguì senza fiatare o mollare la presa sul braccio –idea che non aveva nemmeno per l’anticamera del cervello– del ragazzo diventato, in un momento, la sua ancora di salvezza: sentiva ancora le gambe troppo molli perché potessero sostenerla.
La donna che si trovava difronte era… Strana. Non avrebbe potuto definirla in altro modo. Stava sorridendo in modo cordiale, eppure Aysel sentiva sempre più la necessità di allontanarsi da lei. Era una bella donna con capelli corvini che si sposavano bene con gli occhi di un tenue azzurro. L’abito che indossava le ricordò quello che aveva visto addosso a Kougyoku, poco prima; probabilmente era tradizionale per loro.
Aysel tentò, fallendo miseramente, di deglutire il groppo che le paralizzava la gola; strinse ancor più la presa facendo affondare le unghie nella carne, tenera e fredda e candida, di Judal che però parve non accorgersene o finse di non badarci.
«Aysel,» la richiamò con tono di comando, quasi fosse il suo assoluto padrone e lei gli dovesse totale obbedienza, «questa è la moglie dell’Imperatore: Ren Gyokuen.»
E quando intravide un uccellino, piccolo e scuro come una notte senza né luna né stelle, volteggiarle accanto con grazia, seppe di dover stare il più lontano possibile da quella donna. Non sapeva come e perché, ma non doveva averci troppo a che fare: era pericolosa.
















{Angolo di una Festa}
E siamo alla fine del terzo capitolo, olè! ~
Che dire... Arriva Gyokuen, personaggio che sopporto decisamente poco, e nel prossimo capitolo svelerà un paio di cosucce alla cara Aysel.
Spero abbiate gradito e in caso di errori fatemeli notare senza problemi, ho ricontrollato ma qualcosa scappa sempre.
Che tenera Aysel che fa certi pensieri sul bel Magi, ahahaha :3
A venerdì prossimo. ❤


Kuro
   
 
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